Piante nello spazio

di Stefano Mancuso
  • 07 October 2010
L’interesse per la crescita e riproduzione delle piante nello spazio è recentemente aumentato in concomitanza con la possibilità di realizzare missioni spaziali di lunga durata. La positiva riuscita di queste è subordinata all’utilizzo delle piante per la fissazione dell’anidride carbonica, la produzione di ossigeno, la depurazione dell’acqua, la produzione di cibo e, di non minore importanza, l’effetto positivo che il verde ha sullo stato psicologico degli astronauti.
Semplificando alquanto, per una pianta così come per ciascun organismo vivente, l’ambiente spaziale differisce da quello terrestre per le diverse condizioni di gravità (solitamente minore) e per una maggiore influenza dei raggi cosmici. Piante cresciute nello spazio in condizioni di assenza di gravità, sebbene possano presentare problemi di aberrazioni cromosomiche o cambiamenti nel ciclo biologico, riescono normalmente ad adattarsi.
Per studiare gli effetti delle variazioni di gravità sulle piante, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) mette a disposizione dei ricercatori oltre all’ISS (International Space Station), anche altri sistemi quali i voli parabolici, la drop tower di Brema, i sounding rockets e la supercentrifuga di Nordweijk. Tutti questi mezzi sono stati utilizzati negli ultimi anni da ricercatori dell’università di Firenze nell’intento di studiare gli effetti della variazione di gravità sulla fisiologia delle piante.
I risultati ottenuti hanno permesso di formulare l’ipotesi che i cambiamenti dell’accelerazione gravitazionale costituiscono uno stress sulla fisiologia della pianta, non dissimile da uno stress abiotico o biotico. Al pari di ciò che accade per questi stress, è possibile acclimatare le piante perché tollerino meglio le variazioni di gravità.
Recentemente è stato possibile confermare questa ipotesi grazie all’utilizzo della supercentrifuga dell’ESA. Sono stati eseguiti rilievi riguardanti parametri di stress su piante sottoposte a cinque volte la gravità terrestre (5g) che avevano però subito in precedenza, una lunga acclimatazione a 2g. Confrontando i risultati con i rilievi ottenuti su piante non acclimatate si è ottenuta la conferma che l’acclimatazione è in grado di migliorare molto le performance sotto stress. Nel febbraio del 2011, grazie ad uno degli ultimi voli dello shuttle (verrà ritirato a fine 2011), l’astronauta italiano Roberto Vittori porterà con sé sulla ISS un esperimento dell’università di Firenze che chiarirà quali sono i principali geni, implicati nella segnalazione dello stress, che si attivano in assenza di gravità.
(Stefano Mancuso è direttore del LINV - Laboratorio Internazionale Neurobiologia Vegetale - http://www.linv.org/)

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