Notiziario

No, agricoltura e allevamenti non consumano un’Italia e mezza all’anno

Non ci saremmo occupati di una analisi pubblicata su un blog senza essere passata al vaglio della comunità scientifica, se non fosse balzata alle cronache nazionali veicolato dall’ormai onnipresente Greenpeace (si veda l’articolo: https://espresso.repubblica.it/inchieste/2020/10/15/news/agricoltura-e-allevamenti-non-sono-sostenibili-ogni-anno-consumano-un-italia-e-mezza-1.354532).
Ma è bene farlo, sempre nell’ottica di contrastare una disinformazione dilagante.

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Ripensare le città attorno agli alberi

Sono passati 25 anni da quando il futurologo George Gilder sentenziò: “…Le città sono un avanzo lasciatoci dall’era industriale”. Analizzando le potenzialità di Internet (che si stava rapidamente diffondendo, anche se era ancora limitata a una piccola percentuale della popolazione mondiale) Gilder riteneva che la Rete avrebbe annullato le distanze rendendo obsolete le città. La storia degli ultimi anni ha invece mostrato una tendenza opposta: i grandi agglomerati urbani sono cresciuti e stanno crescendo in modo talvolta incontrollabile. Di conseguenza una porzione sempre maggiore della popolazione si sta spostando nelle grandi città del pianeta. Internet non ha svuotato di senso le città, anzi le tecnologie digitali hanno invaso le strade e i quartieri arricchendoli di nuovi servizi e creando un nuovo modo di vivere i centri abitati in cui il verde dovrà essere l’attore principale e non venire relegato a ruoli da comparsa.
Occorre, quindi, agire velocemente per questo nuovo “urbanismo verde” (Green Urbanism). Negli ultimi trentacinque anni circa, è emerso un dibattito internazionale sulla teoria delle eco-città e si è sviluppato un campo di ricerca rilevante sul futuro dell’urbanistica e della città stessa che è, per definizione, interdisciplinare; richiede la collaborazione di paesaggisti, agronomi e forestali, ingegneri, urbanisti, ecologi, pianificatori dei trasporti, fisici, psicologi, sociologi, economisti e altri specialisti, sulla base della specificità dei luoghi. Alla base di questo approccio c’è lo sforzo per ridurre al minimo l’uso di energia, acqua e materiali in ogni fase del ciclo di vita della città o del distretto, massimizzandone efficienza ed efficacia, inclusa l’energia incorporata nell’estrazione e nel trasporto dei materiali, la loro fabbricazione, il loro assemblaggio negli edifici e, infine, la facilità e il valore del loro riciclaggio quando la vita di un singolo edificio è finita.
Però non abbiamo molto tempo ed è necessario bilanciare la velocità del processo decisionale (in genere lento) con la necessità di agire in tempi relativamente brevi e affrontare questioni molto difficili. Quali sono gli aspetti della società che dovrebbero essere maggiormente considerati? Cosa è giusto ed equo? Chi saranno coloro i cui interessi saranno soddisfatti prima?
In queste città del futuro la conservazione degli spazi verdi attuali e la progettazione di nuovi avranno un ruolo vitale per migliorare, ad esempio, la gestione delle precipitazioni (sempre più concentrate e caratterizzate da violenti episodi) e la qualità dell’aria. Dovranno anche aiutare a combattere l’effetto isola di calore urbana e a migliorare la salute.

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Diffusi ingiallimenti fogliari nell’olivicoltura italiana

Dal punto di vista fitopatologico l’olivo risulta interessato da una significativa e complessa varietà di specie dannose. Un’analisi recente (J. Del Morale De La Vega; J. Del Moral Martinez, 2018) descrive più 345 artropodi e microrganismi interessanti la coltura.
Negli ultimi anni, nei diversi areali olivicoli  italiani, sono sempre più numerose le segnalazioni di diffusi ingiallimenti fogliari, spesso non riconducibili ad agenti patogeni. Di seguito si analizzano le possibili cause, evidenziando, in molti casi, l’origine abiotica del fenomeno.

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A tavola con Michelangelo

Nell’anno 1518 Michelangelo Buonarroti è a Firenze impegnato per il progetto per la facciata della basilica di San Lorenzo e nel retro di una lettera oggi conservata a Firenze nel Museo Casa Buonarroti Michelangelo e datata 18 marzo, in periodo di quaresima, scrive tre menù di magro corredandoli di schizzi illustrativi.

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Avversità climatiche: una lotta impari per gli agricoltori

Che le produzioni agricole siano sempre state condizionate dagli andamenti climatici è noto fin da che modo è mondo ed è tanto più vero ora in virtù dei cambiamenti climatici in atto che si possono sintetizzare, in estrema sintesi, con l’alternarsi di periodi piovosi con precipitazioni che tendono a intensificarsi (violenti nubifragi) e a distribuirsi su un numero minore di giorni e di lunghi periodi di siccità.
Gli effetti più drammatici di queste anomalie climatiche finiscono per aggravare proprio la situazione di quei settori produttivi più in difficoltà come, ad esempio, l’olivicoltura che proprio in questo periodo ci si appresta alla raccolta delle olive, con un certo anticipo rispetto alla tradizione, un po' per scelta per ottenere un prodotto migliore, un po' per la naturale anticipazione della maturazione in seguito ai cambiamenti climatici, appunto.

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Chiamare carne, hamburger e salsicce prodotti di origine vegetale è circonvenzione di consumatore?

Se è vero che l’abito non fa il monaco, è altrettanto vero che se incontro per strada qualcuno vestito da monaco penso che lo sia veramente. E sono portato a crederlo anche se sulla tonaca esibisce un cartellino con su scritto in piccolo “bada che non sono un monaco”. Su questo banale principio di saggezza comune si è basata la battaglia che l’associazione europea degli allevatori ha portato in Parlamento Europeo per la corretta etichettatura dei prodotti simil-carne a base vegetale. Il 23 ottobre scorso il supremo organo collegiale dell’Unione si è espresso con voto non vincolante sulla denominazione di carne e derivati (hamburger, salami, ecc..) di prodotti di origine vegetale.  L’iniziativa è nata sulla scorta di una decisione della Corte di Giustizia Europea che nel giugno 2017, con sentenza sulla causa C-422/16, aveva rilevato che “i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come «latte», «crema di latteo panna», «burro», «formaggio» e «yogurt», che il diritto dell’Unione (Regolamento UE n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre   2013, recante organizzazione comune  dei  mercati  dei  prodotti  agricoli) riserva ai prodotti di origine animale. Ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione, salvo le eccezioni  espressamente  previste”.
Gli emendamenti al Reg. 1308/2013 (https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:347:0671:0854:it:PDF ) sottoposti al vaglio del Consiglio erano tre: a) il 165, che prevedeva la prescrizione per cui i “nomi che rientrano nell'articolo 17 del Regolamento (UE) n. 1169/2011 e che sono attualmente utilizzati per prodotti con basi e preparazioni di carne sono riservati esclusivamente a prodotti contenenti carne, in particolare nel caso delle denominazioni bistecca, salsiccia, cotoletta,  hamburger e burger”; b) il 264, che recitava “i nomi così come i termini e denominazioni di vendita relativi a carni che vengono utilizzati per denotare carni, tagli di carne e prodotti a base di carne secondo Articolo 17 del regolamento (UE) nº 1169/2011 sono riservati esclusivamente alle parti commestibili di animali e ai prodotti contenenti carne”; c) il 275, che proponeva la sostituzione integrale dell’art. 78 del reg. 1308/2013, introducendo il dettato per cui “oltre agli standard di marketing applicabili, se del caso, le definizioni tagli e tagli di vendita di cui all'allegato VII si applicano a settori o prodotti carne bovina, carni ovine, vino, latte e prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano, carne di pollame,  uova, grassi da spalmare destinati consumo umano, olio d'oliva e olive da tavola, carne di maiale, carne di capra, carne di cavallo,  carne di coniglio”.
Dopo due giorni di intensa discussione, i tre emendamenti sono stati respinti con le seguenti votazioni: 165, 379 contro / 284 a favore; 264, 399 contro / 243 a favore-; 275, 524 contro/110 a favore.

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L'Accademia per il post COVID19 (e per gli agricoltori)

Sono trascorsi sei mesi da quando l'Accademia ha deciso di avviare un servizio per gli agricoltori, in particolare per quelli le cui aziende sono di dimensioni classificate come piccole e medie, nel difficile periodo del "post Covid19" segnato da emergenze di varia natura. L'agricoltura era stata esonerata, per ovvie ragioni, dal blocco delle attività produttive nel periodo Marzo-Maggio del corrente anno, ma, come  risulta in tutti i rapporti sulla agricoltura italiana, necessitava - e necessita - di una forte spinta innovativa affinché riesca a superare il doppio ostacolo della critica situazione socio-economica e di quella ambientale.
Il Presidente dell'Accademia dei Georgofili, a seguito dell'impossibilità di continuare la notevole attività convegnistica dell'Accademia, ebbe l'accortezza di avviare un programma di informazioni on-line sul sito dell'Accademia - chiamato "Antologia" - specificamente mirato alla diffusione di innovazioni, messe a punto nei vari centri di studio e immediatamente disponibili per la pratica applicazione. Si è trattato normalmente di brevi (2-5 pagine) ma esaurienti descrizioni delle proposte.
Parallelamente si dava vita ad un'altra iniziativa - chiamata "Altri contributi" - che inseriva, nel sito, documenti di maggiore estensione tendenti a fare il punto su aspetti fondamentali dell'agricoltura.  
Questa idea si basava sulla fiducia che vari colleghi, sparsi in centri di ricerca italiani appartenenti a varie Amministrazioni e a maggioranza Accademici, si rendessero disponibili per questo lavoro. Per l'arduo periodo che l'Italia stava attraversando, tale disponibilità era tutt'altro che scontata. Il risultato è stato invece quasi commovente: la comunità scientifica agraria italiana ha risposto con una dedizione straordinaria.

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Missione Terra: il suolo al centro del Green Deal europeo

L’Unione Europea ha recentemente pubblicato un importante documento prodotto dalla Commissione di esperti per la salute del suolo e del cibo che mette il suolo al centro dell’attenzione e delle azioni da intraprendere per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dal Green Deal. Ricordo che Il Green Deal europeo prevede di intraprendere una serie di iniziative politiche volte a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento.

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La sfida per la digitalizzazione rurale sostenibile

Come ha messo in luce il recente rapporto sulla digitalizzazione in Europa l’Italia mostra un grave ritardo nel processo di trasformazione digitale. Il nostro paese si colloca al quart’ultimo posto nei valori dell’indicatore, che rispecchia non tanto un basso livello di copertura, quanto un pessimo livello di competenze e di un limitato utilizzo di servizi digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet, e l’utilizzo di servizi pubblici digitali è scarso. Anche le imprese italiane presentano ritardi nell'utilizzo di tecnologie come il cloud, i big data e il commercio elettronico.

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Genome editing e aiuti alimentari, due premi Nobel rilevanti per l’agricoltura del XXI secolo

Il 2020, che a buon diritto può essere classificato come un annus horribilis, in considerazione degli effetti dolorosi e preoccupanti che ha causato e sta causando a tutti noi e che sta determinando situazioni critiche al comparto agro-alimentare nazionale e mondiale, ha visto l’assegnazione di due premi Nobel che, per motivi diversi ma complementari, hanno una grande rilevanza per l’agricoltura. Il premio Nobel per la Chimica è stato attribuito alla francese Emmanuelle Charpentier e alla statunitense Jennifer A. Doudna, due ricercatrici che, studiando i meccanismi molecolari di difesa dei batteri da infezioni causate da virus (batteriofagi) hanno consentito di sviluppare il metodo chiamato genome editing. Con questa denominazione si richiama il processo di revisione di un testo scritto, nel caso specifico la sequenza di DNA. Il metodo di genome editing prevede la rottura delle eliche del DNA e per questo motivo ci si riferisce spesso all’immagine di forbici molecolari. La grande innovazione del genome editing sta nella precisione e relativa semplicità del sistema che è ben sintetizzata nelle parole del comunicato del Comitato Nobel che riporta: “tali forbici consentono di modificare il DNA di animali, piante e microrganismi con una precisione estremamente alta. Questa tecnologia sta avendo un impatto rivoluzionario sulle scienze della vita”. In un’occasione precedente su “Georgofili Info” ho avuto modo di sottolineare come l’applicazione del genome editing possa costituire uno strumento rivoluzionario nel miglioramento genetico – breeding – delle specie di interesse agrario. Attraverso interventi mirati su porzioni note del genoma vegetale è e sarà possibile sviluppare nuove varietà che siano funzionali all’agricoltura del XXI secolo, ovvero produttive, in grado di utilizzare al meglio le risorse, che diano prodotti di elevata qualità sia per il consumo diretto sia per la trasformazione, in definitiva per un’agricoltura più sostenibile, produttiva nelle diverse condizioni di coltivazione, in grado di rispondere agli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che salvaguardi e valorizzi l’agrobiodiversità. Le modificazioni prodotte attraverso l’applicazione del genome editing sono in larga misura equivalenti a quelle determinate dai processi naturali di mutazione spontanea, che forniscono la variabilità genetica sulla quale agisce l’evoluzione, con il grande vantaggio, in questo caso, di essere mirate e non casuali. Per questo motivo la Società Italiana di Genetica Agraria – SIGA – ha proposto di definire il genome editing una delle Tecnologie di Evoluzione Assistita ovvero TEA.

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“Sweet Immunity": resistenza indotta da zuccheri solubili e sue possibili applicazioni pratiche

Nel corso della loro evoluzione tutte le piante hanno elaborato un “sistema immunitario” complesso che consente loro di ridurre gli effetti negativi da stress abiotici (anomalie edafico ambientali) e biotici (microrganismi patogeni, insetti). A differenza dei sistemi immunitari animali, costituiti da linfociti ed anticorpi, quelli vegetali, che potremmo definire “fitoimmunitari”, si distinguono per la complessità delle molecole di difesa prodotte in risposta allo stress.

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Apericena e Mocktail: la nuova tavola

La cucina è un linguaggio con le sue parole che si modifica ed evolve con un ritmo molto maggiore di quello dei tempi passati. Indubbio è che prima nasce un cibo o una sua preparazione che poi riceve un nome nuovo, come è il caso del carpaccio inventato da Giuseppe Cipriani, o una variante di un nome precedente, ma più spesso l’origine del nome anche di successo rimane oscura e indeterminata, come è il caso di apericena e di mocktail, denominazioni di una tavola che sta cambiando.

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Monitoraggio della fauna nelle proprietà della Ca’ Granda

Agricoltura e zootecnia hanno contribuito nel tempo a definire le caratteristiche paesaggistiche e ambientali del territorio, contenendo da un lato il consumo di suolo, ma al contempo contribuendo alla riduzione degli ambienti naturali e quindi delle specie floristiche e faunistiche ad essi legate. Una parte rilevante delle specie animali e vegetali attualmente più minacciate in Europa, infatti, è propria di ambienti per lo più originati e mantenuti dall’attività agricola. Nella convinzione che conservazione della biodiversità e sviluppo agro-zootecnico possano e debbano coniugarsi, Fondazione Patrimonio Ca’ Granda ha incaricato Fondazione Lombardia per l’Ambiente di realizzare il progetto di “Monitoraggio della fauna nelle proprietà della Ca’ Granda”.
Nel corso del biennio 2018-2019 sono state individuate e indagate 18 differenti macroaree rappresentative del vasto mosaico di agro ambienti di Fondazione Patrimonio Ca’ Granda: 8.400 ettari complessivi tra coltivati, prati, siepi, filari, piccole aree umide, boschi e cascine, ubicati in Lombardia nel Parco del Ticino, nel Parco Agricolo Sud Milano e nel Parco Adda Sud.
La prima fase progettuale ha riguardato la scelta dei taxa oggetto delle attività di censimento in campo e l’implementazione dei monitoraggi mediante impiego di tecniche standardizzate, al fine di ottenere il maggior numero possibile di dati quali-quantitativi. La scelta dei gruppi è stata effettuata sia sulla base delle differenti caratteristiche ambientali, sia in relazione al loro specifico ruolo ecologico.

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L’Accademia Svedese delle Scienze si tinge di rosa e premia il "genome editing"

Quando, il 9 febbraio 2018, ebbi la fortuna di ascoltare Emmanuelle Charpentier raccontare, durante una conferenza all’Accademia dei Lincei a Roma, la storia della CRISPR-Cas9 che lei stessa definì “a game changer in genetic engineering” continuavo a chiedermi quando le avrebbero assegnato il premio Nobel. O meglio, se mai avremmo assistito al conferimento di quel premio - che popola i sogni di tutti i ricercatori - alle due donne che, a distanza di migliaia di chilometri l’una dall’altra, hanno spiegato al mondo come l’evoluzione avesse fornito a un batterio lo strumento per ritoccare, potenzialmente, il genoma di qualsiasi organismo.
Sono trascorsi altri due anni da quella conferenza di Roma, durante i quali abbiamo assistito allo “scandalo scientifico” delle gemelline cinesi e visto la Comunità Europea prendere una posizione molto chiara - ma tutta da rivedere – contro l’impiego di questa tecnica.
Alla fine, la scorsa settimana, l'Accademia Svedese delle Scienze ha assegnato il premio Nobel per la Chimica a Emmanuelle Charpentier e a Jennifer Doudna per la loro ricerca sull’editing genomico. Questo premio non solo rimarrà nella storia perché condiviso solo tra due donne, ma soprattutto perché assegnato a una ricerca relativamente giovane (era l’anno 2015 quando le riviste Nature e Science definirono la CRISPR come la scoperta dell’anno), a differenza della ormai radicata consuetudine di conferire il prestigioso riconoscimento a ricerche iniziate decenni prima.
Dal 2015 le riviste scientifiche sono state letteralmente invase da articoli in cui questa tecnica è stata adattata al fine di ritoccare il genoma di organismi diversi. Al di là delle potenzialità applicative nell’uomo per la cura di molte malattie con basi genetiche, e delle loro complicate implicazioni etiche, la CRISPR è uno strumento rivoluzionario anche in agricoltura.

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Ortofrutta e Recovery plan

Comincia a delinearsi il Pnrr, orrendo acronimo per indicare il Piano nazionale rilancio e resilienza, che non è altro che l’insieme dei progetti con cui l’Italia vuole spendere la pioggia di miliardi del Recovery Plan. Il governo, la ministra Teresa Bellanova in primis, parla di “agroalimentare protagonista del Pnrr e del Patto per l'export”. Tra le priorità indicate dalla ministra (sostenibilità, biodiversità, lotta al dissesto idrogeologico, digitalizzazione, infrastrutture materiali e immateriali, agricoltura 4.0) l’ortofrutta – finora davvero la Cenerentola delle politiche governative – guarda con fiducia ma anche preoccupazione.

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L’importanza del nome del vitigno per salvaguardare l’originalità e la commercializzazione del vino italiano*

I vitigni “resistenti” rappresentano per la filiera vitivinicola  una delle novità più importanti degli ultimi anni, in quanto danno una risposta concreta  a molte delle problematiche poste dalla sempre maggiore esigenza di sostenibilità. Più di 120 varietà “resistenti”, sono iscritte nei Registri Nazionali delle Varietà di Vite dei diversi paesi Europei  e la superficie vitata  cresce a ritmi molto più rapidi di altre “nuove” varietà , non “resistenti”.

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La PAC post 2020 verso la fase finale del complicato negoziato: ora sagge scelte nazionali

Con l’inizio della presidenza semestrale di turno tedesca dell’Unione europea, c’è stata una accelerazione del processo di riforma della PAC, iniziato formalmente a meta 2018 e poi arenatosi per ragioni istituzionali (elezione del nuovo Parlamento Ue e rinnovo del collegio dei commissari), oltre che per motivazioni di tipo politico, in primis le difficoltà a definire il bilancio pluriennale 2021-2027, cui si sono aggiunte altre cause, come la relativa debolezza delle precedenti presidenze di turno e le difficoltà di collaborazione tra le commissioni agricoltura e ambiente del Parlamento europeo.
Entro il corrente mese di ottobre, sia il Consiglio dei ministri che il Parlamento dovrebbero definire la posizione comune e sarà così possibile avviare la parte finale del negoziato, con i contraddittori a tre (i cosiddetti triloghi).
Pertanto, non è più il caso di temporeggiare ed è arrivato il momento che, a livello nazionale, inizi una fase nuova, di analisi, di confronto e di proposte che porti a formulare le scelte applicative nell’ambito del piano strategico della PAC post 2020. Non è che fino ad oggi l’argomento sia stato accantonato. Piuttosto c’è stata carenza nella qualità, continuità e spessore del dibattito.
A differenza del passato, la responsabilità decisionale di Ministero e Regioni è aumentata e con essa è cresciuta pure la possibilità di incidere in modo virtuoso sul sistema agricolo. Il new delivery model, ovvero la più radicale discontinuità della riforma in discussione, non costringe più a muoversi entro i rigidi confini circoscritti dai minuziosi regolamenti di Bruxelles.

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Dalla Meccanizzazione Agricola allo SmartFarming

Un nuovo modello di riferimento della gestione dell’agricoltura viene definito “smartfarming”; Smart, popolarmente identificabile in “intelligente” e anche acronimo di Specifico, Misurabile, raggiungibile (Achievable), Realistico e calendarizzabile (Time_based). Il termine non è sconosciuto perché già negli anni ’90 l’agricoltura di precisione veniva anche definita agriculture raisonné e preludeva al superamento di una semplificazione nelle pratiche colturali indotta da modelli di gestione normalizzati del dopoguerra e proposti per grandi aree dai noti prontuari degli anni ’70.
Raisonné, Smart, di Precisione, sottolineano il recupero di una attenzione specifica alle singole unità produttive, grazie ai nuovi strumenti di alta tecnologia e della digitalizzazione: la definizione più accreditata tiene in considerazione il fare per ogni punto sitospecifico o per ogni soggetto di coltivazione, la cosa giusta, nel momento più opportuno, nelle modalità e nelle quantità più appropriate, con la registrazione delle specifiche azioni per una tracciabilità ai fini di un continuo miglioramento. Le ulteriori declinazioni in Sostenibile, Durable, Durevole, ne definiscono l’orientamento etico e strategico.
Uno studio recente del gruppo AgriSmartLab (www.agrismartlab.unifi.itdoi:10.3390/su12177191) ha focalizzato nel termine smartfarming questo nuovo approccio che, dalla “meccanizzazione” degli anni ’70, affronta il paradigma nascente dell’alta tecnologia e della digitalizzazione in agricoltura. Il termine farming specifica l’ambito di applicazione in quanto identifica tutte le operazioni che si attuano nel pieno campo dove le attività sono fortemente condizionate dalla variabilità delle caratteristiche territoriali, in termini di suolo, giacitura, clima; variabilità che è oggi ampliata dai cambiamenti climatici con avversità moltiplicate in termini di parassiti alieni e di eventi eccezionali e improvvisi.

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Recovery Fund: un’impostazione fortemente statalista è quella più idonea a far ripartire l’economia?

Nei giorni immediatamente precedenti la tornata elettorale del 20 e 21 settembre il Governo ha presentato alle Camere le “Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”  (Pnrr). È il primo passo per dare avvio ai programmi di rilancio della nostra economia disastrata a causa del Covid 19. Il documento è stato relegato in secondo piano dalle polemiche post elettorali, ma merita attenzione.
Negli scorsi mesi ha prevalso l’obiettivo di contenere le conseguenze di una situazione economica sull’orlo del collasso. Gli interventi, pari a un centinaio di miliardi, sono stati utilizzati per sostenere il comparto sanitario, per aiutare  le persone e le categorie più colpite e le attività bloccate dal lockdown. Non si è seguita una logica selettiva, ma quella di un intervento generalizzato. Ora, di fronte al compito immane della  ricostruzione e dello stimolo alla resilienza del sistema servono priorità chiare,  scelte vere, sostenute da un ingente sforzo finanziario che graverà sul futuro del Paese.
Il documento sulle linee guida costituisce la prima risposta ed era atteso con grande interesse. Altri paesi hanno già predisposto il proprio documento e la Commissione Europea negli stessi giorni ha reso note le sue indicazioni.
Il Pnrr è scarno e molto generale, 38 pagine a cui si sommano  circa altrettante di diapositive (si veda: linee-guida-pnrr-2020.pdf).  L’analogo  piano francese, ad esempio, è di circa 300  pagine ed entra in elementi di dettaglio, mentre altri paesi europei affrontano la fase di scrittura in stretto contatto con gli organismi comunitari.
La struttura del testo è semplice, quasi scolastica, ma a queste caratteristiche non si accompagnano chiare indicazioni operative. L’impressione che ne deriva è che il “vero” contenuto debba ancora essere deciso.

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