Intensificazione sostenibile per superare la crisi del grano

Intervista a Nicola Pecchioni, direttore del centro di ricerca per la cerealicoltura del CREA e accademico georgofilo: “La ricerca oggi ci può consentire di aumentare la produttività cerealicola senza pesare sulle risorse energetiche e ambientali”

di Giulia Bartalozzi
  • 07 September 2022

Dott. Pecchioni, il grano è diventato un elemento chiave del conflitto scoppiato il 24 febbraio con l’invasione russa dell’Ucraina. Si rischia una tragedia mondiale, a partire dai Paesi in via di sviluppo. In Italia, anch'essa dipendente dalle importazioni di cereali dall'Est, non sarà facile sopperire alle limitazioni dell’import da Ucraina e Russia, anche perché mancano terreni e i costi dei fertilizzanti sono alti. Potrebbe dirci se lo stato della ricerca attuale nel settore cerealicolo è tale da permetterci di aumentare la nostra produttività e in quali tempi?
In questo momento anche l'opinione pubblica e i media si stanno accorgendo di quanto sia noto da molto tempo agli addetti ai lavori, cioè che la sicurezza alimentare intesa come "food security", cioè sicurezza di approvvigionamento, sia un asset strategico molto delicato per l'Italia e per l'Europa. Questo è un bene da un certo punto di vista, perché noi tutti ricercatori e addetti ai lavori speriamo che il decisore politico si accorga sia dell'importanza del comparto agri-food, e non solo per la sua parte industriale, che della gravità del continuo consumo di suolo, che deve essere arrestato definitivamente nel nostro paese.
La ricerca oggi ci può consentire di aumentare la produttività cerealicola senza pesare sulle risorse energetiche e ambientali. Per arrivare al risultato è necessario integrare e trasferire un'ampia serie di risultati ottenuti negli ultimi dieci anni dalle diverse discipline scientifiche. Trasferire alle aziende la capacità di intensificazione sostenibile, grazie ad un uso preciso degli input nella coltivazione, non esclusa l'acqua, trasferire al miglioramento varietale tecnologie di "speed breeding", o di generazione accelerata, per raggiungere in minor tempo successi genetici, nonché tecnologie di selezione genomica e di guida molecolare alla selezione che si basano su conoscenze del genoma dei cereali; nonché trasferire al miglioramento varietale le potenzialità del genome editing, o inserimento di mutazioni mirate, oggi chiamate in Italia con il nome di TEA o Tecnologie di Evoluzione Assistita.

Quanto stanno pesando i cambiamenti climatici nella produzione dei cereali?
Abbastanza per la produzione dei cereali autunno vernini, quali il frumento, e molto per i cereali a semina primaverile-estiva come il mais, che sono più esposti a ondate di intenso calore e siccità nel periodo di maggiore crescita. Quello che colpisce è la diversità di manifestazoni meteorologiche che esiste tra annate successive, sebbene sia riconoscibile un trend di temperature in aumento ed erraticità delle precipitazioni.
E' indubbio che queste forze di cambiamento spingeranno da un lato a trovare nuove soluzioni agrotecniche per ridisegnare i percorsi agronomici e far fronte a situazioni negative e impreviste, e dall'altra a rilasciare nuove varietà con maggiore stabilità produttiva in condizioni limitanti.

Lei è nel team di ricerca del progetto europeo SolACE, che ha dimostrato come, utilizzando strategie innovative di miglioramento genetico, sia possibile costituire in pochi anni genotipi di patata e frumento tenero pronti per essere utilizzati a fini commerciali.  Crede possibile un'apertura legislativa nei confronti della produzione vegetale ottenuta grazie alla genomica?
Nel progetto SolACE abbiamo fatto ricorso alla selezione genomica e al breeding accelerato per ottenere nuovi genotipi di frumento con angolo radicale più stretto e maggior approfondimento della radice, caratteri per i quali è oggi impensabile una selezione visiva diretta. Nello stesso progetto è stata provata sul campo in condizioni di stress multipli una tecnologia innovativa di selezione di varietà ibride F1 di patata, moltiplicate per seme; tecnologia che ha il potenziale per rivoluzionare completamente il miglioramento genetico di questa coltura.
In entrambi i casi è stato notevole essere riusciti ad ottenere in poco tempo, nel giro dei 5 anni di progetto, i genotipi migliorati. Segno di quanto si diceva, cioè delle aumentate possibilità messe oggi a disposizione dalla ricerca, per ottenere piante più produttive e sostenibili.
Riguardo alla sua ultima domanda, le rispondo con una precisazione ed un augurio che faccio a tutti noi. Dobbiamo specificare e riportare alle TEA la questione anziché alla genomica, che è una scienza in grado di guidare tutto il miglioramento genetico con le conoscenze dettagliate dei genomi. Una apertura legislativa è quindi necessaria per distinguere dagli OGM le nuove varietà ottenute mediante le TEA con la mutagenesi mirata. Se mi chiede se sia possibile, le rispondo che è quanto mai necessaria e urgente, e mi auguro per il bene di tutti gli attori e della società europea che ciò avvenga rapidamente e che sia chiara, applicabile e quindi efficace.

Il CREA inoltre coordina BIOTECH, il progetto nazionale sulle biotecnologie sostenibili (genome editing e cisgenesi) per conservare il patrimonio di biodiversità agraria. Quali cereali coltiveremo nel futuro?

Prendo spunto proprio dal progetto BIOTECH, per indicare alcuni dei caratteri che saranno migliorati nei cereali che coltiveremo nel futuro. Migliore capacità di uso dell'azoto del terreno e dell'acqua, produzioni più stabili in condizioni di stress, anche grazie ad una diversa architettura e fisiologia della pianta e della radice, e sicuramente aumentate resistenze genetiche a patogeni e parassiti. Tutto questo per rendere possibile l'imperativo del "produrre di più con meno".
Non so quando sarà possibile toccare con mano in campo questi cereali del futuro. Sicuramente lo saranno a brevissimo in molti paesi. E sicuramente l'Unione europea, e l'Italia, si dovranno fare carico di riconoscere la potenzialità delle biotecnologie sostenibili, senza cedere a tentazioni di contrapposizioni ideologiche sulla possibilità o meno di migliorare geneticamente una pianta, anziché entrare nel merito e riconoscere la innocuità di mutazioni mirate, non dissimili da quelle dovute al caso che hanno guidato l'evoluzione dei viventi.