Notiziario




Il ruolo dell’agricoltura nel mitigare l’effetto serra

Negli ultimi 100 anni la presenza di gas nell’atmosfera è aumentata progressivamente, anche a seguito di un uso esponenziale dell’energia fossile, a sua volta legato alle attività produttive dell’uomo e al diffondersi di uno stile di vita sempre più bisognoso di energia. Ciò ha prodotto un innalzamento delle temperature del Pianeta e un progressivo cambiamento del clima. Anche l’agricoltura è responsabile dell’aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera; a livello nazionale si stima che essa contribuisca per circa il 7% delle emissioni complessive. 

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I predatori del Punteruolo rosso

In Sicilia, nella parte sommitale di palme delle Canarie infestate dal Punteruolo rosso, è spesso presente il topo selvatico comune (Apodemus sylvaticus). Certamente l’attività predatrice del topo selvatico elimina numerosi punteruoli; tuttavia il notevole potenziale biotico del coleottero e l’incessante attività trofica delle sue larve rendono di fatto irrilevante l’azione del predatore.

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Che cosa è la vita

Date le sue peculiarità la vita è probabilmente un unico grande evento che va avanti da quasi quattro miliardi di anni, assumendo le forme più diverse e articolandosi in un numero impressionante di eventi particolari, ovvero i diversi individui, vissuti e viventi. Questa è un’affermazione non nuovissima, ma non facile da accettare nel suo pieno significato. In altre parole il DNA del genoma di un organismo che inizia la sua vita non sarebbe che un “riassunto delle puntate precedenti”, come dire di tutto ciò che è accaduto fino a quel momento. D’altra parte, è il possesso di un genoma che fa di un essere vivente proprio un essere vivente: i sassi e le nuvole non ce l’hanno. 

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Torna di attualità la "pallottola" guidata, fatta dalle piante

Essere capaci di guidare una piccola molecola od una molecola proteica  in una specifica cellula è  una speranza per rafforzare la nostra strategia contro le malattie dell'uomo. L'obiettivo è possibile utilizzando immunotossine composte da un anticorpo, capace di legarsi alla cellula da colpire, e da una tossina che impedisce la proliferazione cellulare. Nonostante che questa strategia sia stata elaborata da tempo, spesso le metodologie sono risultate troppo costose per la produzione del "farmaco" su larga scala. Recentemente alcuni organi di stampa italiani hanno dato risalto ad una innovazione tecnologica ottenuta su di una alga verde, Chlamydomonas reinhardtii, ed in particolare nei suoi cloroplasti. La proteina chimerica anticorpo-tossina deve essere nociva per le cellule umane cioè eucariotiche (degli organismi superiori). Pertanto le cellule eucariotiche non possono essere usate per produrre ed accumulare tali immunotossine perché verrebbero danneggiate dalle stesse. Si è allora fatto ricorso frequentemente all'espressione delle immunotossine in batteri (procarioti) sui quali non hanno effetto; il metodo ha comunque presentato molti limiti in quanto i batteri non possiedono l'adeguato corredo molecolare per la corretta produzione della specifica proteina. 

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L'importanza dei pipistrelli in agricoltura

Le abitudini notturne e schive dei Chirotteri (comunemente chiamati pipistrelli) ne hanno a lungo limitato la conoscenza, creando un alone di mistero e a volte di repulsione. Solo recentemente si è cercato di calcolare  la loro importanza economica, in particolare nel Nord America, dove questi mammiferi sono in grave pericolo a causa di una epidemia (la White Nose Syndrome - WNS) causata da un fungo, ilGeomyces destructans.  
Secondo uno studio pubblicato nel 2011 su Science, il valore economico dei pipistrelli nei confronti del settore agroindustriale degli Stati Uniti è quantificabile in 22.9 miliardi di dollari. Tale cifra tiene conto di vari fattori, quali il controllo degli insetti nocivi con la riduzione del costo degli insetticidi, senza considerare che il ridotto impiego degli insetticidi è molto positivo per gli ecosistemi ed evita l’instaurarsi di situazioni di resistenza degli insetti alle sostanze chimiche antiparassitarie (attualmente altre 500 specie di insetti infestanti sono ormai resistenti ai fitofarmaci). 
I pipistrelli possono validamente contribuire a mantenere le popolazioni di insetti al di sotto del cosiddetto “economic injury level”. I Chirotteri insettivori consumano un’ampia varietà di insetti; tra questi ci sono alcune delle specie più dannose per la vegetazione forestale e per l’agricoltura, presenti anche in Italia.

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Nuove malattie e nuovi insetti vettori in Italia

Nel corso del convegno ‘Vettori di malattie e mutamenti climatici’ tenutosi recentemente a Torino è emerso che, a partire dagli ultimi anni del secolo scorso, focolai di pericolose malattie da importazione dell’uomo e degli animali si sono manifestati in Italia e altri Paesi europei. Sono stati citati i casi di infezione da virus agenti di febbri perniciose quali West Nile Fever (WNF) negli equini (dal 1998) e nell’uomo (2008-2012), ‘Chikungunya’ (dal 2010), ‘Dengue’, anche nella forma emorragica, e  ‘Blue tongue’ o febbre catarrina ovina,  che nel 2001 ha fatto registrare circa 90.000 focolai con oltre due milioni di capi morti o abbattuti per contenere l’epidemia. La frequenza delle infezioni da WNF, causa di una malattia neuro invasiva dell’uomo, è in forte ascesa in quattro Regioni: Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Basilicata e Sardegna.

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Governance e valorizzazione delle aree rurali

I “Distretti in agricoltura” - macro-categoria che raccoglie Distretti rurali, agroalimentari di qualità, agroindustriali, sistemi produttivi e distretti produttivi - sono uno strumento di gestione dei territori rurali in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale nel contesto dell'applicazione della PAC e di altre politiche europee?
Se si, quale forma di organizzazione e gestione debbono o possono assumere (governance) per evitare di divenire un livello istituzionale e burocratico  aggiuntivo ai  numerosi già esistenti?
Questi sono i quesiti ai quali una giornata di studio, che si è svolta all’Accademia dei Georgofili lo scorso 11 gennaio 2013,  ha inteso dare risposte sulla base dei risultati di due ricerche (svolte sotto il coordinamento del Prof A. Pacciani, Presidente del laboratorio GAIA dell'Accademia dei Georgofili), ancora in fase di approfondimento: una sull'analisi di alcune significative esperienze italiane e di altri paesi europei (Francia, Spagna, Belgio e Lussemburgo), presentata nella mattinata con il coordinamento dell’ Accademico Michele Pasca Raymondo, e l'altra, di carattere più metodologico, presentata nel pomeriggio, i cui risultati sono contenuti nel volume della Dr.ssa Daniela Toccaceli “Dai distretti alle reti? I distretti in agricoltura nell'interpretazione delle Regioni e le prospettive verso il 2020”, Rete Rurale Nazionale (reperibile on-line nel sito www.reterurale.it).

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“Sikitita”, nuova varietà per oliveti superintensivi

Il primo oliveto superintensivo (con più di 1500 alberi/ha), realizzato con filari in controspalliere che si vanno oggi affermando e diffondendo, è stato piantato nel nord della Spagna nel 1994. La precoce entrata in piena produzione a partire dal terzo anno, la raccolta integralmente meccanica e continuativa con vendemmiatrici scavallatrici, le eccellenti condizioni dei frutti trasferibili immediatamente al frantoio, i molto ridotti costi di produzione sono i principali elementi che hanno determinato il successo di questi impianti. Dopo la Spagna, si sono diffusi in tutto il mondo ed in particolare in nuovi Paesi olivicoli. Oggi si stima che la superficie mondiale già investita con questi oliveti superintensivi superi i 100.000 ha, la metà dei quali sono in Spagna.
Inizialmente si è utilizzata la varietà spagnola “Arbequina”. Il suo ridotto vigore, la precocità di inizio della produzione, la buona resa ed apprezzata qualità dell’olio (dolce, fruttato e poco piccante) contribuirono al successo. La foto 1 corrisponde ad un oliveto di tre anni di “Arbequina” piantato nella zona di Granada nel 2004. Non tutte le varietà tradizionali si adattano al nuovo sistema di allevamento. Oggi le varietà più usate sono l’“Arbosana” e la “Koroneiki”, oltre all’“Arbequina”.

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Ruolo dei boschi in Italia

In Italia, come conseguenza del ritiro delle attività agricole, la superficie forestale si è estesa passando dal 21% del 1947 all’attuale 31% della superficie nazionale. Si tratta di un ampio rimboschimento naturale che è stato pagato con una riduzione della produzione agricola interna e con il parziale abbandono del presidio umano sul territorio; con tutte le implicazioni, anche strategiche, che ne derivano. Questi elementi di costo, tuttavia, sono compensati dalla speranza in un’intensificazione dei benefici pubblici del bosco.  
Tra le esternalità forestali, fa ancora molta presa sul pubblico la protezione contro le frane e, soprattutto, contro le alluvioni. Tuttavia, al quasi raddoppio della superficie forestale in Italia non sembra corrispondere un’attenuazione significativa di tali eventi catastrofici e luttuosi. 

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Palma nana morta per attacco di Punteruolo rosso. Un presepe significativamente allestito nello stipite scavato dal parassita.

Il Punteruolo rosso  delle palme, presente in Italia da circa un decennio, è ormai diffuso in quasi tutte le regioni dove ha causato la morte di migliaia Palme delle Canarie. Sporadicamente l’insetto infesta anche altre specie esotiche di palme coltivate e particolarmente gravi sono gli attacchi all’endemica Palma nana, della quale colonizza gli stipiti di piante annose in condizioni naturali (Riserva dello Zingaro) ovvero di quelle coltivate in aree urbane.
Una Chamaerops humilis, messa a dimora un decennio addietro in una aiuola spartitraffico del centro urbano di Catania, nello scorso mese di marzo ha manifestato i primi sintomi dell’attacco del Punteruolo ed è morta nel successivo mese di settembre. Lo stipite, scavato da decine di larve che vi hanno completato lo sviluppo, ha dato lo spunto per la realizzazione di un tradizionale presepe con una inusuale capanna.

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NATALE 2012 - Dai Georgofili a tutti i georgofili

A tutti coloro
     che amano la natura e sono spinti dalla curiosità di approfondirne le   conoscenze scientifiche;
    che hanno a cuore la razionale gestione delle fonti produttive rinnovabili della biosfera, cioè l’agricoltura;
   che si preoccupano di garantire la futura sicurezza alimentare dell’umanità, la tutela dell’atmosfera e dell’aria che respiriamo, la difesa del suolo coltivabile, il controllo dei dissesti idrogeologici, le nuove fonti energetiche, ecc., riconoscendo la portata globale di queste problematiche e adoperandosi per far comprendere la centralità strategica che vi riveste l’agricoltura;
   che cercano spiragli di ottimismo scrutando orizzonti più ampi e più avanzati.

A tutti costoro che quindi meritano, di fatto, l’aggettivo di georgofili (“amanti della terra”) desidero esprimere a nome dell’Accademia dei Georgofili viva solidarietà e sentiti auguri.
   Ci attende un anno impegnativo, il 260°, che sarà ufficialmente inaugurato il 16 aprile 2013 a Firenze, in Palazzo Vecchio. Fin da ora prego tutti i georgofili ed i loro Amici di memorizzare quella data e fare il possibile per trovarsi insieme in occasione del nostro più significativo incontro annuale.
    Grazie.
                                            Franco Scaramuzzi

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Simbionti, una risorsa per il benessere delle piante e degli animali

La maggior parte di piante e animali ha sviluppato, nel corso della propria storia evolutiva, delle relazioni simbiotiche con microrganismi. La salute, e spesso la stessa sopravvivenza degli organismi superiori che ospitano simbionti microbici sono fortemente influenzate dalla composizione e dall’attività degli organismi che compongono il loro microbiota

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Importanza dell’epigenetica in campo agrario

Nel campo del miglioramento genetico delle piante agrarie, incluso l’uso degli OGM, importanti prospettive per aumentare la produzione alimentare, oggi sempre più pressante, è offerta dall’epigenetica, branca della biologia molecolare.

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I fitofagi del nocciolo in Sicilia

In Sicilia i noccioleti occupano una superficie di circa 12.000 ha, diffusi nelle province di Messina (circa 10.000 ha) e di Catania (circa 1.200 ha). In tali agroecosistemi sono presenti numerose specie di artropodi fitofagi alcune delle quali possono richiedere specifiche misure di controllo demografico.
In particolare l’acaro Eriofide Phytocoptella avellanae Nal., è il fitofago più diffuso e dannoso ad alcune varietà, soprattutto nelle zone umide e nei giovani impianti, nei quali si rendono spesso necessari specifici interventi acaricidi. Altri fitofagi di interesse fitoiatrico sono alcuni emitteri Eterotteri tra i quali maggiormente diffusi in Sicilia sono le Cimici nocciolaie Gonocerus acuteangulatus (Goeze) e Palomena prasina L.
Il ricorso a reiterati interventi con insetticidi a largo spettro di azione per il controllo di tali fitomizi, che causano l’aborto traumatico o il cimiciato delle nocciole, può determinare alterazioni biocenotiche che favoriscono la pullulazione di fìtofagi di secondaria importanza, quali la cocciniglia Parthenolecanium corni Bouché.

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Alla ricerca di un nuovo dialogo tra città e campagna

“In epoca preindustriale tra città e campagna vi era continuità ecologica. I due diversi paesaggi si integravano armoniosamente. Questo fatto era la conseguenza della modesta dimensione territoriale e demografica dei centri urbani, della vicinanza dei campi coltivati e dei boschi alla città, della presenza all’interno dell’ambiente urbano di abbondanti spazi naturali . Una volta anche le maggiori città potevano essere attraversate a piedi; e l’aperta campagna che iniziava appena al di la delle mura, agevolmente raggiungibile d dal centro cittadino. La misura fisica delle città medioevali trovava il suo limite nella mobilità che le caratterizzava . Le città, dunque, beneficiavano dal punto di vista ecologico della influenza della campagna circostante e, inoltre, potevano contare sul patrimonio di verde produttivo e ornamentale che arricchiva il tessuto urbano” (V. Merlo, “Voglia di campagna, neoruralismo e città”, 2006).
Inoltre, nella situazione orografica italiana, numerosi sono i comuni di montagna e alta collina, nel passato isolati, a causa della mancanza di strade e della sola disponibilità di mulattiere e sentieri, impraticabili nella cattiva stagione. Per questo isolamento, costumanze, tradizioni, credenze, consuetudini alimentari si sono conservate a lungo, per l’assenza di facili comunicazioni, con centri abitati più sviluppati. Di conseguenza, la necessità dell’autosufficienza ha favorito un interessante sviluppo dell’artigianato locale, che ha impegnato risorse e mobilitato energie umane, ha inventato e realizzato processi produttivi nei mestieri più differenziati, in modo cosi capillare, tenace e persuasivo da spalmare profondamente l’intero territorio italiano, come è testimoniato dalla documentazione sul lavoro contadino, che a lungo ha rappresentato il vero concetto della multifunzionalità dell’agricoltura nel territorio. Purtroppo, con il continuo spopolamento della montagna, la testimonianza della civiltà contadina ha finito per scomparire.

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Le due culture

Viviamo un momento di fusioni di ambiti disciplinari, che ci costringe a ripercorrere all'indietro una lunga e tortuosa strada di divisioni delle discipline "madri". Le Università si ricorderanno certamente il periodo, protrattosi per molto, in cui il processo più evidente era stato quello della scomposizione di una disciplina in tutta una serie di sottoaree che, pur dotate di un loro contenuto, potevano avere un senso per specialisti, ma poco ne avevano ai fini formativi. Clamoroso fu l'ampliamento del ventaglio didattico in ogni Facoltà, quando una disciplina, tradizionalmente insegnata da un solo docente, fu talmente suddivisa da generare plurimi  corsi d'insegnamento; si disse che quelli che un tempo erano soltanto i capitoli di libri che affrontavano una materia in maniera assolutamente unitaria, erano assurti a rango di disciplina autonoma.
Questo processo ha finito per mostrare alcuni scompensi sul piano  formativo; anche l'area della formazione universitaria agraria è stata influenzata da questa "specializzazione" culturale che anziché sottolineare i grandi temi portava, inevitabilmente, a dare rilevanza ai  dettagli. Come spesso accade, oggi si sta riflettendo su questi atteggiamenti e si stanno facendo passi indietro, aiutati anche dalla minor disponibilità di risorse finanziarie che ha costretto tutte le Istituzioni -e quindi anche quelle universitarie- a rimodulare le loro attività.
Quindi alcune fusioni disciplinari ormai le vediamo come buona cosa ed anzi più adatte ad una pedagogia che privilegi la formazione al posto della più semplice informazione.

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Consumo e tassazione dei terreni coltivati

Nel 1970, le terre coltivate (SAU) in Italia erano più di 18 milioni di ettari. Oggi si sono ridotte a meno di 13 milioni. Va aggiunta una ulteriore superficie di terreni agricoli, anche fertili, che gli agricoltori lasciano inutilizzati in quanto non riescono ad offrire redditi. D’altra parte, la nostra produzione agricola non è complessivamente sufficiente a soddisfare le esigenze nazionali ed il nostro Paese è sempre più costretto a colmare le carenze, con forti importazioni. Il Governo Monti ha recentemente approvato e poi già modificato un D.d.L. quadro per “frenare il consumo di terre coltivabili”. Ma non mancano ancora perplessità.
Come già dimostratosi con i criteri adottati per la conservazione del paesaggio agrario, non è né utile né possibile imporre agli agricoltori di coltivare i propri terreni anche quando non riescono più ad ottenerne un reddito. Prima di continuare sulla strada dei vincoli, occorrerebbe promuovere iniziative capaci di aiutare gli agricoltori a ridurre i costi e rendere remunerative le produzioni.
Un effetto del tutto opposto è stato invece determinato dagli attuali provvedimenti fiscali che hanno aggravato la situazione delle imprese agricole con la nuova imposizione patrimoniale IMU sui terreni e il contestuale aumento fiscale sui redditi, attraverso la rivalutazione del 15% dei parametri catastali, nonché con il divieto alle imprese agricole societarie di optare per una tassazione basata sui propri bilanci.

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I terreni agricoli e l’IMU

Il particolare legame che unisce l’uomo alla terra fa sì che questa non possa considerarsi un bene come tutti gli altri e che ogni intervento che si attua sui rapporti che la riguardano susciti un interesse molto elevato. Fra le ragioni alla base di questa situazione si collocano l’irriproducibilità, e quindi la sua assoluta limitatezza, l’esclusività del possesso, la formazione del fenomeno della rendita sulla nuda terra, la  produzione di beni insostituibili nell’alimentazione. A ciò si aggiunge il fenomeno alla base delle teorie dei Fisiocrati e cioè che essa produce  ricchezza “nuova” dalle risorse naturali.  Nel momento in cui, sotto l’incalzare della crisi, il quadro normativo che la riguarda viene modificato, bisogna considerare che la terra nel mondo e in Italia ha sorretto l’aumento della popolazione e dei consumi, legato all’effetto demografico e all’effetto reddito.
Dopo la seconda guerra mondiale il tasso di crescita dei rendimenti produttivi ha superato quello dei consumi favorendo un miglioramento  dello stato alimentare del mondo grazie  agli incrementi di produttività  derivanti dallo sviluppo scientifico e tecnologico. Dai primi anni 2000 questo equilibrio sembra essersi guastato e la crisi ha accentuato questa realtà. La riduzione degli stock provocata dal rallentamento della produttività è stata esaltata dalla speculazione finanziaria che ha fatto crescere la volatilità e travolto la recente apertura dei mercati spingendo verso un ritorno al protezionismo e a politiche contraddittorie.
In Italia si assiste ad un aumento del carico fiscale sulla terra, in particolare attraverso l’Imu, come se fosse considerata esclusivamente sotto il profilo patrimoniale, trascurando gli investimenti incorporati in essa nei secoli e la finalizzazione produttiva. Allo stesso tempo la proposta di vincolare all’uso agricolo i terreni in base alla destinazione urbanistica, trascurando l’esatta coincidenza con l’uso produttivo, e di fatto impedendone la mobilità, rappresenta un intervento negativo e che costringe a mantenere a coltura le terre meno produttive oltre i limiti della convenienza economica. L’insieme di queste misure è contraddittorio, oltre che discutibile sotto molti aspetti. Un’analisi economica dell’aumento della tassazione indica che esso agisce incrementando i costi e quindi con un effetto di riduzione dell’offerta e di aumento dei prezzi, il contrario di ciò che servirebbe nell’attuale crisi, provocando altresì un allargamento del deficit della bilancia agricola e alimentare.

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