Notiziario













Il metano ti dà una mano

“Il metano ti dà una mano” era lo slogan pubblicitario di qualche tempo fa, che ci invitava a consumare il metano come fonte energetica, in quanto il meno inquinante fra i combustibili fossili e non fossili. Ma c’è chi, oggi, punta l’indice contro il metano se prodotto dall’apparato digerente degli animali erbivori a partire dalla componente alimentare fibrosa o prodotto dalle fermentazioni vegetali nelle acque delle coltivazioni del riso e rilasciato in atmosfera. Onestamente, il contributo alla diminuzione della concentrazione di gas serra in atmosfera che può venire dalla regolamentazione delle attività agricole appare modesto rispetto a quanto si possa ottenere ponendo un freno all’uso di combustibili fossili nelle centrali elettriche, nella climatizzazione degli ambienti e nei trasporti terrestri ed aerei.

Leggi


TUFF e pianificazione forestale

Il d.lgs. 3 aprile 2018, n. 34 (testo unico in materia di foreste e filiere forestali, TUFF) costituisce la legge quadro di indirizzo e coordinamento in materia di gestione del bosco, le cui finalità sono volte a: “migliorare il potenziale protettivo e produttivo delle risorse forestali del Paese e lo sviluppo delle filiere locali a esso collegate, valorizzando il ruolo fondamentale della selvicoltura e ponendo l’interesse pubblico come limite all’interesse privato”.

Leggi


Arrivederci, non addio, Gran Bretagna

Dal 23 giugno 2016, il giorno del referendum sull’uscita della Gran Bretagna (UK) dall’Ue, al 31 dicembre 2020 sono trascorsi quattro anni  e mezzo. Tanto è stato necessario perché si potesse giungere ad un accordo sulle regole che governeranno d’ora in poi i rapporti fra le Parti.
La separazione è avvenuta in due tempi: a fine 2019, con la firma di un Trattato internazionale che definisce le modalità dell’uscita dell’UK dall’Ue e, a fine 2020, con un Accordo commerciale e di cooperazione  entrato in vigore il 1° gennaio 2021 in via provvisoria, in attesa delle necessarie ratifiche. L’Accordo regola tutti gli aspetti concreti della separazione ed è costituito da un volume di oltre 1200 pagine.
Per arrivare alla conclusione le Parti hanno compiuto un defatigante lavoro che, ancora ai primi di dicembre, sembrava sul punto di naufragare per alcune “divergenze significative”che sembravano insanabili. I punti aperti erano tre: le condizioni per una competizione leale negli scambi fra le Parti, le modalità per dirimere contrasti che sorgessero fra di esse e le regole per i diritti di pesca. Come in ogni trattativa, fino all’ultimo il risultato è rimasto in sospeso e ha richiesto passaggi clamorosi come i decisivi contatti diretti fra il premier inglese Boris Johnson e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. L’Accordo è stato raggiunto con una volata finale alla vigilia di Natale: il Parlamento inglese l’ha approvato il 27 dicembre, quello europeo il 29 e il Consiglio dei Ministri Ue il 31.
Nonostante i sussulti finali, le questioni in discussione ai primi di dicembre lasciavano intendere che il traguardo fosse in vista. Considerando che l’interscambio totale  fra UK e Ue vale circa 660 miliardi di euro all’anno e i diritti di pesca in acque inglesi 650 milioni, si comprende come non potesse essere un ostacolo insormontabile.

Leggi


Genome editing: un nuovo modo di approcciare l’argomento

Il genome editing, che potremmo tradurre, in ambito agrario, con tecnologia per l’evoluzione assistita (TEA) è una tecnica rivoluzionaria che permette di agire a livello del DNA  facendogli  esprimere delle nuove funzioni ritenute positive per l’uomo, per un animale, per una pianta, per un microorganismo. Nel regno vegetale questa tecnica ha permesso di ottenere piante di interesse agrario, che resistono a malattie, siccità, ecc., ma questa nuova biotecnologia  non è ammessa ovunque. Nell’UE per esempio  il genome editing è assimilato (vedi decisione della Corte di Giustizia europea del 25 luglio 2018) a quelle tecniche con le quali si ottengono gli organismi geneticamente modificati (OGM), che sono di fatto proibiti alla coltivazione. Da un punto di vista scientifico l’ equiparazione tra  genome editing e OGM non è corretta;  gli organismi pubblici, nazionali ed europei però stanno cambiando idea e probabilmente sarà possibile anche in Europa poter sperimentare in campo, e poi coltivare, piante (la vite per esempio) che siano state rese più resistenti a vari fattori di stress biotico  e abiotico: questo nuovo individuo, nel caso della vite, sarà considerato (probabilmente) un clone di quel vitigno, per cui la piattaforma ampelografica di una certa denominazione non cambierà; questo intervento infatti  simula quanto la natura fa normalmente in pieno campo da millenni e che viene valorizzato mediante la selezione clonale.  Il cambio di visione della Commissione europea (da ostile a positiva) è riscontrabile anche dal fatto che il genome editing è stato inserito nella strategia “From Farm to Fork” come strumento  per realizzare gli obiettivi di sostenibilità tracciati dal Green Deal. Le prospettive sono quindi positive, ma per renderle concrete  e utili i paradigmi scientifici da soli non bastano; bisogna infatti  che queste nuove tecnologie si sviluppino all’interno di  una “governance” condivisa (a livello internazionale) non solo dalla comunità scientifica, ma anche dalla società, perché solo così l’innovazione porterà vantaggi a tutti gli attori delle varie  filiere agroalimentari, dai produttori ai  consumatori.

Leggi








Un dittero predatore dell’Afide dei cedri

In alcune località delle pendici orientali dell’Etna, le favorevoli condizioni climatiche, riducendo la mortalità invernale delle uova, hanno creato i presupposti per le attuali pullulazioni del pernicioso afide Cinara cedri, che forma dense colonie a manicotto sui rami di 1-5 cm delle pinacee Cedrus atlantica, C. deodora e C. libani.  La presenza dell’afide è denunziata dall’abbondante melata, che in parte cade al suolo, sulla quale si insedia la fumaggine; la melata attrae numerose specie di formiche che proteggono l’afide dai predatori.

Leggi



Cucina, la scoperta dell’acqua calda

Il detto “scoprire l’acqua calda” indica qualcosa di scontato e indirettamente sottintende che un’altra scoperta, quella del fuoco, sia stata più importante per l’umanità, ma tutto questo è messo in dubbio dalle ricerche di Ainara Sistiaga e collaboratori secondo la quale gli ominidi che hanno preceduto la nostra specie, circa un milione e settecentomila anni fa, avrebbero potuto utilizzare le acque calde di sorgenti termali per modificare gli alimenti, quindi cucinare (Sistiaga A., Husain F., Uribelarrea D., Martín-Perea D. M. et alii - Microbial biomarkers reveal a hydrothermally active landscape at Olduvai Gorge at the dawn of the Acheulean, 1.7 Ma – PNAS, October 6, 2020, 117 (40) 24720-24728). In base a queste ricerche è oggi messa in dubbio l’idea che la cucina sia iniziata quando l’uomo impara a cuocere la carne e i vegetali sul fuoco e la conoscenza e l’uso dell’acqua calda geotermica in cucina avrebbe quindi preceduto il fuoco nell’evoluzione umana. Ancora oggi una cucina geotermica è tradizionale in Islanda dove queste acque calde sono molto diffuse, anche i Maori della Nuova Zelanda da tempo immemorabile utilizzano le acque di sorgenti geotermiche per cucinare la carne e nelle Azzorre vi è uno stufato di cozido riscaldato con acque vulcaniche. Ovviamente non è possibile stabilire come questo sia avvenuto e ad opera di chi, ma non è da escludere che la prima cottura di un cibo in un’acqua calda termale sia stato eseguito da una giovane femmina di ominide. Un’ipotesi fantascientifica? Non tanto dopo le scoperte che all’inizio degli anni cinquanta sono state fatte sulle scimmie dell’isola di Koshima.

Leggi


Pensieri per il futuro prossimo venturo (parte II): un Green New Deal sarà un buon affare!

Coloro che sostengono che il costo delle azioni per contrastare gli effetti del cambiamento climatico è troppo elevato probabilmente non conoscono o non vogliono conoscere il reale bilancio economico delle operazioni. Guardano al costo presente e non guardano all’enorme guadagno futuro. Un rapporto recente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che "l'onere sulla salute delle fonti energetiche inquinanti è ormai così alto che il passaggio a scelte più pulite e più sostenibili per l'approvvigionamento energetico, dei trasporti e sistemi alimentari è efficace e sostenibile di per sé stesso."
Non dobbiamo dunque scegliere tra il presente e il futuro. I giusti investimenti nell'azione per il clima possono migliorare la salute pubblica, creare posti di lavoro e migliorare la qualità della vita nelle nostre città oggi. Ma per rendere reali questi benefici, dovremo pensare e agire in modo diverso.
In primo luogo, per ottenere il massimo beneficio dagli investimenti sul clima, le risorse e l'autorità decisionale devono fluire verso le aree e le persone che sono maggiormente a rischio climatico. Queste comunità "di prima linea", che sono state spesso escluse dalle precedenti realizzazioni di infrastrutture, meritano una prima e ultima parola nel plasmare il loro futuro. E al fine di raggiungere gli obiettivi climatici, virtualmente ogni casa, quartiere e azienda dovrà essere aggiornato e connesso alla nuova infrastruttura. I leader locali responsabilizzati saranno fondamentali per conseguire tale obiettivo.

Leggi








La scelta dell’albero di Natale

Ogni anno a Natale si ripropone il consueto dibattito sull’impatto ambientale dell’albero di Natale naturale o artificiale e su quale sia la scelta più responsabile in termini ambientali e sociali. Tale dibattito vede argomentazioni razionali sia da un lato che dall’altro.
Di seguito si elencano alcune argomentazioni favorevoli all’albero di Natale naturale:
    • Non è prelevato in foresta, ma viene coltivato in terreni montani marginali che in caso contrario sarebbero semplicemente abbandonati. L’acquisto di un albero di Natale naturale non ha dunque nessun impatto sulle dinamiche delle foreste.
    • E’ una coltura che prevede pochi interventi in campo, poche concimazioni, pochi trattamenti. E’ dunque una coltivazione molto semplice che usa poca energia e che ha basso impatto sull’ambiente.
    • Viene coltivato in zone relativamente vicine alle zone di commercializzazione.
    • La coltivazione viene praticata, spesso assieme ad altre colture come patate e mele, da piccole aziende che sono un patrimonio importante per l’economia delle zone montane. Queste coltivazioni forniscono un’importante fonte di reddito in zone con continua tendenza allo spopolamento.
    • L’albero naturale, come tutti gli esseri viventi, è composto in gran parte da carbonio. Tale carbonio deriva dalla fissazione dell’anidride carbonica atmosferica attraverso la fotosintesi clorofilliana e per questo si chiama biogenico. Il carbonio biogenico, è considerato neutrale nell’ambito delle emissioni di carbonio perché proveniente dall’atmosfera e non da altri serbatoi (ad esempio il sottosuolo come nel caso dei prodotti petroliferi).
Alcune argomentazioni sfavorevoli all’albero di Natale naturale sono:
    • Essendo un essere vivente è complesso tenerlo in vita per riutilizzarlo, soprattutto in un contesto urbano con clima relativamente caldo.
L’albero di Natale artificiale invece ha un profilo completamente diverso che comunque presenta le seguenti argomentazioni a favore:
    • E’ estremamente facile da riutilizzare e può essere conservato anche per molti anni.
A queste argomentazioni favorevoli si oppongono tuttavia alcune argomentazioni sfavorevoli.
    • E prevalentemente fatto in acciaio e PVC (o altre materie plastiche) che derivano da processi estrattivi e lavorazioni industriali con elevato impatto sull’ambiente (materie prime non rinnovabili).
    • Viene fabbricato in contesti industriali esteri e poi trasportato presso la rete di distribuzione e vendita.

Al fine di valutare tutti questi aspetti in maniera scientifica e poter dunque paragonare gli impatti ambientali dell’uno o dell’altro, presso l’Università di Firenze è in corso una ricerca di analisi del ciclo di vita dell’albero naturale e artificiale.

Leggi


Le vendite di antibiotici per uso veterinario stanno calando significativamente

Un recente rapporto dell’EMA (European Medicines Agency) informa di un significativo declino nella vendita di antibiotici per uso veterinario in tutta Europa, negli ultimi dieci anni. A questo proposito, Ivo Claassen, direttore della Divisione Farmaci per uso veterinario dell’EMA, osserva che le linee guida europee e nazionali delle campagne che promuovono l’uso prudente di antibiotici negli animali stanno avendo effetti positivi e rappresentano la strada giusta per combattere la resistenza microbica acquisita agli antibiotici.

Leggi


Pensieri per il futuro prossimo venturo: serve un nuovo approccio “verde”

Lo scorso anno scrissi questo articolo che oggi rivedo completamente alla luce di quanto è accaduto nel 2020.
Gli ultimi anni sono stati e sono tuttora pieni di notizie allarmanti sul clima. Già nel 2018 il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), ci aveva detto che abbiamo una decina di anni per dimezzare le emissioni di carbonio ed evitare cambiamenti climatici catastrofici. Nonostante gli allarmi lanciati a più riprese, le emissioni di carbonio sono di nuovo nella direzione sbagliata, dopo alcuni anni di livellamento. Neanche la crisi globale determinata dal COVID-19 ha, se non invertito, almeno rallentato la tendenza.

Leggi


Un valido libro sulla canapa

Anche nel vasto campo della pubblicistica concernente gli aspetti più diversi dell'attività agricola si annoverano autori di vario talento e impegno. Facendo attenzione alle varie iniziative editoriali si riscontrano differenze di stile, di scrupolosità, di rigore tecnico-scientifico, di attenzione alla forma divulgativa, di sensibilità agli aspetti storici o, viceversa, di esclusiva proiezione verso il futuro, tanto per citare alcune prerogative apprezzabili. Sono disponibili per la nostra lettura molti validi libri; è comunque raro reperire un testo che abbia saputo rispondere a gran parte delle esigenze sopra elencate.
Un libro che riassume, a mio parere, le diverse caratteristiche ricordate e altre, non menzionate, ma analogamente rilevanti, è  "La Canapa. Miglioramento genetico, sostenibilità, utilizzi, normativa di riferimento" curato, per i tipi di Edagricole, da parte di Paolo Ranalli (v. Georgofili Info, http://www.georgofili.info/contenuti/la-canapa-miglioramento-genetico-sostenibilit-utilizzi-normativa-di-riferimento/15342).
Ranalli, oltre a scrivere 4 importanti articoli dei 15 che compongono il testo, è stato anche l'ideatore e l'organizzatore del medesimo, lasciando che vari collaboratori si assumessero l'onere di descrivere le parti di loro competenza. Viene offerto, in tal modo, un volume completo sull'argomento.

Leggi







Cavitazione, embolia, tillosi nelle piante agrarie e forestali: cause, conseguenze e possibili rimedi

Secondo Carbonneau (2007), il flusso della linfa grezza è, in linea generale, estremamente sensibile alle variazioni brusche della pressione intravascolare conseguente ad un aumento della richiesta idrica atmosferica; ciò può provocare la formazione di bolle di aria nei vasi dello xilema (cavitazione). La rottura della corrente linfatica, causata da queste bolle, può causare il blocco completo della circolazione (embolia). Temperature elevate e bassa igrometria conducono ad un incremento dell’evapotraspirazione con conseguente depressione del sistema circolatorio e formazione di tille.

Leggi


Gli insetti nella Divina Commedia

La Divina Commedia, è popolata da personaggi reali e mitologici sui quali Dante esprime, o sottintende, giudizi di assoluzione o di condanna, assegnando loro una determinata collocazione. In tale contesto i numerosi riferimenti agli animali assumono, soprattutto, la forma della similitudine, e sono la testimonianza delle conoscenze zoologiche del Poeta. Numerosi sono gli uccelli, i rettili, i pesci e gli artropodi; fra quest’ultimi oltre allo scorpion, cui somiglia la coda di Gerione, sono citati alcuni insetti: api, farfalle, formiche, locuste lucciole, mosche, mosconi, pulci, tafani, vermi, vespe e zanzare.

Leggi


Il ginko non invecchia ... e non fa invecchiare

È noto che il Ginkgo può essere utilissimo per i problemi al sistema circolatorio, per controllare il peso corporeo e per i problemi legati alla concentrazione, avendo effetti positivi sulla memoria e sull'apprendimento.
Meno noti sono invece i meccanismi che rendono questa specie così longeva. L'invecchiamento è, infatti, una proprietà universale degli organismi multicellulari. Sebbene alcune specie di alberi possano vivere per secoli o millenni, i meccanismi molecolari e metabolici alla base della loro longevità non sono chiari.
Un lavoro pubblicato lo scorso gennaio e rimbalzato anche dalla stampa nazionale, ha identificato il “segreto” del ginkgo che gli permette di vivere per più di 1.000 anni. Lo studio ha evidenziato che l'albero produce sostanze chimiche protettive che gli conferiscono resistenza alle malattie e tolleranza alla siccità. E, a differenza di molte altre piante, i suoi geni non sono programmati per innescare un declino inesorabile dopo che ha raggiunto la maturità.
Il ginkgo è una pianta relativamente comune nei parchi e nei giardini di tutto il mondo ma, nonostante la sua elevatissima resilienza, è sull'orlo dell'estinzione in natura a causa del disboscamento delle popolazioni spontanee confinate sul monte Xitianmu nello Zhejiang, in Cina.
I due gruppi di ricercatori, negli Stati Uniti e in Cina, hanno studiato alberi di ginkgo di età compresa tra 15 e 667 anni, estraendo gli anelli degli alberi e analizzando cellule, corteccia, foglie e semi e hanno mostrato che alberi giovani e vecchi producono sostanze chimiche protettive per combattere lo stress causato da agenti patogeni o da fattori abiotici come la siccità.

Leggi


Pane composto "per tornagusto e delizia"

“Un pane nella composizione del quale entri zucchero, droghe, burro, latte, uova, frutti preparati, e simili cose che lo rendono dolce, o molto saporito, non è praticato che per delizia, tornagusto, e lusso, essendo in primo luogo troppo dispendioso per farne un uso continovo; secondariamente mangiandolo solo, e mangiandone a sazietà, non riuscirebbe sano, ma incomoderebbe, e sturberebbe lo stomaco”.
Con queste parole Saverio Manetti apriva una lunga enucleazione delle varietà del cosiddetto “pane composto”, che costituisce materia dell’Articolo VI del suo corposo trattato Delle specie diverse di frumento e di pane siccome della panizzazione (1765).
Prossimi alle festività natalizie gli scaffali dei negozi e supermercati abbondano di leccornie e dolci, molti dei quali tipici di questo periodo e di antica storia; anche Manetti ne trattava, soffermandosi in particolare sugli ingredienti necessari alla loro preparazione: uova, birra, burro, latte, zucchero, scorze di cedri e agrumi canditi, “le droghe tutte ma particolarmente il pepe, la cannella, e la noce moscada”, uve passe, croco, semi di coriandolo, carvì, comino, finocchio, uva fresca, fichi secchi, mandorle, nocciuole, pistacchi, noci.
“Molte di queste insieme unite, e diversamente per la dose combinate, entrano in quella sorte di pane che da noi si chiama Pane impepato”: ottimo quello prodotto a Siena, ma altrettanto noto per la sua bontà quello di Buonconvento: “un tal pane è di gusto squisito, ma caloroso assai a motivo delle molte droghe che si fanno entrare nella sua pasta”.
Se ne produceva “del simile” anche a Firenze, ma di qualità assai inferiore a quello di Siena e del suo territorio; tre le qualità, annotava Manetti: la sopraffina, la mezzana e l’inferiore. La prima, chiamata pane aromatico o pane di spezierie, oltre a prevedere ingredienti di miglior qualità, veniva impastata con zucchero bollito e chiarito e coperta con una pasta di marzapane “in varie fogge lavorata” e ghiacciata con zucchero. La mezzana era lavorata “più dozzinalmente” e nella sua preparazione entravano ingredienti non molto scelti, impastati semplicemente con miele, farina, uve passe e droghe. Infine l’inferiore: “l’inferiore … non ha per il solito nel suo impasto che pepe, noci, fichi secchi, e farina di grano, lasciatovi tutto o in gran parte il tritello, e impastato con miele, e questo … si dice in Firenze Pan forte.

Leggi



I Diaspini della “Corona di Cristo”: Euphorbia milii

L’Euforbiacea Euphorbia milii è un arbusto spinoso sempreverde, originario del Madagascar che, nell’Italia meridionale, da tempo immemorabile è apprezzato come pianta ornamentale da giardino e da interno. Il nome comune di "Corona di Cristo", fa riferimento alla presenza di spine, che possono raggiungere i 5 cm, e di brattee fiorali di colore rosso che evocano le gocce di sangue. Recentemente, su piante di E. milii, coltivate in vaso, nel centro urbano di Catania, è stata riscontrata la presenza di tre polifaghe specie di Diaspini: Chrysomphalus dictyospermi, C. aonidum ed Hemiberlesia cyanophylli.



Leggi


Uomini e animali che amano il caffè

Come avviene per molte piante, la drupa è un buon cibo per diversi animali attratti anche dal colore, che si nutrono della parte esterna e che con processi digestivi liberano i semi che sono eliminati con le feci e deposti in luoghi lontani favorendo la disseminazione della pianta. Da qui una simbiosi vantaggiosa tra pianta e animale.
Tra i molti animali che si nutrono delle bacche del caffè vi sono gli zibetti dell’Indonesia (Paradoxurus hermaphroditus) simili a un gatto o a una civetta, gli uccelli erbivori o Jacu, originari del Sud America e diffusi nello stato brasiliano di Espírito Santo, presenti nelle piantagioni di caffè all'ombra di alberi ad alto fusto e che si ciba dei frutti di caffè maturi, gli elefanti della Thailandia e è noto che questi animali con le feci eliminano i chicchi del caffè nei quali gli enzimi digestivi modificano la struttura delle proteine dei chicchi rimuovendo parte dell'acidità e rendendo l’infuso di caffè più liscio e quindi di maggior valore. Recentemente a questi animali si sono aggiunte talune specie di formiche. Dai chicchi di caffè mangiati dagli animali e poi espulsi con le loro feci si ottengono caffè di particolare pregio.

Leggi


2020, annata di bassa produzione di olive al Centro-Sud Italia: dipende dal clima?

La produzione 2020 di olio d’oliva italiano potrebbe attestarsi, secondo le prime stime, sulle 235.000 tonnellate, circa il 36% in meno rispetto all’annata 2019. Il Meridione sembra avere le maggiori decurtazioni produttive con un -51% in Puglia. L’andamento negativo viene genericamente riferito all’alternanza di produzione. Nell'olivo, la differenza di resa tra gli anni "di carica" e quelli “di scarica" può raggiungere anche 20 t ha −1 (Lavee 2007).
Sembra interessante, però,  analizzare le possibili interazioni tra il fabbisogno in ore di freddo e le rese  produttive, anche alla luce delle frequenti “bizzarrie” climatiche.

Leggi


Pronto il sistema unificato di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola

Il concetto di sostenibilità risale   agli anni settanta del secolo scorso quando il MIT  di Boston condusse uno studio relativo ai fattori critici che avrebbero condizionato  l’evoluzione della società, dal titolo ”I limiti dello sviluppo”(1972). La prima definizione universalmente accettata di sviluppo sostenibile è del 1987, fornita dalla Commissione Bruntland (Commissione per l’Ambiente e lo Sviluppo dell’ONU), che recita: “Sviluppo sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Recentemente le Nazioni Unite hanno ridefinito lo sviluppo sostenibile nell’antropocene  come: “ Sviluppo che incontra le necessità dal presente mentre salvaguarda il sistema di supporto della vita sulla terra, dal quale dipende il benessere della generazione presente e delle future”.  La definizione di sviluppo sostenibile testè indicata è il risultato dell’interazione tra aspetti sociali, economici e ambientali. Sono 6 i grandi   obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) da raggiungersi entro il 2030, e precisamente:
    • Supportare il benessere e l’occupazione
    • Perseguire la sicurezza alimentare (nel senso di disponibilità di cibo per tutti)   in modo sostenibile
    • Perseguire la sicurezza idrica (nel senso di accesso all’acqua per tutti) in modo sostenibile
    • Utilizzare fonti energetiche pulite a livello globale
    • Favorire ecosistemi salubri e produttivi
    • Favorire la governance di società sostenibili

Questi elementi in pratica coniugano  le necessità della società con quelle del nostro pianeta; si tratta di  azioni  dettate dalla  coscienza della comunità internazionale  di porre argine ai mali del pianeta e dei suoi abitanti. Questi obiettivi sono propri anche della sfera religiosa, basti pensare  alla recente enciclica “Laudato Si’ “ (2015) di Papa Francesco che inserisce però la tematica in una più ampia prospettiva di cambiamento delle strutture economiche vigenti, di cui si è discusso anche nel recente evento “The Economy of Francesco” (19-21 novembre u.s.).  
Quindi tutte le attività umane potrebbero trarre vantaggio dall’approccio sostenibile  che, declinato a livello di singola impresa, dovrebbe consentire uno sviluppo armonico della componente economica, ambientale e  sociale.  L’obiettivo comunque è che, pur partendo dal particolare, si arrivi a un territorio sostenibile sempre più ampio, e che il concetto di sostenibilità  possa in futuro diventare un prerequisito  di qualsiasi attività produttiva.

Leggi