Lotta alla cimice asiatica: dalla difesa integrata la soluzione sostenibile

di Gaetano Siscaro
  • 09 January 2020

La Cimice asiatica o Cimice marmorizzata marrone, Halyomorpha halys (Stål) rappresenta per l’Italia solo la più recente tre le emergenze fitosanitarie derivanti dall’accidentale introduzione di specie animali esotiche. Questo è un fenomeno globale che negli ultimi decenni si è drammaticamente intensificato, prevalentemente a causa della vorticosa e per molti aspetti incontrollata circolazione di merci e persone. Come purtroppo spesso avviene, la presenza di queste specie esotiche nei nuovi areali risulta particolarmente oneroso sia a livello economico che ecologico; infatti, il loro arrivo rende spesso necessario il ricorso ad interventi insetticidi intensivi, con inevitabili conseguenze negative di natura ambientale, tossicologica e tecnica. Tali effetti indesiderati possono mettere a serio rischio non solo la salute degli operatori e dei consumatori ma anche l’equilibrio biocenotico degli agroecosistemi e gli ambienti naturali ad essi prossimi. Tutto ciò può drasticamente compromettere consolidati programmi di difesa ecosostenibile che ormai da anni si adottano in Italia nel rispetto dei principi del controllo integrato delle colture e dell’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Tale è l’obiettivo principale della direttiva 2009/128 /CE, recepita in Italia con il decreto legislativo n.150 del 14 agosto 2012, che ha istituito un riferimento normativo europeo ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi. In Italia, come negli altri stati membri, l'attuazione di tale direttiva ha previsto l’adozione di un Piano di Azione Nazionale (PAN) regolato dal Decreto Interministeriale 22 gennaio 2014. Questa norma promuove la difesa a basso apporto di prodotti fitosanitari delle colture agrarie, riducendone così i rischi e l’impatto sulla salute umana e sull'ambiente e sostenendo l'uso della gestione integrata dei parassiti (IPM) mediante tecniche alternative al controllo chimico.
Il caso della Cimice asiatica non fa eccezione, il suo avvento sulle nostre colture ha infatti determinato un sensibile aumento dei trattamenti insetticidi sulle colture più suscettibili. Ciò è dovuto alla mancanza di antagonisti naturali indigeni in grado di contenerne adeguatamene le infestazioni e alla particolare predilezione di attacco verso i frutti della maggior parte delle coltivazioni frutticole italiane, con un elevatissimo potenziale di danneggiamento. In molti casi, specialmente su pomacee e drupacee, sono stati registrati danni che hanno compromesso la produzione quasi interamente. Nei confronti di Halyomorpha halys, attualmente in Italia sono autorizzati diversi principi attivi insetticidi appartenenti a differenti categorie quali piretrine, piretroidi, neonicotinoidi ed esteri fosforici. Si tratta nel loro insieme di insetticidi dotati di un’azione abbattente e a largo spettro di azione e in alcuni casi con una spiccata persistenza sulla pianta. In particolare, al gruppo degli esteri fosforici, afferiscono i due principi attivi clorpirifos (etile) e clorpirifos-metile che, se per un verso risultano efficaci nei confronti della cimice, purtroppo presentano un profilo eco-tossicologico sfavorevole. Considerate queste caratteristiche negative, le autorità preposte hanno ripetutamente proposto la revoca all’impiego di questi insetticidi. Tuttavia, in virtù della loro efficacia e della mancanza di un’alternativa ritenuta valida per il contenimento di alcuni insetti fitofagi su alcune colture, l’autorizzazione all’impiego di queste due molecole è stata ormai da diversi anni prorogata dal legislatore e l’ultima deroga scadrà proprio il 31 gennaio 2020. Nell’approssimarsi di questa scadenza, i timori degli agricoltori di non poter far fronte alle infestazioni della cimice asiatica in mancanza di queste due molecole, hanno stimolato i recenti appelli da parte di organizzazioni di produttori agricoli per chiedere un’ulteriore proroga della revoca all’impiego di questi insetticidi e in particolare del clorpirifos metile.
Il mancato rinnovo della loro approvazione si basa su una valutazione scientifica condotta da esperti degli Stati membri dell'Unione europea e dall'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). In questa valutazione sono stati individuati rischi per gli esseri umani per i possibili effetti genotossici e neurologici soprattutto in categorie più vulnerabili quali bambini e donne incinte. Inoltre, è noto che queste tipologie di sostanze, a causa della loro lunga persistenza, causano effetti deleteri per l’ambiente acquatico a lungo termine potendo determinare inquinamenti dei corpi idrici superficiali e sotterranei.
Pur comprendendo le difficoltà operative derivanti dalle massicce infestazioni della cimice asiatica, si fa presente che attualmente in Italia sono disponibili, come detto, altre molecole alternative al clorpirifos-metile, che possono essere efficacemente usate per la protezione delle coltivazioni. Inoltre, anche se la lotta chimica risulta purtroppo il principale riferimento per il contenimento del pericoloso fitofago, il ricorso ai trattamenti insetticidi non costituisce la soluzione al problema poiché non sempre il loro impiego risulta efficace. Ciò è dovuto anche alla estrema mobilità degli adulti che mostrano anche una spiccata capacità di reinfestazione delle piante anche se già trattate. Più in generale, alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che per il controllo di Halyomorpha halys, la lotta chimica non possa essere considerata la soluzione definitiva, risultando invece assolutamente necessario perseguire un approccio eco-sostenibile mediante l’applicazione di strategie di gestione integrata (IPM) che considerano anche mezzi alternativi. Tra questi si segnalano l’applicazione di reti di esclusione, l’uso delle trappole a feromone di aggregazione che possono essere utili per la cattura massale e come supporto per il monitoraggio della cimice per trattamenti insetticidi tempestivi e possibilmente localizzati ai margini delle coltivazioni. Ma, soprattutto la strategia IPM prevede l’integrazione con tecniche di controllo biologico. Infatti, nel lungo periodo la strategia vincente potrebbe risiedere nella lotta biologica mediante antagonisti naturali che vivono a spese delle uova della cimice asiatica per il contenimento stabile delle sue popolazioni. Di fatto, si prevede l’impiego sia di nemici naturali indigeni, come Anastatus bifasciatus, che soprattutto esotici, come Trissolcus japonicus, noto anche come “Vespa samurai”. A questo riguardo il MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) per il tramite dei centri di ricerca del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e altri centri di ricerca italiani, si stanno già fortemente impegnando per attuare prima possibile uno specifico Programma di Lotta biologica per il rilascio della Vespa samurai a livello nazionale (vedasi nota Georgofili INFO del 11/9/2019 a cura di Pio Federico Roversi - http://www.georgofili.info/contenuti/risultato/13552).