Nei cibi vi è un mondo sensoriale nel quale si distingue tra gusto organo di senso (vista, olfatto, udito e tatto) e sapore caratteristica sensoriale di tipo gustativo (dolce, salato, acido, amaro, il recente umami e forse altri sapori). In un contesto socioculturale il gusto degli alimenti e la sua formazione sono oggetto di ricerca da parte delle scienze antropologiche che dimostrano una notevole variabilità nei sistemi di categorizzazione dei gusti nelle popolazioni umane. Per esempio, se noi oggi distinguiamo cinque sapori (salato, acido, dolce, umami e amaro) i tailandesi distinguono otto sapori: dolce, salato, amaro, acido, piccante, scialbo, astringente e grasso, più gli odori che per sinestesia rafforzano i sapori per cui un piatto può avere un buon odore salato o un buon odore dolce.
Il mondo sensoriale del gusto, oggetto di ricerca anche negli animali, riguarda i ricettori presenti nelle cellule delle papille gustative e la loro genetica. Ciascuno dei cinque sapori (salato, acido, dolce, umami e amaro) è rilevato dalle cellule gustative divise in tre tipi (I, II e III) e le cellule di tipo II sono suddivise in cellule dolci, umami e amare dove i recettori corrispondenti interagiscono con carboidrati, proteine, lipidi e altre sostanze gustative per promuovere la percezione del gusto. Per il gusto umami la stimolazione dei recettori da parte del glutammato attiva le fibre nervose con informazioni trasmesse al cervello ai neuroni che si trovava nell'area del gusto della corteccia orbitofrontale e dove la rappresentazione del gusto umami è separata dalla rappresentazione degli altri gusti di dolce, salato, amaro e acido.
Nel molto complesso quadro di conoscenze, ai singoli gusti è attribuito un ruolo funzionale come la ricerca di alimenti ricchi di energia (zuccheri e cibi dolci), contenenti sale necessario per l’equilibrio elettrolitico del corpo o amari e quindi da evitare. Il gusto umami permette di rilevare alcuni amminoacidi e gli è attribuito il ruolo di cercare e apprezzare alimenti ricchi di proteine, ma anche gastronomico, quindi edonistico. Infatti, il gusto umami sembra determinare la “bontà” al cibo, come indica il suo nome che in giapponese significa “delizioso”, termine poi tradotto in “saporito”.
Il gusto umami, identificato nel 1908 da Kikunae Ikeda (1864 – 1936) professore di chimica all'Università Imperiale di Tokyo, ha un sapore carnoso e saporito, un gusto complesso e sottile anche in alte concentrazioni che esalta la salinità o la dolcezza di altri cibi. Il gusto umami è dovuto a molecole dette anche esaltatori di sapidità presenti nella carne (glutammati e inosinati), nelle piante (guanilati) o in entrambe (glutammati), nei funghi, nei frutti di mare e in alcuni ortaggi (pomodoro). Anche l'invecchiamento e la fermentazione di alcuni alimenti crea glutammato libero e per questo formaggi e salumi stagionati sono particolarmente gustosi.
Il gusto umami deriva dalla presenza di ricettori specifici, ma con quale finalità si sono sviluppati e sono stati modellati dalle forze evolutive riflettendo gli adattamenti delle specie ai loro ambienti chimici e all'ecologia alimentare? Perché esiste e quale è il ruolo del gusto umami del buon cibo nell’uomo e anche in animali nei quali è dimostrata la presenza dei geni che determinano la presenza di ricettori umami (topo, ratto, cane e in parte forse anche in qualche pesce)?
Molto probabilmente il gusto umami con la sua complessa genetica è correlato ad un’alimentazione carnea e di cibi ricchi di taluni aminoacidi come il glutammato. Oggi possiamo inoltre ritenere che la gradevole percezione del gusto umami probabilmente è intervenuta nella cottura della carne, prima sulla brace e poi in brodo, dando inizio alla cucina, intervenendo poi al suo sviluppo e a quello delle salse di carne, giustificando anche i successi di alimenti fermentati ricchi di glutammato come i formaggi e del pomodoro con le sue salse in tutte le cucine mondiali. Senza arrivare a pensare a una genetica della gastronomia, l’umami potrebbe aver partecipato allo sviluppo dell’arte gastronomica in un godimento del cibo e quindi di un’alimentazione con caratteri edonistici.