Notiziario





Prospettive future per la sostenibilità delle produzioni animali

Se l’obiettivo da raggiungere è la sostenibilità delle produzioni animali, dobbiamo puntare su ingredienti alimentari innovativi, sulla digitalizzazione, su nuove tecniche di preparazione degli alimenti e tecnologie di alimentazione, che contribuiscano a ridurne l’impatto sull’ambiente.

Leggi


Sostanze naturali: un tesoro non del tutto svelato per il trattamento della Covid 19

L’umanità non è nuova ad emergenze sanitarie come quella da coronavirus in corso. Eppure, ne avvertiamo tutta l’eccezionalità. Ha stravolto il nostro modo di vivere. Ci ha costretti a cambiare le nostre abitudini, imponendoci comportamenti e modalità di interazione sociale che rappresentano una vera e propria svolta culturale dai profondi significati antropologici e dalle immense ricadute psicologiche ed economiche. Eccezionale è sicuramente lo sforzo collettivo di tante comunità scientifiche che a livello globale stanno cooperando per sconfiggere la malattia.
Una malattia generata da un virus dell’ampia famiglia dei coronavirus, il SARS-COV2, scoperto alla fine del 2019 e così definito in quanto simile al già noto SARS-COV (severe acute respiratory syndrome coronavirus). L’infezione da SARS-COV2 è stata, dunque, denominata dalla World Health Organization ‘COVID-19’ dall’inglese COronaVIrus Disease 2019.
Grandi speranze sono riposte nel vaccino che ci si augura possa garantire un’immunità di massa. Non tutti, purtroppo, potranno beneficiarne, come i soggetti già infetti o allergici, gli immuno-depressi o, ancora, le donne in gravidanza e attualmente i ragazzi al di sotto dei 16 anni per mancanza di studi sperimentali. Inoltre, il virus può mutare e mutare in maniera tale da compromettere l’efficacia del vaccino stesso. Ne consegue che la ricerca farmacologica finalizzata a mettere a punto delle terapie antivirali rimane una priorità. La necessità di avere farmaci prontamente disponibili ha infuso nuova linfa vitale al drug repurposing (riposizionamento dei farmaci), una strategia che consiste nell’indentificare farmaci già approvati e commercializzati da usare per nuovi scopi terapeutici, evitando in tal modo i lunghi stadi necessari per lo sviluppo di un nuovo agente terapeutico. Alla luce di tali considerazioni e in virtù di una consolidata tendenza verso i rimedi naturali, le sostanze naturali biologicamente attive sono subito emerse come un ricco arsenale a cui ispirarsi per il trattamento della COVID-19.

Leggi










Un progetto per esplorare la diversità genetica delle Brassiche presenti nel bacino del Mediterraneo

L’esplorazione di questa diversità può fornire strumenti genetici per lo sviluppo sostenibile dell'agricoltura mediterranea, che deve confrontarsi con sfide difficili a causa dei cambiamenti climatici.

Leggi


Insetticoltura, nuova zootecnia

Un diretto uso alimentare di insetti e anche di loro preparazioni (farine ecc.) non è facilmente accettato dalla nostra cultura occidentale ma prevedibile è una nuova zootecnia degli insetti da usare in alimentazione animale, che si affianca a quella tradizionale della bachicoltura e dell’apicultura. Non dimenticando che gli insetti sono ciò che mangiano, prima di usarli in alimentazione di animali che producono carne, latte e uova anche loro bisogna essere sicuri che siano allevati e alimentati con matrici non a rischio.

Leggi


L’accessibilità alla risorsa acqua

L’acqua è, come noto, elemento fondamentale per la vita dell’uomo ed ha permesso i processi di coltivazione e allevamento.
Un tema, peraltro, importante è quello dell’accessibilità a tale risorsa. Accessibilità (e cioè facoltà di accedere, avvicinarsi e disporre di tale risorsa) che può essere analizzato sotto diversi aspetti.
Innanzitutto l’accesso economico, e cioè la possibilità di approvvigionarsi della risorsa acqua in termini  sostenibili da parte delle popolazioni, evitando anche gli sprechi dovuti alle perdite nelle condotte di distribuzione.
Vi è poi l’accessibilità politica e sociale, legata alle difficoltà di accesso dovute alle guerre o alle tensioni tra stati (si pensi alla Turchia, Siria ed Iraq per i bacini del Tigri e dell’Eufrate), alle diseguaglianze sociali e ai problemi delle reti di approvvigionamento e smaltimento.
Importante è poi l’accessibilità fisica che si incrocia con l’accessibilità emozionale: pensiamo al fascino che riveste per i bambini l’elemento acqua e l’impulso che provano le persone di avvicinarsi a tale risorsa lungo i fiumi e gli specchi d’acqua; tale esigenza di rapporto stretto con la risorsa acqua ha stimolato e favorito tutti i processi di rivalutazione e rigenerazione dei cosiddetti “waterfront” in tutto il mondo. L’accessibilità cerimoniale è poi testimoniata dalla presenza dell’elemento acqua in tutte le rappresentazioni scenografiche dell’antichità.
Di grande attualità appare l’accessibilità trasportistica, legata all’utilizzo delle vie d’acqua anche in termini ludici e diportistici.
L’accessibilità sanitaria sicura è poi tema fondamentale per le popolazioni, accesso sicuro che rimane problematico in molti paesi. Non si dimentichi, poi, il tema dell’accesso fisico sicuro all’elemento, che se è per noi europei tema scontato, così non è per molte popolazioni, dove l’accesso all’acqua può essere pericoloso per la presenza di rettili (i contadini del Myanmar devono guardarsi dai serpenti velenosi nelle zone umide) o insidie di tipo biologico (parassiti degli ambienti lacustri).

Leggi


Considerazioni sulla “viticoltura resistente” in Italia

I vitigni da vino “resistenti” di ultima generazione, ottenuti da incroci tra viti europee e viti americane ed asiatiche, sono un grande successo della moderna ricerca genetica, e nel periodo 2019-2020 sono state prodotte in Italia circa 2,5 milioni di barbatelle innestate con tali vitigni (dati Mipaaf e Crea-VE). Nelle regioni in cui sono ammesse alla coltura (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Province autonome di Trento e Bolzano, Emilia-Romagna, Abruzzo), le barbatelle innestate nell’ultima campagna vivaistica potrebbero teoricamente dare origine ad oltre 600 ettari di vigneto, che potrebbero aggiungersi ai circa 250 ettari che si stima siano attualmente impiantati con le varietà resistenti.
Nonostante questi lusinghieri risultati, è chiaro che i nuovi vigneti rappresentano ancora una quota irrisoria della superficie italiana investita ad uva da vino, che ammonta a circa 650.000 ettari (dati ISTAT, 2020). E’ però evidente che il settore sta entrando in una nuova era, che si configura come la fase iniziale di una “viticoltura resistente”, che si innesta su quella che ancora oggi può definirsi “viticoltura post-fillosserica”.
In realtà, infatti, più di venti accessioni di uve da vino con caratteri di resistenza sono state iscritte al nostro registro varietale a partire dagli anni 2000, e la maggior parte di esse deriva dall’incrocio tra vitigni francesi di importanza internazionale (Cabernet, Merlot, Pinot, Sauvignon, ecc.) e varietà ibride di genealogia complessa ed eterogenea (Kozma, Merzling, Bianca, ecc.). Le nuove accessioni sono state ottenute da varie istituzioni scientifiche in Italia, in Germania, in Ungheria e in altri paesi del centro-nord Europa e la loro iscrizione al registro varietale italiano si accorda perfettamente con l’accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica, che oggi considera la viticoltura come una delle attività agricole a più alto impatto ambientale.
L’inserimento dei vitigni resistenti nel settore viti-enologico italiano è infatti sicuramente un fatto positivo, ma si presta comunque ad effettuare alcune considerazioni, che riguardano le modalità e i tempi della diffusione delle diverse varietà e la loro possibilità di coesistenza con l’assetto conservatore della viticoltura tradizionale e con quello della viticoltura del futuro.

Leggi










Toto-nomi per il Ministero dell’Agricoltura: chi è presentabile e chi no. Ma il mondo agricolo faccia "mea culpa"

A crisi di governo conclamata, la noia, l’indifferenza, la delusione, a volte la rabbia, sentimenti con cui gli italiani guardano ormai alle vicende della politica nazionale, circondano anche l’ennesimo toto-nomi per la poltrona di ministro dell’Agricoltura dopo le dimissioni  volontarie della ministra Teresa Bellanova che hanno aperto la strada all’uscita di scena del governo Conte bis.
Il ministero di via XX settembre, glorioso perché su quella poltrona prese posto anche Cavour, è ormai come un grand hotel, il suo motto è “chi va e chi viene”, ma soprattutto “chi va” perché in poco più di settant’anni di storia repubblicana  si sono alternati quaranta ministri, uno ogni venti mesi.
Teresa Bellanova  non ha fatto eccezione: ha abbassato la media, è durata 16 mesi. Per la sua successione sta circolando una ridda di nomi, alcuni presentabili, altri molto meno.
Certamente nella prima categoria più che presentabile è Simona Caselli, ex assessore dell’Emilia Romagna, oggi presidente Areflh, con ottimi rapporti a Bruxelles, conoscenza dei dossier comunitari,  e capacità di lavoro e risoluzione-problemi  dimostrate sul campo. Il suo problema è che è fuori dai giochi correntizi del PD e che a Roma  il suo partito non la appoggia come dovrebbe. Una volta la competenza era una qualità apprezzata nel vecchio Pci-Pds, adesso sembra quasi un problema. Per quello che conta, noi come Corriere Ortofrutticolo abbiamo aderito alla campagna social #simonacaselliministra  e ci saremo sempre. Tra i presentabili ci sono anche Susanna Cenni , parlamentare Pd e vicepresidente Comagri alla Camera e Riccardo Nencini , leader del partito socialista, politico di lungo corso. Intendo per ‘presentabili’ persone normali , con qualche esperienza politico amministrativa alle spalle, non animati da pregiudizi anti-europeisti, non portatori di fantasiose teorie pseudo-scientifiche. Sollevano inquietudine invece  i nomi di altri aspiranti alla poltrona di via XX settembre, come il battitore libero Di Battista, o i senatori De Bonis, Ciampolillo e Sandra Leonardo (alias signora Mastella), arruolati in extremis nella pattuglia dei “volonterosi –costruttori-responsabili”. C’è poi da considerare che al ministero ci sta un sottosegretario , Giuseppe l’Abbate dei   5Stelle, che il suo movimento “spinge” dopo aver garantito l’appoggio della Farnesina (quindi Di Maio)  alla candidatura di Maurizio Martina alla Fao.

Leggi


Dante Alighieri a tavola

Dante Alighieri, del quale si celebrano i settecento anni dalla morte, tenendo a battesimo la lingua italiana non può dimenticare il cibo e non manca di citare una ricetta dando anche la possibilità di rintracciarne una seconda alla quale allude.
In particolare nella “Commedia” il cibo, come tutti gli aspetti della vita, ha un significativo rilievo linguistico concreto e simbolico con toni e registri diversi, facendo anche ricorso a costruzioni ardite che, nella loro varietà, qualifica la lingua di Dante.

Leggi


Aree verdi e qualità della vita

È ormai noto che le aree verdi hanno un ruolo fondamentale nella riduzione dell’incidenza delle cosiddette patologie “urbane” in particolar modo su quelle che interessano la sfera psichica. Ma in che modo l'esposizione e l’interazione con la natura le può ridurre? Esistono due teorie consolidate su come la natura influenzi il cervello, entrambe basate sull’assunto che la natura ha un effetto riparatore sulla funzione cognitiva ed emotiva. Non sono il “vuoto” o la quiete a essere efficaci, ma è la natura nella sua gloria disordinata, selvaggia, rumorosa, diversificata, che ha il maggiore impatto nel riportare una mente stressata a uno stato calmo e vigile.

Leggi


Potremo includere nella nostra dieta mediterranea le larve di un coleottero!

Apprendo da un breve articolo pubblicato su “All about Feed” a firma Chris McCullough, che la European Food Safety Authority (EFSA) ha finalmente autorizzato l’introduzione sulle nostre tavole delle larve del coleottero Tenebrio molitor, sia essiccate che in farina, definendolo alimento “sicuro”, “safe” nella versione originale in inglese.  L’articolo è corredato da una fotografia delle larve, tutt’altro che invitante, almeno dal mio punto di vista. La notizia è apparsa anche sulla stampa nazionale e riportata dalla nostra “Georgofili Info”, Newsletter del 20 gennaio scorso (http://www.georgofili.info/contenuti/si-apre-lera-degli-insetti-nel-piatto-lefsa-d-il-via-libera/15402).
Nell’articolo di McCullough l’introduzione dell’alimento, inconsueto almeno per noi europei, viene considerata “un’importante pietra miliare in tutto il settore dell’alimentazione”.
La presa di posizione dell’EFSA segue la proposta di AGRONUTRIS, una compagnia bio-tech francese specializzata nell’allevamento di insetti e nella loro diffusione come alimento. Per il momento si tratta solo di un’autorizzazione, ma l’auspicio dell’EFSA è che “l’autorizzazione costituisca il primo gradino della scala che porterà all’approvazione ufficiale della Commissione Europea per la vendita di insetti come snacks o altri tipi di alimenti”. Secondo Antoine Hubert, titolare della ditta YNSECT SAS, l’iniziativa subirà l’effetto palla di neve, che si ingrandisce andando avanti. Aumenterà il suo potenziale produttivo e di capacità di attrazione di investimenti.

Leggi









La “Sfinge” della “Bella di notte”

I giovani adulti di numerose specie di lepidotteri Sfingidi, abbandonano le zone in cui hanno completato lo sviluppo e migrano verso aree dove hanno maggiori possibilità di trovare piante ospiti sulle quali ovideporre. La migrazione è una complessa sindrome fisiologica e comportamentale, finalizzata alla dispersione adattativa unidirezionale. Ben note sono le migrazioni degli adulti della “lugubre” Sfinge testa di morto, Acherontia atropos che, dall’Africa raggiungono il Nord Europa e vengono spesso ritrovati, morti e mummificati con la propoli, all’interno degli alveari, nei quali si erano introdotti per alimentarsi del miele. Non meno interessanti sono le migrazioni degli adulti di altri Sfingidi; quelli della polifaga e polivoltina Hippotion celerio, di origine asiatica, sono ottimi volatori e spesso raggiungono e si insediano, più o meno stabilmente, in Nord Africa e nell’Europa meridionale e Centrale. In Italia è stata segnalata in tutte le regioni.

Leggi


Il nome del salame

“Sono stato un salame, quella persona è un salame, avere due fette di salame in tasca, fare il salame per non pagare dazio, salame in barca” e molte altre frasi, un tempo frequenti oggi forse più rare, attribuiscono al salame un senso di persona stupida, uno stolto o uno che fa lo stupido e danno quindi un significato spregiativo a un cibo che è invece buono, apprezzato e desiderabile. Tutto deriva da un cambiamento di uso di un temine che fino al XVIII secolo e oltre identifica il pesce salato e quindi il salame o salamen è il baccalà che identifica ancora oggi una persona inespressiva da qui il detto di “essere un baccalà”.  La parola salume deriva dal latino tardo antico salumen per indicare l’impiego del sale per conservare gli alimenti. Inizialmente e nel basso Medioevo, almeno per quanto ne sappiamo, il termine salamen indica i più diffusi alimenti conservati con il sale, i pesci e in particolare quello che ora è chiamato o baccalà o anche erroneamente stoccafisso. Non solo, ma il pesce salato, fino al Quattrocento, è venduto nelle botteghe dei Lardaroli, insieme alla carne e ai salumi.

Leggi


Subsidenza: una minaccia al suolo e una sfida globale

Oltre la metà della popolazione del mondiale vive in aree urbane e ormai la qualità dei suoli urbani e la gestione delle loro funzioni ecosistemiche è riconosciuta di primaria importanza dalla scienza del suolo (Calzolari et al., 2020). Molta parte delle aree urbanizzate più densamente popolate e coltivate è posta nelle aree costiere, spesso in prossimità dei delta fluviali. Basti pensare ad Alessandria d’Egitto nel delta del Nilo, New Orleans nel delta del Mississippi, Calcutta nel delta del Gange, Bangkok nel delta del Chao Phraya o Shanghai, nella regione del delta dello Yangtze. Con terreni fertili e un facile accesso alla costa, i delta sono punti critici della produzione alimentare. Il delta del Mekong in Vietnam da solo fornisce quasi il 20% del riso mondiale (Dunn e Darby, 2019). Queste aree sono tra le più dinamiche del mondo e assistono ad un tumultuoso incremento demografico e di sfruttamento del suolo. Ma molti dei delta del mondo stanno ora affrontando una crisi esistenziale. I delta stessi stanno affondando mentre il livello relativo del mare sta aumentando molto velocemente.
I delta sono costruiti dai sedimenti che vengono trasportati a valle dai fiumi e alla fine si depositano dove il fiume incontra il mare. Quando questi sedimenti si compattano sotto il loro peso, i delta affondano naturalmente. Dove lasciato indisturbato, l'apporto di nuovi sedimenti fluviali può compensare il cedimento e aiutare a mantenere la superficie del delta sopra il livello del mare. Ma la realtà è che assistiamo ad una subsidenza accellerata in molte delle aree deltizie. I risultati di uno studio condotto dall'Università di Padova e dagli Istituti per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi) e di geoscienze e georisorse (Cnr-Igg) del Consiglio nazionale delle ricerche evidenziano che la subsidenza è un fenomeno globale che può causare impatti ambientali, sociali ed economici rilevanti. Le potenziali aree di subsidenza coinvolgono 1,2 miliardi di persone e il 21% delle principali città del mondo, con l'86% della popolazione esposta che vive in Asia (Herrera-García et al., 2021). Una subsidenza accelerata si sta verificando in diverse regioni del mondo, tra cui Iran, Messico e Indonesia dove, a Jakarta, l'impatto è così grave che il governo sta progettando di spostare la capitale nell'isola del Borneo.

Leggi


Epidemie per tutti gli ospiti: il 2020 e l’Anno della Salute delle Piante

Alla fine di un anno, spesso si tende per lo più a guardare avanti, con richieste, auguri e speranze in un futuro migliore, seguendo inconsapevolmente una sorta di rito tradizionale e scaramantico. E non c’è dubbio che il 2020 non appena concluso ci abbia offerto un ottimo motivo, stavolta razionalmente consapevole, per proseguire tale tradizione. Quando lo sguardo dovesse volgersi indietro, il 2020 è stato e sempre rimarrà nei vissuti della maggior parte delle persone come l’anno della pandemia COVID-19, causata dall’ormai conosciutissimo coronavirus SARS-CoV-2.
Anche a causa di questo evento pandemico, ma non solo, pochi tra i non addetti ai lavori hanno avuto l’opportunità di sapere che il 2020 era stato proclamato “Anno internazionale della salute delle piante” dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Solo pochissimi eventi tra quelli previsti ed organizzati hanno avuto regolare svolgimento, la maggior parte è stata condotta in remoto così come posticipata al 2021 od addirittura al 2022. Il 2020 doveva essere l’occasione per sensibilizzare a livello globale governi e singoli cittadini sul ruolo fondamentale che le piante da sempre giocano sui nostri destini, che va oltre l’indispensabile elemento del fornire cibo ed altre importanti materie prime, e che può essere anche motore di un modello innovativo e sostenibile di sviluppo economico. Ovvero il 2020 era l’occasione per la presa di coscienza a livello globale sul contributo che ognuno, anche come singoli individui, dovrebbe dare per preservare e garantire la salute delle piante e sul perché. Ma forse l’occasione non è persa. Anzi, riguardando con sguardo lucido gli eventi che hanno condotto alla pandemia COVID-19, i meccanismi biologici e le interazioni tra i suoi vari “attori”, dal virus agli ospiti ed i suoi serbatoi, per arrivare alle condizioni ambientali in senso lato nelle quali si è sviluppata, è addirittura possibile che possa avere reso governi e società civile più ricettivi a pochi semplici concetti e relazioni che sono comuni a tutte le epidemie, indipendentemente dall’ospite, sia questo umano, animale o vegetale. Non vi è dubbio che “prevenzione” sia tra questi, così come del fatto che la sfida imposta dal prevenire la diffusione di malattie infettive e lo scoppio di epidemie sia sempre più ardua. I cambiamenti globali ai quali abbiamo contribuito e che da qualche tempo stiamo vivendo, non solo quello climatico ma anche la globalizzazione dei commerci e l’estrema rapidità di movimento di umani e merci a livello mondiale, promuovono e favoriscono l’arrivo, lo stabilirsi e la ricomparsa di patogeni altrimenti non presenti in certe aree o che si credevano sconfitti. E questi sono i primi elementi essenziali ed ideali per l’innesco di un’epidemia, anche in ambito vegetale.

Leggi









Il metano ti dà una mano

“Il metano ti dà una mano” era lo slogan pubblicitario di qualche tempo fa, che ci invitava a consumare il metano come fonte energetica, in quanto il meno inquinante fra i combustibili fossili e non fossili. Ma c’è chi, oggi, punta l’indice contro il metano se prodotto dall’apparato digerente degli animali erbivori a partire dalla componente alimentare fibrosa o prodotto dalle fermentazioni vegetali nelle acque delle coltivazioni del riso e rilasciato in atmosfera. Onestamente, il contributo alla diminuzione della concentrazione di gas serra in atmosfera che può venire dalla regolamentazione delle attività agricole appare modesto rispetto a quanto si possa ottenere ponendo un freno all’uso di combustibili fossili nelle centrali elettriche, nella climatizzazione degli ambienti e nei trasporti terrestri ed aerei.

Leggi


Genome editing: un nuovo modo di approcciare l’argomento

Il genome editing, che potremmo tradurre, in ambito agrario, con tecnologia per l’evoluzione assistita (TEA) è una tecnica rivoluzionaria che permette di agire a livello del DNA  facendogli  esprimere delle nuove funzioni ritenute positive per l’uomo, per un animale, per una pianta, per un microorganismo. Nel regno vegetale questa tecnica ha permesso di ottenere piante di interesse agrario, che resistono a malattie, siccità, ecc., ma questa nuova biotecnologia  non è ammessa ovunque. Nell’UE per esempio  il genome editing è assimilato (vedi decisione della Corte di Giustizia europea del 25 luglio 2018) a quelle tecniche con le quali si ottengono gli organismi geneticamente modificati (OGM), che sono di fatto proibiti alla coltivazione. Da un punto di vista scientifico l’ equiparazione tra  genome editing e OGM non è corretta;  gli organismi pubblici, nazionali ed europei però stanno cambiando idea e probabilmente sarà possibile anche in Europa poter sperimentare in campo, e poi coltivare, piante (la vite per esempio) che siano state rese più resistenti a vari fattori di stress biotico  e abiotico: questo nuovo individuo, nel caso della vite, sarà considerato (probabilmente) un clone di quel vitigno, per cui la piattaforma ampelografica di una certa denominazione non cambierà; questo intervento infatti  simula quanto la natura fa normalmente in pieno campo da millenni e che viene valorizzato mediante la selezione clonale.  Il cambio di visione della Commissione europea (da ostile a positiva) è riscontrabile anche dal fatto che il genome editing è stato inserito nella strategia “From Farm to Fork” come strumento  per realizzare gli obiettivi di sostenibilità tracciati dal Green Deal. Le prospettive sono quindi positive, ma per renderle concrete  e utili i paradigmi scientifici da soli non bastano; bisogna infatti  che queste nuove tecnologie si sviluppino all’interno di  una “governance” condivisa (a livello internazionale) non solo dalla comunità scientifica, ma anche dalla società, perché solo così l’innovazione porterà vantaggi a tutti gli attori delle varie  filiere agroalimentari, dai produttori ai  consumatori.

Leggi