Notiziario





Scelte “politiche” e finanziamenti per la ricerca

A volte i problemi non derivano da mancanza di soldi, ma da scelte sbagliate sulla loro utilizzazione.

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Il pecorino Toscano e Sardo, due esperienze a confronto

Gli studi condotti sugli animali e sull’uomo hanno dimostrato che il consumo costante dei pecorini toscano e sardo ottenuti da pecore al pascolo provoca una significativa riduzione della colesterolemia e un abbassamento di importanti fattori pro-infiammatori. 

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Il carbone è ancora una fonte energetica essenziale per il futuro ma un pericolo per l’ambiente e la salute

La prospettiva di ulteriore crescita deve preoccupare, in quanto non va dimenticato che, oggi, dal consumo di carbone deriva oltre il 44% delle emissioni totali di gas serra. Oltre agli effetti sul cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità  (Oms), provoca ogni anno nel mondo la morte di sette milioni di persone. C’è quindi da augurarsi che a guidare le scelte energetiche dei singoli paesi non sia la sola ragione economica. Scelte che dovrebbero portare, non solo al divieto di costruire nuove centrali a carbone, ma anche allo spegnimento di quelle ritenute pericolose per la salute e per l’ ambiente.
In proposito, si richiama ciò che è avvenuto a Savona, dove il gip, nel marzo di quest’anno, ha disposto il sequestro della centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure (foto), in attività da 30 anni. Il gip ha richiesto lo spegnimento delle due unità alimentate a carbone, ciascuna da 330 MW di potenza, con un’ordinanza che fa riferimento al nesso di casualità tra le emissioni, le morti e le patologie. Tale nesso è negato dall’azienda che sostiene la tesi della mancanza di prove. Per contro, Amministratori locali e Comitati di cittadini, da anni denunciano l’inquinamento provocato dalla centrale e le sue ricadute nefaste sulla salute dei cittadini.

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L'urbanistica, la pianificazione e il paesaggio agrario

L’ Accademia dei Georgofili ha aperto un serio dibattito sul paesaggio “toscano”, sui problemi della sua conservazione e sulla libera imprenditorialità della olivicoltura e della viticoltura. Meritoriamente, da anni ha promosso incontri di studio specialistici sul problema, ponendo a confronto gli addetti ai lavori e i tecnici preposti alla redazione dei “piani strutturali” e dei “regolamenti urbanistici”. 
Per avvicinarci responsabilmente al problema, tenendo lontano approssimazione professionale ed emotività, credo che occorra riandare alla radice del contendere. Radice che, purtroppo, si è dimenticato, sta anche nella querelle sul distinguo disciplinare (e ideologico) tra urbanistica e pianificazione urbanistica. Già alla fine degli anni Settanta, nelle facoltà di architettura, si profilò e poi si determinò un allontanamento dall'insegnamento dell'urbanistica quale disciplina che studiava la formazione, la trasformazione e il funzionamento dei centri abitati, proponendone il rinnovamento e la crescita. La progressiva politicizzazione della materia – propria di quegli anni – introdusse la pianificazione, come “centralizzazione delle scelte strategiche del sistema economico”; concetto traslato, tout court, al territorio, da cui la “pianificazione territoriale” di cui si caratterizza l'ultimo PIT (Piano di indirizzo territoriale) della Toscana, di cui si discute in questi giorni.

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Utilità di coesione e partecipazione nella governance territoriale

Il massimo sarebbe arrivare a forme moderne di governance territoriale, dove le decisioni maturano in un contesto decisionale allargato e consapevole, senza per questo che siano disconosciute le sedi istituzionali deputate. Il “trucco” starebbe nella forza della coesione che sottende alle decisioni prese e agli indirizzi imboccati.

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La grande guerra e l’agricoltura

Si moltiplicano le manifestazioni – trasmissioni radiofoniche e televisive, articoli sui quotidiani, visite commemorative, ecc – in occasione del centenario dell’inizio della grande guerra, in cui l’Italia nel 1914 non era ancora entrata.
L’attenzione va, giustamente, agli aspetti militari, ai caduti, agli atti di eroismo, alla politica, ai rapporti tra stati, ecc. Assente è stato finora l’aspetto agricolo ed alimentare.

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Il Caciocavallo

Il Caciocavallo, prodotto in gran parte dell’Italia Meridionale, è un formaggio di grande pregio che alcuni gourmand ritengono tra i migliori d’Italia. Ha antiche tradizioni nelle regioni del Regno delle Due Sicilie ciascuna delle quali oggi lo reclama come suo; lo stretto legame con le risorse ambientali dei paesaggi nei quali è realizzato costituisce parte integrante della qualità percepita (soggettiva). Gli aromi e i sapori variano con il territorio e le tipologie rispecchiano le tradizioni dell’area di provenienza; il Caciocavallo podolico in Puglia e Basilicata, ilCaciocavallo Ragusano e quello di Godrano in Sicilia, ilCaciocavallo Silano in Calabria e Campania, il Caciocavallo di Agnone nel Molise. L’origine è attribuita a pastori mongoli che lo preparavano con latte di cavalla, ma il nome ha derivazioni incerte; per taluni origina dal kashcavaal degli slavi, ma è più plausibile l’ipotesi che lo collega all’usanza di legare due forme del formaggio ed appenderle "a cavallo" di una trave. Anche la lavorazione ha la sua parte: più bravo il casaro, più buono è il caciocavallo.
E’ ottenuto con il latte dei bovini autoctoni allevati in condizioni e con tecnologie vicine alla condizione naturale (a sistema estensivo); riconosciuto DOP nel 1996, è poco usato in cucina, ma è eccellente a tavola a fine pasto o per antipasti ed aperitivi, mitigandone la forza con miele o marmellate. Il sapore, delicato nel fresco, più intenso e piccante nello stagionato, deriva dalle essenze del pascolo trasferite nel latte, ma anche dal caglio conservato con bucce di aranci o limoni. 

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Libero accesso al DNA del riso: un aiuto per sfamare il mondo

Lo scorso 25 maggio era la giornata mondiale degli “affamati”, quasi un miliardo di persone che ancora oggi non dispongono di cibo in quantità e qualità sufficiente. È proprio in questo giorno che sono state rese disponibili le sequenze di DNA di circa 3000 varietà diverse di riso, provenienti da 89 Stati diversi.
Il progetto che ha portato questo risultato si chiama “3000 Rice Genome” ed è il frutto della collaborazione di importanti accademie e istituti del Sud-Est asiatico come l’Istituto Internazionale di Ricerca sul Riso (IRRI), che conserva i semi di tutte le linee sequenziate. Questo sforzo immenso, finanziato dal Ministero di scienza e tecnologia cinese e della Fondazione di Bill Gates, ha permesso di individuare più di 18 milioni di polimorfismi, ovvero piccolissime differenze genetiche, ai quali potrebbero corrispondere delle caratteristiche interessanti. 
L’obiettivo dell’iniziativa, infatti, è quella di utilizzare ogni informazione ricavata dalla genetica per migliorare pratiche agricole e colture come il riso, alimento principale di circa metà della popolazione mondiale.
Il primo sequenziamento del riso è stato a metà degli anni 2000, ma pochi sono stati i miglioramenti delle tecniche agricole e delle varietà di riso perché molti geni interessanti sono presenti solo in alcune varietà tradizionali e un singolo genoma non permette di trovare tutta la diversità genetica del riso. 
La recente scoperta è invece di importanza fondamentale se si ricorda che, dato l’incessante aumento della popolazione e il cambiamento climatico, sarà necessario un aumento di produzione di circa il 25% da qui al 2030, selezionando e creando piante che possano resistere alla siccità. Una delle chiavi per affrontare queste sfide è scoprire quale parte di DNA permetterebbe alla pianta di sopravvivere alle alte temperature. L'accesso ai dati di 3.000 genomi aumenterà enormemente le potenzialità dei programmi di miglioramento delle piante per superare gli ostacoli per l’umanità nel prossimo futuro. 

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Imprese e Paesaggio Agricolo

La reazione manifestata dai viticoltori toscani nei confronti della nuova Legge regionale di pianificazione territoriale merita ogni attenzione e apprezzamento. Non riguarda solo la viticoltura, ma tutta l’agricoltura che è fatta da imprese (piccole, medie o grandi che siano).
La invadente urbanizzazione e disastrosa cementificazione in atto nelle campagne dovrebbe già far riflettere sulla opportunità di affidare a valutazioni solo urbanistiche e alle decisioni dei sindaci l’imposizione di “prescrizioni” su qualsiasi scelta innovatrice e competitiva delle imprese agricole.
Dietro il paravento pretestuoso del paesaggio, si introducono possibilità di attuare miopi dirigismi ispirati a vecchie impostazioni burocratiche e, a volte, solo clientelari.

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Variabilità genetica e tipicità delle popolazioni di “Prosecco”

Il “Gruppo di Genetica" dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, in collaborazione con i laboratori del CRA-VIT di Conegliano, ha condotto alcune ricerche sulla variabilità delle popolazioni del vitigno Prosecco, utilizzando metodologie molecolari innovative.

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Meccanizzazione agricola e gestione sostenibile del suolo

E’ ormai noto che la degradazione del suolo è da imputare per lo più a un uso non corretto dello stesso e a pratiche agricole non sempre sostenibili. Il compattamento del suolo, ad esempio, è ritenuto il principale processo di degradazione di un’area di 33 milioni di ha in Europa, nella quale il 32% e il 18% dei suoli sono ritenuti, rispettivamente, altamente e moderatamente vulnerabili. Purtroppo, a causa dell’uso di macchinari sempre più potenti e pesanti, il compattamento del suolo sembra destinato ad aumentare e, di conseguenza, i processi erosivi. 

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L'Africa e la corsa alla terra: lo statu quo è inaccettabile

La "gold rush" ottocentesca sembra oggi sostituita da una febbrile ricerca di terre da mettere a coltivazione che pervade varie aree del mondo, ma in particolare il continente africano. E' questo l'argomento al quale il numero di Luglio di National Geographic Italia, ha riservato un lungo servizio nell'ambito della serie, già precedentemente ricordata in queste News, dedicata al Futuro del cibo; servizio più lungo dei precedenti e con la solita eccezionale documentazione fotografica. L'Africa è a un punto di svolta e la rivista analizza in particolare il caso del Mozambico, dove alcune grandi compagnie, con la compiacenza dei governi, favorirebbero forti investimenti stranieri a discapito degli agricoltori locali. Tutto ciò viene vissuto come un momento decisivo dell'agricoltura globale, ovvero la trasformazione dell'Africa subsahariana, da area marginale a nuova terra promessa. D'altra parte l'Africa è ancora una delle poche aree del pianeta dove vi sono milioni di ettari di terra pressoché incolta e grande disponibilità di acqua; ma in quel continente una "rivoluzione verde" non è mai avvenuta e quindi le rese unitarie sono ancora fortemente al di sotto delle medie mondiali. I guai endemici dell'Africa, a lungo rappresentati da assenza o quasi di infrastrutture, da mercati molto deboli, da governi instabili, guerre continue, mancato accesso al credito, si sono solo recentemente attenuati e ora, sia la Banca Mondiale sia vari paesi hanno cominciato a investire in agricoltura. D'altra parte sarà proprio qui che si realizzerà nei prossimi 40 anni quel salto demografico che porterà la popolazione dell'Africa subsahariana a oltre due miliardi di persone dal miliardo attuale, contribuendo così massicciamente al problema dell'alimentazione globale. La rivista affronta il problema di chi sarà il soggetto primo di questa rinascita agricola: i piccoli agricoltori o le multinazionali. In altre parole, se lo sviluppo di questo continente ha bisogno di enormi capitali privati, non si configurerà un nuovo "imperialismo agricolo"? Molti esperti di sviluppo agricolo ritengono che adeguate infrastrutture e tecnologie potrebbero aiutare molto il continente solo in caso in cui si arrivi a una stretta collaborazione tra i grandi progetti e i piccoli coltivatori. Focalizzando sul Mozambico, J.K. Bourne, autore del servizio, mette in risalto che l'accordo raggiunto dal governo di quel paese, con Brasile e Giappone, prevede la coltivazione industriale di soia su 14 milioni di ettari (ricordiamo che tale superficie è superiore a quella che l'intera Italia destina alle coltivazioni). A fronte di questi accordi, vi sono iniziative che rappresentano un' alternativa alla produzione su vasta scala, tramite la consegna, a ciascun contadino, di 5 ettari di soia in modo da consentire loro di non perdere la terra e guadagnare a sufficienza; i contadini ricevono anche periodiche visite da parte di tecnici per i vari aspetti agronomici e gestionali. Continuando in queste esemplificazioni, l'articolo ricorda anche il bananeto impiantato nei dintorni di Maputo, che ha ormai raggiunto i 1400 ettari di superfice ed è di un solo proprietario. Ma ciò che colpisce di più è la fine del servizio: dove dopo aver ripetuto che gli esperti FAO ritengono indispensabile l'immissione massiccia di capitali privati e tecnologie per riuscire a dare cibo ai due miliardi di persone in più che nel 2050 si aggiungeranno agli attuali, si dà voce a contadini africani in evidente condizione di povertà, che praticano ancora un' agricoltura primordiale, per sapere se accetterebbero di lavorare in una grande fattoria. 

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Efficienza delle trattrici agricole e soluzioni ibride

L’innovazione è radicale e richiede competenze ed esperienze non ancora presenti nell’ambito dei costruttori di trattrici agricole. Sono, pertanto, prevedibili e auspicabili accordi di collaborazione, o di partnership fra i grandi players mondiali dei mondi agricolo e automobilistico che potranno cambiare il quadro della produzione delle macchine agricole. 

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Il Canestrato pugliese

La storia del Canestrato è legata alle razze ovine insediate da secoli nelle zone meno fertili della Puglia; rappresenta la tradizione tramandata dalla transumanza delle greggi Gentili di Puglia dalle pianure del Tavoliere alle montagne dell'Abruzzo, dove stanziavano in estate ed i pastori vi confezionavano le fiscelle, cioè i canestri di giunco dai quali ha preso il nome. Giustino Fortunato raccomandava “Se tu puoi pecora bella in estate alla Maiella e d’inverno a Pantanella” (nel foggiano). Pane e cacio è una antica abitudine dei pastori, che utilizzavano i formaggi come merce di scambio con le genti dei campi ed i pescatori. Fino alla fine dell’800, i pastori preparavano il Canestrato con il latte che si produceva al piano da dicembre a maggio, ma particolarmente gustosi sono i formaggi maggenghi (legna e formaggio, mese di maggio) che assicurano anche un importante ruolo salutistico. 

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Gli alberi in città valgono molto di più di quanto costano

Gli alberi sono il bene principale delle nostre città. Questa affermazione può sembrare ovvia ma, mentre i costi di gestione e gli eventuali danni attribuiti agli alberi sono ampiamente noti, i benefici che essi forniscono sono spesso poco conosciuti o sottostimati. 
Negli ultimi anni il numero di alberi in molte città è generalmente diminuito, in particolare con la perdita di spazi aperti di proprietà privata. In uno scenario di cambiamento climatico, è preoccupante che gli spazi aperti pubblici e privati siano minacciati dalla “riqualificazione urbana” e dallo sviluppo, che mettono a rischio la sostenibilità a lungo termine. In molte di queste situazioni non vi è sufficiente spazio (sia per l’espansione della chioma, sia, soprattutto, per la sviluppo di un adeguato apparato radicale) per l'impianto di alberi di grandi dimensioni e così le opportunità per massimizzare il ruolo della vegetazione nel migliorare l'effetto isola di calore, stoccare la CO2, abbattere la concentrazione d’inquinanti (specialmente PMx), ridurre la velocità del vento, proteggere gli edifici e, conseguentemente, ridurre il consumo di energia, sono notevolmente ridotte. Non solo: la regolazione del clima, la gestione delle piogge violente, la purificazione dell’acqua e l’incremento della biodiversità ne risulterebbero penalizzate.
È perciò naturale interrogarsi non solo riguardo alla fattibilità economica di certe politiche di sviluppo, se così le possiamo chiamare, ma anche sulla loro sostenibilità ambientale a lungo termine. Gli alberi forniscono, infatti, numerosi servizi economici ed ecologici per la società. Si tratta di servizi ecosistemici che giustificano l’investimento di risorse come il lavoro, l'energia e l'acqua; questi servizi sono i contributi diretti e indiretti degli ecosistemi al benessere umano e sostengono direttamente o indirettamente la nostra sopravvivenza e la qualità della vita. 

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Per tutelare veramente i reali paesaggi agricoli

Solo agli inizi del 2000 la nostra legislazione ha introdotto, con il Codice Urbani, anche una generalizzata “tutela del paesaggio agricolo”(fino ad allora giustamente esclusa). Ma quel Codice non parla e non chiede una “conservazione dello stato in essere" degli innumerevoli paesaggi delle nostre campagne. Tanto meno pretende di mantenerne per sempre inalterate le specie e le tecniche. Quelle direttive avrebbero meritato di essere subito interpretate correttamente, come intento di conservare la “destinazione d’uso” dei terreni agricoli, frenandone la continua riduzione e mantenendo utili coltivazioni, quale presupposto essenziale per averne i paesaggi. Certamente non poteva e non intendeva impedire agli imprenditori agricoli di continuare a operare con proprie libere scelte degli indirizzi produttivi, ai quali sono connessi costi e rischi a loro esclusivo carico. Solo così avrebbe senso e sarebbe possibile una “tutela dei paesaggi agricoli”, quale espressione di una agricoltura reale e attiva, che da millenni è stata sempre variabile nello spazio e nel tempo e che non potrà mai smettere di evolversi, con spirito imprenditoriale competitivo e sotto la spinta delle innovazioni offerte dai progressi scientifici, sempre più rapidi.
Sia quindi chiaro che, per conservare un reale paesaggio agricolo, bisognerebbe preservare tutti i terreni coltivabili finora rimasti e salvare la libera imprenditorialità degli agricoltori.
I comportamenti che il nostro Paese sta manifestando nei confronti della propria agricoltura appaiono invece incoerenti nei confronti dell’apprezzato e lungimirante richiamo di EXPO 2015 alla necessità di "nutrire il pianeta". Tutti sono chiamati a contribuire alla produzione degli alimenti indispensabili all'intera umanità e la cui unica fonte, fino a prova contraria, è l'agricoltura. Nessuno dovrebbe quindi sottrarsi a questo impegno, disattendendolo nel proprio Paese, anche attraverso l'applicazione, ad esempio, di assurdi interventi di pianificazione con la scusa di tutelare i paesaggi rurali. 

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Prospettive agricole OCSE-FAO 2014-2023

L’11 luglio u.s. è stato presentato il rapporto OCSE-FAO sulle prospettive agricole 2014-2023. I prezzi internazionali delle principali colture sono scesi significativamente rispetto ai livelli storici. Questa tendenza è, in gran parte, dovuta ai raccolti eccezionali dell’ultima campagna. All’opposto, i prezzi della carne e dei prodotti lattiero caseari hanno raggiunto livelli storicamente alti perché nel 2013, le produzioni non hanno soddisfatto le aspettative. 

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Drosophila suzukii: finalmente un motivo di speranza per contenerne la dannosità

La speranza di un prossimo graduale ridimensionamento del problema sembra abbia trovato la luce grazie ai risultati di ricerche bio-ecologiche, svolte dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige in collaborazione con l’Università dell’Oregon (USA)

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Il progetto RHEA per la distribuzione mirata di agrofarmaci: risultati e acquisizioni

Negli ultimi anni si stanno sempre più diffondendo e sviluppando nuove tecnologie che aiutano a gestire in maniera precisa sia le superfici agricole che quelle forestali. Queste innovazioni vengono normalmente incluse all’interno del concetto più ampio di “Agricoltura di Precisione”, che consiste nella gestione agronomica differenziata del terreno considerandone la variabilità spaziale. Inoltre l’impiego di sistemi autonomi (robot) costituisce un ulteriore passo avanti nell’ambito di questa tendenza ad una automatizzazione dell’agricoltura, per cui è ipotizzabile prevedere che in un prossimo futuro nel settore della meccanizzazione agricola si assisterà a una vera e propria rivoluzione, supportata da macchine di questo tipo. 
In questo contesto, dal 2010 al 2014, è stato realizzato un progetto di ricerca denominato RHEA (Robot Fleets for Higly Effective Agriculture and Forestry Management), finanziato nell’ambito del Settimo Programma Quadro dell’UE. 

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Nuove importanti scoperte sul genoma del frumento, grazie a ricercatori italiani

Il Consorzio Internazionale Sequenziamento Genoma Frumenti, di cui fa parte il Progetto italiano "MAPPA Fisica del Cromosoma 5A", finanziato interamente dal MiPAAF, ha prodotto risultati di alta qualità scientifica. 
Pochi giorni fa la prestigiosa rivista SCIENCE ha pubblicato il lavoro, riservando anche la copertina, "A chromosome-based sequence of the exaploid bread wheat (Triticum aestivum) genome" che rappresenta la prima bozza della sequenza del genoma del frumento tenero, realizzata attraverso la separazione ed il parziale sequenziamento di ciascuno dei 21 cromosomi.
Il frumento ha un genoma con una dimensione pari a cinque volte il genoma umano e a quaranta volte quello del riso. Diversi gruppi, a livello mondiale, hanno partecipato alla ricerca, e tra questi quattro ricercatori CRA - Faccioli, Colaiacovo, Stanca, Cattivelli - hanno contribuito alla scoperta di piccole molecole di RNA -microRNA- capaci di regolare l'espressione di geni di interesse agronomico.
Questo lavoro contiene nuove scoperte sulla struttura, sull’organizzazione e sull’evoluzione del genoma della specie più coltivata al mondo, descrivendo i geni del frumento e la loro distribuzione sui cromosomi e fornendo inoltre indicazioni per sviluppare un numero - di fatto illimitato - di marcatori molecolari, che sono lo strumento fondamentale per accelerare il miglioramento genetico del frumento.

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Non nel nome della scienza!

Riportiamo il testo della lettera che è stata inviata pochi giorni fa al Senato da parte di un nutrito gruppo di Accademie e Società Scientifiche (tra cui anche i Georgofili), in rappresentanza di circa 20.000 ricercatori, in occasione della discussione del DDL 1541 per la conversione in legge del decreto Campolibero.

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Una proposta di legge quadro per la protezione e gestione sostenibile del suolo

Il 13 Maggio u.s. è stata presentata presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari di Via di Campo Marzio a Roma, con il patrocinio del Senato della Repubblica, il disegno di legge quadro (ddl 1181) per la protezione e la gestione sostenibile del suolo, promosso dall’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie (AISSA) e che ha visto il forte coinvolgimento della Società Italiana di Pedologia (SIPE) e della Società Italiana della Scienza del Suolo (SISS).

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Produzioni animali e problemi etici

La domanda è: dobbiamo orientarci verso le esigenze dell’uomo o verso quelle dell’animale? 
Le teorie sul rapporto uomo-animale sono tre:
- principio antropologico (ego-centrismo): promozione e difesa della vita e della salute dell’uomo 
- principio ecologico (eco-centrismo): salvaguardia dell’equilibrio ambientale 
- principio biologico (bio-centrismo): salvaguardia della diversità biologica e del benessere animale
Tutte le società si sono fondate e si fondano sull’egoismo: ricerca delle condizioni ottimali per la propria sopravvivenza. In carenza di risorse primarie non si dà attenzione al benessere animale; solo dopo aver assicurato questo obbiettivo vi è spazio per l’altruismo sincero, salvaguardia dell’ambiente e benessere animale, o di comodo, ambiente e benessere animale che assicurino prodotti di qualità migliore. Sia per l’uomo che per l’animale la prima domanda che ci poniamo è: il benessere è legato ai desideri (quello che vorremmo avere) o ai bisogni(quello che ci necessita)? Per l’uomo, il benessere è libertà dai bisogni primari (dalla fame), dai disagi e dalle preoccupazioni, dalle guerre. 
Vi sono conflitti tra benessere dell’uomo e benessere dell’animale? 

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Produzione e commercio mondiale di oli di oliva nel 2013-2014

Il Consiglio Oleicolo Internazionale ha presentato le stime relative all’ultimo anno. 
La produzione mondiale sarebbe cresciuta a 3,1 milioni di tonnellate (dai 2,4 dell’anno precedente). La sola Spagna registrerebbe un incremento del 187%, non solo per un più favorevole andamento climatico, ma anche per un aumento delle superfici coltivate a olivo ( 2,5 milioni di ettari, di cui 600 mila irrigati), con impianti fortemente intensivi, ad alta produttività e bassi costi. L’Italia avrebbe invece ridotto la propria produzione del 16%. 
prezzi medi sono quasi ovunque calati. L’offerta spagnola ha condizionato i mercati. In Italia gli oli di oliva extravergini a fine maggio avrebbero registrato prezzi medi di 3,6 €/Kg, quando in Spagna erano di 2 €/Kg e in Tunisia di 2,3 €/Kg. 
Gli scambi commerciali mondiali di oli di oliva si sarebbero ridotti, mentre le giacenze sarebbero invece aumentate del 17%.
Le importazioni sarebbero diminuite quasi ovunque: del 28% in Cina, del 12% in Brasile, del 7,9% in Australia, del 7% negli USA, del 4% nel Canada.
Si richiama l’attenzione su queste stime perché inducono a fare doverose riflessioni, anche generali sulla evoluzione della olivicoltura mondiale. 

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Il kiwi in Calabria: le problematiche del post-raccolta

Il successo dell’Actinidia nella piana di Gioia Tauro, in sostituzione degli agrumi, è stato determinato prevalentemente da tre fattori: la crisi economica dell’agrumicoltura locale, l’alta redditività della coltura ed i pochi trattamenti antiparassitari a cui è sottoposta. In provincia di Reggio Calabria l’Actinidia diventa, così, una delle principali specie da frutto, per superficie e produzione. La diffusione dell’actinidia è stata caratterizzata dall’adozione delle stesse tecniche colturali adottate negli ambienti dove già si era affermata, in zone in  situazioni pedo-climatiche differenti da quella calabrese. E’ stato necessario studiare  il comportamento vegeto-produttivo, in particolare modo nella Piana di Gioia Tauro, adeguando le tecniche colturali alla risposta nella zona in parola. 

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Insetti produttori di melata e insetti utili

Una fonte alimentare per molti insetti utili nonché, importante materia prima per la produzione di miele, è rappresentata da una sostanza ricca di zuccheri nota come melata. Molte piante, in particolari condizioni climatiche, possono produrre melata fisiologica; ma ben più abbondante è quella che deriva dall’attività trofica e di escrezione di numerose specie di insetti

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Occorre coraggio per combattere ignoranza e pregiudizio

Il problema di fondo non è quello degli OGM, o per lo meno non è quello il punto principale. A monte il vero dramma è la mancanza di fiducia nel metodo scientifico, la sostanziale diffidenza verso la ricerca e i seri criteri di analisi. E’ questo che ha bloccato da decenni la ricerca genetica in agricoltura. Vi è però ancora modo di rimediare e di aprire alla ricerca. Tutto il mondo agricolo e gli studiosi devono con coraggio opporsi e combattere l’incultura generalizzata. E’ tardi? Riusciranno? E’ anche da questo che sapremo se il nostro Paese riuscirà a riaversi e l’agricoltura a vendere anche oltre al mercatino del paesello.

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Sugli aiuti accoppiati ha vinto lo “spezzatino”

Cinque mesi di grandi discussioni per scrivere l’aiuto accoppiato in Italia. Risultato? Il solito spezzatino «all’italiana». 
Non serve all’agricoltura, non serve allo sviluppo dell’economia del Paese.
Bisognava prendere due decisioni: la percentuale tra 0 e 15%; i settori ai cui destinare il sostegno.
Quale decisione è scaturita?
Un plafond di 426,8 milioni di euro, pari all’11% del massimale nazionale dei pagamenti diretti.
Un sostegno erogato in 17 misure e 12 settori: latte, carne bovina, ovicaprini, bufalini, soia, riso,
barbabietola, pomodoro da industria, grano duro, oleoproteaginose, proteiche, olio d’oliva.
Bene la scelta per la zootecnia e l’Italia «regione unica».
Ma a che servono 98 euro/ha al riso (22,6 milioni di euro per 230.000 ettari)? A che servono 65 euro/ha alla soia (10 milioni di euro per 150.000 ettari)? A che servono 50 euro/ha per il grano duro (59,7 milioni di euro per 1.150.000 ettari)? 
Servono a complicare la vita agli agricoltori, senza alcun beneficio per l’economia agroalimentare del Paese.
Cosa bisognava fare? Concentrare le risorse su pochi settori dove la produzione genera beni
pubblici, utili al Paese (occupazione e ambiente): latte in montagna, vacca nutrice, ovicaprini, olivo
paesaggistico, barbabietola e proteiche. Bastava il 5% del plafond.
Invece abbiamo un inutile spezzatino! I politici si riempiono la bocca di «semplificazione», poi aumentano sempre la burocrazia.

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