L’impresa agraria produttrice di alimenti, di energia e di servizi

di Paolo Borghi
  • 20 April 2011
Con l’autosufficienza alimentare europea (negli anni ’80), e la diffusione (in Italia) della proprietà coltivatrice, secondo il disegno della nostra Costituzione, il legislatore ha cominciato a guardare all’impresa agraria non più solo come garante delle disponibilità di alimenti, o non più solo come soggetto debole da proteggere, ma anche come attore fondamentale dell’economia chiamato a garantire alimenti sicuri e di qualità, a interloquire con gli altri protagonisti del sistema (imprese di trasformazione, consumatori), a interagire in modo virtuoso con l’ambiente.
Il calo remunerativo dell’attività agraria ha indotto gli agricoltori a cercare nuove vie per produrre reddito, investendo sulla diversificazione qualitativa dell’offerta tradizionale (con la valorizzazione delle tipicità, delle cosiddette produzioni biologiche), o su produzioni affatto nuove per le imprese agricole, nel settore dei servizi e delle energie alternative. E’ così che – grazie all’utilizzo degli stessi fattori produttivi e strutture tradizionalmente destinati alle attività agricole “principali” (coltivazione e allevamento) – l’agricoltura ha trovato nuovi spazi di espressione, nella fornitura di servizi che nascono dalla sua capacità di coniugare la caratteristica ancora dominante dell’impresa agricola (quella di produrre alimenti) con altre sue attrattive prettamente ambientali (il contesto paesaggistico e culturale rurale che di solito le caratterizza); oppure nella possibile destinazione no-food di suoi prodotti (cereali per biocarburanti e biogas), e nello sfruttamento innovativo di sottoprodotti che, fino a ieri, erano considerati rifiuti.
L’ordinamento giuridico, sia nazionale che europeo, ha a volte seguito, a volte precorso tali sviluppi, fornendo strumenti per l’affermazione sul mercato (tutela delle DOP, tutela del “marchio bio”), o spingendo gli operatori a conformarsi a standard già di per sé obbligatori (ma non sufficientemente rispettati), o creando – soprattutto a livello nazionale – una importante legislazione di agevolazioni, deroghe, incentivi alla produzione di beni e servizi, particolarmente nei settori turistico ed energetico. Non soltanto con lati positivi, però: ciò ha comportato, infatti, da un lato l’imposizione anche alle imprese agricole di obblighi inizialmente pensati per imprese del settore industriale o terziario (es. gli obblighi connessi alla sicurezza alimentare); dall’altro, il pericolo di distrarre dalla destinazione alimentare consistenti quote di risorse produttive dell’agricoltura europea, proprio in un periodo nel quale i mercati agricoli internazionali (anche a causa di fenomeni speculativi) stanno mostrando segni di forte instabilità, la domanda di prodotti agricoli sta crescendo (quale conseguenza del crescere di economie emergenti di Stati popolosi, i quali si stanno attrezzando, con il land grabbing, a far fronte nei decenni futuri a tale domanda aumentata globale, al contrario dell’UE, che rinuncia a produrre per il mercato alimentare), e alcune crisi anche politiche internazionali appaiono acuite – se non addirittura in parte determinate – proprio da tali fenomeni macroeconomici.

(foto: archivio Georgofili)