Potremo resuscitare i semi antichi?

di Alessandro Bozzini
  • 08 May 2013
Esiste negli USA una Fondazione privata, detta “Long Now Foundation” che intende considerare un lunghissimo futuro, promuovendo una cultura più lenta e misurata, ma molto duratura, nel quadro di 10 mila anni. Per enfatizzare tale durata, ad esempio, l’ anno attualmente in corso è scritto con 5 cifre: 02013, invece che 2013 ! 
La Fondazione promuove varie iniziative e progetti, ad es., la costruzione di un orologio del “lungo presente” che dovrebbe funzionare per 10 mila anni, facile da gestire e riparare, di basso costo, alimentato con energie rinnovabili e di scarso valore economico per impedirne un possibile furto. 
Un altro progetto (Rosetta Project) intende conservare i linguaggi umani verosimilmente destinati all’estinzione nei prossimi 100 anni. Una prima versione è stata completata nel 2002. Sono stati tenuti vari seminari che hanno trattato la preservazione delle risorse naturali, l’aumento dell’aspettativa di vita dell’uomo, la natura del tempo ecc. Tra i vari progetti è anche in via di sviluppo ed attuazione uno di contrasto alla scomparsa di un numero di specie che, secondo dati recenti, sembra sia variabile da 10 mila a 100 mila ogni anno. Si intende quindi favorire particolarmente la “resurrezione” di importanti specie recentemente estinte. 
Già nel 2000, scienziati francesi e spagnoli hanno già “resuscitato” una specie di capre, l’Ibex dei Pirenei, estinto da 3 anni, clonando l’ultimo esemplare esistente mediante l’inserzione del suo DNA in una cellula di una specie affine. Analogamente, scienziati australiani sono riusciti a “resuscitare” una rana locale (Gastric Brooding Frog) estinta negli anni ’80. 
Altre specie candidate sono la tigre della Tasmania, estinta negli anni ’30 ed il piccione “Passenger” estinto nel 1914. Ovviamente non si persegue quanto evocato nel film Jurassic Park, ma considerando solo specie in cui sia disponibile materiale biologico ben conservato. 
Si è parlato anche di ricreare il mammut estinto alcuni millenni fa usando materiale biologico siberiano surgelato. 
La biotecnologia utilizzabile implica la possibilità di attuazione di quattro fasi: 1) Il reperimento di una cellula intatta della specie estinta. 2) Il trasferimento del DNA del nucleo in una cellula di specie affine esistente. 3) Indurre la moltiplicazione di tale cellula e quindi 4) L’allevamento in vitro ed in vivo dell’embrione ottenuto.
Ovviamente il raggiungimento di questo obiettivo è molto dibattuto: alcuni paventano che tali tecnologie possano essere applicate anche agli umani, con le ovvie problematiche implicate da una clonazione umana!
Resta però il fatto, che almeno finora, ci risulta che siano state prese in considerazione solo specie animali e non ancora specie vegetali. 
Sarebbe però interessante far rivivere anche i semi di specie e varietà, a suo tempo domesticate, di cereali, leguminose da granella e delle molte specie orticole, frutticole ed industriali coltivate dai nostri progenitori centinaia ed anche migliaia di anni fa e di cui, negli scavi dei paleontologi, sono state ritrovati spesso numerosissimi semi in buone condizioni. 
Tali reperti, anche se in buono stato, non sono più in grado di germinare, ma potrebbero essere fonti preziose di caratteri utilizzabili per il miglioramento delle nostre più importanti specie alimentari ed industriali. Centinaia di semi di cereali sono stati recentemente trovati ad esempio nelle zone desertiche dell’Iran orientale, della penisola araba, del nord del Pakistan. 
Gli attuali progressi della ricerca genomica e cellulare vegetali potrebbero fornire le tecnologie adatte per poter far rivivere quanto i nostri progenitori avevano coltivato agli albori delle varie civiltà agricole passate, inserendo il loro DNA in cellule delle stesse specie oggi viventi.
In previsione di una possibile futura realizzazione di tecnologie che permettano di ottenere piante col DNA dei progenitori delle nostre attuali varietà coltivate, risulta utile mantenere in buono stato i numerosi reperti di semi di cereali e di molte altre specie che spesso sono oggi confinati nei magazzini dei musei di Paleontologia in condizioni difficili, che non garantiscono una loro ulteriore corretta conservazione. 
Questi reperti potrebbero in futuro costituire un complemento prezioso alle attuali “Banche del Germoplasma Vegetale”, per il futuro  miglioramento genetico di specie per noi molto utili.