Dialoghi in biotecnologie: “Il contributo delle TEA per il miglioramento genetico del grano duro”

Dialogo con Pasqule De Vita, Dirigente di ricerca del CREA

Luigi Frusciante, Pasquale De Vita 22 January 2025

Frusciante: Il miglioramento genetico del grano in Italia nasce dal lavoro visionario di Nazzareno Strampelli, pioniere della genetica agraria, che introdusse l'incrocio artificiale tra genotipi per combinare i migliori caratteri di ciascuno, senza conoscere le leggi di Mendel. Questo approccio portò allo sviluppo di numerose varietà di grano tenero a partire dal Rieti, una varietà apprezzata per l’ottima resistenza alla ruggine. Tuttavia, Strampelli è noto soprattutto per la varietà Cappelli, ottenuta nel 1915 tramite selezione entro una popolazione nordafricana. In che modo il lavoro di Strampelli e la varietà Cappelli hanno influenzato le moderne strategie di miglioramento genetico di questa coltura?

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Il mondo ambientalista: fonte di fake news?

Giuseppe Bertoni 22 January 2025

Non sono in grado di dire se vi sia una qualche relazione fra “Food for profit” (film di Giulia Innocenzi) e il documento WWF: “Al via la meat free week promossa dal WWF”, apparso il 26-02-24. Certamente è analoga l’ispirazione animalista e, soprattutto, l’attitudine a mescolare verità (poche) e fake (molte); in entrambi, ne risulta la diffusione di informazioni che sono fonte di confusione per i consumatori con minori competenze specifiche. Di qui il mio tentativo di evidenziare le principali “fake” veicolate dal documento WWF e così chiarire anche quelle riportate nel già menzionato film “Meat for profit”.
Per facilitare la lettura, il testo contiene (numerate) le frasi tratte dall’originale WWF (in corsivo e grassetto) che sono sembrate degne di essere confutate; ad esse fanno seguito le motivazioni critiche e, per accrescerne l’autorevolezza, ho citato alcuni documenti ufficiali della FAO.

1) Gli allevamenti intensivi sono una delle principali cause del cambiamento climatico, responsabili del 16,5% delle emissioni globali di gas serra (cifra paragonabile agli effetti dell’intero settore dei trasporti, considerando treni, macchine, aerei e camion) e del 60% delle emissioni dell’intero settore agroalimentare. 
I dati numerici non sono lontani dalla realtà, ma non vi è alcuna relazione con gli allevamenti intensivi; infatti, i dati sulle emissioni corrispondono  a quelli di tutti gli animali allevati sul pianeta, come emerge dal documento FAO (2023) che afferma: “A livello globale, la produzione di proteine animali, come presentato nella sottosezione precedente (Produzione globale di proteine animali), è associata a un totale di 6,2 Gt CO2eq di emissioni, che costituiscono circa il 12% delle emissioni antropogeniche totali stimate tra 50 e 52 Gt CO2eq nel 2015.” Ammettiamo pure che la FAO abbia sbagliato per difetto, ma è ovvio che il 16,5% del WWF non sia così lontano. Se a questo punto si considera che nei Paesi meno sviluppati è allocato un numero di bovini e ovicaprini che è da 6 a 9 volte superiore a quello dei Paesi sviluppati (FAOSTAT, 2018), risultano confermati i dati FAOSTAT (2020), che cioè la quota delle emissioni di CH4 enterico da parte dei ruminanti è più elevata in Asia (37%), sud America (23%) ed Africa (17%), rispetto ad Europa (10%), nord America (9%) e Oceania (3%). A questo punto, si potrebbe chiedere al WWF come sia possibile che gli allevamenti intensivi - una esigua minoranza nei 3 continenti Asia, Africa e America Latina – possano essere responsabili di gran parte dei GHG mondiali. D’altra parte, è esattamente quanto la FAO (2023) afferma nel medesimo documento: “La riduzione più significativa delle emissioni, sia assolute che relative, può essere ottenuta dando priorità ai miglioramenti della produttività, non solo per quella animale ma anche ottimizzando l’efficienza in ogni fase della catena di produzione... Questo documento stima che, se implementati collettivamente, questi miglioramenti (di produttività) potrebbero ridurre significativamente le emissioni del settore zootecnico, pur rispettando l'aspettativa di un ulteriore 20% di aumento del fabbisogno di proteine animali prevista entro il 2050.” L’aumento della produttività è, in primo luogo, quanto consentono gli allevamenti intensivi.

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L’etichettatura dei prodotti e la pubblicità: i consumatori sono tutelati o ingannati?

Capitolo 2: Additivi alimentari

Paolo Fantozzi*, Silvio Garattini** 22 January 2025

Qualsiasi prodotto che un consumatore mangia, beve o inala nel corso della sua vita può potenzialmente causare danni. Le leggi che regolano la sicurezza dei prodotti mirano a prevenire tali danni. Questo documento si rivolge ovviamente ai consumatori ma e allo stesso tempo a tutti coloro che sono coinvolti nelle industrie alimentari e farmaceutiche.

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L’Europa, la crisi dell’auto, la PAC

Lorenzo Frassoldati* 22 January 2025

Fra i commenti di fine 2024/inizio 2025  leggo: “la nuova priorità non è vendere ma difendere le produzioni”. Rettificherei: la priorità è vendere (essendo competitivi) e insieme difendere le produzioni. Perché ovvio: se non c’è prodotto, non c’è mercato. O meglio: c’è il prodotto estero. A più basso prezzo e meno controllato. Che magari finisce nei discount, gli unici a registrare un considerevole aumento dei consumi. Il perché è evidente…

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