Ab ovo usque ad mala, dall’uovo alla frutta e cioè dall’inizio
alla fine, sentenziavano gli antichi romani per dire che un ciclo o un
evento era completo; anche noi italiani diciamo
siamo alla frutta per
esprimere il concetto che si è giunti alla fine, all’esaurimento di
qualcosa, dei soldi, dell’ispirazione, della normalità e così via
descrivendo anche una situazione grave o senza via di uscita. La frase
deriva dalla composizione del banchetto che per i romani terminava con
la frutta e per noi con un
dessert quando, finiti i servizi di
cucina, sulla tavola erano portati formaggio, dolce e la frutta. Perché
la frutta chiude il banchetto dei romani e arriva fino a noi?
Il banchetto dei romani, ma anche dei greci e fin dai tempi omerici, è un evento sacrale nel quale si compie il sacrificio – da
sacrum facere o
rendere sacro – delle carni attraverso cui si entra in comunità con la
divinità e tutto ruota attorno a questo. L’apertura del banchetto può
essere l’uovo, simbolo della vita e della perfezione oppure, in taluni
periodi, la lattuga, mentre il banchetto si conclude con la frutta il
cibo che più si avvicina agli dei, loro dono come dicono i miti padani
e, in seguito, ribadisce il racconto biblico dell’Eden.
Oggi la frutta non è sempre presente nei pasti in casa e nei ristoranti il
dessert,
spesso quasi un deserto, si compone solo di un dolce e solo quando un
diabetico chiede una sua sostituzione gli viene presentata
un’immancabile fetta di ananas. La frutta è anche completamente assente
nelle pizzerie, piadinerie, paninerie e nei locali che offrono pasti
rapidi. In questo nuovo modo di magiare la frutta, rara o espulsa dalla
fine del pasto rientra nella moderna cucina innovativa, ricuperando
anche remote tradi-zioni.
L’odierna presenza della frutta
nell’attuale gastronomia ha radici antiche, quando nel Medioevo compare
il gusto del dolce-speziato dei dolci di frutta e spezie come la
spongata, dell’agro-dolce e del dolce-salato delle carni cucinate
assieme alle castagne. Nel Rinascimento si sviluppa il gusto
dolce-piccante che ha la sua più tipica espressione nella mostarda dove
la frutta assieme al miele e alla senape è associata alle carni, con
un’abitudine giunta fino a oggi. La presenza della frutta avanza nella
cucina ottocentesca e del Millenovecento quando la frutta, trasformata
anche in marmellata, entra nella pasticceria popolare delle crostate di
frutta e la si trova in qualche piatto tipico, mentre inizia a trionfare
in qualche preparazione d’alta cucina, come la pesca presente dal
Bellini nell’aperitivo alla Pesca Melba nel
dessert.
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