Gocce di civiltà in un mare di plastica

di Paolo Ranalli
  • 24 September 2025

Il titolo di questa nota è una metafora che evoca una critica potente alla società moderna, che ha raggiunto un alto livello di sviluppo tecnologico e culturale ("civiltà"), ma allo stesso tempo ha creato un problema ambientale massiccio e insostenibile ("un mare di plastica"). Le "gocce" sono ciò che resta di un'etica ambientale che sembra perduta.
Si sperava che i negoziati, appena conclusi a Ginevra, potessero fornire una opportunità cruciale per affrontare il problema globale dell'inquinamento da plastica e redigere un Trattato internazionale giuridicamente vincolante. Dopo dieci giorni di trattative non si è raggiunto alcun accordo e, all’undicesimo giorno, i rappresentanti di 183 Stati Onu si sono salutati divisi come prima (un altro buco nell’acqua!).
Otto miliardi di tonnellate di rifiuti plastici invadono, oggi, il Pianeta. Le Nazioni Unite hanno calcolato che nel mondo ogni anno vengono messe sul mercato oltre 460 milioni di tonnellate di plastica e di queste circa il 75% finisce nei rifiuti: un trend che potrebbe portare entro il 2050 la produzione globale a raggiungere le 884 milioni di tonnellate. Una vera e propria invasione. Nessun luogo è risparmiato: dalla cima dell’Everest ai fondali degli oceani, passando per le cosiddette “Garbage patches”, isole nate dall’incontro di grandi, enormi, ammassi galleggianti di rifiuti plastici. Per non soffocare in un mare di rifiuti, scelte più consapevoli e una corretta raccolta differenziata non è solo un buon proposito, ma una responsabilità che deve essere condivisa.   
Particolarmente nocive sono le microplastiche, ovvero i frammenti inferiori a 5 millimetri derivanti dalla degradazione di rifiuti plastici. Una volta rilasciate nell’ambiente, queste minuscole particelle possono persistere per secoli, infiltrandosi in ogni angolo del pianeta: dai poli agli oceani, ai fiumi, ai laghi, ai suoli agricoli ed all’aria che respiriamo. Questo ne rende la rimozione estremamente difficile, se non impossibile.
Inoltre, esse possono assorbire e concentrare inquinanti chimici come pesticidi e ftalati (composti additivi della plastica): questi si legano alla superficie delle microplastiche, che diventano, così, delle “spugne tossiche". Ciò è rilevante negli ecosistemi marini. Infatti, le ostriche e le cozze sono spesso definite le “sentinelle del mare” per la loro capacità di filtrare grandi quantità di acqua e trattenere al loro interno una vasta gamma di sostanze, comprese le microplastiche. Sono così considerate ottimi indicatori dello stato di salute degli ecosistemi costieri e della presenza di inquinanti. Una volta ingerite, le microplastiche possono ostruire l’apparato digerente di queste specie ittiche, causandone la morte per fame. Oppure, possono risalire la catena alimentare arrivando fino all’uomo, veicolando, in questo caso, anche le sostanze chimiche presenti nel mare.  

Impatto sulla salute umana
La ricerca degli effetti delle microplastiche sulla salute umana è ancora in una fase iniziale, ma un numero crescente di studi scientifici sta evidenziando potenziali rischi e correlazioni preoccupanti. Le microplastiche entrano nel corpo umano principalmente attraverso: ingestione (cibo e bevande, soprattutto acqua in bottiglia, pesce, sale marino), inalazione (aria inquinata da particelle di plastica), contatto cutaneo (attraverso cosmetici e prodotti per la cura personale).
I potenziali rischi per la salute includono:
Danni fisici e infiammazione
Le microplastiche, specialmente quelle più piccole (nanoplastiche), possono essere assorbite dall'intestino e distribuite attraverso il sistema circolatorio in tutto il corpo. Studi preliminari hanno mostrato che possono accumularsi in organi come fegato, reni e intestino. Una volta lì, le particelle, a causa della loro natura estranea, possono scatenare una risposta immunitaria e infiammatoria. Questo processo può portare a stress ossidativo e danni cellulari, contribuendo a disturbi metabolici e a una disfunzione del sistema immunitario.
Rilascio di sostanze chimiche
Le microplastiche non sono solo frammenti di plastica inerte. Durante la produzione, vengono aggiunti numerosi additivi chimici per conferire loro specifiche proprietà (esempio, resistenza, flessibilità, colore). Una volta nel corpo, questi composti possono essere rilasciati e agire come interferenti endocrini, ovvero sostanze in grado di alterare il sistema ormonale. Tra questi si annoverano ftalati e bisfenolo A (BPA), che sono stati associati a squilibri ormonali, problemi riproduttivi e, potenzialmente, anche a tumori degli organi fortemente regolati da ormoni (mammella, prostata)
Effetti di genotossicità e neurotossicità
Studi di laboratorio hanno suggerito che le microplastiche possano indurre effetti genotossici, ovvero danni al DNA e mutazioni cellulari, aumentando il rischio di sviluppare il cancro. Le microplastiche e le sostanze chimiche che trasportano sono anche studiate per il loro potenziale neurotossico, con ricerche che indagano un possibile impatto sul sistema nervoso, inclusi i rischi per lo sviluppo embrionale e lo sviluppo cognitivo nei bambini, poiché le nanoplastiche sono in grado di superare la barriera emato-encefalica e la placenta.

Come proteggerci?
Per il contrasto a questa emergenza ambientale, non esiste una singola soluzione miracolosa. Tuttavia, l'azione congiunta di governi, centri di ricerca, industrie, associazioni e singoli cittadini, basata sulla prevenzione, sulla rimozione e sull'innovazione, può ridurre drasticamente l'immissione di nuova plastica e ripulire gran parte di quella esistente. Come fare? 
La soluzione più efficace è agire alla fonte, riducendo la produzione e il consumo di plastica a livello globale. Portandoci, invece, sul piano pratico, vi sono azioni a livello individuale (ridurre l’uso di plastica monouso, fare una corretta raccolta differenziata, scegliere capi in fibre naturali, evitare cosmetici con microplastiche), a livello di comunità (filtrazione avanzata nei fiumi, i principali vettori di plastica verso gli oceani: si stima che, agendo sui 10 fiumi più inquinanti del mondo, si potrebbe ridurre la plastica negli oceani del 45% in pochi anni; ricerca di polimeri naturali alternativi e miglioramento del riciclo), a livello politico e di cooperazione internazionale (negli oceani, progetti come The Ocean Cleanup e droni marini sono efficaci per raccogliere i rifiuti plastici galleggianti, ma fanno fatica a gestire le microplastiche e la plastica sommersa, che rappresentano la maggiore fonte di inquinamento; la ricerca con robot sottomarini e intelligenza artificiale per mappare e raccogliere questi rifiuti è in crescita).
Infine, il coinvolgimento dei cittadini: campagne di pulizia delle spiagge e progetti di volontariato sono un asset importante per la rimozione dei rifiuti e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica.