La viabilità forestale costituisce un ambito di intervento pubblico molto particolare all’interno delle politiche di settore, diverso dagli altri (quali ad es. la pianificazione forestale, l’AIB, l’attività vivaistica, la qualificazione del personale) soprattutto per l’alto grado di trasversalità: ovvero per il fatto che le infrastrutture minori cd. “forestali” dette anche “di servizio” sono soggette in generale ad usi molteplici e fruizioni differenziate da parte di numerose categorie che le percorrono con scopi e modi diversi, a fronte di un quadro giuridico, normativo e amministrativo delle infrastrutture incoerente e anche disatteso. Questa situazione è tutt’altro che nuova, anzi è esattamente storica nel senso che è determinata proprio da condizioni socioeconomiche e amministrative dei decenni scorsi, durante i quali si sono avvicendati, nell’uso e nella manutenzione della rete viaria minore, Enti diversi.
La competitività è contemporaneamente una condizione per conseguire gli aumenti di produttività necessari allo sviluppo dell’agricoltura e lo strumento per conservarli e favorirne gli ulteriori incrementi. Senza il suo miglioramento non si può mantenere vivo e vivace nessun settore produttivo, neanche quello agricolo. Il problema è quale significato attribuirle in un paese di antica agricoltura con poche terre coltivabili, costi dei fattori di produzione elevati, a partire dai valori fondiari, rigidità strutturali. La competizione stimola a migliorare processi produttivi e prodotti, modelli organizzativi, istituzioni del settore, redistribuzione dei ruoli nelle filiere. È arduo competere con materie prime prodotte a costi bassissimi nel mondo, ma si può farlo con prodotti che presentino caratteristiche complessive di offerta che siano migliori. La soluzione non sta nel ritorno a un passato in cui le rese erano infime e la sanità dei prodotti fortuita, ma avvalendosi dei progressi della ricerca come i nostri concorrenti.
La competitività porta a riflettere sul diffuso timore del mercato visto come un’entità oscura e sostanzialmente avversa. Un timore che nelle sue diverse forme conduce al protezionismo. Dalla difesa dei prodotti locali al cosiddetto chilometro zero merita una riflessione seria. Il mercato è il più efficiente fattore di progresso e di selezione dei produttori che vi sia. Può presentare disfunzioni e difetti, è frequentato anche da free riders che traggono vantaggi indebiti da comportamenti sleali, ma tutto ciò rientra nella patologia e non nella fisiologia. Un modello di scambi come quello del km zero può rappresentare una soluzione per alcuni produttori e consumatori, ma come sistema non può funzionare. La perdita di efficienza economica, l’incremento dei costi, la riduzione dell’offerta, l’irrealizzabilità logistica, i problemi di stagionalità e irregolarità delle produzioni indicano che le soluzioni vanno ricercate altrove.