“La salute mentale in agricoltura, un tema sottovalutato” è il titolo dell’incontro che si è tenuto presso la sede accademica il 29 maggio scorso, con un folto pubblico collegato anche in remoto.
Dai riscontri ricevuti è apparso evidente che il tema è molto sentito e che il bisogno di parlarne è forte.
Le relazioni che si sono succedute hanno inquadrato la situazione della salute mentale fra gli operatori e le operatrici del settore agricolo e analizzato le cause di disagio.
Il moderatore dr. Matteo Bernardelli, giornalista di Agronotizie, rivista che già in passato ha pubblicato dati e riflessioni sull’argomento, ha introdotto il tema ricordando che la Commissione Europea ha annunciato provvedimenti per sostenere gli agricoltori dal punto di vista della salute mentale. Diversi Paesi, in particolare nel Nord Europa, hanno già attivato programmi di supporto nelle zone rurali e campagne di sensibilizzazione al tema, per ridurre lo stigma che ancora riguarda l’argomento salute mentale.
E’ emerso chiaramente che il tasso di disagio nella categoria è maggiore rispetto alla media dei lavoratori di altri settori economici. A questo si aggiunga che, a parere dei relatori, si tratta di una classe di operatori che meno di altri esterna il disagio, soprattutto per motivi culturali, di identità e di appartenenza di genere.
La dr.ssa Alessandra Ruberto, responsabile del gruppo di lavoro ambiente, territorio, turismo e sport del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, ha parlato del benessere psicologico nei contesti agricoli e rurali. L’argomento è ancora poco dibattuto, ma si tratta – sostiene – di una vera e propria emergenza: il tasso di suicidi è almeno del 20% in più rispetto ad altre categorie. Questo accade nonostante la letteratura scientifica sia concorde su un fatto: vivere nel verde e in ambienti ameni contribuisce al benessere mentale; appare evidente quindi che vi siano dei disagi collegati al lavoro svolto in agricoltura e al contesto in cui si opera.
Fra i fattori di vulnerabilità Ruberto cita il sovraccarico lavorativo, l’isolamento, il peso dei cambiamenti climatici, le incertezze economiche, lo stigma e la difficoltà a parlarne soprattutto fra i maschi di età avanzata.
I segnali di disagio cui prestare attenzione sono i disturbi dell’umore, ansia che paralizza la capacità decisionale, disturbi del sonno, irascibilità, cambiamenti nel comportamento o nell’alimentazione. Ruberto infine ha ricordato la ben nota correlazione fra consumo di alcolici e disturbi mentali e altre patologie.
Il dr. Ermanno Comegna ha illustrato il pesante carico amministrativo che grava sulle aziende agricole e sui tecnici che operano nel settore. Tra obblighi di conformità, incombenze per accedere a sostegni pubblici come la PAC, applicativi che funzionano male, si assiste sempre più di frequente a rinuncia da parte degli agricoltori o addirittura a chiusura delle aziende; da questo derivano fenomeni di spopolamento delle aree interne.
La Commissione Europea stessa ha preso atto dell’alto tasso di suicidi nella categoria, dello scarso equilibrio fra vita professionale e privata, degli alti costi regolatori.
Comegna ha parlato di “catena della complessità”, tra inflazione normativa ed eccesso di burocrazia, troppi enti coinvolti senza interoperabilità e una complessità che non sempre nasce a Bruxelles ma spesso nello Stato Membro. A suo parere i risultati del lavoro amministrativo e burocratico sono deludenti anche per il divario esistente fra prestazioni soddisfacenti e risorse umane disponibili, sia nelle aziende che fra i tecnici di settore. In definitiva, si stima che ben il 18,3% delle risorse della PAC venga eroso all’agricoltore per accedervi; un dato spaventoso.
Comegna informa che l’UE sta attivando iniziative di semplificazione profonde e trasversali, senza precedenti, in tutti i settori che copre; tale decisione prende origine dal rapporto sul futuro della competitività di Mario Draghi. Per quel che attiene la PAC il primo pacchetto di semplificazione è stato pubblicato il 14 maggio, entro fine anno ne saranno emessi altri due.
Comegna ha concluso commentando che le proteste degli agricoltori hanno senz’altro inciso moltissimo sulle decisioni dell’Unione, e ho auspicato che le organizzazioni agricole facciano propria l’opera di semplificazione per riconquistare la fiducia degli agricoltori.
Nel corso del convegno si è parlato anche di scienza sotto attacco, proiettando due videomessaggi delle ricercatrici professoresse Sara Zenoni e Vittoria Brambilla, che hanno illustrato le proprie ricerche volte a sviluppare piante di vite e di riso resistenti a malattie fungine e quindi meno bisognose di protezione con agrofarmaci. I campi prova di entrambi i gruppi di ricerca sono stati distrutti da anonimi vandali; le relatrici hanno raccontato l’impatto anche psicologico che vedere distrutto il lavoro di anni ha avuto sugli e sulle studenti che con loro lavorano.
Anche questo contribuisce al disagio del settore agricolo, che si vede additato come inquinatore e non può accedere a innovazioni utili alla sostenibilità economica e ambientale.
Notevole interesse ha suscitato la relazione del prof. Noel Richardson, del Centro Nazionale per la salute degli uomini alla South East Technological Univ, Irlanda, prima nazione al mondo a lanciare una policy sul tema in agricoltura. Richardson ha illustrato i programmi messi in atto nel Paese al fine di sensibilizzare gli agricoltori a prendersi cura di sé. Vi è anche un’attenzione alla formazione degli operatori, dei veri e propri consulenti agricoli, che devono sapere di avere a che fare con una categoria che, per motivi culturali, di identità e mascolinità rende necessario un approccio di genere alla cura.
Il dr. Gianluca Sotis, responsabile dell’Unità prevenzione e protezione del CNR, ha illustrato i rischi psicosociali nel lavoro agricolo, dettagliando i tassi di stress, ansia, burnout, depressione e suicidio. Ha commentato che il fatto che l’opinione pubblica sia spesso convinta che le pratiche agricole siano dannose per ambiente e animali causa alienazione negli operatori del settore. L’insicurezza finanziaria causa incertezza: temi come la politica economica, le pressioni del mercato, l’accessibilità al credito, la riduzione del potere contrattuale sono fattori aumentano rischio di depressione e di disperazione.
Dai dati raccolti si evidenzia un aumento di ansia patologica in chi effettua la conversione al biologico, legata all’instabilità produttiva e all’incertezza. In chi invece ha effettuato il passaggio da molti anni si rileva un maggiore benessere.
Sotis ha commentato anche il disagio proveniente dall’adozione di tecnologie digitali, che comportano un maggiore carico di lavoro cognitivo e una sensazione di perdita di autonomia per la dipendenza da fornitori esterni.
I dati dicono che il 25% degli agricoltori è in burnout, il 20% mostra sintomi depressivi, il tasso di suicidi è del 40% superiore rispetto ad altre categorie, ma è del 100% maggiore negli agricoltori anziani.
Che fare? Sotis parla dell’importanza di momenti di stacco, di flessibilità lavorativa e dell’importanza di reti di supporto fra agricoltori.
Infine, accenna ai problemi psicologici dei lavoratori migranti, legati a barriere culturali e linguistiche, lavoro irregolare, isolamento e separazione dalle famiglie. Questo porta a frequenti abusi di sostanze e dipendenze, in particolare per l’uso di stimolanti per lavorare per più ore.
Nelle sue conclusioni il presidente dell’Accademia dei Georgofili, prof. Massimo Vincenzini ha sottolineato l’importanza di includere valutazioni di impatto mentale nelle discussioni su ogni tecnologia e su ogni argomento che riguardi il settore dell’agricoltura.
La discussione sulla consapevolezza è ora aperta, parlarne è il primo passo per affrontare il disagio e mettere all’opera soluzioni che prevengano e risolvano.