Se guardiamo le superfici ricoperte dai boschi e quelle investite a vigneto, la Toscana è una regione più boscosa che vitata: 1milione e 200 mila ettari tra foreste, arboricoltura da legno e arbusteti a fronte dei 61 mila ettari a vigneto. Se confrontiamo il valore generato dai due comparti i rapporti naturalmente si invertono.
Eppure il valore ambientale, paesaggistico, sociale, turistico e ricreativo del bosco, per citare solo alcune delle sue funzioni, concorre non di poco al successo del vino toscano. Come è possibile allora collegare i due settori e, in accordo con i principi dell’economia circolare, fare in modo che i prodotti del bosco acquisiscano un rilievo economico maggiore e che allo stesso tempo trasmettano al vino locale i valori di cultura della conservazione e della tutela dell’ambiente, che passano attraverso una corretta gestione forestale?
La storia del recupero in chiave moderna della tradizione dell’uso delle botti in castagno per la produzione dei vini toscani comincia intorno al 2013 come risposta a questa domanda, da un’idea Giampiero Maracchi, ex presidente dell’Accademia dei Georgofili scomparso nel 2018 e di Raffaello Giannini, professore selvicoltura dell’Università di Firenze e Presidente del comitato scientifico della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità.
Il vino nel legno, Raffaello Giannini: https://youtu.be/l490VneEDLs?si=81AYCuVOf6mnXoHa
Ne nascono tre progetti, svolti in continuità l’uno con l’altro grazie ai finanziamenti prima della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e poi della Regione Toscana: il progetto ProVaCi, il progetto ReVIVAL e il progetto Tosca, realizzato quest’ultimo nell’ambito della sottomisura 16.2 del PSR Regione Toscana 2014-2022 e appena conclusosi. L’evento finale si è svolto il 16 aprile scorso al Castello di Verrazzano, partner del progetto insieme al Podere Scurtarola di Massa, il Podere 1808 di Pistoia, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e la Federazione Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana.
“I tre progetti sono nati con l’obiettivo di ricreare in Toscana la filiera che lega il comparto forestale al settore vitivinicolo, dando valore alla produzione legnosa e al tempo stesso recuperando e reinterpretando in chiave moderna un elemento della tradizione enologica toscana qual è la botte di castagno” spiega Marco Mancini della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e anima da più di 10 anni di questo percorso.
I protagonisti del progetto ToSca: https://youtu.be/gvUwGrmqfIc?si=KRrdTZPCVKbKnXOY
Dopo avere approfondito, nei primi due progetti e con il supporto di numerosi esperti e ricercatori nelle discipline delle scienze forestali e delle tecnologie del legno, gli aspetti di gestione forestale e di sviluppo delle competenze necessarie per la lavorazione del legno e la fabbricazione dei carati, con ToSca il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze ha indagato gli aspetti relativi alla qualità dei vini, nelle loro caratteristiche di stabilità e di identità organolettica.
Gli aspetti enologici del legno di castagno nel progetto ToSca
La sperimentazione del progetto ToSca è stata impostata seguendo nelle tre cantine partner un preciso disegno sperimentale, utilizzando carati di castagno toscano sottoposti a tre diversi livelli di tostatura (alta, media e bassa) per la conservazione sulle fecce fini di due vini bianchi della vendemmia 2024, Vermentino e Trebbiano toscano, e per l’affinamento del Sangiovese 2023 per un periodo di maturazione di un anno.
Il team di ricerca fiorentino, formato da Valentina Canuti, Paola Domizio, Monica Picchi, Lapo Pierguidi, Valentina Civa, Francesco Maioli, Natascia Bartolozzi e Giada Gironi, ha approfondito tutti gli aspetti connessi al rapporto vino-legno, dal profilo polifenolico a quello dei composti volatili, dalla stabilità e le caratteristiche del colore alle caratteristiche delle componenti colloidali. “L’obiettivo” spiega Valentina Canuti, professoressa di enologia dell’Università di Firenze e responsabile scientifica del progetto “era di approfondire le relazioni che si stabiliscono tra i vini toscani e i carati in legno di castagno, per dare ai produttori toscani un’informazione quanto più completa possibile per rivisitare nelle loro cantine una pratica tradizionale in chiave moderna e innovativa, in modo da valorizzare in modo originale e identitario lo stile dei loro vini”.
Le informazioni portate dai vini sono state chiare: dall’analisi dei risultati ha spiegato Canuti è stato possibile osservare che a livello chimico il legno di castagno interagisce con le caratteristiche del vino in modo diverso rispetto a quanto avviene con il legno di rovere, migliorando la stabilità del colore nei vini rossi che risultano allo stesso tempo anche più intensi. Nel profilo aromatico un aspetto che necessita di essere approfondito è legato alla maggior presenza di composti varietali volatili nei vini affinati in castagno.
È Lapo Pierguidi dell’Università di Firenze infine a presentare i risultati ottenuti dal panel addestrato nella descrizione sensoriale dei vini di Sangiovese: l’affinamento in castagno esalta in modo significativo la nota olfattiva di amarena, ma questo effetto si riduce nel caso della tostatura alta, che attenua anche l’intensità dell’odore di rosa. Al contrario nei vini affinati in castagno le note floreali sono maggiormente valorizzate nella tostatura media.
I protagonisti del progetto ToSca (2): https://youtu.be/1bWFDpVMehM?si=GnoipLON3NEe-XNv