Notiziario




Territori e prodotti della Toscana: Valdichiana protagonista ai Georgofili il 27 settembre

Tornano gli incontri del ciclo “I territori della Toscana e i loro prodotti”, organizzati dai Georgofili insieme ad ANCI Toscana, con il patrocinio di Unicoop Firenze. Appuntamento in Accademia giovedì 27 settembre 2018 con la Valdichiana.

Si comincia alle 9.30 con i saluti di Massimo Vincenzini, Presidente dell’Accademia dei Georgofili, Marco Remaschi, Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Vittorio Gabbanini di ANCI Toscana, Francesca Basanieri Sindaco di Cortona e Andrea Rossi Presidente dell’Unione dei Comuni della Valdichiana Senese.

A seguire, le relazioni:
-    La Valdichiana si presenta (Stefano Biagiotti, Università Telematica Pegaso)
-    La valorizzazione collettiva dei prodotti tipici: opportunità e problematiche (Andrea Marescotti, Università degli Studi di Firenze)
-    Caratterizzazione salutistica dei prodotti tipici per la loro valorizzazione (Manuela Giovannetti, Centro Nutrafood – Nutraceutica e Alimentazione per la Salute, Università di Pisa)
-    Prodotti e ricette nella Piramide Alimentare Toscana (Francesco Cipriani, Azienda USL Toscana Centro e Fabio Voller, ARS - Agenzia Regionale di Sanità della Toscana)
-    Le iniziative di Unicoop Firenze per la valorizzazione dei prodotti toscani (Andrea Timpano, Unicoop Firenze)

Seguiranno gli interventi programmati dei rappresentanti di: Strada del Vino Nobile di Montepulciano e Sapori della Valdichiana senese, Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Consorzio dei Vini di Cortona, Terme di Chianciano e Associazione per la tutela e la valorizzazione dell’Aglione. 

Dopo il dibattito, si svolgerà la presentazione e la degustazione dei prodotti tipici della Valdichiana.



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Patate fritte sicure

Per non essere fritti dalla frittura e goderne gli indubbi vantaggi sono consigliate alcune importanti precauzioni che riguardano soprattutto le patate. La prima precauzione è di non friggere alle elevate temperature nelle quali si produce fumo e di non usare a lungo oli e grassi, evitando la formazione di acroleina. Per ridurre la creazione di acrilamide nel 2015 l’EFSA ha prodotto un dossier in base al quale la Commissione Europea ha emanato il Regolamento 2158 del 20 novembre 2017 che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della acrilamide negli alimenti.

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Verde, cambiamento climatico e informazione

Il discorso sul cambiamento climatico ha visto, negli ultimi tempi, uno spostamento delle discussioni dal livello scientifico, alla politica e, infine ai social network, e ha preso, spesso, una piega ideologica. Nelle forme estreme, negazioniste o catastrofiste, non esiste più traccia del metodo scientifico. È quindi utile, anzi fondamentale, disseminare informazione corretta, affidabile, basata su conoscenze scientifiche.

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I misteriosi cerchi di pietra di Lampedusa

"Esistono dunque di certo, s'anche invisibili, i venti: essi flagellano il mare: essi la terra, le nubi essi, che con improvviso turbine squarciano e spazzano via" (Lucrezio, "De Rerum Natura", libro I). E i venti soffiano, quasi incessanti, anche sulla piccola isola di Lampedusa (la percentuale di giorni di calma assoluta è di appena il 4%). Quelli più frequenti sono la Tramontana, il Grecale, lo Scirocco, il Libeccio e il Maestrale (quest’ultimo, da nord-ovest, predomina sugli altri, insieme alla Tramontana che spira da nord). La velocità media è intorno a 20 chilometri orari con punte che possono superare i 60 km/ora.
I venti influiscono in modo continuo sull’attività agricola. Quelli che soffiano ad una velocità superiore a 10 km/ora possono ostacolare la crescita stessa delle piante, coltivate e spontanee.
Accade così che nella più grande delle isole pelagiche, lo spirare frequente del vento e un clima piuttosto caldo e arido (a Lampedusa cadono in media 300-350 mm di pioggia all’anno, distribuite mediamente in una quarantina di giorni concentrati fra ottobre e febbraio) rendono difficile la pratica di un’agricoltura da reddito o addirittura di mera sussistenza.
Normalmente, per superare la carenza di acqua si ricorre all’irrigazione; invece, per proteggere le piante dall’azione del vento si possono adottare varie pratiche difensive. In una tavoletta sumera, datata intorno al 3.000 a.C., si parla dei danni che il vento può provocare alle piante e si suggerisce anche un possibile rimedio: circondare il campo coltivato con alberi frondosi. Le barriere frangivento (attuate con alberi ma anche siepi di piante sempreverdi, staccionate di legno, pannelli di metallo o pvc, reti a maglia fitta, ecc.) sono, di norma, il mezzo per difendersi dai venti.  Fra le barriere frangivento vanno annoverati anche i muri di recinzione, più o meno alti e, come e se tali, forse anche i cosiddetti “cerchi di pietra” di Lampedusa (“timpuni”, cioè zolla di terra dissodata, nel dialetto locale e siciliano) (Fig. 1), intorno ai quali però ancora non si è avuto tempo e modo di fare completa chiarezza nonostante siano lì da diversi secoli (se non millenni) e nonostante la loro indiscutibile rilevanza nella storia antica di Lampedusa.
Il primo ad occuparsene è stato l’archeologo inglese Thomas Ashby (1874-1931), il quale, nel giugno del 1909, mentre si trovava per lavoro a Malta, organizzò un rapido sopralluogo a Lampedusa.  Nonostante la brevità della spedizione (durata solo tre giorni), Ashby fece alcune interessanti scoperte. Ad esempio, gli riuscì di individuare quelli che secondo lui erano i segni di un popolamento preistorico (ca. 4.800 a.C., la datazione stimata degli insediamenti) nell’isola pelagica.

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12 marzo 1933. Inaugurazione della nuova sede dell’Accademia dei Georgofili

Dopo tanto peregrinare fra sedi diverse (La Biblioteca Magliabechiana, la Marucelliana, Palazzo Vecchio, sedi conventuali soppresse dalla Riforma di Pietro Leopoldo, Palazzo Riccardi, l’Accademia delle Belle Arti), finalmente l’Accademia aveva trovato un luogo degno per accogliere libri, carte e documenti, testimoni indiscutibili della sua antica e prestigiosa storia.

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Insetti: “buoni” o “cattivi”?

L’uomo suddivide gli organismi viventi in categorie differenti in base alla loro interferenza con le sue attività economiche e ricreative. Della maggioranza delle specie di insetti, non è ancora noto il ruolo ecologico e, se non interferiscono direttamente con le attività umane, vengono considerate indifferenti; mentre sono ritenute dannose o pericolose, quelle entità che attaccano le piante coltivate e gli animali in allevamento, nonché lo stesso uomo.

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Pollo re della tavola

Antica è la storia del pollo, animale che gli antichi greci sacrificano a Esculapio, che i romani usano per avere auspici prima delle battaglie e le sue carni sono gradite e riservate ai ceti abbienti per cui un pollo in pentola per tutti rimane un miraggio.
Al giorno d'oggi, mentre il consumo di altre carni è in calo, quello di carni avicole è in crescita perché piacciono ai giovani, agli anziani e alle donne e sono più economiche di altre carni. Inoltre sono le carni più accette dai semi-vegetariani: se da una parte chi si definisce vegetariano non consuma alcun tipo di carne o pesce, i semi-vegetariani, indicati in inglese come flexitarian, tendono a non mangiare prodotti animali, ma occasionalmente si concedono delle eccezioni, in questo caso preferendo le carni bianche di pollo escludendo però quasi sempre quelle rosse di bovino e maiale. Un nuovo aspetto che sta avanzando nella cucina e soprattutto nella gastronomia è la ricerca di carni avicole di alta qualità, fornite ad esempio da razze tradizionali quali il Pollo del Valdarno, la Gallina Padovana, la Gallina Polverara e altre che iniziano a essere apprezzate dai cuochi e dai consumatori benestanti più attratti da prodotti nuovi e alternativi, o forse più soggetti a mode e tendenze. La produzione avicola italiana con 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, che impiegano 38.500 addetti, rappresenta un modello per la zootecnia nazionale, creando un valore con 5.850 milioni di Euro di fatturato nel 2017, in crescita rispetto al 2016 di circa il 7%.

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Chi sa, parli

Nel 2004 Tullio Regge, noto astrofisico dell’Università di Torino, nel suo libro intitolato “Lettera ai giovani sulla scienza” esordiva affermando che viviamo nel periodo storico della glorificazione della scienza e della tecnologia, ma anche di attacchi severi ai loro risultati. Ancora oggi viviamo in questa atmosfera. Il mondo della ricerca da troppo tempo si è in parte chiuso in se stesso ed ha usato un linguaggio per addetti ai lavori trascurando il contatto diretto con l’uomo della strada. A nostro parere dunque la ricerca pubblica ha lasciato troppo margine alla libera comunicazione così detta scientifica e/o pseudo scientifica. Una simile informazione induce il cittadino/consumatore a pensare che in genere tutto va male o quando va bene, non va così bene come si vorrebbe.
Desideriamo invitare in special modo i giovani a rivolgersi alla scienza in continua evoluzione e guardare con fiducia al futuro, senza peraltro cedere alle varie mode. Ad esempio cinquanta anni fa la cibernetica e i frattali, affermava Regge, sembravano opportunità straordinarie e concrete, mentre oggi hanno perso molto della loro rilevanza e sono finiti nel dimenticatoio. Attenzione dunque alle proposte che offrono molto, ma che nel breve periodo svaniscono nel nulla.
A questo punto vale la pena porre qualche interrogativo per orientarci nel groviglio di scienza e pseudoscienza.
Da “Pane e bugie” (D. Bressanini, 2010) si rileva che non a tutti è noto che la quasi totalità delle sostanze chimiche che ingeriamo sono naturali. Tuttavia una sostanza non è necessariamente più benigna solo perché l’ha prodotta la natura. Sarebbe bello che fosse così, purtroppo invece è solo un luogo comune. L’interrogativo è scegliere tra naturale o artificiale. L’idea che “naturale” equivalga a “sano” oggi è molto diffusa. Anche un prodotto naturale può essere non sano, cioè non salubre. Ad esempio, un importante prodotto agricolo come il mais, magari originato in regime biologico, se si presenta contaminato da un elevato carico di micotossine non si può certo definire sano.
Ma altri interrogativi si pongono in forma prioritaria all’attenzione pubblica senza che si sia sempre fatta oggettiva chiarezza:

-    Biologico o agricoltura convenzionale (di precisione) per sfamare il mondo?
-    Gli alimenti biologici nutrono di più?
-    Produzione di cibo e rispetto della biodiversità: due esigenze inconciliabili?
-    La spesa a “km 0” è più sostenibile? Perché non basta calcolare i chilometri che separano il luogo di produzione dal punto di vendita?
-    Organismi giornalisticamente modificati.
-    … prodotto senza olio di palma.

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Una perniciosa formica nera

Il controllo demografico di Lasius alienus è necessario, se le foraggiatrici si introducono negli edifici alla ricerca di cibo.

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Come ripristinare le aree degradate nei vigneti

Si è concluso a fine giugno il Progetto europeo ReSolVe (Ripristino della funzionalità ottimale dei suoli nelle aree degradate dei vigneti tramite metodi biologici). Per aiutare agricoltori e tecnici a scegliere la tecnica di ripristino più idonea sono state preparate delle linee guida tradotte in 5 lingue.

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La pesca sulle tavole moderne

Ab ovo usque ad mala, dall’uovo alla frutta e cioè dall’inizio alla fine, sentenziavano gli antichi romani per dire che un ciclo o un evento era completo; anche noi italiani diciamo siamo alla frutta per esprimere il concetto che si è giunti alla fine, all’esaurimento di qualcosa, dei soldi, dell’ispirazione, della normalità e così via descrivendo anche una situazione grave o senza via di uscita. La frase deriva dalla composizione del banchetto che per i romani terminava con la frutta e per noi con un dessert quando, finiti i servizi di cucina, sulla tavola erano portati formaggio, dolce e la frutta. Perché la frutta chiude il banchetto dei romani e arriva fino a noi?
Il banchetto dei romani, ma anche dei greci e fin dai tempi omerici, è un evento sacrale nel quale si compie il sacrificio – da sacrum facere o rendere sacro – delle carni attraverso cui si entra in comunità con la divinità e tutto ruota attorno a questo. L’apertura del banchetto può essere l’uovo, simbolo della vita e della perfezione oppure, in taluni periodi, la lattuga, mentre il banchetto si conclude con la frutta il cibo che più si avvicina agli dei, loro dono come dicono i miti padani e, in seguito, ribadisce il racconto biblico dell’Eden.
Oggi la frutta non è sempre presente nei pasti in casa e nei ristoranti il dessert, spesso quasi un deserto, si compone solo di un dolce e solo quando un diabetico chiede una sua sostituzione gli viene presentata un’immancabile fetta di ananas. La frutta è anche completamente assente nelle pizzerie, piadinerie, paninerie e nei locali che offrono pasti rapidi. In questo nuovo modo di magiare la frutta, rara o espulsa dalla fine del pasto rientra nella moderna cucina innovativa, ricuperando anche remote tradi-zioni.
L’odierna presenza della frutta nell’attuale gastronomia ha radici antiche, quando nel Medioevo compare il gusto del dolce-speziato dei dolci di frutta e spezie come la spongata, dell’agro-dolce e del dolce-salato delle carni cucinate assieme alle castagne. Nel Rinascimento si sviluppa il gusto dolce-piccante che ha la sua più tipica espressione nella mostarda dove la frutta assieme al miele e alla senape è associata alle carni, con un’abitudine giunta fino a oggi. La presenza della frutta avanza nella cucina ottocentesca e del Millenovecento quando la frutta, trasformata anche in marmellata, entra nella pasticceria popolare delle crostate di frutta e la si trova in qualche piatto tipico, mentre inizia a trionfare in qualche preparazione d’alta cucina, come la pesca presente dal Bellini nell’aperitivo alla Pesca Melba nel dessert.

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Elogio del buon padre di famiglia

Si riaprono le scuole dopo l’estate, sui banchi deve tornare anche il Governo per varare le leggi economiche di fine anno. Si è parlato molto, spesso a ruota libera, di tanti argomenti e anche di economia, ma quest’ultima è stata relegata un po’ in secondo piano nel clima euforico dei primi “cento giorni”. Ora, però, si fa sul serio e le prospettive non sono incoraggianti. Gli indicatori economici sono appena sopra la linea di galleggiamento, i conti confusi, le risorse disponibili, tradizionalmente ridotte, incerte. Come accade nella stagione intermedia in questi periodi della politica la situazione è in attesa di chiarirsi, anche se non mancano segnali.
Al di là del “che cosa” il nuovo Governo possa realisticamente fare tenendo conto dei vincoli interni ed esterni, il punto è capire quale linea di politica economica adotterà.

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Due lepidotteri Tortricidi negli agrumeti e nei pereti etnei

Sulla tenera vegetazione primaverile degli agrumi e dei peri sviluppano le larve del Tortricide Archips rosana, nate da uova deposte sul tronco e sulle grosse branche delle piante; molte essenze erbacee e arbustive, presenti negli stessi agrumeti e pereti, ospitano le polifaghe larve della Bega mediterranea del garofano, Cacoecimorpha pronubana che, solo occasionalmente, infestano le arance mature.

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Gli artigiani di Firenze a lavoro nella Torre de’Pulci

Quando il 12 marzo 1933 i Georgofili in solenne assemblea festeggiarono il loro trasferimento definitivo nel ”Palazzo Torre de’Pulci”, il lustro di secoli di storia c’era a pieno.
Prima di tutto, certamente, quello della prestigiosa istituzione fiorentina ricca di 180 anni di vicende gloriose che Arrigo Serpieri aveva evidenziato in una sua lunga relazione del 24 aprile 1932 al Ministro dell’Agricoltura e Foreste e quello anche però di una città, Firenze, che accoglieva, tramandata di generazione in generazione, l’arte di ‘lavorare con le mani’ e produrre capolavori; arte diffusa nelle strade della città (e nei borghi vicini) e che faceva della bella Firenze un luogo vivo, propulsivo, invidiato e non omologabile.

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Listeria: il pericolo è nel biofilm

Recenti e ripetuti sono gli allarmi di Listeria monocytogenes negli alimenti, un argomento considerato anche nell’articolo Pericoli dalle verdure crude ("Georgofili INFO" - 04 aprile 2018) e nel quale si segnala che quasi nulla è l’efficacia del lavaggio con acqua di verdure contaminate, perché i batteri inquinanti sono compresi in biofilm fortemente adesi ai vegetali. Anche per questo molto scarsa è l’efficacia di disinfettanti o altro (bicarbonato) in concertazioni usabili in casa, mentre completamente inutili per la sicurezza sono l’aceto, il succo di limone e il sale. Cosa sono i biofilm che stanno assumendo una sempre maggiore importanza nella sicurezza alimentare?
Per molto tempo e ancora oggi la maggior parte della gente pensa che i microrganismi e in particolare i batteri vivano liberi nei liquidi o negli ambienti più diversi. Invece già alla fine del XVII secolo Anton van Leeuwenhoech con un primitivo microscopio scopre delle animaluculae nella placca dentaria, oggi definita un biofilm, o biopellicola o microfouling. Il biofilm è una aggregazione complessa di microrganismi contraddistinta dalla secrezione di una matrice extracellulare adesiva e protettiva, di sostanze polimeriche, spesso di carattere polisaccaridico (Polisaccaride Intercellulare Adesivo – PIA), frequentemente aderente a una superficie, sia di tipo biologico sia inerte, con eterogeneità strutturale e interazioni biologiche complesse. I biofilm, sui quali vi è un’ampia bibliografia, si compongono per circa il 15% da cellule e per il restante 85% dal materiale della matrice che protegge le cellule all'interno e facilita la comunicazione tramite segnali chimici o fisici. In alcuni biofilm sono stati rinvenuti canali d'acqua che contribuiscono a distribuire i nutrienti e le molecole segnale. Allo stesso modo, questi canalicoli convogliano verso la periferia sostanze di scarto ed eventuali esotossine.

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Dal no al Ceta al sì all’EPA: riflessioni sul commercio internazionale

I temi del commercio internazionale irrompono nel dibattito politico e nei mezzi di informazione. Ritorna, da lontani precordi, il protezionismo che sembrava avviato ad un inevitabile tramonto. E si accompagna al ritorno del “sovranismo” e cioè al desiderio di entità statali totalmente libere di prendere decisioni. Fa capolino persino la politica delle cannoniere con la chiusura dei porti e il blocco delle merci oltre che delle persone. Decenni di prevalenza della diplomazia, sembrano sopraffatti dai pugni sul tavolo.
Gli esempi non mancano: dall’avversione all’accordo con il Canada (Ceta) già in vigore, con la possibile mancata ratifica, all’innamoramento per l’accordo quasi gemello con il Giappone (EPA). Dallo sdegno verso gli US per la rottura degli accordi e l’imposizione di dazi all’altrettanto incongrua richiesta di procedere in modo casuale nei confronti di importazioni sgradite.
I temi in gioco sono numerosi, proviamo a ricapitolare. Il primo è la spinta al protezionismo nei momenti di gravi difficoltà. È il rifugio più semplice, ma anche il più costoso ed ingannevole. La teoria economica e la prassi indicano che può essere solo temporaneo, altrimenti crea una pericolosa assuefazione e non lascia spazio ai veri motori dello sviluppo la competitività e la redditività. Ogni stato o aggregazione di stati, per necessità, vi ha fatto ricorso, ma dà una pericolosa assuefazione da cui si fatica a uscire. Come il sonno della ragione genera solo mostri.
L’alternativa, sul piano teorico e pratico, è l’apertura dei mercati con trattative e soluzioni negoziate. È una strada in genere lunga e faticosa che porta a smantellare costose barriere doganali tariffarie e non tariffarie. Queste sono costruite su regole pratiche e cavilli formali usati impropriamente per frenare gli scambi come l’applicazione obbligatoria di standard di prodotto e di processo. Le più complesse sono quelle sanitarie motivate dall’imperativo della tutela della salute umana, animale e anche dell’ambiente. Negli ultimi decenni si è percorso un lungo e proficuo cammino che ha portato alla loro crescente riduzione. Questa scelta è confermata dalla teoria economica e dalla pratica e si regge sulla logica della teoria dei costi comparati che mostra che conviene produrre e commerciare ciò che si riesce a realizzare meglio di altri e a costi inferiori. L’eliminazione delle barriere di ogni tipo favorisce un incremento della ricchezza prodotta. L’economia mondiale ne ha bisogno, in particolare nell’attuale fase di convalescenza dopo la grande crisi.

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La Cavolaia e altri insetti migratori

L’esigenza di ricercare habitat che siano, temporaneamente o stabilmente, idonei alla sopravvivenza, spinge molte specie animali a compiere migrazioni verso altri ambienti, seguendo innati istinti. La migrazione è una complessa “sindrome, comportamentale e fisiologica, finalizzata alla dispersione adattiva unidirezionale di tipo, soprattutto, aereo”. Essa coinvolge, con complesse interazioni, il volo, la riproduzione e l’alimentazione.

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La buona buccia della pesca

A l'amigo pèlighe 'l figo, al nemigo 'l persego è un proverbio veneto che tradotto in italiano recita: “all'amico pela il fico e al nemico la pesca”. Secondo la tradizione popolare di una regione nella quale vi era una buona produzione di questi frutti, la buccia del fico era ritenuta dannosa mentre quella della pesca salutare. Una semplice supposizione o un’antica e a noi nascosta verità? Inoltre di certi frutti bisogna mangiare la buccia, ricordando che un tempo le mamme raccomandavano di mangiarla perché dicevano che conteneva le vitamine?
Indubbio è che la buccia del fico non è gradevole e con un lattice che scola dal peduncolo molto irritante, senza dimenticare che nelle foglie sono presenti fu-rocumarine, sostanze fotodinamiche, ma cosa sappiamo delle pesche e soprattutto della loro buccia? Le pesche hanno una polpa carnosa, succosa e zuccherina, con la buccia di colore giallo-rossastra ma anche bruna, che può essere sottile e vellutata o liscia (nettarine), così gradevole da somigliare alla pelle delle gote di un bambino, ma oltre a questo gradevole aspetto non vi è altro?
L’estate è stagione delle pesche, anche se questo frutto conservato si trova in ogni stagione, e che sotto diverse forme (frutto fresco, conservato in scatola, essiccato, trasformato in succhi ecc.) gli italiani consumano in una quantità che secondo diverse fonti varia da quattro a quasi sette chilogrammi per anno e che tra la frutta si pone al sesto posto dopo mele, arance, banane, angurie, pere.
Le pesche contengono molta acqua (88,8 %), carboidrati (9,54 %) nei quali sono compresi molti zuccheri (8,39 %) e acidi organici, limitate quantità di fibra (1,5 %), proteine (0,91 %) e grassi (0,25 %) oltre a minerali (soprattutto potas-sio) e vitamine (soprattutto A, C, E). A cento grammi di polpa corrispondono circa quaranta chilocalorie. Diverse ricerche dimostrano che le pesche contengono molecole dotate di interessanti attività nutraceutiche, in particolare antiossidanti (tra i quali l’acido caffeico) polifenoli e molecole con azioni anti-ipertensive.

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Il suolo è una risorsa non rinnovabile

Leggendo da internet il “Contratto” dell’attuale nuovo Governo si può rilevare che il “suolo” è menzionato al punto 4 “Ambiente, green economy e rifiuti zero”. Si legge, fra l’altro, che questo viene considerato una “risorsa rinnovabile” come l’acqua e le foreste.
Da sempre gli studiosi di scienza del suolo sostengono che il suolo stesso è una risorsa non rinnovabile proprio perché la sua formazione è un processo talmente complesso che richiede da centinaia a migliaia di anni. È ampiamente documentato dalla letteratura internazionale che molti suoli si sono formati alla velocità di un millimetro l’anno. Al contrario la velocità della sua degradazione e` estremamente più rapida, basti pensare, ad esempio, agli eventi catastrofici degli ultimi anni, verificatesi in seguito all’abbattersi di violenti nubifragi (bombe d’acqua); le conseguenti colate di fango sono dovute proprio all’asportazione degli orizzonti superficiali del suolo stesso. Inoltre, i due terzi del territorio nazionale sono ormai degradati a causa di una gestione del suolo non sempre sostenibile e ad attività antropiche non sempre corrette. La quasi totalità dei dissesti e dei fenomeni di forte degradazione sono imputabili proprio alle attività antropiche. Tutto questo fa si che il suolo sia una risorsa non rinnovabile e come tale va considerato nel programmare e mettere in atto interventi per la sua conservazione.
Questo concetto è ampiamente condiviso anche da importanti istituzioni come, ad esempio, l’Unione Europea che, a questo proposito, ha formulato la seguente definizione: “Il suolo e` una risorsa essenzialmente non rinnovabile e un sistema molto dinamico, che svolge numerose funzioni e fornisce servizi fondamentali per le attività umane e la sopravvivenza degli ecosistemi”. Anche la FAO da tempo afferma che “il suolo è una risorsa non rinnovabile”. Oggi conosciamo molto del suolo e disponiamo di un buon numero di banche dati, basti vedere le miriadi di pubblicazioni scientifiche, a livello nazionale e internazionale, su questo argomento ma, a dispetto di ciò, la percezione dell’importanza e della fragilità di questa risorsa fra i non addetti ai lavori rimane assai bassa, nonostante un apparente aumento della sensibilità dell’opinione pubblica verso le criticità ambientali. E questo non è un problema solo italiano visto che nella Nuova edizione dell'Atlante mondiale della desertificazione, pubblicato dal Centro ricerche della Commissione Europea (UE), si afferma che “oltre il 75% delle terre emerse sono già degradate e potrebbero esserlo oltre il 90% entro il 2050”. Quindi, la degradazione del suolo rappresenta attualmente una delle emergenze a livello planetario.


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