Siamo ormai vicinissimi al 2 novembre … come e quando nasce la funzione del cipresso come pianta funebre e celebrativa dei defunti?
Il cipresso comune (Cupressus sempervirens L.) originario dell’Iran, dell’Asia minore e della parte orientale dell’area mediterranea, è stato coltivato e diffuso in Italia centrale e nel Mediterraneo prima dagli Etruschi e poi in epoca romana, per l’interesse ornamentale, ma anche per la sua utilità come pianta di uso domestico, per la qualità del suo legno e per il suo ruolo simbolico. Per la forma netta ed essenziale della chioma che si staglia verso l’alto, il cipresso trasmette sacralità e spiritualità. Gli Egizi piantavano il cipresso intorno ai templi dedicati agli dèi del sole, i Persiani vi coglievano l’immagine evocatrice della fiamma e del fuoco e quindi della vita e dell’immortalità. I Greci lo consacrarono a Plutone, dio dell’oltretomba, ma lo considerarono anche simbolo di fertilità. Per la sua immutabilità, i Romani lo impiegarono come albero funebre, per evocare la vita eterna e per donare ombra e senso di pace e accompagnare il riposo dei morti. Da qui, la tradizione popolare ha associato il cipresso alla morte e alla celebrazione dei defunti, con il significato ambivalente di albero della morte e della vita nell’aldilà. In Toscana il cipresso è presente nelle campagne vicino a cimiteri, tabernacoli, edicole e simulacri (le cosiddette Maestà), chiesette e santuari, ed assume una veste augurale e positiva. ‘Il cipresso è triste fuorché in Toscana’, ebbe a scrivere Curzio Malaparte. Mentre in ‘Davanti San Guido’, Giosuè Carducci, elesse i cipressi ‘alti e schietti’ a simbolo di valore morale e nobili ideali.
Il cipresso è un elemento iconico del paesaggio toscano utilizzato anche come indicatore di confini, anche questo ruolo appartiene all’antichità?
In generale si può dire che la diffusione del cipresso nel paesaggio sia il risultato di tradizioni di origine antica, legate alla sua funzione simbolica e alle diverse forme di utilizzo, tramandate per generazioni e trasformatesi nel corso del tempo. In Toscana il cipresso assume un ruolo insostituibile e autentico nel territorio, profondamente legato alla vita e al lavoro della sua gente.
Secondo un’usanza diffusa già ai tempi dei Romani, il cipresso è stato usato, in virtù della sua longevità, come segnale di confine tra fondi adiacenti e appare spesso isolato o in compagnia sia in zone collinari che nelle pianure. L’usanza di collocare due cipressi all’ingresso delle proprietà è tuttora molto seguita. Il cipresso è stato tradizionalmente utilizzato in Toscana per la segnalazione di strade, incroci, ostelli ecc., in questa veste il cipresso esercita una forte caratterizzazione del paesaggio.
Il cipresso è stato inoltre tradizionalmente utilizzato come pianta di uso domestico e agricolo per separare i filari dei frutteti e per sostenere la vite, per difendere i campi coltivati dall’assalto degli stormi e per cacciare gli uccelli attraverso la stesura di apposite reti, per il sostegno dei pagliai dopo avervi asportato i rami. Cipressi venivano piantati intorno alle coloniche in occasione della nascita di ogni figlio. Questa consuetudine riprende quella diffusa in epoca romana, secondo la quale veniva piantato un boschetto di cipressi alla nascita di ogni fanciulla perché con il tempo andasse a costituire la sua dote. L’eminente effetto ornamentale del cipresso è stato apprezzato dai tempi antichi, nei giardini dell’antica Persia, dei Romani, e successivamente nel giardino rinascimentale e in quello otto-novecentesco.
La pianta di cipresso oggi gode di buona salute? Quali sono le principali problematiche e avversità?
Il cipresso, considerato sin dai tempi antichi pianta dotata di grande forza adattativa e resistenza, nell’ultimo secolo si è trovato a dover fronteggiare la grave pandemia rappresentata dal cancro corticale. La Toscana, ove questa pianta riveste un ruolo unico ed esclusivo a livello paesaggistico, storico e culturale, dagli anni ’50 ha risentito in maniera massiccia delle perdite subite dai popolamenti di cipresso in seguito agli attacchi di Seiridium cardinale, l’agente fungino responsabile della malattia, che dalla California si è poi diffuso in tutti i continenti. Dopo le devastanti epidemie verificatesi per tutta la seconda metà del secolo scorso, oggi, anche grazie alle misure di controllo intraprese, il cancro corticale ha gradualmente raggiunto la cosiddetta fase endemica in buona parte del territorio italiano e della Toscana. Gli attacchi sono ancora visibili sulle chiome, ma sono generalmente meno frequenti e nel complesso hanno un minore impatto, con delle eccezioni però. In alcune aree, ove le condizioni ambientali sono particolarmente predisponenti, il cancro corticale rappresenta ancora un fattore significativo di deterioramento. Una su tutte, il Viale di Bolgheri. La salvaguardia dei cipressi monumentali del viale è una battaglia di cui non si vede al momento la fine e che richiede tutt’ora sforzi incisivi e continui.
Un’altra problematica sanitaria che ha un forte impatto sul paesaggio è quella dovuta all’afide Cinara cupressi. Le infestazioni periodiche (in genere ogni 15-20 anni) producono un effetto molto appariscente che si manifesta con l’arrossamento generalizzato delle chiome. Nella sua drammaticità, il danno è tuttavia reversibile e i cipressi attaccati recuperano autonomamente nel giro di qualche anno.
Come ha risposto la ricerca scientifica a riguardo?
La difesa del cipresso nei confronti del cancro è stata impostata negli anni su una strategia di controllo integrato. Sono state messe a punto strategie per la conduzione efficace e mirata della bonifica fitosanitaria per la salvaguardia delle alberature e la cura delle piante malate. Sono state definite misure agronomiche e di profilassi chimica per ridurre il verificarsi delle infezioni e è stato sviluppato da IPSP-CNR un programma di miglioramento genetico per la selezione di varietà di cipresso resistenti al cancro, disponibili in commercio. Questa strategia, che ha richiesto l’impegno massiccio e la collaborazione di enti territoriali (Regione, Province, Comuni) e istituzioni di ricerca, ha permesso di tutelare il ruolo del cipresso nel paesaggio. Progetti internazionali e locali hanno valorizzato l’attitudine polivalente di questa pianta, sfruttando la sua capacità di rispondere bene alle sollecitazioni ambientali legate ai cambiamenti climatici.