Con il passaggio nell’epoca industrializzata attraverso l’invenzione della macchina a vapore, l’anidride carbonica nell’atmosfera è cresciuta da un valore di 280 parti per milione (ppm) a quello di 392 ppm. Gli esami del prelievo delle “carote di ghiaccio” ci rivelano che adesso tale dato supera di molto il ventaglio ordinario registrato negli ultimi 650 mila anni. L’attività dell’uomo è alla base dell’aumento di altri gas atmosferici e quello del naturale effetto serra, cioè a quella capacità dei gas e del vapor acqueo di assorbire la radiazione termica degli infrarossi emessi dall’estensione terrestre. Il cambiamento climatico in atto sta variando la fisiologia delle piante e il complesso rapporto che avviene tra gli spazi del loro suolo.
Ciò è conseguente all'aumento del grado di calore, alla maggiore ampiezza delle fluttuazioni della temperatura intorno al valor medio, intesi come massime e minime delle temperature giornaliere, all’interazione di tale accrescimento con i livelli di CO2 atmosferica, all’alterazione del regime pluviale e del più severo manifestarsi di eccessi atmosferici quali, ondate di caldo, uragani, allagamenti. Ci sono ormai verità che avvalorano la migrazione, indicato dal codice scientifico come “trasgressione”, verso i poli e le alte quote, di diverse specie vegetali e animali. Gli studiosi ritengono che avvenga una trasgressione di circa 125 km a nord e di 125 m a quote più elevate, di animali e piante alla ricerca di condizioni climatiche più adatte a ogni grado centigrado d'aumento della temperatura media dell'atmosfera.
Nelle aree urbane, le piante, oltre a ossigenare l’aria, assolvono importanti funzioni ornamentali, paesaggistiche, ricreative e filtranti; tuttavia molte essenze sono spesso costrette a vegetare in ambienti non del tutto idonei alle loro specifiche esigenze fisiologiche e sono sottoposte a varie cause di stress alle quali, per la loro longevità e immobilità, non possono sottrarsi se non grazie a interventi antropici.
La gestione e la difesa del verde nelle aree urbane in relazione alle competenze richieste deve necessariamente coinvolgere figure specialistiche che vanno dal progettista del paesaggio, all’agronomo, al fitopatologo e all’entomologo in grado di progettare il verde e di gestire le avversità delle piante ornamentali su basi razionali.
Il tema dell’agricoltura e della gestione della fauna selvatica si inserisce nel quadro più ampio e complesso dei rapporti fra tutela dell'ambiente e agricoltura. Gli agricoltori sono sempre stati storicamente e sono tutt'ora i più interessati e quindi i più attenti alla tutela dell'ambiente, perché è la matrice naturale delle loro attività. Lo dimostrano, con esemplare evidenza, anche i disastri idrogeologici che avvengono nelle aree da essi abbandonate.
Dalla metà del secolo scorso, gli agricoltori hanno saputo incrementare le produzioni unitarie e migliorarne la qualità, adottando importanti innovazioni offerte soprattutto dalla genetica e dalla meccanizzazione (rivoluzione biotecnologica). Come in ogni cambiamento forzatamente rapido, qualcuno ha commesso anche errori, impiegando nuovi mezzi di produzione oltre i limiti della razionalità. Ma questo fa sempre parte dei rischi che ogni progresso può comportare e che può essere concordemente corretto. Contestualmente, sono andate però crescendo istanze ambientaliste che prescindono dai danni che possono a loro volta arrecare all'agricoltura.