Notiziario



L’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta (ENCC): direttrici di sviluppo di un gruppo d’impresa di Stato nel contesto agro-industriale italiano (1935–1995)

L’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta (ENCC), istituito nel 1935, rappresenta uno dei più significativi esempi di gruppo d’impresa pubblica nel panorama agro-industriale italiano del XX secolo. Questo articolo analizza le direttrici evolutive dell’ENCC, la sua trasformazione in gruppo d’impresa e il ruolo strategico delle sue società controllate (SAF, SIVA, RESS e Nuramare) nello sviluppo agricolo, forestale e cartario nazionale. 

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Biodiversità e terroir del luppolo in Italia: dalle popolazioni spontanee alle nuove prospettive di filiera

Negli ultimi anni, il crescente interesse per la birra artigianale ha alimentato in Italia un rinnovato fermento attorno alla coltivazione del luppolo (Humulus lupulus L.), pianta storicamente diffusa in forma spontanea lungo tutto il territorio nazionale ma mai valorizzata, fino a tempi recenti, come coltura specializzata.


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Etica animale

Il problema
In questo articolo, affronteremo un aspetto dell'etica umana, quello che riguarda i nostri obblighi nei confronti degli animali.
Alla radice del problema dei nostri rapporti con gli animali c'è il problema della coscienza. In che misura un animale è consapevole di sé? Un animale sa di essere nato e di dover morire?
Le risposte a queste domande sono importanti per le conseguenze che ne derivano. Ad esempio, se un animale non è effettivamente consapevole del suo futuro, non ha aspettative e non ha un progetto di vita nello stesso senso in cui potrebbe averlo un essere umano; quindi, tenerlo rinchiuso non è grave quanto rinchiudere un essere umano e, d'altra parte, togliergli la vita non è nulla di grave (quest'ultimo punto è sostenuto anche da attivisti per i diritti degli animali come Peter Singer). D'altra parte, se consideriamo che le differenze sono solo di grado, esistono anche differenze di grado all'interno degli esseri umani: alcune persone con disabilità intellettive potrebbero, in alcuni casi, essere meno intelligenti di certe scimmie superiori, o meno dotate di alcune delle caratteristiche che ci rendono umani.

Utilitarismo
Il filosofo Peter Singer, professore alla Princeton University, ha applicato la teoria utilitaristica agli animali. Gli utilitaristi sostengono che ciò che dovremmo o non dovremmo fare dipende dalle conseguenze delle nostre azioni. L'obiettivo delle nostre azioni dovrebbe essere massimizzare il piacere e minimizzare la sofferenza; ma soffrono gli animali? Soffrono gli insetti? Soffrono le aragoste quando vengono cucinate vive? Soffrono i tori nell'arena? Soffrono gli scimpanzé quando vengono sottoposti a esperimenti? Le risposte a molte di queste domande devono essere fornite dalla scienza, non dalla mera riflessione. Esperimenti ben condotti possono far luce sui metaboliti prodotti durante la sofferenza, sulle reazioni neurologiche, ecc. Esiste un'evidente gradazione dai molluschi ai mammiferi, con la sofferenza di questi ultimi più sviluppata e simile alla nostra. Molti animali vengono utilizzati per condurre esperimenti sul dolore umano; se non fossero correlati, questi esperimenti sarebbero inutili. L'etica utilitaristica ne tiene conto e non considera la quantità di sofferenza la stessa in tutti i casi.
La teoria è difficile da applicare, poiché non spiega bene come risolvere il conflitto di interessi, oltre a presentare evidenti problemi con le unità di misura del piacere e della sofferenza. Ad esempio, un toro allevato allo stato brado per quattro anni soffrirà per quindici minuti in una corrida e combatterà senza sapere che morirà: il toro non ha mai partecipato a una corrida prima. Quei quattro anni di libertà e di ben nutrimento non valgono forse i quindici minuti di lotta nella corrida?
Evitare la sofferenza e migliorare il benessere degli animali da cui beneficiamo è considerato parte dei nostri doveri nei loro confronti. L'utilitarismo non promuove il vegetarianismo, né cerca di porre fine alla sperimentazione animale, ma cerca di limitare le pratiche dolorose sugli animali.

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Dialoghi sulle biotecnologie: “Il contributo delle Tecnologie di Evoluzione Assistita per il miglioramento genetico di caratteri qualitativi della patata”

Frusciante: La patata è la principale coltura alimentare non cerealicola al mondo. La sua storia di domesticazione risale a oltre undicimila anni fa sugli altopiani andini del Sud America. Durante questo lungo processo, sono state selezionate diverse specie di patate, principalmente diploidi, adattate a condizioni diurne brevi e a latitudini vicine all’equatore. Tra queste, Solanum tuberosum, una specie poliploide polisomica, è l'unica che si è diffusa in aree situate lontano dalla fascia equatoriale.

D'Amelia: Il successo di S. tuberosum si deve soprattutto alla sua straordinaria adattabilità a climi diversi, probabilmente legata all’elevata variabilità genetica degli ecotipi diploidi da cui ha avuto origine. Prima della comparsa dei gameti non ridotti, che portarono alla formazione del gruppo tetraploide Andigena e poi del Chilotanum, la specie aveva già accumulato tratti adattativi importanti. Evidenze genetiche recenti indicano un’unica domesticazione nelle Ande peruviane, seguita da incroci con specie selvatiche durante la diffusione verso sud. In Cile e Argentina, la patata acquisì l’adattamento al fotoperiodo lungo, decisivo per la tuberizzazione in latitudini elevate e per il suo successo in Europa e Nord America.
Sembrerebbe che il tubero sia arrivato sulle coste spagnole nel XVI secolo, adottato inizialmente come alimento di riserva per le lunghe traversate oceaniche. Introdotto nella valle del Po trovò un punto di partenza per diffondersi lungo “Strada Spagnola” — il corridoio militare che collegava le province spagnole dell’Italia settentrionale ai Paesi Bassi. Seguendo questo percorso, la patata mise radici nei villaggi dell’Europa centro-settentrionale, dove si rivelò una risorsa preziosa: lasciata sottoterra, sfuggiva alle razzie durante i conflitti e garantiva sopravvivenza anche nei periodi di carestia.
La patata ha sostenuto la crescita demografica ed è stata protagonista di eventi epocali, come la diaspora irlandese dovuta alla devastazione dei raccolti provocata dagli attacchi di peronospora. Così, da alimento fondamentale dell’impero Inca, la patata è diventata un motore di trasformazioni sociali ed economiche profonde tra Europa e Americhe.
Oggi la produzione globale si basa quasi esclusivamente su varietà autotetraploidi, propagate tramite tuberi-seme, caratterizzate da elevata eterozigosità ma anche da una limitata diversità genetica, frutto della selezione di pochi genotipi sviluppati nel XIX secolo.

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Dalla curiosità botanica alla tecnologia agricola del futuro: l’apomissia

L’apomissia consente a una pianta di generare semi vitali senza passare attraverso la meiosi e la fecondazione. Il risultato è un embrione clonato, identico alla pianta madre. 

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Svelare la complessità dei biostimolanti: dalla ricerca alla pratica agronomica

L’articolo “Unlocking the Black Box of Plant Biostimulants” ha sintetizzato i principali progressi scientifici e le sfide ancora aperte, offrendo una visione aggiornata e condivisa su questo tema complesso.

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Dal capro espiatorio alla prevenzione: cambiare paradigma quando un albero cade

Quando un albero cade, in un parco o lungo una strada, il primo riflesso sociale, mediatico e talvolta istituzionale è spesso quello della ricerca immediata del colpevole. Chi non ha fatto il controllo? Chi ha firmato la perizia? Chi doveva intervenire e non l’ha fatto? Questo approccio, che possiamo definire come “cultura del colpevole”, tende a focalizzarsi sull’individuazione di una figura responsabile a prescindere, spesso con l’obiettivo implicito di chiudere rapidamente il caso, placare l’indignazione pubblica e ristabilire un senso (illusorio) di controllo.
Questa cultura è profondamente radicata, perché risponde a un bisogno umano di ordine e giustizia. Tuttavia, nella gestione di sistemi complessi – e gli alberi in città ne sono un esempio emblematico – tale approccio risulta non solo limitato, ma anche dannoso. Incolpare qualcuno senza comprendere il contesto in cui è maturato l’evento significa sottrarsi all’analisi reale delle cause, e dunque, impedire un apprendimento collettivo che potrebbe prevenire casi futuri.
Al contrario, un approccio più maturo e costruttivo è quello che si fonda sulla “cultura dell’errore”. Questo paradigma, adottato da anni in settori come la medicina d’urgenza o la sicurezza industriale, parte dal presupposto che gli incidenti non sono quasi mai il frutto di una singola colpa, ma piuttosto il risultato di catene di eventi, decisioni, omissioni o condizioni sistemiche che interagiscono fra loro.
Applicata al caso della caduta di un albero, la cultura dell’errore chiede prima di tutto:
cosa è successo esattamente e in quali condizioni?
quali segnali erano presenti e sono stati trascurati o sottovalutati?
quali strumenti, risorse, competenze o comunicazioni sono mancati?
Solo in un secondo momento, eventualmente, si può valutare se e in quale misura ci siano responsabilità individuali o organizzative. Ma la colpa non è il punto di partenza: è, semmai, un elemento che emerge dopo aver ricostruito il quadro completo.

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Dialoghi su Agroindustria: “La microbiologia alimentare oggi: garanzia di sicurezza, innovazione e sostenibilità”

Ranalli - I microrganismi giocano un ruolo fondamentale e multifunzionale nelle colture destinate alla trasformazione industriale. Nell’agroindustria moderna il loro impiego spazia dal miglioramento della salute del suolo e della crescita delle piante, alla protezione delle colture, fino alla trasformazione e conservazione degli alimenti, contribuendo ad una produzione alimentare più sostenibile, efficiente e sicura. In questa sede occupiamoci, più specificamente, del ruolo dei microrganismi nelle tecnologie alimentari, sia come alleati preziosi per la produzione di alimenti tradizionali e innovativi, sia come potenziali minacce da controllare attentamente per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole. Le ricerche nel settore hanno consentito di sfruttare al meglio il potenziale dei microrganismi utili e, nello stesso tempo, sviluppare strategie efficaci per contrastare quelli dannosi?

Gobbetti - Preferirei concentrarmi sui microrganismi utili, perché come vedrà hanno anche ripercussioni su quelli dannosi. I microrganismi che promuovono la trasformazione delle materie prime in alimenti sono, per la maggior parte, quelli responsabili delle fermentazioni. Quando parliamo di fermentazioni, ci riferiamo prevalentemente alla fermentazione lattica, promossa dai batteri lattici, ed alla fermentazione alcolica, ad opera dei lieviti. Gli alimenti e le bevande che si ottengono sono, quindi, alimenti e bevande fermentati/e. Eseguendo una mappatura della presenza di alimenti e bevande fermentati/e nei diversi regimi dietetici, è, ad esempio, possibile osservare come il 20-50% degli alimenti e bevande facenti parte alla dieta mediterranea siano fermentati. Tale proporzione raggiunge il 70% nel caso della piramide giapponese, considerato il modello alimentare più virtuoso. Oggi, la fermentazione è la biotecnologia (non è una tecnologia) per produrre alimenti e bevande più sostenibile/naturale (si tratta semplicemente di inoculare microrganismi, è un processo biologico che ha naturalmente luogo in natura), a basso costo, versatile (la si applica a tutte le materie prime) e circolare (nel senso che consente anche il riciclo degli scarti e sottoprodotti). Con particolare riferimento alla fermentazione lattica, essa ha il potenziale di promuovere la trasformazione di materie prime a base di latte (es. formaggi e yogurt), carne (es. insaccati), pesce (es. aringhe fermentate), cereali (es. pane e prodotti dolciari), legumi (es. miscele di legumi e cereali), ortaggi (es. crauti) e frutta (es. smoothies), non dimenticando che il caffè e la cioccolata sono anch’essi il risultato di complesse fermentazioni.

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Aggiornato l’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale

Il regolamento di esecuzione (UE) n. 2025/1422  porta a 29 (su 48) le specie vegetali segnalate in Italia; l’Unione Europea ha preso coscienza degli enormi rischi connessi con le invasioni biologiche. Per un banale principio di precauzione, sarebbe opportuno evitare l’uso di piante alloctone quando non strettamente indispensabile. 

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Il nuovo Rapporto della FAO sullo stato della sicurezza alimentare nel mondo

Secondo le rilevazioni, l'8,2% della popolazione mondiale, circa 673 milioni di persone, ha sofferto la fame nel 2024, in calo rispetto all'8,5% del 2023 e all'8,7% del 2022.
I progressi non sono stati omogenei ed in particolare la fame ha continuato ad aumentare in Africa e Asia occidentale. Questo progresso globale è stato trainato da miglioramenti in Asia meridionale e sudorientale e in Sud America. Ma questa tendenza maschera profonde disparità regionali preoccupanti.

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Alla fine di agosto, il mondo e l’Europa alle soglie di un nuovo ordine

Un’estate convulsa e tormentata, anche climaticamente, sta per finire e il mondo, confuso, sembra chiedersi se un lungo periodo storico non stia davvero per chiudersi, dopo circa 80 anni di pace relativa e di un considerevole sviluppo economico.
Alcuni avvenimenti sembrano indicare che, al termine di un semestre all’insegna dell’incertezza e, soprattutto, sotto l’influsso di una serie ininterrotta di scossoni di entità incredibile e di portata imprevista, forse alcuni elementi di quello che potrebbe essere il futuro prossimo dell’intero assetto mondiale possano iniziare a prendere consistenza. Questi elementi si riconducono schematicamente ad almeno quattro fatti: 1) l’avvento al potere di Trump per la sua seconda Presidenza, 2) la persistenza, anzi l’espansione, di una crescente serie di conflitti armati con possibili conseguenze devastanti sugli assetti politici del mondo ,3) il formarsi della sensazione del possibile cambiamento degli equilibri di potere nel mondo, 4) la crescente consapevolezza in Europa della necessità che si realizzi e si consolidi una vera Unione politico istituzionale oltre che economica a fronte delle emergenti tendenze alla disgregazione dell’Ue e del legame fra i popoli europei.
La prima metà dell’anno è stata dominata indiscutibilmente dall’irruzione sullo scenario mondiale di Donald Trump dopo l’intervallo della Presidenza più convenzionale di Biden. Tuttavia, con il trascorrere dei giorni e degli eventi, è chiaro che Trump non è il “messia” del mondo futuro e nemmeno, più modestamente, il riedificatore di quell’ America “di nuovo grande” a cui dichiara di voler tornare. La strategia che sembra guidarlo consiste nel combattere imperiosamente per il potere mondiale a colpi di imposizioni agli altri protagonisti, nel tentativo ogni giorno più confuso e velleitario di sovvertire l’ordine nato alla fine della Seconda guerra mondiale senza una reale alternativa e anzi esacerbando le reliquie della Guerra, ampliando vecchi squilibri. Nel giro di una manciata di giorni cadono le speranze di chiudere “per sempre” conflitti pluridecennali, di ricostituire un’economia mondiale allo sbando in preda a sussulti imprevisti e con conseguenze non valutabili, sostituendo quella della globalizzazione che a sua volta si innestava nello scenario della conclusione della Seconda guerra ed era basata sul consenso e sul rispetto di rapporti multilaterali, costruiti e pattuiti con regole faticosamente condivise.

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“Dialoghi sul suolo e l’acqua” - L’acqua è un diritto, non un privilegio: il diritto tutela l’acqua, l’acqua tutela la vita.

Pagliai – Caro Paolo, intanto complimenti per la realizzazione di questo prezioso libro dal titolo: “50 grandi idee: l’acqua” edito da Dedalo, Bari 2025, in cui tu affronti l’intera problematica dell’acqua in 50 argomenti, appunto, in maniera chiara e oltremodo completa. Direi un libro unico nel suo genere che cattura l’attenzione e fa riflettere fin dalle prime righe dell’introduzione dove tu, in sostanza, affermi che l’acqua è un bene prezioso ma ci accorgiamo della sua importanza solo quando non c’è! Leggendo quest’opera gli spunti di riflessione sarebbero infiniti e quindi impossibile trattarli in questo dialogo ma mi soffermerei su alcuni punti meno frequenti quando si affronta il problema dell’acqua ma altrettanto suggestivi e importanti. Il primo spunto che mi viene, scorrendo il libro, è quando tu parli di memoria dell’acqua. L’argomento è molto suggestivo e molte volte se ne parla anche a sproposito quindi credo siano opportune le tue riflessioni per fare chiarezza. Prima però mi piacerebbe sapere anche quale è stata la molla che ti ha fatto scattare per gettarti in un’impresa così affascinante ma anche faticosa, immagino. 

Ranalli – Caro Marcello, la “molla” che mi ha spinto a impegnarmi in questo lavoro è stata la consapevolezza che l’acqua, per effetto dei cambiamenti climatici, danza tra la vita e la distruzione: si manifesta come una risorsa inestimabile e, allo stesso tempo, come una forza potentemente distruttiva. Sta a noi, come custodi del pianeta, imparare a rispettare la sua potenza, a preservare la sua purezza e a gestirla con saggezza per garantire che rimanga una risorsa preziosa per le generazioni future e non si trasformi in una calamità sempre più frequente. La chiave è nelle nostre mani ed è compendiata nelle “50 idee” descritte nel libro.
Riguardo alla "memoria dell'acqua", l’idea, seppure affascinante, ha suscitato controversie nella comunità scientifica. L'idea di base è che l'acqua possa conservare una sorta di "ricordo" delle sostanze che sono state precedentemente disciolte in essa, anche dopo che queste sostanze sono state diluite a tal punto da non essere più fisicamente presenti. Questa idea è stata originariamente proposta dal chimico francese Jacques Benveniste negli anni ’80, in relazione agli studi sull’omeopatia. Il medico francese cercò di dimostrare che diluizioni molto spinte (omeopatiche) di un antisiero in acqua avevano lo stesso effetto dell’antisiero in condizioni normali. In seguito a controlli, lo studio si rivelò però mendace e la teoria è considerata priva di fondamento scientifico.

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Sostituti vegetali del latte: rischio nutrizionale ed errore culturale

Perché beviamo latte, non come gli altri mammiferi che lo fanno soltanto nella prima fase di vita, ma noi adulti e non di tutte le popolazioni? Quali sono i vantaggi di questo alimento e soprattutto perché dovremmo abbandonarlo, come sembra volere la crescente adozione di bevande vegetali come sostituti del latte vaccino, spesso incoraggiata per motivi ambientali e salutistici? 

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Alla scoperta del mondo invisibile sotto i nostri piedi: il Museo del Suolo di Pertosa e il valore del suolo vivo

C’è un luogo in Italia dove la terra smette di essere semplicemente “terra” e si trasforma in un universo affascinante, complesso, sorprendente. Un luogo nato dal desiderio profondo di raccontare il suolo in tutta la sua ricchezza, per educare, meravigliare, e – soprattutto – far riflettere. Questo luogo è il Museo del Suolo di Pertosa, immerso nel paesaggio suggestivo del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Ma chiamarlo “museo” è quasi riduttivo. È piuttosto un'esperienza, un viaggio sensoriale e conoscitivo nel mondo nascosto che sostiene la vita sulla Terra.

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“Produrre di più con meno”: la narrativa seducente che nasconde criticità

Un articolo estremamente stimolante, intitolato “The risk of the ‘producing more with less’ narrative” e firmato da Pasquale De Vita (CREA Cerealicoltura e Colture Industriali) e Bruno Basso (Michigan State University), è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature Food (sezione Correspondence).
Credo valga la pena leggerlo perché invita a riflettere su come comunichiamo la scienza, in particolare nell’ambito delle scienze agrarie, e su quanto gli slogan, per quanto accattivanti, possano semplificare problemi complessi, influenzando percezioni e decisioni politiche.
Potete leggerlo qui: https://doi.org/10.1038/s43016-025-01182-3.
Nel loro contributo, gli autori analizzano in modo critico una delle espressioni più ricorrenti nel dibattito agricolo e politico contemporaneo: l’idea che sia possibile soddisfare la crescente domanda globale di cibo semplicemente “producendo di più con meno”.
De Vita e Basso mettono in luce come questa costruzione narrativa, per quanto intuitiva e attraente, trascuri le complesse dinamiche biologiche e agronomiche che regolano i sistemi produttivi. Migliorare caratteri come la tolleranza agli stress abiotici (es. siccità, salinità) o l’efficienza nell’uso dei nutrienti comporta spesso inevitabili compromessi fisiologici: ad esempio, varietà selezionate per resistere a condizioni difficili possono ridurre la produttività o la qualità in ambienti favorevoli, a causa di costi metabolici e allocazione diversa delle risorse all’interno della pianta.
Gli autori osservano anche come questo paradigma sia diventato un potente strumento politico, capace di generare aspettative irrealistiche sulle potenzialità della sola innovazione tecnologica, senza tenere conto della complessità ecologica, sociale e sistemica dei contesti agricoli reali.
Questa semplificazione ha ricadute anche sul mondo della ricerca, sempre più orientata verso risultati immediatamente applicabili e finanziabili. Ne deriva una tendenza a privilegiare approcci rapidi e soluzioni commerciali, spesso a scapito della ricerca fondamentale, che richiede tempi più lunghi ma è essenziale per affrontare le sfide strutturali del settore agroalimentare.

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Dialoghi sul Verde: “Tutelare l’agricoltura per tutelare la natura”

Ferrucci: Quando è nata la passione per il vino?

Nannini: Nella casa paterna in quel della Maolina sulle colline di Lucca, una zona declamata per la bontà del suo vino, c’era un piccolo vigneto di circa 3000 mq. Nelle migliori annate si riusciva a tirarne fuori circa 25 damigiane ma mio padre si stancò di spendere soldi e tempo per ottenerne così poco frutto; senza mentire diceva che gli sarebbe costato meno comprarlo il vino e di ottimo piuttosto che farlo. Decise di estirpare allora quell’ antico vigneto ricco di uve le più diverse e sconosciute per sostituirlo con un meno impegnativo oliveto.
Io non avevo alcuna passione per il vino ma l’idea che per un mero calcolo economico si perdesse un prezioso, antico scrigno pieno di testimonianze vive (le viti) di una storia antica e famosa e un pezzetto di paesaggio cambiasse mi riempì di malinconia e di rabbia. Decisi allora che me ne sarei occupato personalmente e che per prima cosa una parte di vigna, la più antica e stentata, che i vecchi contadini che venivano a lavorare mi suggerivano di tirar giù e rifar nuova, scommisi l’avrei salvata. La curai con vangature al calcio e concimazione con pattume di stalla e il vigneto rifiorì. Tutto è nato da lì e oggi di quell’ eco il mio lavoro ancora risuona.
Ecco: l’abbandono della campagna, il vederla trascurata, offesa, malata mi suscita disagio, risentimento e più spesso ormai anche sdegnato sgomento.

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Dialoghi sulle biotecnologie: “Il contributo italiano al miglioramento genetico del riso, dagli incroci alle Tecnologie di Evoluzione Assistita”

Frusciante: Il riso è una delle specie più coltivate e consumate al mondo ed è l’alimento base primario per metà della popolazione globale. La risicoltura italiana vanta una lunga e solida tradizione: il nostro Paese è infatti il principale produttore europeo di riso. La sua coltivazione genera un’economia di scala rara nelle altre filiere agricole nazionali, pur essendo praticata quasi esclusivamente nelle pianure piemontesi e lombarde.

Valè: È proprio così: la produzione mondiale di riso si aggira intorno ai 770 milioni di tonnellate, un valore simile a quello del frumento, che si attesta sui 790 milioni. Sebbene la risicoltura italiana, con circa 1,4 milioni di tonnellate annue, rappresenti solo una piccola parte della produzione globale, vanta una tradizione secolare. In Italia, la coltivazione del riso risale infatti al XV secolo.

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Demenziale abbandono della dieta mediterranea

Ancel Keys (1904 – 2004) biologo, fisiologo ed epidemiologo statunitense supera i cento anni di vita con una mente lucidissima durante la quale studia anche l'epidemiologia delle malattie cardiovascolari che lo conducono a formulare le ipotesi sull'influenza dell'alimentazione su tali patologie e sui benefici di una alimentazione denominata Dieta Mediterranea. Oggi nei paesi mediterranei questa dieta è in via di abbandono, le patologie cardiovascolari sono controllate con famaci anti-ipertensivi e interventi di una cardiochirurgia sempre più sofisticata e meno invasiva, mentre si stanno diffondendo le demenze senili.

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Aree interne addio!

Sfogliando giornali e social in questi giorni, al di la delle guerre in atto e dei grandi e devastanti fatti di cronaca, capita di leggere anche commenti, quasi nascosti, come quelli, ad esempio, al nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne in cui viene riportato che il Governo prende atto dell’irreversibilità del processo di spopolamento delle aree interne e che, quindi, va accompagnato nel suo lento declino. 

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Promesse al Verde. La campagna elettorale delle foreste immaginarie.

Nel magico mondo delle campagne elettorali, dove i marciapiedi si raddrizzano da soli e le buche si chiudono al solo passaggio del candidato, c’è un nuovo sport nazionale: il lancio del numero di alberi da piantare entro ieri. Una disciplina nobile, che unisce destra, sinistra, centro, sopra e sotto in un tripudio di foglie virtuali, chiome immaginarie e radici ben lontane dal terreno.
Avanza il candidato con fascia tricolore e selfie stick: "PIANTEREMO UN MILIONE DI ALBERI IN CITTÀ!". Applausi. Lacrime. Instagram impazzisce.
Nessuno chiede dove, quali, quando, come, con quali risorse, chi se ne occuperà, e soprattutto quanto accidenti costa.
Perché piantare un albero in città non è buttare una ghianda in un’aiuola e sperare. No, cari candidati dal pollice finto-verde, in ambiente urbano ogni singolo albero costa, compreso di costo della pianta, impianto e gestione triennale, dai 300 ai 1000 euro e oltre, se si vuole che cresca, sopravviva e non diventi un palo decorativo (che però fa ombra solo ai tweet). Bisogna considerare progettazione, scelta delle specie, scavo, impianto, irrigazione, protezioni, cure, ecc. Ah, e serve pure il suolo, quello vero, non l’asfalto verniciato di verde per la conferenza stampa.
Ma no, non fermiamoci davanti alla realtà! Il prossimo passo sarà un programma elettorale intitolato "Ogni cittadino un baobab". O magari, vista l’estate torrida, "100.000 alberi da ombra in ogni rotonda". Perché limitarsi a promesse fattibili quando si possono sfidare le leggi dell’arboricoltura?
La verità, quella scomoda, è che la forestazione urbana è una cosa seria, che richiede pianificazione, competenze, risorse e tempo. Ma queste sono tutte cose che non stanno bene sui manifesti elettorali. Nessuno vince le elezioni promettendo "100 alberi ben scelti, ben piantati e ben gestiti in cinque anni", troppo realistico. Meglio promettere centomila tigli, bagolari, platani, querce (mi raccomando la biodiversità!!!!) entro Natale, così se non arrivano si dà la colpa al cambiamento climatico o a Bruxelles.
Eppure, nel frattempo, le città boccheggiano, il verde latita, e chi si occupa davvero di alberi (progettisti, agronomi, vivaisti, giardinieri, tecnici comunali) viene ignorato o chiamato solo dopo, quando l’albero muore e si deve trovare un colpevole. Ma nessuna paura: nella prossima tornata elettorale arriveranno a promettere una sequoia per ogni abitante, con wi-fi integrato e foglie che la notte fanno luce e di giorno assorbono le polveri e pure le fake news.

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Packaging e sostenibilità: il ruolo chiave dell'Industria Alimentare

In un settore agroalimentare moderno dove il packaging ha assunto un ruolo strategico fondamentale, andando ben oltre la sua funzione originaria di semplice contenitore, l'industria sia affrontando le sfide legate alla sostenibilità, alla sicurezza e all'innovazione nel confezionamento. In questo contesto dinamico, il Dott. Cardia ci ha fornito la prospettiva di Federalimentare, illustrandoci il punto di vista dell’industria alimentare riguardo al ruolo del packaging nell’ottica della transizione verso un'economia più sostenibile e competitiva.

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Il Presidente dei Georgofili tra i premiati del Premio Internazionale Carlo Levi 2025

Il Presidente dell’Accademia dei Georgofili, Prof. Massimo Vincenzini, è stato insignito del prestigioso Premio Internazionale Carlo Levi, riconoscimento che celebra personalità del mondo della cultura, della scienza, dell’arte e dell’informazione distintesi per l’impegno nella valorizzazione del Mezzogiorno e nella promozione dell’identità culturale italiana.

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Strategia europea per le scienze della vita e bioeconomia: un percorso evolutivo e le nuove sfide

Il 2 luglio 2025 la Commissione europea ha pubblicato una nuova comunicazione sulla strategia per le scienze della vita dal titolo “Scegli l’Europa per le scienze della vita: Una strategia per fare dell’UE il luogo più attrattivo al mondo per le scienze della vita entro il 2030”, che si inserisce anche nel solco tracciato dalla prima strategia europea sulle scienze della vita del 2002. Quest’ultima, importante punto di partenza, aveva già definito le scienze della vita come un settore cruciale per l’innovazione e la competitività dell’Unione Europea (UE). Nel frattempo, anche la strategia europea per la bioeconomia, avviata nel 2012 e aggiornata nel 2018, ha rappresentato un tassello fondamentale, enfatizzando l’uso sostenibile delle risorse biologiche per sviluppare un’economia verde e circolare. Ora, la nuova comunicazione fa un passo avanti proponendo azioni concrete per il rafforzamento delle scienze della vita per meglio comprendere i sistemi viventi, dall’essere umano, agli animali, alle piante, ai microrganismi fino agli ecosistemi e alle loro interconnessioni, attraverso discipline spesso interrelate. Il progresso nella comprensione dei meccanismi biologici ha aperto nuove opportunità per applicazioni in diversi settori, come la salute, il cibo e l’agricoltura. La forza innovativa risiede anche nell’uso di tecnologie come le biotecnologie, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale (IA). Tra l’altro le biotecnologie, essenziali per avanzare nella conoscenza delle scienze della vita, rappresentano anche un settore a sé stante, con applicazioni che spaziano dal settore alimentare e sanitario a quello industriale e cosmetico.

Importanza del settore delle scienze della vita e della ricerca & innovazione
La comunicazione riporta l’importanza dei settori europei delle scienze della vita quali ad esempio, salute, agricoltura, alimentazione, settori basati su risorse biologiche, l’ambiente, che contano 29 milioni di occupati (2022) ovvero 13,6% dell’occupazione totale nell’UE e generano un valore aggiunto di 1.5 mila miliardi di euro, circa il 9,4% del PIL dell’Unione. Negli ultimi dieci anni, questi settori hanno registrato una crescita annuale costante tra il 4% e il 7% del loro valore aggiunto. Inoltre, la nuova strategia pone l’accento sul potenziamento della ricerca e sviluppo, valorizzando le sinergie tra università, centri di ricerca e imprese e promuovendo un approccio integrato e coordinato lungo tutta la catena del valore. Un elemento fondamentale della strategia è la valorizzazione della ricerca e sviluppo (R&S) per sostenere la competitività e l’innovazione in tutti i segmenti delle scienze della vita. A tal proposito, la comunicazione evidenzia come l’intensità degli investimenti privati in R&S (Lasarte-López et al., 2025), vari significativamente tra i diversi settori: le biotecnologie per la salute mostrano un’intensità di investimento pari al 15% del valore aggiunto, mentre i settori dell’agricoltura e dell’alimentazione si attestano rispettivamente intorno al 3% e al 4%. Questi dati sottolineano l’importanza di un forte impegno nella ricerca per mantenere e rafforzare la leadership europea nei settori strategici.

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Dialoghi sull’ Agroindustria: “Biofortificazione degli alimenti: una nuova frontiera”

Ranalli - Giovanni, una frontiera avanzata delle ricerche nell’agroindustria è l’aumento del contenuto di specifici micronutrienti nelle parti commestibili delle piante (tuberi, semi, frutti o foglie) (biofortificazione), senza compromettere la resa in campo. Ritieni che questo target sia in generale perseguibile?

Giuliano - Vi sono alcune domande di base a cui bisogna dare risposta prima di intraprendere una strategia di biofortificazione, quali: Esiste una reale carenza nutrizionale per il micronutriente sotto studio? Quali ne sono le cause? Le vie biosintetiche - o nel caso di micronutrienti minerali come ferro, zinco e iodio, i fattori che ne mediano assorbimento ed accumulo – sono adeguatamente studiate? La loro ingegnerizzazione interferisce con la produttività/resilienza della pianta? Esiste sufficiente variabilità genetica per il micronutriente sotto studio, o bisogna ricorrere ad approcci biotecnologici? La modifica del micronutriente può provocare accumulo di metaboliti indesiderati? Il micronutriente è stabile durante la conservazione della derrata e facilmente assimilabile (biodisponibile)? Esistono alternative facili e poco costose alla biofortificazione? La tecnologia usata ed il contesto regolatorio permettono un rapido trasferimento al mercato del prodotto?
Mi aiuto con qualche esempio: L’avitaminosi A è un grave problema nutrizionale che, in forma subclinica o clinica, colpisce oltre il 40% della popolazione in Asia ed Africa, principalmente i bambini, con conseguenze importanti sulla loro salute. Il “golden rice II”, ottenuto tramite espressione nel seme di due enzimi per la biosintesi dei carotenoidi, contiene livelli di beta-carotene (provitamina A) sufficienti ad assicurare la dose giornaliera consigliata di vitamina A in popolazioni per cui il riso è una fonte primaria di calorie (principalmente Asia meridionale e Sud-orientale); la conversione del beta-carotene in vitamina A è alta (2:1 su base molare). 

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Il “Sudden Branch Drop”: limite naturale dell’umana capacità di controllo sugli alberi

Esiste un fenomeno ben documentato, per quanto ancora poco compreso dalla arboricoltura, che sfugge a ogni tentativo di prevenzione: il “Sudden Branch Drop (SBD)”, ovvero la caduta improvvisa di branche di grandi dimensioni da alberi apparentemente sani, spesso in giornate calde e senza vento.

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Estate: tempo di ozono

Puntuali, come da tradizione, ecco che già a metà giugno 2025 sono stati segnalati i primi superamenti dei valori limite di concentrazione di ozono troposferico. Il motivo è da imputare alle particolari condizioni meteorologiche, contraddistinte dalla presenza di un anticiclone subtropicale, che ha portato stabilità atmosferica e, dunque, radiazione solare intensa e temperature elevate. Parametri entrambi importanti per la catalisi delle reazioni di formazione dell’ozono.

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“Dialoghi sul suolo e l’acqua”: Suolo e rischio alimentare

Pagliai – Il 95% del cibo per la popolazione umana viene prodotto dal suolo. Infatti, l’attuale obiettivo primario dell’agricoltura è quello di ottenere prodotti di qualità. Lo slogan attuale di Slow Food, ad esempio, afferma che il cibo deve essere buono, pulito e giusto.
Per produrre cibo buono e pulito, cioè sano, occorre un suolo di buona qualità. Purtroppo, nel mondo ogni mezz’ora se ne perdono 500 ha per le cause più diverse (erosione, inquinamento, cementificazione, ecc.). Agricoltura e urbanizzazione competono per l’uso degli stessi suoli: tendenzialmente i terreni a più elevata potenzialità produttiva.
Oggi oltre il 33% dei suoli mondiali è affetto da forti limitazioni per la produzione di alimenti e nei paesi industrializzati le terre da destinare all’agricoltura sono ormai limitatissime. Per esempio, in Italia, in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani. Insomma, in un’ottica di aumento della popolazione mondiale, come previsto, di una crisi climatica in atto, dal continuo insorgere di popolazioni aliene di nuovi parassiti, ecc., non sembra ci aspetti un bel futuro dal punto di vista alimentare. 

Bini – Hai ragione Marcello, ma bisogna considerare che siamo di fronte a due diverse emergenze: la sicurezza alimentare, che guarda alla quantità di cibo da produrre per soddisfate la crescente domanda mondiale (la cosiddetta food security), e alla qualità del cibo prodotto (la cosiddetta food safety), un cibo cioè che sia buono, pulito e giusto, come chiede Slow Food. Ecco il punto cruciale, allora: se il suolo è buono e pulito, anche le piante che vi crescono sono buone, e anche il cibo prodotto è buono. Suolo buono significa suolo di buona qualità (fisica, chimica e biologica), e adatto a far crescere piante che a loro volta producano buon cibo. Per esempio, le patate prodotte a Sospirolo (Belluno) sono DOP, anche se non particolarmente ricche di selenio, un efficace antiossidante, la cui presenza nel suolo spiega il basso numero di tumori nelle popolazioni del nord Europa, in particolare in Scandinavia.

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TEA, nuovo stop dell’Unione Europea. Il commento di Mario Pezzotti: “Politica disallineata rispetto alla scienza”

Il 27 giugno 2025 è stato reso noto che il Parlamento europeo ha deciso di interrompere il trilogo con Consiglio e Commissione sul dossier relativo alle nuove tecniche genomiche (TEA o NGTs), facendo così sfumare le possibilità della Presidenza polacca di chiudere i negoziati prima del passaggio di consegne alla Danimarca.
Il Prof. Mario Pezzotti, ordinario di Genetica agraria all’Università di Verona, georgofilo e coordinatore dell’Electronic Working Group (EWG) on "gene editing" dell’Union of European Academies for Science Applied to Agriculture, Food and Nature (UEAA). ha così commentato:
“La decisione del Parlamento europeo di interrompere il trilogo sul dossier relativo alle nuove tecniche genomiche (TEA/NGTs) è l’ennesima conferma di quanto i tempi della politica siano spesso disallineati rispetto all’urgenza dell’innovazione scientifica e tecnologica. In un momento in cui l’agricoltura europea ha bisogno di strumenti efficaci per affrontare le sfide del cambiamento climatico, della sicurezza alimentare e della sostenibilità, lasciare in sospeso un dossier così strategico rischia di rallentare lo sviluppo e l’applicazione di soluzioni concrete.
È legittimo e necessario che ci sia un confronto approfondito su temi complessi come la sostenibilità, la tracciabilità, l’etichettatura e la brevettabilità, ma è altrettanto fondamentale che il dibattito politico non diventi ostaggio di contrapposizioni ideologiche o di equilibri interni fra gruppi parlamentari. Il risultato è una paralisi che penalizza la ricerca, l’innovazione e, in ultima analisi, i cittadini europei.
Il rinvio dei negoziati alla Presidenza danese – di cui peraltro non è ancora noto il calendario – allontana ulteriormente una decisione attesa da anni. Occorre auspicare che si riesca a riprendere il confronto in modo costruttivo e con la consapevolezza che, in questo campo, l’Europa non può permettersi di restare indietro”.


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L'Italia a capo dell’iniziativa multilaterale Clean Energy Ministerial (CEM) Biofuture Platform

L'Italia è stata nominata Presidente dell’iniziativa multilaterale Clean Energy Ministerial (CEM) Biofuture Platform. Istituita nel 2016 a Marrakech, durante la COP22, la Piattaforma Biofuture è uno strumento fondamentale per sviluppare e promuovere la collaborazione multilaterale e il dibattito politico sulla bioeconomia e sulla bioenergia, in particolare sull’utilizzo dei biocarburanti e delle soluzioni sostenibili a base biologica, promuovendo la condivisione delle best practices relative alle tecnologie, agli aspetti regolatori e di supporto finanziario, nonché favorendo il consenso attraverso attività di informazione. Nel 2020, la Biofuture Platform si è collegata al Clean Energy Ministerial (CEM), l’iniziativa internazionale dedicata ai numerosi elementi della transizione verso l'energia pulita, ed è stata quindi rilanciata come “CEM Biofuture Platform Initiative”.
All’iniziativa partecipano 23 Paesi ed un osservatore (Giappone): l’Agenzia Internazionale per l’Energia svolge il ruolo di facilitatore (una sorta di segretariato). Tra le organizzazioni internazionali che supportano la piattaforma troviamo vari soggetti delle Nazioni Unite (quali FAO, IRENA, UNIDO, UNCTAD) e Sustainable Energy for All.
La presidenza della Piattaforma Biofuture è stata recentemente assegnata al Prof. David Chiaramonti del Politecnico di Torino, membro dell'Accademia dei Georgofili.

Prof. Chiaramonti, quali obiettivi si prefigge durante il suo mandato?
Stiamo proprio in questi giorni definendo con i partner membri della piattaforma il programma per i prossimi due anni, periodo che sarà coperto dal mandato dell’Italia. Assieme alle vicepresidenze di Brasile ed Olanda, le attività della piattaforma si svilupperanno sicuramente su alcune linee programmatiche ben definite: la disponibilità e la “mobilizzazione” di biomasse in modo sostenibile per la bioeconomia (ed in particolare per i biofuels), il cosiddetto carbon accounting delle filiere, e l’impiego delle biomasse nel settore dei biochemicals e dei biomateriali (inclusi ambiti quali produzione di acciaio, cemento, etc).

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Scienza agraria e Arte ai Georgofili

Sembra difficile mettere insieme agricoltura e arte, ma non è impossibile.
Recentemente, giovedì 12 giugno 2025, si è tenuto, presso la sede di Firenze dell'Accademia dei Georgofili, un evento inatteso, la donazione di una scultura da parte di un noto artista cinese, Wu Weishan, scultore di fama internazionale; Weishan ha diretto, tra l'altro, il Museo Nazionale d'Arte della Cina (NAMOC). L'evento è stato organizzato dall'Accademia dei Georgofili e dall'Associazione di Arte e Cultura Contemporanea Cina e Italia con la partecipazione di Qiu Yi, diplomato presso il Dipartimento di scultura dell'Università d'Arte dello Shandong e laureatosi successivamente con Laura magistrale presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze. Attualmente è presidente dell'Associazione di Arte e Cultura Contemporanea Cina e Italia.

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Dialoghi sul Verde: “Gli Orti Urbani”

Ferrucci: La scelta dell’interlocutore di un dialogo sugli orti urbani è stata per me semplice e immediata: chi meglio di te, Emilio, può guidarci nell’esplorare le multiformi sfaccettature di un tema, l’orticoltura urbana, al quale sei stato tra i primi in Italia a dedicare la tua attenzione di agronomo, sondandone la genesi, contribuendo alla sua espansione sotto il profilo pratico - operativo, ed educando ad apprezzarne le molteplici esternalità positive con l’intensa attività di  divulgazione che conduci attraverso il tuo sito Internet https://emiliobertoncini.wixsite.com/emiliobertoncini, la pubblicazione di volumi, corsi di formazione, seminari universitari e scolastici. Nell’incipit del tuo bel volume, stimolante e pionieristico, dal titolo “Orticoltura (eroica) urbana”, del 2014, e già l’aggettivo eroica che hai usato è eloquente, ti chiedevi se la stessa potesse essere una “via per il futuro”: che risposta daresti oggi a quella domanda? 

Bertoncini: Prima di tutto, sono felice di aver formulato una domanda anziché un’affermazione, per quanto a tutt’oggi ne abbia la tentazione. Trascorsi oltre dieci anni posso dire che quella domanda ha lavorato molto in me trasformando tanto la mia vita professionale quanto quella personale. Nel mio agire professionale l’orticoltura è diventata sempre più una metodologia per perseguire risultati non agronomici. Ho spostato, cioè, sempre di più l’obiettivo in campo socio-educativo, lavorando con l’infanzia, l’adolescenza, la terza età, la disabilità, la marginalità sociale e così via. Questo ha circoscritto il coltivare al rango di strumento e, al tempo stesso, ne ha ampliato il raggio d’azione, così da portare quel gesto all’attenzione di chi mai lo aveva interpretato come capace di scaturire risultati diversi dal produrre qualcosa che può essere venduto e mangiato. Oggi nel mio lavoro il coltivare è metodologia per intervenire in area STEM (acronimo inglese che sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr) nel mondo della scuola, per supportare l’aggregazione sociale e la sollecitazione delle abilità dei singoli quando lavoro con persone con disabilità, per stimolare la comunità intera ad un nuovo sguardo sui gesti agricoli. In me è cambiato anche il modo di proporre l’orticoltura come strumento e sono sempre più orientato alla testimonianza, cioè sto sostituendo il tentativo di dimostrare che permette di raggiungere determinati risultati con quello di  mostrare cosa accade quando la si pratica. Sono sempre più numerose anche le testimonianze di chi mi segue sui social o mi incontra nei corsi e nei progetti educativi e fa scaturire progettualità che muovono dalla mia sollecitazione, ma che mai sarei stato capace di concepire. In pratica, il grande cambiamento rispetto a dieci anni fa consiste proprio in questo: la nostra società, al di fuori certi clamori mediatici, è sempre più ricettiva rispetto al messaggio di quel mio primo libro. Questo mi fa pensare che davvero la via per il futuro sia aperta e praticabile, anche se ha bisogno di tempo per essere percorsa.

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