Aree interne addio!

di Marcello Pagliai
  • 16 July 2025

Sfogliando giornali e social in questi giorni, al di la delle guerre in atto e dei grandi e devastanti fatti di cronaca, capita di leggere anche commenti, quasi nascosti, come quelli, ad esempio, al nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne in cui viene riportato che il Governo prende atto dell’irreversibilità del processo di spopolamento delle aree interne e che, quindi, va accompagnato nel suo lento declino. Sembrava una fake news ma, leggendo il documento in questione, a pagina 45 si legge testualmente:
“Obiettivo 4: Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile. Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”.
E noi che abbiamo sempre sostenuto, anche dalle colonne di questo Notiziario, che l’agricoltura è l’ultimo baluardo per il presidio del territorio; che le alluvioni e le frane catastrofiche di questi ultimi anni sono si accentuate dalla crisi climatica in atto ma sono, indiscutibilmente, la conseguenza della fine della cultura contadina che, con l’abbandono delle terre marginali negli anni del boom economico del secolo scorso, ha posto fine a quelle opere di faticosa manutenzione del territorio!
Si è, inoltre, sempre sostenuto che occorre un piano di messa in sicurezza del territorio da attuare anche attraverso la ripresa di una nuova progettazione di sistemazioni idraulico-agrarie in chiave moderna oltre che, ovviamente, attuare una gestione sostenibile del suolo riportando proprio l’uomo sul territorio stesso. E pensare che mai come ora ci sarebbero molti giovani attratti dalle prospettive del mondo agricolo e silvo-pastorale ma dovrebbero essere aiutati con politiche di sostegno tendenti a favorire la collaborazione fra il pubblico e il privato e con una programmazione che guardi al lungo termine; occorrerebbe inoltre investire nella formazione. Senza questo sostegno, anche chi ha voglia di intraprendere questa strada, da solo non ce la può fare e questo, purtroppo, rappresenta il fattore limitante a che queste attività diventino una nuova opportunità. Questo Piano Strategico toglie senza mezzi termini ogni possibilità di ripristinare attività silvo-pastorali proprio in quelle aree interne che rappresentano, fra l’altro, la maggioranza del territorio nazionale e molte delle quali avrebbero grandi potenzialità per uno sviluppo sostenibile; basti pensare, ad esempio, a colture di nicchia, alla possibilità di avere prodotti genuini al famoso chilometro zero, al ripristino di prati-pascoli, alla castanicoltura, ecc.
Resta poi da capire come può funzionare un piano mirato che possa assistere un percorso di declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita in vaste aree dove già ora mancano servizi essenziali come presidi sanitari, scuole, servizi pubblici, viabilità, ecc. Non solo si preclude il ritorno a forme di agricoltura ma si ostacola anche lo sviluppo di quel turismo lento di cui troppo spesso se ne parla a sproposito, vista la situazione.
E allora prepariamoci a fronteggiare eventi catastrofici in serie; favoriamo pure lo spopolamento delle aree interne; concentriamo pure la popolazione in centri sempre più caotici, invivibili e con ampie superfici di cemento e asfalto (ricordiamo che il consumo di suolo viaggia al ritmo di oltre 2 metri quadrati al secondo e non accenna ad invertire la tendenza e qui, al momento, non c’è una norma nazionale al riguardo!) che, oltre alle alluvioni, favoriscono anche le ondate di calore in aumento, complice la crisi climatica!
Riprendendo gli slogan letti sui mezzi di comunicazione di massa, social inclusi, più che “Aree interne addio!” credo che si possa affermare che questo è un Paese senza futuro!