Cambiamento climatico e dati genomici delle capre

di Roberta Ciampolini
  • 01 December 2021

Nel corso degli ultimi decenni i cambiamenti climatici hanno determinato a livello globale un forte impatto sia sugli ecosistemi sia sui sistemi agro-zootecnici. Lo studio dell’adattamento delle risorse genetiche animali alle condizioni climatiche ed ambientali che cambiano è stato l’oggetto di numerosi progetti nazionali ed internazionali, cui molti ricercatori e ricercatrici italiane hanno partecipato in questi anni. A questo proposito, si presenta il recente lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Frontiers in Genetics dal titolo: “The climatic and genetic heritage of Italian goat breeds with genomic SNP data”  https://www.nature.com/articles/s41598-021-89900-2
Il progetto di ricerca che ha generato i risultati pubblicati, è nato nell’ambito della iniziativa Italian Goat Consortium (IGC), coordinata dalla Prof.ssa Paola Crepaldi dell’Università degli Studi di Milano e  vede la partecipazione di ricercatori appartenenti a numerose Università e Centri di ricerca italiani che si sono uniti condividendo campioni biologici, informazioni, tecnologie e competenze, allo scopo di analizzare il  genoma delle razze caprine italiane e di colmare una lacuna di finanziamenti su di una specie così importante per molte aree rurali e montane del paese.
Lo studio pubblicato ha analizzato il ricco panorama della biodiversità caprina, mediante l’utilizzo di marcatori genomici SNPs, mettendoli in relazione con numerose variabili climatiche e valutando l’evoluzione climatica attesa nelle diverse aree di allevamento prevista nei prossimi 70 anni.
La ricerca, che ha indagato più di 1000 animali appartenenti a 33 razze/popolazioni allevate in Italia, ha portato a confermare l’esistenza di similitudini e differenze legate alla conformazione geografica del paesaggio italiano ed influenzate dalla situazione geopolitica precedente l’unità d’Italia. Sono emersi gruppi di razze che presentano aplotipi SNPs condivisi e gruppi che hanno subito un più marcato isolamento e deriva genetica. Inoltre è stato possibile identificare genotipi legati ad alcune variabili climatiche che caratterizzano i diversi areali di allevamento. Infine, sono state svolte analisi di previsione sulle frequenze genotipiche di SNPs attese ed associate a regioni genomiche ospitanti geni candidati coinvolti nell’adattamento al clima.   
Piu in dettaglio, sono stati identificati 65 geni associati ad almeno una delle seguenti quattro variabili ambientali: "Intensità UV" (47 geni), "Range diurno medio della Temperatura e dell’Umidità" (4 geni), "Temperatura media del Trimestre più umido " (3 geni), "Precipitazioni del Trimestre più freddo " (11 geni).  Alcuni di questi geni sono coinvolti nelle vie metaboliche legate all’accrescimento corporeo (HADC9, DLG1, KLF12), alla risposta al ritmo circadiano (PAK5 e EYA3), alla fertilità e risposta infiammatoria (BTLA). L’impiego di tali informazioni, negli schemi di allevamento e nella selezione genomica, aiuterà le popolazioni caprine ad affrontare climi più caldi e secchi.
Questo lavoro suggerisce la possibilità di utilizzare la stima dell’andamento a lungo termine della struttura genetica delle popolazioni caprine italiane in relazione ai cambiamenti climatici per la costruzione di piani di miglioramento genetico e di conservazione della biodiversità mirati, in risposta alle sfide dei cambiamenti climatici futuri.
L’interesse della ricerca zootecnica italiana per queste tematiche è dimostrato dall’ istituzione, fin dal 2014, della commissione di studio “Adattabilità dei Sistemi Zootecnici ai Cambiamenti Climatici” dell’Associazione Scientifica di Produzioni Animali (ASPA), coordinata della Prof.ssa Roberta Ciampolini dell’Università di Pisa che ha partecipato anche alla ricerca dell’IGC. La Commissione di Studio svolge attività ricerca sulle principali specie animali in produzione zootecnica del Bacino del Mediterraneo, area geografica in cui i cambiamenti climatici possono provocare risposte biologiche più rapide rispetto a quanto riscontrato in altri sistemi a livello globale. Il modello di studio adottato nella ricerca condotta dall’IGC, ha dato risultati molto promettenti per capire come gli ecosistemi e le specie zootecniche Mediterranee possano rispondere ai cambiamenti climatici. Affrontare queste tematiche con nuovi progetti di ricerca, diventa un punto focale nella conservazione della biodiversità animale, nella messa a punto di nuovi obiettivi per i piani di miglioramento genetico dei prossimi decenni e nella futura gestione delle pratiche di allevamento, in piena sintonia con gli obiettivi 2030 dall’Agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.