Notiziario








TROPPO POTERE, ECCO LE CONSEGUENZE


I gravi scandali delle Regioni impongono un’impennata etica, ma anche una riflessione sui poteri delle Regioni che sono stati ampliati a dismisura dalla riforma costituzionale del 2001. Infatti, lontani dalle mode e dai preconcetti, occorre valutare l’esperienza dell’applicazione più che decennale del nuovo ‘Titolo Quinto’ della Costituzione che ha rivoluzionato i rapporti tra Stato e Regioni. In particolare va riesaminato l’art. 117 della Costituzione che ha ribaltato il principio dell’originario testo della Carta fondamentale della Repubblica dove venivano elencate le competenze delle Regioni, lasciando tutte le altre allo Stato.

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Attività e terre agricole: solo il reddito può tutelarle

Il disegno di legge sulla valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo dei suoli, pur accolto dal consenso quasi unanime, suscita qualche riflessione meno immediata, a partire dal fatto che non è un decreto legge, ma di una norma che sarà legge con i consueti tempi parlamentari, difficilmente prima delle elezioni. Le riflessioni sono di diverso genere. La prima nasce dalla logica ispiratrice che ritenevamo estinta: quella delle leggi sulle terre incolte e mal coltivate, impregnata di un vetero statalismo che non diede alcun risultato concreto né potrebbe farlo ora. Senza dubbio il problema è incrementare la produzione agricola, ma il risultato non si ottiene vincolando i terreni all’uso agricolo, ma puntando agli incrementi di produttività, tutt’altra logica come si può intendere. Un altro aspetto attiene alle competenze sul territorio che non sono statali, ma delle regioni e da queste delegate alle istituzioni locali, giustamente in una logica di sussidiarietà. Come possa lo Stato decidere l’ammontare dei terreni agricoli e poi ripartirlo rimane molto incerto, anche perché il riferimento alle aree classificate agricole non esaurisce tutte le situazioni ed, anzi, unito al resto, fa prevedere un colossale e paralizzante contenzioso ad ogni livello. Ci si chiede chi e perché  possa decidere dove fare agricoltura in un sistema economico come il nostro, con la proprietà privata tutelata dalla Costituzione, e certamente la risposta è incerta e quindi opinabili le misure. Il vincolo ex post sui terreni di chi ha ottenuto sovvenzioni diventa una gigantesca camicia di forza, incompatibile con i meccanismi della Pac basati sulle persone e non sui suoli. Ma la conclusione è ancor più paradossale: insieme ai terreni, vincoleremo anche gli agricoltori condannati a proseguire un’attività anche se vogliono cambiare.

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Il Verdicchio, un vino unico

Il Verdicchio deve la sua unicità, rispetto agli altri vini bianchi, perché risulta molto ricco dell’etilestere dell’acido caffeico (etilcaffeato), sostanza fenolica ad azione antiossidante. La scoperta, che è stata fatta conoscere al mondo scientifico nel 2009, è il risultato di ricerche condotte dalla Facoltà di Agraria e quella di Medicina dell’Università Politecnica delle Marche ed ha procurato riconoscimenti a livello internazionale al Prof. N.G. Frega e suoi collaboratori.

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L’Europa non smetta di perseguire la sicurezza alimentare

La nuova riforma della PAC, che pure è stata accompagnata da documenti della Commissione che si sono preoccupati di raccogliere le molte istanze provenienti dal “basso” che hanno evidenziato la necessità di non abbandonare la food security, perno indispensabile di ogni politica agricola, non sembra, in realtà, muoversi in questa direzione, dato che il nuovo progetto di regolamento ha posizioni che non si discostano troppo, sotto questo profilo, da quelli del 2003 e 2009, anzi sembra essere ancora più ambientalista e meno interessato alla produzione.
Invece, l’UE, grande potenza economica, anche se con i piedi politici d’argilla, è nella necessità di praticare una politica agricola che favorisca le eccedenze, considerando almeno tre problemi che colpiscono gli Stati membri, anche se apparentemente non tutti in modo egualmente diretto:
    
1)    la necessità di affermarsi come forza stabilizzante di un pianeta che, fra guerre e lotte intestine a molti stati per il potere, è ben lungi dall’essere in pace;

2)    la necessità di evitare di essere occupata da una massa pacifica, ma irrefrenabile, di disperati che con ogni mezzo cercano di raggiungere territori nei quali non si patisca la fame e la sete;

3)    la necessità di promuovere uno sviluppo interno per dare occupazione ai suoi giovani, in particolare.

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Per la consigliera scientifica dell’UE gli OGM non sono rischiosi

Gli organismi geneticamente modificati non sono più pericolosi dei loro equivalenti convenzionali, ha affermato in una intervista esclusiva a “Euractiv” Anne Glover, la direttrice del Consiglio scientifico della Commissione europea, chiedendo ai paesi che si oppongono all’uso degli OGM di dimostrare la loro dannosità.

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Il mondo è più vicino di quanto non si pensi ad una crisi alimentare

Benvenuti nella nuova geopolitica della scarsezza alimentare. Con l’assottigliarsi delle provviste andiamo verso un’era alimentare, un’epoca, in cui ciascun paese farà per sé.
Dal punto di vista alimentare, il mondo è nei guai. Ma non sembra che i leader politici abbiano colto la portata di quello che sta accadendo.
I progressi nella riduzione della fame degli ultimi dieci anni si sono invertiti. Se non ci muoviamo rapidamente per adottare nuove politiche sulla popolazione, l’energia e l’acqua, l’obiettivo di sradicare la fame resterà tale.
Il tempo sta finendo. Il mondo potrebbe essere molto più vicino a un’ingestibile carenza di cibo - piena di prezzi in aumento, dilaganti disordini per il cibo e definitiva instabilità politica - di quanto la maggior parte delle persone creda.

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Il dilemma shakespeariano sulla scelta transgenica

Nonostante l'argomento sia stato ampiamente dibattuto, riteniamo opportuno qualche sottolineatura perché anche alcune riviste di grande rilevanza scientifica continuano ad ospitare articoli critici sugli organismi transgenici, e quindi sulle piante transgeniche, che hanno avuto una enorme diffusione nel mondo (160 milioni di ha nel 2011).
L'argomento maggiore a favore degli organismi transgenici si basa sulla constatazione che le mutazioni accadono normalmente e spontaneamente in natura. L'uomo usando mutageni chimici o fisici può ulteriormente favorire questi eventi. Le biotecnologie ci possono mettere nella condizione di alterare un singolo paio di basi nella complessa struttura del DNA degli organismi. ...
... nonostante l'intenso lavoro di miglioramento genetico, soprattutto condotto negli ultimi cento anni, ricorrendo anche all'ausilio di radiazioni o di mutanti chimici, non si è mai constatata la presenza di una tossina o di un allergene o comunque di una qualche sostanza che non fosse nota in precedenza. ...
Evidentemente argomentazioni simili a quelle sopra riportate devono essere state alla base della decisione recente della Corte di Giustizia Europea, che ha ingiunto all'Italia di recedere dal proposito di darsi proprie regole per l'approvazione della coltivazione degli organismi transgenici.

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Rischi per l’operatore e per l’ambiente durante i trattamenti nel vigneto

I progressi nella prevenzione dei rischi per i lavoratori e per l'ambiente hanno avuto inizio negli anni '60. Il primo incontro sulla "Meccanizzazione in collina" è stata tenuto dall’ Accademia dei Georgofili nel 1959. Gli altri congressi fondamentali su "La sicurezza in materia di lavori agricoli", sono stati organizzati da ENPI (Ufficio Nazionale per la Prevenzione Infortuni) nel 1966 e 1967. Molte ricerche sono state sviluppate da allora fino ad oggi concentrate su questi aspetti della sicurezza, anche nel settore della viticoltura. Di grande rilevanza sono stati i miglioramenti sul lavoro ottenuti nella viticoltura intensiva, in cui sono state sviluppate soluzioni ed attrezzature innovative in grado di agevolare le operazioni in zone impervie o di difficile accessibilità, consentendo di incrementare i livelli di sicurezza per gli operatori anche in queste attività agricole marginali.
Negli ultimi anni, la necessità di ridurre gli impatti ambientali dell'agricoltura,ha contribuito allo sviluppo di nuove tecnologie per l'ottimizzazione delle colture e la riduzione delle emissioni chimiche. A tal proposito, le recenti norme e regolamenti specifici introdotti per tutte le Nazioni Europee richiedono nuovi approcci di gestione, volti alla salvaguardia della salute dei lavoratori e dell'ambiente.

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La nuova sfida energetica del petrolio

Uno studio di Leonardo Maugeri, ex dirigente ENI, ripreso da George Monbiot sul "Guardian",ha recentemente portato l'attenzione sul fatto che la fine del petrolio non sarebbe vicina. Questo studio contrasta con l'opinione largamente condivisa da molti studiosi ed esperti che invece ritengono che il "picco del petrolio", cioè l'inizio del declino delle riserve mondiali, sia già stato, o sta per essere raggiunto. Che cosa è successo? Che cosa ha portato a questa inversione di tendenza?
La risposta viene dagli investimenti e dai risultati che si stanno ottenendo con l'impiego delle nuove tecnologie nella ricerca del petrolio non convenzionale.
La tecnologia della perforazione orizzontale e della frantumazione idraulica e chimica a cui vengono sottoposti gli scisti di Bakken in Nord Dakota dovrebbe consentire di estrarre petrolio e gas in grande quantità.
Secondo la Energy Information Administration degli USA, quasi la metà del greggio che l'America consuma  entro la fine di questo decennio sarà prodotta in casa. Altri analisti sostengono che entro il 2023 gli Stati Uniti esporteranno più energia di quanto ne importano. La trivellazione orizzontale e il fracking, ma soprattutto gli alti prezzi del barile, stanno rendendo convenienti gli investimenti per questo tipo di estrazione. La produzione in North Dakota è già passata dai 100 mila barili al giorno del 2005 ai 550 mila al giorno del gennaio 2012.

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Vendemmia a rischio per caldo e siccità

“Se non ci saranno piogge nei prossimi giorni – avverte Confagricoltura - gli acini di uva non ingrosseranno e perderanno colore; insomma non matureranno adeguatamente, con il rischio di poca gradazione. Già veniamo da un’annata di basse rese e c’è il rischio che vengano confermate anche quest’anno; chi ha la possibilità mette in conto irrigazioni di soccorso, che comportano oltre tutto aumenti dei costi aziendali."

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Il Ministro Catania presenta iniziativa contro la cementificazione delle campagne

Il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania intende portare a settembre in Consiglio dei Ministri un disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo.
Lo ha annunciato il 24 luglio u.s., in occasione di un'iniziativa da lui promossa ed alla quale hanno preso parte il presidente di Slow Food Carlo Petrini e l'editorialista del Corriere della Sera Sergio Rizzo.
“ Dal 1971 ad oggi - ha ricordato il ministro - sono andati persi circa cinque milioni di ettari di superficie agricola, di cui un milione e mezzo a causa della cementificazione e ancora oggi, ogni giorno,  si perdono 100 ettari. Peraltro - ha aggiunto - ciò accade in un paese in cui il tasso di autoapprovvigionamento alimentare è dell'ordine dell'80 per cento, con il peso dell'import che cresce ed in un quadro in cui i prezzi delle materie prime agricole appaiono in irreversibile aumento".
Per Catania, comunque questa battaglia per la salvaguardia del suolo agricolo va al di là del problema in sé, ma assume il carattere di una "battaglia di civiltà", a favore di un cambio di modello di sviluppo, "che recuperi quello che l'Italia sa fare meglio" e che attiene alla creatività, alla qualità, alla bellezza.
In questo senso, il ministro ha chiesto un ampio sostegno alla sua iniziativa, spiegando che il disegno di legge ha già ricevuto l'appoggio informale di una serie di suoi colleghi di governo, tra cui quello "molto importante" del ministro delle attività produttive Corrado Passera, anche se - ha ammesso - "sono sicuro che ci saranno anche resistenze".

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Uno studio della NASA sui pregi del verde urbano

Lo studio e un "primo passo" verso la quantificazione del ruolo della vegetazione nelle periferie, che sono le aree urbane che crescono più rapidamente negli USA ed in tutti i paesi industrializzati.

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Alla ricerca di una disciplina giuridica del giardino storico: da “verde urbano” a “bene culturale e paesaggistico”

“Uno spazio progettato dall’uomo con finalità in primo luogo, ma comunque non esclusivamente, estetiche a cui si riconosce un interesse pubblico, conferitogli dalle sue caratteristiche artistiche e/o dalla rilevanza storica”. In questi termini il Ministero per i Beni e le attività culturali ci prospetta la nozione di giardino storico che racchiude in sé quella profonda valenza culturale ricorrente nelle definizioni che dello stesso ci offrono la Carta dei Giardini storici, detta anche Carta di Firenze, e la Carta italiana dei giardini storici, documenti non dotati di valenza giuridica, ma che contengono una serie di raccomandazioni mirate alla corretta gestione di questa peculiare tipologia di giardino, sull’onda del rinnovato interesse che quest’ultimo, per lungo tempo degradato a mero verde urbano, nella considerazione dei progettisti e degli urbanisti, ha suscitato a partire dagli anni settanta del secolo scorso.
La valenza culturale del giardino storico conduce il giurista a inquadrare il tema sullo scenario legislativo contemporaneo, in stretta assonanza con quello del paesaggio, alla luce della moderna concezione di quest’ultimo come bene culturale, formalizzata nella Convenzione europea del paesaggio e adottata dal legislatore italiano nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. Codice Urbani).

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Allarme di Catania: “Negli ultimi 30 anni sono stati persi 5 milioni di ettari agricoli su un totale nazionale di 30 milioni”

Il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Mario Catania, intervenendo alla Assemblea A.N.B.I. (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni), che si è svolta a Roma lo scorso 11 luglio, si è dichiarato estremamente preoccupato a riguardo del consumo di suolo agricolo in Italia, pari a circa 100 ettari ogni giorno.
“Si tratta di pura follia, se teniamo a mente che siamo all’80% dell’auto-approvvigionamento alimentare e andando di questo passo rischiamo di bruciare economia, sviluppo e lavoro."

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L’internet delle piante: il progetto PLEASED

“Paura a Ceriale la notte scorsa. Una decina di persone, tra turisti e abitanti della zona ospiti di un campeggio, sono state ricoverate nell'ospedale Santa Maria di Misericordia con forti bruciori agli occhi e alla gola provocati da una nube tossica che si è sprigionata intorno alle 23.30 nella piana tra Albenga e Ceriale, nel savonese.” La Repubblica, 4 settembre 2011.

Immaginiamo uno scenario nel quale, tramite un sistema di comunicazione “vegetale”, sarebbe stato possibile acquisire preventivamente l’informazione trasmessa da pianta a pianta così da evitare tale disastro. Le piante sono spesso considerate come semplici automi non in grado di percepire l’ambiente che le circonda né di comunicare con altre piante o animali. Studi condotti negli ultimi anni hanno però dimostrato che, contrariamente a quanto ritenuto, le piante sono estremamente sensibili e sono in grado di percepire cambiamenti nell’ambiente molto prima rispetto agli animali.

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Il controllo biologico della Psilla dell’Eucalipto

Nell’ultimo biennio, le estese infestazioni dell’esotica Psilla dell’Eucalipto (Glycaspis brimbecombei) hanno destato notevoli preoccupazioni sia in ambienti forestali che nelle aree antropizzate per i fastidi causati dalla pioggia di melata e di follicoli dalla chioma delle piante infestate sui passanti e sulle auto. Allarmati sono gli apicoltori poiché, a seguito degli attacchi, le piante vengono fortemente debilitate e si riducono sia il notevole flusso di nettare sia di polline che assicurano alle api importanti pascoli estivi dai quali le api ottengono abbondanti produzioni di un caratteristico miele. Un ruolo marginale nel contenimento delle infestazioni è svolto dai nemici naturali indigeni rappresentati da Antocoridi predatori e da Vespe mentre le formiche vivono in simbiosi con la psilla produttrice di melata.

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Sequenziato il genoma di Drosophila suzukii

Dopo il sequenziamento del genoma della vite, del melo e della fragola, a San Michele all’Adige è stato raggiunto un altro importante risultato in questo campo. Un team multidisciplinare di ricercatori della Fondazione Edmund Mach ha sequenziato il genoma di Drosophila suzukii, il moscerino che preoccupa da qualche anno i produttori di piccoli frutti in tutto il mondo. Per raggiungere l’obiettivo si è partiti da alcuni insetti raccolti in Valsugana, la zona più importante per la produzione di piccoli frutti in Italia e che ha fronteggiato le conseguenze più gravi dagli attacchi dell’insetto. Sono state utilizzate moderne tecnologie di sequenziamento che rispetto ad un recente passato sono molto più efficaci e di gran lunga meno dispendiose. I dati sono stati depositati in una banca dati internazionale, al fine di condividerli con la comunità scientifica mondiale che si occupa di questa problematica.
Il progetto dei ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele, presentato alla stampa a Trento, con la presenza del presidente della Provincia Lorenzo Dellai e del presidente della Fondazione Edmund Mach, Francesco Salamini, prevede di utilizzare questi dati per chiarire gli ancora numerosi punti oscuri sull’origine dell’insetto ed accelerare la messa a punto di metodi di controllo innovativi, sfruttando anche l’enorme mole di conoscenze prodotte su Drosophila melanogaster, il moscerino dell’aceto, parente stretto di Drosophila suzukii e organismo modello per eccellenza.

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Olivi di Toscana

Tutte le attività agricole produttive, anche le più avanzate - e non solo quelle alimentari - cercano oggi di accreditare i legami fra i prodotti, le tradizioni e i territori di origine, evidenziando le antiche basi culturali sulle quali si sono sviluppate ed affermate le proprie tipicità.
Con questi stessi intenti, i Georgofili hanno pubblicato un volume su “Olivi di Toscana”. Si tratta di una pubblicazione di oltre 300 pagine, realizzata con il sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, della Regione Toscana e della Fondazione Carlo e Giulio Marchi, avvalendosi della collaborazione di 23 Autori, tra i più qualificati Esperti nelle materie riguardanti i singoli capitoli. L’opera illustrata ampiamente l’evoluzione della olivicoltura toscana, attraverso la storia, l’arte, la letteratura, ecc., nonché lo sviluppo delle tecniche colturali, fino all’attualità.

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Un importante contributo al dibattito energetico: le biomasse

Su scala globale l' 81% dell'energia consumata è derivata da combustibili fossili, mentre le energie rinnovabili coprono il rimanente 19% di cui il 6% è rappresentato dal nucleare, ma ben il 10% dai biocarburanti, rappresentati da biodiesel -sostanzialmente derivato da lipidi di soia, colza ed altri semi oleaginosi- e soprattutto da etanolo prodotto usando lieviti in grado di fermentare zuccheri estratti da canna da zucchero, da barbabietola o dall'amido di mais, frumento e cassava. Tutta questa energia ricavata dalle piante rappresenta, a livello mondiale, il 78% delle energie rinnovabili; negli USA a fronte di 522 miliardi di litri di  benzina, si usano 49 miliardi di litri di etanolo. La stima degli autori è che, con gli opportuni miglioramenti, si possa arrivare a soddisfare il 30% della richiesta mondiale del carburante per trasporti, con i biocarburanti prodotti dalle biomasse.

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Biocarburanti: Colza batte Cavolo abissino 1-0

Il Cavolo abissino (Brassica carinata) è stato coltivato per tre anni consecutivi nell’ambito di un progetto dell’Università di Firenze cofinanziato dal MiPAAF sul programma OIGA. Le attività sperimentali, condotte presso un’azienda agricola toscana, hanno permesso di mettere in luce limiti e criticità alla coltivazione di questa specie, originaria dell’Africa orientale, nei nostri ambienti, e di valutarne le performance, rispetto al colza, nella produzione di biomasse per la filiera dei biocarburanti.
I risultati evidenziano una scarsa vocazionalità del pedo-clima locale. Difficoltà sono state riscontrate nell’individuazione dell’adeguato periodo di semina: la B. carinata ha mostrato una particolare vulnerabilità nel corso delle prime fasi di germinazione e ingrossamento delle silique e di richiedere pertanto un’ attenta preparazione del letto di semina.

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Arboricoltura urbana: le nuove sfide

Piantare alberi è uno dei presupposti di gran parte dei programmi di miglioramento ambientale delle principali istituzioni nazionali e internazionali che si occupano di ambiente e, nel presente scenario di cambiamenti globali (non solo climatici), la scelta delle piante da inserire nelle aree verdi delle nostre città non può e non deve avvenire solo su basi estetiche o limitando la scelta alle sole specie indigene, ma deve tener conto del potenziale "contributo" ambientale che le specie che saranno messe a dimora potranno apportare.
Appare necessario che questa scelta debba essere basata su altri parametri come la quota d’inquinanti rimossi dalla vegetazione, il miglioramento della qualità dell’aria, l’emissione oraria e giornaliera dei composti organici volatili da parte della pianta e il relativo impatto sulla genesi di ozono e di monossido di carbonio annuali, l’ammontare totale del carbonio organicato al netto della respirazione e dell’emissione di composti organici volatili, l’effetto del bosco urbano sull’efficienza energetica nella zona confinante, la produzione di polline e allergeni, l’evapotraspirazione e la conseguente modifica del microclima. Tutto questo deve sempre tener conto del principio “albero giusto al posto giusto”, poiché non è sufficiente che gli alberi sopravvivano, ma che abbiano elevati tassi di crescita e, conseguentemente, elevati tassi di sequestro di CO2 e di abbattimento degli inquinanti.

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