Notiziario





L’utopia tranquilla delle piante – beati i miti perché erediteranno la terra

Le piante hanno comportamenti sofisticati ed evoluti,  una vita sociale meravigliosamente ricca ed, in generale, una affascinante complessità che per millenni è rimasta sepolta sotto la loro apparente immobilità. Mitezza contro violenza, fissità contro movimento, autotrofia contro eterotrofia, lentezza contro velocità, piante ed animali sono il risultato di scelte evolutive opposte. Inermi, alla base della catena alimentare, eppure capaci di colonizzare la Terra fino a rappresentarne il 98% della biomassa, nella vita delle piante esiste un’idea utopistica e rivoluzionaria, che ne rende avvincente ed imprevedibile il loro studio.  Unici organismi viventi realmente “verdi” (in tutti i sensi), hanno evoluto strategie di comportamento così diverse da quelle degli animali da essere per noi una fonte inesauribile di originalissimi insegnamenti. Senza l’aggressività e prepotenza degli animali, senza la pressante necessità di uccidere per sopravvivere, le piante sono la realizzazione terrena del discorso della montagna: sono loro i miti che un giorno erediteranno la terra.

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Applicazioni della genomica per la zootecnia

La disponibilità di nuove tecnologie di genetica molecolare ha permesso  un forte sviluppo della genomica come disciplina scientifica risultante dalla convergenza di genetica, biologia molecolare e bioinformatica.  In particolare l’applicazione di questi nuovi e potenti strumenti di ricerca e di studio alla  zootecnia e la loro continua innovazione ha messo a disposizione una enorme mole di  informazioni  sulle sequenze dei genomi della maggior parte delle specie allevate e numerosi geni e marcatori associati con la variabilità fenotipica di  caratteri di interesse zootecnico. E’ stato portato a termine per  quasi tutte le specie di interesse zootecnico il sequenziamento completo del genoma.
La conoscenza del genoma rappresenta lo strumento più importante per introdurre rilevanti innovazioni nel campo del miglioramento genetico. I progressi scientifici nell’ambito della genomica riguardano sia la genomica strutturale che la genomica funzionale.

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Il legno materiale per un'edilizia sostenibile

Il legno si può considerare appieno un materiale “bio” e “tecnologico”, ossia caratterizzato da una matrice di origine biologica che si presta a essere plasmata da interventi di tipo tecnologico, di differente intensità, che consentono di realizzare edifici e strutture anche di notevoli dimensioni. Non va però dimenticato che, qualsiasi sia la costruzione realizzata, è fondamentale si crei uno stretto collegamento tra gli elementi architettonico-ingegneristici e quelli propri dell’approvvigionamento della materia prima e della gestione delle foreste da cui essa deriva.
Solo in questo modo il crescente interesse nell’utilizzo del legno per costruzioni di tipo civile potrà tradursi in uno stimolo all’intera filiera foresta-legno-edilizia.
I vincoli progettuali di un fabbricato di legno debbano confrontarsi con il materiale impiegato, la struttura o la forma del fabbricato e delle sue componenti, la realizzazione o il montaggio, le funzioni e l’utilizzazione del fabbricato.
Benché il legno manifesti una serie di elementi critici (limitata durabilità, infiammabilità, fragilità), l’attenta scelta della specie, le modalità di impiego e le lavorazioni cui può essere sottoposto, consentono di ottenere un materiale per impieghi strutturali con prestazioni del tutto comparabili con quelle dell’acciaio e superiori a quelle del calcestruzzo armato.
Costituiscono una valida testimonianza a queste considerazioni i grandi edifici, realizzati anche nei secoli scorsi, e che ancora oggi manifestano resistenza e funzionalità.

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TOTO-MINISTRI: omissioni colpose o errori strategici?

Il Toto-Ministri aperto dai mass media è stato definito fantasioso. Ciò nonostante può essere significativo il fatto che esso abbia costantemente ignorato il Ministero dell'Agricoltura.
Può trattarsi di un altro sintomo dello scarso interesse del mondo politico e dei mass media nei confronti del settore primario, ormai diffusosi anche nell'opinione pubblica. Ma potrebbe invece trattarsi di un intento, già ripetutamente manifestatosi nel passato, di cancellare il Ministero dell'Agricoltura, affidandone le funzioni eventualmente ad un Sottosegretariato.
Questa sensazione è stata percepita da numerose ed autorevoli organizzazioni agricole (Confagricoltura, CIA, Copagri, Agci Agrital, Lega Pesca, Coldiretti) e dagli stessi Presidenti delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato (Paolo Scarpa Bonazza Buora e Paolo Russo), dai rappresentanti PD nella Commissione Agricoltura della Camera (Angelo Zucchi e Luciano Pizzetti), nonché dal Ministro uscente Saverio Romano, che hanno già aperto una corale e giusta protesta, espressa anche questa mattina, come tempestivo invito al Presidente del Consiglio incaricato, Prof. Monti, a non rendersi colpevole di una decisione storica che metterebbe in dubbio il suo valore anche di studioso,  conoscitore dei problemi socio-economici mondiali e della importanza strategica globale dell’agricoltura.

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Come i denti di leone ci insegnano a volare

La natura fornisce un database meraviglioso da cui prendere in prestito idee, concetti e disegni e la biomimetica nasce proprio con lo scopo di trovare soluzioni ai problemi ingegneristici grazie al trasferimento tecnologico di soluzioni semplici provenienti dal mondo biologico.
L’elevata affidabilità che caratterizza queste soluzioni biologiche sta nel fatto di essere il risultato della lunga evoluzione della vita sulla terra, e la crescente attenzione che questa nuova disciplina sta avendo a livello europeo, risiede nella produttiva combinazione di competenze ingegneristiche e biologiche, che insieme contribuiscono allo sviluppo di applicazioni, dall’alta tecnologia alla vita quotidiana.
L’Advanced Concepts Team dell’Agenzia Spaziale Europea  (ESA)  sta, tra le altre cose, studiando i meccanismi di dispersione dei semi per estrarre nuove idee e concetti utili ai fini dell’esplorazione spaziale: metodi di locomozione derivanti dai cespugli rotolanti del deserto, trivelle ispirate dai semi che si auto-sotterrano e piccoli paracaduti presi in prestito dai denti di leone.
Se le piante sono riuscite a colonizzare ogni angolo della Terra con i propri semi, perché noi non possiamo provare a prendere qualche spunto da loro per l’esplorazione del sistema solare?

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La riduzione della superficie agraria in Toscana dall'Unità nazionale ad oggi

Generalmente, in ambito nazionale e non, si fa riferimento al concetto di consumo del suolo come misurazione, in rapporto alla superficie disponibile, del territorio occupato da insediamenti o infrastrutture.
Per quanto riguarda la situazione italiana, l’Osservatorio Nazionale sul consumo di suolo ha messo in evidenza una generale mancanza di dati, aggiornati ed affidabili, la mancanza di una codifica che consenta l'effettuazione di confronti coerenti, l’utilizzo insufficiente e non sistematico di tecnologie e dati da remote sensing, come l’inadeguato aggiornamento di quadri regionali da cui deriva in molti casi l’impossibilità di effettuare confronti, alla medesima soglia storica, di dati provenienti da più regioni.
L’irreversibilità delle trasformazioni che determinano dissipazione della risorsa suolo è destinata a tradursi in grave limite al benessere, allo sviluppo sociale, alle opportunità concesse alle future generazioni con perdita e/o degradazione di superfici idonee alla produzione agricola, di biodiversità e qualità paesaggistica; crescente inefficienza energetica e funzionale di un modello insediativo estensivo ad alta domanda di trasporto e conseguente generazione di inquinamento atmosferico, perdita dei sistemi regolativi connessi ai cicli biogeochimici e a quelli idrogeologici che nel suolo hanno sede.

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Firenze, 4 novembre: l’Accademia dei Georgofili ricorda l’alluvione

L’Accademia dei Georgofili ha conservato nel proprio salone di ingresso il ricordo costante della terribile alluvione del ’66. Un grande affresco e 12 litografie del Maestro Luciano Guarnieri che non vengono esposti solo il 4 di novembre, ma restano lì sempre, ogni giorno, offrendo a tutti un luogo che ricorda quel terribile evento.
Il Maestro Luciano Guarnieri realizzò un affresco dedicato al “Salvataggio della Croce del Cimabue” e 12 litografie raffiguranti vari scorci di Firenze devastata dalla inondazione dell’Arno. Le litografie furono subito riprodotte e messe in vendita per beneficenza in favore delle famiglie alluvionate. L’affresco fu presentato al museo “Come nasce un affresco” nella sala del Capitolo della chiesa del Carmine , poi fu ospitato in Santa Croce e in Santa Maria del Fiore e infine definitivamente donato all’Accademia dei Georgofili insieme alle 12 litografie originali, rimaste in mano al Maestro.
Quel crocifisso, diventato simbolo dell’arte fiorentina offesa ma non distrutta, è stato accolto nella Sede accademica, non a caso dopo il restauro che seguì l’atto dinamitardo da questa subìto nel 1993.

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Scoperta la resistenza delle piante alle inondazioni grazie al loro sensore per l'ossigeno

Un gruppo di ricercatori europei ha fatto una importante scoperta concernente il meccanismo messo in atto dalle piante per resistere alla sommersione.
Da alcuni decenni si cercava di capire come certe specie vegetali  fossero particolarmente adattate a queste condizioni, mentre molte altre non riescono a sopravvivere.
Gli studiosi hanno scoperto che la proteina delle cellule vegetali RAP2.12, viene costantemente distrutta nelle normali condizioni di presenza di ossigeno, ma - e questo è il significato centrale  della scoperta - in condizioni di minore disponibilità di ossigeno (ad es. sommersione), la stessa proteina rimane stabile ed attiva una risposta di adattamento alla nuova situazione avversa.
Il risultato è doppiamente importante perché rappresenta un'acquisizione di nuova conoscenza sul piano strettamente biologico-vegetale, ma, come accade per tutti gli studi severamente condotti, è ricco di risvolti sul piano applicativo, basti pensare quanto il flagello delle improvvise e massicce sommersioni si abbatta su vaste aree agricole del pianeta; pertanto la selezione di varietà coltivate per ambienti soggetti ad eventi alluvionali sarà certamente favorita.

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Il futuro appartiene alla idee innovative: la biomimetica ce lo insegna

Liberiamoci dal pregiudizio che le piante siano esseri inanimati, incapaci di sentire e di agire con una loro intelligenza. Osserviamole attentamente, come da anni stanno facendo i  ricercatori del LINV (laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale) guidati dal prof. Stefano Mancuso e scopriremo che il mondo vegetale ha tanto da insegnarci. Dall’analisi del comportamento dei vegetali è infatti possibile trarre ispirazione per innovazioni tecnologiche utili all’Uomo. A realizzare materialmente queste invenzioni poi ci pensa il Centro di MicroBioRobotica dell’IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, la cui coordinatrice Barbara Mazzolai è stata, assieme a Stefano Mancuso, l’ideatrice del workshop internazionale che si è svolto il 24 ottobre 2011 presso l’Accademia dei Georgofili.
Hanno partecipato esperti provenienti da tutta l’Europa (UK, Olanda, Germania, Spagna e, ovviamente, Italia), a spiegare per esempio come l’ESA abbia utilizzato i movimenti dei semi che cadono dalle piante per progettare il volo di certe navicelle spaziali, come si stia cercando di imitare i movimenti di alcune velocissime piante carnivore per nuovi sistemi di attuazione, come nel mondo vegetale esistano dei materiali così resistenti  che possiamo utilizzare nella costruzione di oggetti utili all’uomo.
Le piante sono come esseri umani “rovesciati”: la parte che “pensa” e che si nutre è collocata in basso. Secondo le scoperte del prof. Mancuso, gli apici radicali riescono a dialogare tra loro attraverso impulsi elettrici e modificano il loro comportamento adattandosi a quello che percepiscono intorno a loro. Dall’imitazione di tutto questo è nato il plantoide, il primo robot ispirato al mondo vegetale, che aiuterà l’Uomo nelle indagini del suolo, utilizzando dei veri e propri apici radicali meccanici, progettati nel Centro di Ricerca dell’IIT.

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Produzione di bioidrogeno ed energia rinnovabile da residui agro-zootecnici

Continuare a dipendere in modo sostanzialmente esclusivo da sorgenti energetiche fossili pone, già dal prossimo futuro, sfide insostenibili in termini sia di sicurezza di approvvigionamento, sia di effetti delle emissioni sul clima del pianeta e sulla qualità dell’aria nelle aree urbane.
L’idrogeno, grazie alle sue caratteristiche di altissima sostenibilità ambientale, rappresenta una delle più promettenti alternative prese in considerazione per gli scenari energetici del futuro. Oggi è principalmente ricavato da idrocarburi, ma è del tutto evidente che il complesso di benefici legati alla sua introduzione nel sistema energetico non può prescindere dallo sviluppo di filiere basate su fonti rinnovabili, e non su quelle fossili.
Accanto all’elettrolisi dell’acqua e al frazionamento termochimico di composti organici, la produzione di idrogeno per via biologica (il bioidrogeno) costituisce un processo molto promettente, con interessanti potenzialità applicative messe in luce da diverse ricerche di laboratorio condotte negli ultimi anni.
Il progetto AGRIDEN finanziato da Regione Lombardia – D.G.Agricoltura ha considerato, in particolare, una semplice variante del classico processo di digestione anaerobica, basata su una tipologia di reattori bi-stadio nei quali, accanto alla produzione di biogas ricco in metano, si realizza una produzione aggiuntiva di quantità significative di bioidrogeno.
Dato l’enorme potenziale di diffusione nelle aree agricole del nord del Paese, le biomasse studiate nel progetto sono state effluenti zootecnici miscelati a scarti ortofrutticoli, perseguendo l’idea piuttosto affascinante di produrre idrogeno -il vettore energetico più pulito che si conosca- a partire da biomasse di scarto che, se non opportunamente trattate, costituirebbero un macroscopico fattore di impatto ambientale.

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Alberi in città

L’ONU ha dedicato l’anno 2011 alle foreste e patrocinato centinaia di eventi scientifici e divulgativi su tale tema. La Facoltà di Agraria di Pisa ha organizzato in questo contesto una giornata di studio, svoltasi il 14 ottobre e dedicata agli “Alberi in città”.

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Ampelografia per immagini

Nel 1898,  Mazade, professore d’ampelografia a Montpellier, scriveva: “In un dato ambiente, passare frequentemente in vigneto consente d’ottenere un ricordo visivo dei vitigni principali. Questo ricordo visivo è preferibile alla migliore delle descrizioni perché è proprio la fisionomia del vitigno che rimane impressa nella memoria e serve da riferimento e termine di paragone. Questa fisionomia è certo il risultato dell’impressione causata dall’insieme di elementi parziali. Ma, in genere, questi caratteri parziali, non essendo stati oggetto d’un esame separato condotto con sufficiente attenzione, sfuggono al ricordo. Semplicemente dall’insieme emerge un’immagine complessiva, specifica per ciascun vitigno, impressione che serve da guida nella maggior parte dei casi”.
Nelle descrizioni ampelografiche sono riportate caratteristiche:
•    morfologiche,
•    fenologiche,
e osservazioni  su attitudini:
•    colturali,
•    produttive,
•    esigenze pedoclimatiche,
•    resistenza eventuale a patogeni, ecc.

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Fabbricati rurali: al via le variazioni catastali

I fabbricati rurali sono solo quelli iscritti in catasto nella categorie A/6 e A/6-R (per gli abitativi) e in categoria catastale D/10 (per i non abitativi). Tutti i fabbricati comunque denominati appartenenti alle altre categorie non sono “rurali” almeno ai fini fiscali. Si tratta di una conclusione non prevista in quanto anche l’Agenzia del territorio era di diverso avviso ma è prevalso l’orientamento della Corte di Cassazione.
Con il Decreto del Ministro dell’Economia e delle  Finanze del 14 settembre 2011 (Pubblicato della  G. U. n. 220 del 21 settembre 2011)  sono state definite le modalità di presentazione delle domande di variazione catastale e delle relative autocertificazioni di cui all’art. 7, comma 2- bis e seguenti del D.L. n. 70/2011 per le quali i fabbricati iscritti in catasto per i quali sussistono i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/93 ma non censiti nella categorie rurali A/6 e D/10.

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“VERTICAL FARMING”: un’idea affascinante ma troppo poco sostenibile

Negli ultimi anni si parla sempre più frequentemente di vertical farming come testimoniato dal moltiplicarsi di convegni, dibattiti e seminari sui vari aspetti del tema. Purtroppo, all’infittirsi di proposte, progetti e realizzazioni, non sempre si accompagna un lavoro di approfondimento scientifico e di conoscenza che, a mio parere, rappresenta la condizione necessaria perché si possano realmente valutare i potenziali benefici di questa tecnica. Questo sistema ideato da Dickson Despommier, retired professor di Scienza della Salute ambientale alla Columbia University di New York, prevede  la costruzione di una fattoria verticale, ossia un grattacielo-serra che produce cibo ed è in grado di sfruttare il terreno in modo molto più intensivo rispetto all'agricoltura tradizionale.
Un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore di venerdì 7 ottobre 2011, analizza in modo corretto i pro ed i contro di questo sistema, indubbiamente affascinante, ma che presenta numerosi problemi che non sono soltanto relativi ai costi, ma alla reale sostenibilità ambientale di queste realizzazioni, la cui “carbon footprint” nessuno ha calcolato ma che, con ragionevole certezza, è, al momento attuale, notevolmente superiore ai benefici ambientali apportati. A commento dell’articolo, deve inoltre essere evidenziato che le vertical farms altro non sono se non l'apoteosi di un concetto più vasto che già oggi rappresenta una realtà per nulla trascurabile, cioè quello dell'agricoltura urbana, al cui interno si trovano realtà molto più modeste, ma di assai più facile e rapida realizzazione, quali le serre e gli orti urbani, i tetti verdi ad uso anche alimentare, le microcoltivazioni domestiche, ecc., che, a mio avviso, meritano di avere lo stesso rilievo del vertical farming.

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Il legno come fonte per l'industria

L’anno 2011 è stato proclamato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e dalla FAO, l’Anno Internazionale delle Foreste, per celebrare e rendere partecipe l’opinione pubblica mondiale dell’essenziale ruolo ambientale e produttivo che sempre più viene riconosciuto agli alberi e alle foreste, a livello internazionale. L’attualità registra, infatti, un interesse crescente per gli ecosistemi forestali come importanti sistemi di regolazione del clima e di assorbimento e mitigazione dei gas serra e di altri composti inquinanti, che stanno svolgendo un ruolo fondamentale anche nelle varie conferenze mondiali sull’ambiente e sul clima, come nella prossima Conferenza di Durban in Sud Africa, in programma quest’anno nel mese di dicembre, dove i governi di tutto il mondo saranno chiamati ad avviare il nuovo Protocollo di Kyoto, o Kyoto2, sui cambiamenti climatici. I drammatici eventi di inondazioni e frane che si ripetono negli anni, in tutte le regioni italiane, ci ricordano però che gli alberi, i rimboschimenti e le foreste svolgono soprattutto un ruolo insostituibile  per la conservazione del suolo, la difesa idrogeologica e la regolazione dei deflussi idrici che dai bacini montani scendono verso la pianura e il mare. Lo sfruttamento eccessivo dei boschi e la loro sistematica devastazione dovuta agli incendi ricorrenti, elimina il mantello verde che trattiene il terreno e lo protegge dall’erosione e dal trasporto a valle, dove può provocare danni incalcolabili alle popolazioni e alle infrastrutture.
Ma agli alberi e alle foreste viene anche chiesto di fornire, in misura sempre crescente, legname per l’industria dell’arredamento, del mobile e della carta, per le strutture edilizie, come le case costruite di recente in Abruzzo, e per le energie rinnovabili.
L’industria di trasformazione del legno è una delle più importanti e fiorenti attività economiche del nostro Paese; comprende circa 2.300 aziende che occupano oltre 400.000 addetti, realizzando un fatturato annuo di circa 40 miliardi di euro ed esportando il 35% circa della produzione.

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Corrente elettrica prodotta dalle piante

Da molto tempo è noto che correnti elettriche agiscono su molteplici aspetti dello sviluppo delle piante, quali i movimenti in piante carnivore per intrappolare gli insetti, la crescita in lunghezza delle cellule e fenomeni di polarità. Per esempio, correnti elettriche entrano all’estremità del tubetto pollinico in accrescimento e fuoriescono lateralmente dalle zone retrostanti. Con modalità simile flussi elettrici penetrano nella zona apicale delle radici e dei peli radicali ed escono dalle parti sovrastanti. Quando queste correnti sono inibite la crescita polarizzata di queste cellule o delle radici cessa. Anche lo sviluppo delle piante viene alterato quando sono poste sotto l’influsso di campi elettrici (e magnetici). D’altra parte la produzione di elettricità è connaturata alla fisiologia stessa delle piante. Se si pensa, infatti, al processo fotosintetico, si può considerarlo come un sistema di produzione di corrente elettrica dato il flusso di elettroni che deriva, attraverso la scissione dell’acqua e la clorofilla, dall’energia solare per essere poi convertito nell’energia chimica contenuta negli zuccheri. Questa corrente potrebbe essere utilizzata come quella fornita da una pila elettrica. L’idea potrebbe apparire quasi fantascientifica, tale da essere facilmente abbandonata dal ricercatore. Bene, invece, recentemente, all’Università di Stanford alcuni ingegneri guidati da WonHyoung Ryu, hanno realizzato con un nanoelettrodo di oro molto sottile inserito nei cloroplasti di cellule algali, un dispositivo capace di intercettare gli elettroni di origine fotosintetica (il lavoro è stato pubblicato nella rivista Nano Letters del Marzo 2010).

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L'incompatibilità nelle piante da frutto: svelati i meccanismi del rigetto pollinico

Nelle piante da frutto è abbastanza frequente la S-incompatibilità fiorale di tipo gametofitico, per cui sul piano applicativo occorre avere sempre la compresenza in campo di adatti impollinatori per ottenere una buona fruttificazione.
Nello scorso giugno si è svolto a San Michele all’Adige e Bologna, nell’ambito della Scuola Internazionale di Dottorato sulla “Fisiologia e genomica delle specie da frutto”, un workshop (60 partecipanti da tutto il mondo), per fare il punto sul meccanismo d’azione dei geni localizzati nel locus S e, in particolare, sulla genotipizzazone degli alleli dalla cui combinazione dipende il compimento del processo fecondativo.
Per alcune specie (es. ciliegio e pero) sono stati identificati decine di alleli e con questi la mappa dei gruppi varietali intercompatibili o interincompatibili, utile per la scelta delle varietà da consociare nei nuovi impianti. È stato accertato che il blocco della crescita del tubetto pollinico entro lo stilo, nel caso della “self-pollination” è mediato da un enzima stilare, la S-RNasi (determinante ♀) le cui forme interagiscono con proteine polliniche codificate da geni con dominio Fbox (determinante ♂). Questi geni sono co-localizzati nel Locus S che, nel pero, è stato mappato nel Linkage Group 17, mentre nelle specie appartenenti al genere Prunus nel Linkage Group 6.

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