Frusciante: L’agrumicoltura rappresenta una delle filiere agricole più rilevanti del Paese. L’Italia, insieme alla Spagna, è infatti uno dei principali produttori ed esportatori di agrumi in Europa. L’innovazione varietale ha storicamente accompagnato l’evoluzione del settore, rispondendo alle esigenze dei consumatori. Oggi, tuttavia, il compito dei ricercatori risulta ancor più complesso: occorre continuare a soddisfare tali esigenze in un contesto segnato da evidenti cambiamenti climatici.
Licciardello: Il comparto agrumicolo sta vivendo una fase particolarmente complessa, segnata da sfide fitosanitarie e ambientali senza precedenti. Tra queste, il Greening (HLB) rappresenta la minaccia più grave: una malattia devastante per la quale, ad oggi, non esiste un metodo di controllo efficace. Causata da un batterio trasmesso da una psilla (insetto vettore), ha già provocato la morte di milioni di piante a livello globale. La diffusione dell’insetto è favorita sia dai cambiamenti climatici, sia dall’attività umana, che introduce inconsapevolmente materiale vegetale infetto attraverso gli scambi internazionali. Sebbene i Paesi del Mediterraneo siano attualmente indenni dalla malattia, il batterio è stato rilevato in alcune aree, rendendo il rischio reale e concreto. Le poche fonti di resistenza identificate si trovano in generi affini ai Citrus, sessualmente compatibili ma geneticamente distanti. Questo rende molto difficile ottenere, con metodi di incrocio tradizionale, nuove varietà che combinino resistenza alla malattia e caratteristiche agronomiche desiderate. In questo contesto, le Tecnologie di Evoluzione Assistita offrono un’opportunità concreta. Solo grazie a questi strumenti innovativi sarà possibile trasferire geni di resistenza mantenendo l’identità varietale, senza alterare in modo sostanziale le qualità organolettiche e commerciali degli agrumi. Anche i cambiamenti climatici pongono sfide significative, influenzando direttamente la qualità del frutto. La pigmentazione rossa delle arance, ad esempio, è legata alla sintesi di antocianine, attivata da un’adeguata escursione termica tra giorno e notte. Inverni sempre più miti compromettono questo meccanismo, con ricadute negative sul colore, sulle proprietà antiossidanti e sull’appetibilità del prodotto.
Se guardiamo le superfici ricoperte dai boschi e quelle investite a vigneto, la Toscana è una regione più boscosa che vitata: 1milione e 200 mila ettari tra foreste, arboricoltura da legno e arbusteti a fronte dei 61 mila ettari a vigneto. Se confrontiamo il valore generato dai due comparti i rapporti naturalmente si invertono.
Eppure il valore ambientale, paesaggistico, sociale, turistico e ricreativo del bosco, per citare solo alcune delle sue funzioni, concorre non di poco al successo del vino toscano. Come è possibile allora collegare i due settori e, in accordo con i principi dell’economia circolare, fare in modo che i prodotti del bosco acquisiscano un rilievo economico maggiore e che allo stesso tempo trasmettano al vino locale i valori di cultura della conservazione e della tutela dell’ambiente, che passano attraverso una corretta gestione forestale?
La storia del recupero in chiave moderna della tradizione dell’uso delle botti in castagno per la produzione dei vini toscani comincia intorno al 2013 come risposta a questa domanda, da un’idea Giampiero Maracchi, ex presidente dell’Accademia dei Georgofili scomparso nel 2018 e di Raffaello Giannini, professore selvicoltura dell’Università di Firenze e Presidente del comitato scientifico della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità.
Il vino nel legno, Raffaello Giannini: https://youtu.be/l490VneEDLs?si=81AYCuVOf6mnXoHa
Ne nascono tre progetti, svolti in continuità l’uno con l’altro grazie ai finanziamenti prima della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e poi della Regione Toscana: il progetto ProVaCi, il progetto ReVIVAL e il progetto Tosca, realizzato quest’ultimo nell’ambito della sottomisura 16.2 del PSR Regione Toscana 2014-2022 e appena conclusosi. L’evento finale si è svolto il 16 aprile scorso al Castello di Verrazzano, partner del progetto insieme al Podere Scurtarola di Massa, il Podere 1808 di Pistoia, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e la Federazione Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana.
“I tre progetti sono nati con l’obiettivo di ricreare in Toscana la filiera che lega il comparto forestale al settore vitivinicolo, dando valore alla produzione legnosa e al tempo stesso recuperando e reinterpretando in chiave moderna un elemento della tradizione enologica toscana qual è la botte di castagno” spiega Marco Mancini della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e anima da più di 10 anni di questo percorso.
La Riforma Agraria attuata in Italia nel secondo dopoguerra rappresenta uno snodo cruciale nella storia del Mezzogiorno. Questo contributo analizza le implicazioni strutturali, sociali e culturali della riforma, mettendo in luce la profonda trasformazione del paesaggio agrario e umano che ne derivò. L’analisi si concentra in particolare sull’impatto della legislazione del 1950 nelle aree rurali meridionali, evidenziando gli elementi di continuità e rottura rispetto alla tradizione latifondista.
Attualmente, con il nuovo ciclo di rivoluzione scientifica e tecnologica e l'evoluzione profonda della trasformazione industriale, una nuova generazione di tecnologie e attrezzature all'avanguardia basate sull'intelligenza artificiale si sta infiltrando e integrando nel campo della nutrizione alimentare spingendo l'industria globale della nutrizione alimentare a svilupparsi rapidamente nella direzione della personalizzazione, precisione e intelligenza.