Dialoghi sulle biotecnologie: “Il contributo italiano al miglioramento genetico del riso, dagli incroci alle Tecnologie di Evoluzione Assistita”

Dialogo con Giampiero Valè, professore di genetica agraria, Università degli Studi del Piemonte Orientale.

di Luigi Frusciante e Giampiero Valè
  • 16 July 2025

Frusciante: Il riso è una delle specie più coltivate e consumate al mondo ed è l’alimento base primario per metà della popolazione globale. La risicoltura italiana vanta una lunga e solida tradizione: il nostro Paese è infatti il principale produttore europeo di riso. La sua coltivazione genera un’economia di scala rara nelle altre filiere agricole nazionali, pur essendo praticata quasi esclusivamente nelle pianure piemontesi e lombarde.

Valè: È proprio così: la produzione mondiale di riso si aggira intorno ai 770 milioni di tonnellate, un valore simile a quello del frumento, che si attesta sui 790 milioni. Sebbene la risicoltura italiana, con circa 1,4 milioni di tonnellate annue, rappresenti solo una piccola parte della produzione globale, vanta una tradizione secolare. In Italia, la coltivazione del riso risale infatti al XV secolo.
Il miglioramento genetico del riso nel nostro Paese iniziò nel 1925 presso la Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli, con programmi di incrocio. Da allora sono state sviluppate numerose varietà, alcune delle quali – come Arborio, Carnaroli, Roma e Vialone Nano – sono ancora oggi coltivate.
Oggi circa il 94% della produzione nazionale è concentrata in Lombardia e Piemonte, ma esistono altre aree rilevanti: il Veneto (con l’I.G.P. del Vialone Nano Veronese), la Sardegna (zona di Oristano), la Calabria (piana di Sibari) e la Sicilia (piana di Lentini). La risicoltura italiana beneficia di una filiera solida e ben organizzata, con aziende agricole specializzate e industrie di trasformazione efficienti.


Frusciante: Prima di affrontare il capitolo dedicato al miglioramento genetico, vorrei soffermarmi su una curiosità. Da ricercatore so che le varietà iscritte al registro sono numerose, eppure nei supermercati troviamo quasi sempre le stesse, come Arborio, Carnaroli o Vialone Nano. Perché accade questo? Quali sono i principali obiettivi del miglioramento genetico in questa specie? Il riso è stata la prima coltura agraria ad avere il genoma completamente sequenziato: in che modo questa conquista ha influenzato le strategie di miglioramento genetico?

Valè: Con una legge del 1958 fu introdotto nella filiera risicola italiana il concetto di “griglie”, ossia categorie che raggruppano un numero limitato di tipologie di riso: Arborio, Roma o Baldo, Carnaroli, Ribe, Vialone Nano e S. Andrea. Varietà diverse ma con caratteristiche simili del granello possono rientrare nella stessa griglia ed essere commercializzate con lo stesso nome. Ad esempio, sotto la denominazione “Carnaroli” possono essere vendute varietà come Karnak, Keope, Carnise, Carnise precoce e Poseidone.
Un decreto legislativo del 2017 ha abrogato la legge del 1958, introducendo la denominazione “Classico”. Con essa, le aziende possono produrre e commercializzare le sette varietà storiche utilizzando in etichetta la dicitura “Classico”, che garantisce che il prodotto contenga il 100% della varietà indicata. Per ottenere tale denominazione è necessaria la certificazione della tracciabilità.
Sebbene molte varietà tradizionali siano ancora coltivate, il miglioramento genetico del riso è oggi molto attivo. L’obiettivo principale è aumentare sia la resa produttiva sia la resa di lavorazione, introducendo caratteri che influiscono direttamente su questi aspetti. (es. dimensione del granello, numero di semi per pannocchia), e migliorando la tolleranza a stress biotici (es. brusone, bakanae) e abiotici (es. siccità, salinità, temperature estreme). Un altro obiettivo importante è l’ottimizzazione di caratteri fisiologici come l’efficienza d’uso dei nutrienti e quella fotosintetica.
Il progresso nel miglioramento genetico ha tratto vantaggio dalle informazioni genomiche emerse dal sequenziamento della varietà di riferimento japonica Nipponbare nel 2002. A questo primo contributo si sono aggiunti il sequenziamento a bassa copertura di oltre 3000 genotipi (pubblicato su Nature nel 2018) e altri studi recenti su varietà diverse. Queste ricerche hanno permesso di identificare nuovi geni, alleli e milioni di polimorfismi (SNP e varianti strutturali). Tali dati stanno supportando il miglioramento genetico sia fornendo nuovi alleli utili per aumentare resa e tolleranza agli stress, sia consentendo l’uso di marcatori molecolari per introdurre caratteri favorevoli tramite incrocio e selezione (es. MABC, marker-assisted backcrossing). Inoltre, la disponibilità di polimorfismi permette di associare variazioni genetiche a fenotipi agronomicamente rilevanti, valutati in laboratorio, in condizioni controllate o in campo, identificando così varianti utili per il miglioramento delle colture.

Frusciante: In letteratura sono numerosi gli esempi di applicazione delle nuove Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) che hanno prodotto risultati più che incoraggianti. A che punto è la ricerca su queste tecnologie applicate al riso in Italia? Quali sono i punti di forza e quali le principali criticità?

Valè: In Italia, alcuni gruppi di ricerca stanno impiegando la tecnologia CRISPR/Cas9, alla base delle TEA, per introdurre mutazioni mirate nel genoma del riso. Alcune applicazioni di miglioramento genetico si sono concentrate su geni legati alla resa produttiva e alla resistenza alla malattia del brusone. Negli ultimi due anni, il gruppo della Prof.ssa Vittoria Brambilla dell’Università di Milano ha avviato sperimentazioni in campo su una linea in cui sono stati silenziati tre geni di suscettibilità al patogeno; questa linea aveva già mostrato resistenza in condizioni controllate.
Le analisi genomiche hanno evidenziato numerosi geni regolatori negativi della risposta a malattie (come il brusone) e a stress abiotici (come siccità e salinità), il cui silenziamento potrebbe conferire tolleranze specifiche. Diversi gruppi di ricerca si concentreranno su questi target nei prossimi anni.
CRISPR/Cas9 consente di modificare in modo preciso uno o pochi geni, mantenendo inalterate le altre caratteristiche varietali, a differenza degli incroci tradizionali o della mutagenesi random. Inoltre, permette interventi su più geni contemporaneamente e la sostituzione di alleli tramite homology-directed repair o i più recenti approcci di prime editing.
Tra le criticità vi sono i lunghi tempi richiesti dalla coltura dei tessuti e le difficoltà di rigenerazione, spesso influenzate dal genotipo. A ciò si aggiungono la necessità di verificare eventuali off-target tramite sequenziamento, le incertezze normative e l’accettazione da parte dell’opinione pubblica.