Stessa biodiversità degli organismi diffusi in campi di mais convenzionali o transgenici

di Federico Baglioni
  • 23 April 2014
L’avvento delle piante transgeniche (OGM) ha sollevato diverse preoccupazioni che riguardano, ad esempio, la possibilità che la modifica arbitraria dell’uomo possa avere ripercussioni negative sulla biodiversità. Poiché alcuni OGM sono stati progettati per resistere ad alcune classi d’insetti il rischio è che questi organismi possano compromettere l’abbondanza di insetti non target. Fermo restando che tale rischio si presenta anche utilizzando i normali insetticidi presenti sul mercato è importante valutare il possibile impatto ambientale degli OGM sull’ambiente e sugli ecosistemi. Per questo motivo un recente articolo pubblicato sulla rivista Environmental Entomology ("Comparative Diversity of Arthropods on Bt Maize and Non-Bt Maize in two Different Cropping Systems in South Africa") ha analizzato la presenza e abbondanza di artropodi su campi di mais in Sud Africa, confrontando i dati raccolti su campi convenzionali e transgenici. L’OGM in questione era il mais bt, coltura ingegnerizzata che contiene una tossina batterica, innocua per l’uomo, in grado di uccidere specifiche classi di insetti dannosi, come la Piralide.
Lo studio in oggetto, durato due anni, è stato condotto campionando tre campi di mais per ciascun anno in due località distinte: venti piante, ognuno di mais Bt e mais non- Bt , sono state selezionate in modo casuale dai campi in ciascun sito. Al termine della ricerca sono stati raccolti un totale di 8771 artropodi che son stati suddivisi secondo la loro alimentazione in detritivori, erbivori, predatori e parassitoidi. Sono state trovate, in particolare, 288 morfospecie e 20 ordini tassonomici.
Gli autori dello studio sono chiari: "I risultati di questo studio a breve termine indicano che l'abbondanza e la diversità degli artropodi nel mais e le diverse corporazioni funzionali non sono state significativamente influenzate dal mais Bt". Il dottor Johnnie van den Berg, professore presso la North-West University e uno dei co-autori della ricerca, ha poi continuato: "Più di recente sono state effettuate indagini sulla beta-diversità (la biodiversità a livello di habitat) di insetti e piante all'interno e nelle aree adiacenti ai campi di mais: sono stati rilevati 30.000 artropodi e 15.000 soggetti vegetali lungo una linea di 1000 km. La biodiversità nei campi di mais è omogenea e la beta-diversità nelle aree adiacenti è molto elevata".
Questo significa che mais bt e mais convenzionale non presentano significative differenze in termini di diversità e abbondanza di insetti.
I dati riportati suonano rassicuranti per tutti coloro che paventavano rischi dovuti all’uso di OGM in campo agricolo, ma non andrebbero analizzati singolarmente. Lo studio che ha visto prendere in esame campi di mais bt in Sud Africa, infatti, non è l’ultimo di una serie di ricerche effettuate in Cina, Spagna e Stati Uniti volti a considerare l’impatto delle colture OGM sulla biodiversità.
Per tutti i casi il risultato è stato lo stesso: la biodiversità di insetti e artropodi nei campi di mais geneticamente modificato e in quelli convenzionali è sostanzialmente identica.   
Questi risultati potrebbero far rivalutare le posizione dei vari stati nei confronti delle colture transgeniche: l’Italia, in particolare, ha sempre considerato la minaccia al Made in Italy e alla biodiversità dei campi uno dei principali effetti negativi degli OGM. Confermare con studi scientifici effettuati stato dopo stato che le colture transgeniche non sono quel pericolo per la biodiversità come potevano apparire in principio potrebbe essere un primo passo per un cambio di rotta verso le biotecnologie in campo agrario. Un cambio di rotta che andrebbe inserito nel trend, sempre positivo, che riguarda la coltivazione di OGM nel mondo. Secondo i recenti dati ISAAA (International Service of Acquisition of Agri-Biotech Applications), infatti, sono 5 milioni gli ettari che sono stati convertiti a transgenico quest’anno. L’ Europa segna un 15% rispetto all’anno scorso e nella sola Spagna il mais bt ha raggiunto ben il 31% dell’intera superficie coltivata a mais. Un successo commerciale che non può essere ignorato e che va accompagnato con studi seri e rigorosi, affinché per ogni nuovo prodotto venga valutato l’impatto non solo sulla salute umana, ma anche sull’ambiente biotico e abiotico. 

Articolo tratto dalla rivista INTERSEZIONI (www.intersezioni.eu) , organo di informazione e cultura professionale dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Milano.