Il mais e l’acqua

di Giuliano Mosca
  • 14 September 2022

Fra i tre grandi cereali - mais, frumento e riso - spesso il leader è il mais, con una produzione superiore a quella di frumento e riso. A livello internazionale, il mais statunitense supera i raccolti di riso e grano della Cina messi assieme.

Origine e diffusione
Il mais è stato addomesticato dal suo antenato selvatico circa 9000 anni fa  secondo quanto accertato da ricercatori che hanno operato nella “Central Balsas River Valley” del Messico (Yang et al, 2019). In precedenza Ranere e Piperno (Science, 2009), avevano confermato che il mais deriva dal teosinte, una pianta selvatica che presenta cinque sub-specie che crescono in Messico, Guatemala e Nicaragua. La specie di teosinte (Zea mays ssp parviglumis) più vicina al mais è denominata “Balsas teosinte”, originaria della valle centrale del fiume Balsas in Messico. Ranere ha affermato che l'amido di mais, diverso dall'amido di teosinte, è stato trovato nelle fessure di molti degli strumenti portati alla luce e analizzati. "Abbiamo anche rinvenuto dei fitoliti provenienti da mais o pannocchie di mais, e poiché il teosinte non presenta pannocchie simili, sapevamo di avere rinvenuto qualcosa che era cambiato rispetto alla sua forma selvatica". Ranere ha inoltre affermato che le loro scoperte hanno anche supportato la premessa che il mais fosse stato addomesticato in un contesto forestale di pianura, invece di essere stato addomesticato negli altipiani aridi come molti ricercatori avevano creduto in precedenza.

L’arrivo in Italia
Il mais è originario del Messico e venne portato in Spagna con il secondo viaggio di       Colombo. Giunge a Siviglia nel 1495 ed è presente nella Nuova Castiglia nel 1498. Nel 1510 arriva in Catalogna e solo dieci anni più tardi arriva in Galizia. Fra il 1515 e il 1525 si diffonde in Portogallo, nella valle del Modego e nella piana di Coimbra. Nel 1530 compare ad Avila, Madrid e Segovia. Successivamente nel 1575 arriva nei Paesi Baschi: a Valladolid nel 1600, nelle Asturie nel 1604, a Granada e Malaga nel 1660-65 circa. Nella seconda metà del 1600 è coltivato nel nord del Portogallo.
In Italia il mais arriva molto presto direttamente da Siviglia, tra 1495 e il 1500, e verso il 1540, dopo esser stato seminato come pianta ornamentale negli orti, inizia ad essere coltivato nelle terre della Repubblica di Venezia, nel Polesine, nel Basso Veronese e nella Marca Trevigiana, attorno a Fanzolo, tra Castelfranco Veneto, Montebelluna  e Vedelago, e poi in Friuli. Venezia all’epoca si trovava sull’orlo di una grave crisi economica dovuta alla caduta in mano turca dell’Impero Romano d’Oriente (1493), la scoperta del nuovo mondo (1492) e l’apertura della via delle Indie Orientali (1498). La Serenissima tuttavia comprese subito l’importanza della nuova coltivazione come possibile difesa contro lo spettro della fame. Il mais allora cominciò ad essere coltivato in territorio trevigiano; ne sono prova alcune immagini pittoriche di scuola del Veronese, affrescate nella villa di Fanzolo fatta costruire dal patrizio veneto Lunardo Emo, su progetto di Andrea Palladio. Altra prova consiste in due fregi floreali in legno con pannocchie di mais, di autore anonimo, scolpiti durante il dogado di Francesco Donà (1545-1553) in Palazzo Ducale a Venezia. Il mais sostituì il sorgo rosso nella produzione della polenta dando in tal modo un prezioso contributo all’alimentazione contadina. La diffusione del granturco specie nel mondo contadino e dei piccoli proprietari terrieri si realizza anche perché il mais costava la metà del frumento. Oltre che in Veneto il cereale arriva ben presto anche nel napoletano da cui si diffonde poi nel Lazio e in tutto lo Stato della Chiesa. Dapprima è usato per alimentare i maiali e gli altri animali domestici, poi per sostituire le pultes  di derivazione romanica.
Nell’800 si assistette al predominio assoluto dei cereali, diffusi su oltre la metà delle terre lavorate, per effetto di:
    • intenso popolamento delle campagne
    • pressione demografica sulla terra
    • diffusione della piccola coltivazione
    • azienda contadina orientata alla sussistenza più che verso il mercato
    • molteplicità e promiscuità delle colture (coltivazioni miste erbacee-arboree-arbustive
    • scarsa coltivazione e produzione dei foraggi.
Il sistema agrario dell’ottocento si è caratterizzato per trascuratezza e marginalità. Inoltre lo sviluppo dell’allevamento risultava insufficiente e vi era uno squilibrio dannoso in varie proporzioni in tutta l’economia agraria italiana.

Evoluzione della struttura colturale e della tecnica agronomica: valorizzare una coltura essenziale per le filiere italiane.
Il mais è una pianta tanto produttiva, quanto esigente in termini di risorse ambientali. Necessita di molta acqua, cresce in fretta ed è vulnerabile sia al caldo estremo che alla siccità. Ad alte temperature, la pianta di mais, che di solito è molto produttiva, va in shock termico. Nel 2022, nel passaggio dalla primavera all’estate, in Val Padana il termometro è  iniziato a salire in modo rapido. Nell’area di maggiore coltivazione, la temperatura a fine giugno ha sfiorato o superato i 34-36 gradi per numerosi giorni consecutivi. Nelle ultime settimane la medesima regione è stata colpita da un caldo “disidratante”. Le mappe decadali sulla siccità pubblicate dalle Agenzie regionali per l’agricoltura mostrano l’area colpita che si è espansa sempre di più tanto che a metà luglio è arrivata a coprire praticamente l’intera zona maidicola e le rilevazioni sull’umidità dei terreni sono risultate fra le più basse mai registrate.
Oggi la situazione generale del mais appare problematica poiché presenta alcuni punti di debolezza tra cui un rallentamento nella crescita della produttività unito a criticità negli aspetti sanitari e a crisi ricorrenti nei settori correlati (zootecnia). Esistono tuttavia anche dei punti di forza e opportunità: una certa crescita delle filiere maidicole industriali e alimentari, una maggiore consapevolezza dei problemi sanitari delle importazioni e soprattutto delle innovazioni della tecnica agronomica.
Le strategie per recuperare e accrescere la produttività, pongono i seguenti obiettivi: adottare un alto investimento alla semina, attenzione alla difesa della plantula, il potenziamento dell’early vigor (vigore iniziale). Riguardo all’irrigazione scegliere quella localizzata (manichette forate) o la microirrigazione, secondo la disponibilità consortile dell’acqua.
Non dimenticare poi una corretta impostazione del ciclo colturale scegliendo semine precoci e utilizzando ibridi relativamente precoci allo scopo di anticipare la fioritura. E’ ben noto che questa fase diventa critica per il mais nel caso in cui si verifichi uno stress idrico, quindi un anticipo della fase riproduttiva può comportare un minor rischio per il fabbisogno di acqua. Particolare attenzione alle possibili innovazioni come ad esempio adottare la minima lavorazione (strip tillage), nel caso in cui le malerbe siano state poste sotto controllo, concimazione starter e difesa della foglia dalla piralide.
Si parla molto di diversificazione (Circolare AGEA 2014, 702/812) che non è sinonimo
di avvicendamento. Diversificare senza avvicendare non offre alcun significativo vantaggio.
E’ infine  possibile inserire il greening tra le misure agro-ambientali del PSR che prevede la minima lavorazione con semina diretta (per 5 anni), l’impiego di una coltura di copertura, l’interramento dei liquami e del digestato, l’irrigazione ad alta efficienza (ala gocciolante, pivot) e l’applicazione degli strumenti dell’agricoltura di precisione (A. Reyneri, 2022, comunicazione personale).

Tipologie del mais
Alla specie mais appartengono diverse tipologie a seconda del tipo cariosside e della composizione e qualità dell’endosperma:
- Tunicata (cariosside vestita)
- Everta (mais da scoppio)
- Amilacea (endosperma ricco di amilosio)
- Waxy (elevato contenuto di amilopectina)  
- Flint (endosperma vitreo)
- Dent (endosperma farinoso)
- Ceratina
Il mercato di norma propone l’impiego di ibridi semplici (a due vie) ottenuti dalle varie case sementiere e selezionati secondo programmi di breeding ben collaudati per il raggiungimento di elevati livelli produttivi. Vengono incrociate tra loro due (o più) linee pure (omozigoti) sfruttando il fenomeno dell’eterosi*.

(*Esaltazione dei caratteri (vigore ibrido) a seguito dell’ibridazione di due linee che dopo diverse generazioni di autofecondazione hanno raggiunto l’omozigosi (linee pure). Incrociando due linee pure si osserva una vera e propria esaltazione dei caratteri rispetto ai genitori di partenza).

Accanto a questi mais ne esistono altri così detti ad impollinazione libera. Si tratta di vere popolazioni locali coltivate in particolari ambienti per destinazioni particolari (polenta).
Biancoperla del Veneto
Di recente viene rivalutato il Biancoperla, in passato tipico mais diffuso in coltura  nell’area dell’alto veneziano oltre che nel trevigiano e padovano. Varietà locale a granella vitrea, bianca, di grandi dimensioni adatto per fare polenta. Di maggior pregio rispetto alla gialla perché più vellutata e fine, adatta per accompagnare il pesce.
Marano (Vicenza) chiamato Maranello
Chicco giallo, coltivato in modo tradizionale e anche biologico su piccole superfici nell’areale vicentino per una produzione complessiva di circa 400 q/anno.
Mais di Storo (Valle di Storo - Trento)
Coltivazione regolamentata da apposito disciplinare che prevede l’esclusivo impiego di seme di varietà locali. Si tratta di una coltivazione collinare di un mais che da secoli si coltiva nel Basso Chiese. Farina molto pregiata considerata la migliore per la produzione delle polente trentine.
Altri ancora: il mais di Mortegliano (Udine), mais della Carnia, mais della Val di Resia, mais di Mapello (Bergamo), mais delle Langhe.

Passato, presente e futuro del miglioramento del mais
Dopo essere stato addomesticato dal teosinte, il mais coltivato (Zea mays ssp. mays) si è diffuso in tutto il mondo e ora è una delle più importanti colture di base. Grazie alla sua straordinaria diversità fenotipica e genotipica, il mais diventa anche una delle specie vegetali modello più utilizzate per la ricerca fondamentale, con molte importanti scoperte riportate dai ricercatori del mais. Si riporta una panoramica della storia della domesticazione del mais e dei geni chiave che controllano i principali caratteri correlati alla domesticazione; vengono anche esaminate le risorse attualmente disponibili per gli studi di genomica funzionale e si discutono le funzioni della maggior parte dei geni che sono stati clonati posizionalmente e che possono essere utilizzati per il miglioramento delle colture. Infine, vengono suggerite alcune prospettive sulle direzioni future riguardanti la ricerca sulla genomica funzionale e il breeding del mais e di altre colture.
La domesticazione del mais ha prodotto un'ampia diversità di specie autoctone che rappresentano una preziosa fonte di informazioni genetiche per esplorare la variazione naturale e l'evoluzione del genoma. E’ stato sequenziato de novo il genoma di ~ 2 miliardi di basi della razza autoctona messicana Palomero Toluqueño (Palomero) e sono state confrontate le sue caratteristiche con quelle della moderna linea pura B73. Sono state riscontrate differenze concordanti con la sua antica origine e identificate regioni cromosomiche di bassa variabilità nucleotidica che contengono geni di domesticazione coinvolti nella detossificazione da metalli pesanti. I risultati indicano che i cambiamenti ambientali sono state importanti forze selettive che hanno agito sulla domesticazione del mais.
 
Evoluzione della fertilità e biodiversità. Alla scoperta del genoma del mais
Ben  144  ricercatori (Patrick S Schnable et al., 2009) sono stati impegnati nella decodifica del genoma mais! Nel 2009, questo gruppo di ricercatori, in prevalenza statunitensi, ha annunciato di aver concluso il sequenziamento del genoma del mais. Il genoma sequenziato è quello relativo alla linea pura denominata B73. Questa linea pura già ben conosciuta negli anni ‘70 – ‘80, aveva dato luogo per incrocio a degli ibridi produttivi e stabili, all’epoca coltivati in gran parte della Valle Padana. Questo risultato servirà a dare maggiore impulso allo sviluppo di ibridi in grado di raggiungere rese in granella ancora più elevate.
Dalle pagine di Science Catherine Feuillet (INRA-F) e Kellye Eversole (Eversole Ass.), hanno sottolineato che "questi studi rappresentano una pietra miliare nella genetica e nella biologia vegetale, ma anche il coronamento degli sforzi di un gruppo di maiscoltori e scienziati che hanno abbracciato una visione innovativa del mondo dell’agricoltura".

Adattamento all’ambiente
La capacità delle piante di rispondere adeguatamente alla disponibilità di nutrienti è di fondamentale importanza per il loro adattamento all'ambiente. I nutrienti come nitrati, fosfati, solfati e ferro agiscono come segnali che possono essere percepiti. Questi segnali innescano meccanismi molecolari che modificano la divisione cellulare e i processi di differenziazione cellulare all'interno della radice e hanno un profondo impatto sull'architettura del sistema radicale. Importanti processi di sviluppo, come la formazione di peli radicali, la crescita delle radici primarie e la formazione delle radici laterali, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti nella concentrazione interna ed esterna dei nutrienti. Le risposte dell'architettura delle radici ai nutrienti possono essere modificate dai regolatori della crescita delle piante, come auxine, citochinine ed etilene, suggerendo che il controllo nutrizionale dello sviluppo delle radici può essere mediato da cambiamenti nella sintesi, nel trasporto o nella sensibilità degli ormoni. Recenti informazioni indicano l'esistenza di percorsi di trasduzione del segnale che interpretano le concentrazioni esterne e interne dei nutrienti per modificare lo sviluppo delle radici. I progressi in questo campo hanno portato alla clonazione di geni regolatori che svolgono un ruolo fondamentale nei cambiamenti indotti dai nutrienti nello sviluppo radicale.

Migliorare la resa in granella sia del mais e del riso
A livello mondiale il mais, il riso e il frumento sono tre colture particolarmente importanti dal punto di vista alimentare ed economico.
Di recente alcuni ricercatori sono stati in grado di identificare una proteina che regola un locus del tratto quantitativo che ha il potenziale di aumentare il numero di ranghi di nelle spighe di mais e il numero di cariossidi per  pianta nel riso. La ricerca ha confrontato una specifica regione genetica in ciascuna pianta e i risultati ottenuti potrebbero fornire una opportunità per lo sviluppo di colture in grado di raggiungere una maggiore produzione.

Caratteristiche essenziali della pianta e della coltura del mais
Il mais è una monocotiledone a ciclo C4, caratterizzata da:
    • anatomia fogliare: cellule del mesofillo distinte da quelle della guaina del fascio
    • g di acqua traspirata per g di s.s. fotosintetizzata: 250-350 g/g
    • temperatura ottimale per la fotosintesi:  30-40 °C (senza stress)
    • produzione di s.s. (t/ha/anno):  22-56 t
    • (WUE) efficienza d’uso dell’acqua:  350-370  gH2O/g s.s.

mentre a livello di coltura presenta questi indicatori ecofisiologici:
    • LAI* (Leaf Area Index) medio: 2-3;  LAI max: 3,5-5 (adimensionale)
    • NAR** (Net Assimilation Rate) in accrescimento: 10-17 gm-2day-1
    • CGR*** (Crop Growth Rate) in accrescimento: 25-45 gm-2day-1
    • HI**** (Harvest Index): 42-56%
    • Fitomassa (s.s.): 130-250 qha-1 (biomassa + necromassa)
    • Granella: 100-160 qha-1

Questi valori possono variare anche significativamente in funzione del tipo di terreno, della tecnica agronomica e del clima.
*estensione della superficie fogliare in rapporto alla superficie di 1 m2 di terreno coltivato.
**quantità di nuova biomassa prodotta per m2 di superficie fogliare, nell’unità di tempo.
***guadagno di sostanza secca prodotta per unità di terreno coltivato e nell’unità di tempo.
**** rapporto tra prodotto agrario utile e biomassa totale della pianta.

Delle risposte produttive sub-ottimali possono dipendere da modesti valori di NAR. Esiste variabilità tra gli ibridi per l’efficienza fotosintetica e di traslocazione. Il mais risponde a variazioni di densità di popolamento a seconda del morfotipo fogliare e della sua fisiologia.
Nel caso si verifichi uno stress idrico che si protragga nel tempo è stato accertato che gli effetti negativi sul mais riguardano in primo luogo l’espansione fogliare, che rallenta. La pianta tende a non formare più nuove foglie, mentre la chiusura stomatica avviene subito dopo. Sotto stress risulta inutile formare nuova struttura fogliare e correre il rischio di aumentare l’evapotraspirazione. L’effetto finale riguarda poi la fotosintesi che progressivamente rallenta fino a bloccarsi.
Secondo diversi autori, sulla base dei fondamenti chimici della produzione agraria il mais può essere considerato una vera e propria “fabbrica metabolica “ (G. Ferrari, 1981).

Global and climate change e vulnerabilità del settore primario
La sfida posta dai cambiamenti globali e dai cambiamenti climatici si giocherà sulla capacità di adattamento e mitigazione delle singole realtà produttive.
Utilizzando il reddito agricolo come indicatore di vulnerabilità (% superficie agricola non più’ sostenibile economicamente) nei diversi scenari climatici e di sviluppo, in Italia è previsto un abbandono medio del 10-20 % della superficie coltivata. Oggi al contrario, a fronte della crisi globale cui assistiamo, si cerca di rimettere a coltura tutti i terreni che possono fornire rese sostenibili.

La risposta del mais all’acqua
Un importante settore di ricerca che può avere riflessi applicativi per una grande ricaduta sulla nostra agricoltura è quello della gestione sostenibile della risorsa acqua. A solo titolo di esempio, il progetto “Ottimizzazione nell’uso di risorse idriche convenzionali e non, in sistemi colturali sostenibili”, finanziato dal MiPAAF, punta a tre obiettivi strategici fondamentali:
    • l’innovazione della tecnica irrigua,
    • la diffusione e/o l’aggiustamento delle tecniche di fertirrigazione,
    • l’impiego sostenibile di acque salmastre.
Non occorre approfondire l’argomento per capire quanto la risorsa acqua abbia fondamentale importanza per la competitività dell’agricoltura italiana e come l’uso sostenibile di acqua salmastra sia cruciale per molte  aree agricole litoranee.
    • Variazione della quantità di pioggia
    • Variazione del numero di giorni piovosi e loro ripartizione infra/interstagionale
    • Effetti degli stress idrici (e/o del ristagno) e conseguenti modifiche della profondità di falda.
Nel caso di una condizione di stress si aggiunge una non corretta gestione delle risorse idriche, si verifica la condizione di scarsità avuta in questi mesi soprattutto nelle regioni centrali e settentrionali del Paese. E’ bene ricordare che siccità e scarsità non sono sinonimi. Il secondo termine, infatti, non ha origine climatica, ma è il frutto di un’errata gestione delle risorse disponibili che si verifica quando la quantità di acqua prelevata da falde e corsi d’acqua per soddisfare le esigenze umane supera la capacità di rigenerazione della risorsa da parte dei sistemi naturali.


I documenti e gli articoli citati sono disponibili ai seguenti indirizzi:
http://dx.doi.org/10.1126/science.1178534
http://dx.doi.org/10.1126/science.1178437
http://dx.doi.org/10.1126/science.1177837
http://dx.doi.org/10.1126/science.1178294
 http://dx.doi.org/10.1126/science.1183463