Il monte di Portofino e l’importanza della tutela ambientale

di Silvia Olivari*
  • 09 February 2022

La storia geologica del Monte di Portofino inizia circa 30 milioni di anni fa, età d’origine del caotico deposito detritico grossolano denominato Conglomerato di Portofino, che caratterizza i versanti meridionale e orientale del promontorio e lo distingue dalla retrostante catena montuosa, formata dai più antichi e diffusi Calcari di Monte Antola (50 M.A.). E’ una roccia tenace come il calcestruzzo, capace di contrastare l’erosione marina e la forza di gravità, di elevare la vetta sino a 610 m di quota e di modellarlo in cale inattese, fossi profondi e strapiombi vertiginosi, di distaccarlo per oltre tre chilometri e per tre lati dalla costa, quasi a farne un’isola.
Un’ isola più piccola di 1.500 ettari, collegata solo a nord alla terra ferma e perciò esposta all’azione climatica sia marina che continentale, alla facilità di raggiungerla; dove tutto è unico, dai panorami alle specie viventi (700 solo le botaniche tra cui rari endemismi), dalla quantità di acque sorgive terrestri e sottomarine (almeno 70) ai profondi suoli rossi di clima tropicale, conservati sino ad oggi dalla permanenza del bosco; dove le variazioni microclimatiche consentono la copresenza di molti ambienti diversi, altrove distanti anche centinaia di chilometri e qui solo pochi passi: l’ombra fresca del bosco di latifoglie decidue e quella cupa della lecceta, l’umidità dei fossati e l’aridità delle rupi costiere. Ciascuno di loro è poco esteso e caratterizzato da specie diverse, talvolta rappresentate da pochi esemplari, così da correre il facile rischio di scomparire: le Felci florida e cretica e la rara Salamandrina, localizzate lungo i fossi più umidi, possono andare perdute per un eccessivo prelievo di acqua sorgiva o per azioni che inducano a maggiori erosione e aridità; la Sassifraga spatolata, esclusiva del Monte di Portofino e delle Alpi Marittime, è facilmente scalzata dagli ungulati nelle rupi dove è confinata; così la Ninfa del Corbezzolo dispiega le ali nella macchia mediterranea tra le foglie del corbezzolo; il Falco pellegrino e il Corvo imperiale nidificano nelle pareti rocciose, solo se indisturbati.
Altrettanto vari e sorprendenti sono i paesaggi e i panorami creati dalle articolate pendici, ai cui margini i borghi apparirebbero banali, se privati del loro incontaminato e mutevole sfondo.
E’ la Repubblica di Genova ad emanare nel 1498 le prime norme scritte di salvaguardia, su proposta di otto esperti nominati dalla Comunità di Camogli, per limitare l’eccessivo sfruttamento dei boschi nel territorio di competenza: divieto per un periodo di 10 anni di accendere fuochi o bruciare alberi, di far legna e sradicare le ceppaie, di pascolare capre e pecore, con multe superiori anche ai cento fiorini, a favore dell’opera del porto e del molo di Genova, della Chiesa di S.M. Assunta di Camogli e del denunciante.
Nel 1935 la Legge n.1251 istituisce l’Ente Autonomo Monte di Portofino con sede a Genova, per realizzare la strada panoramica Camogli-Punta Chiappa-San Fruttuoso-Portofino e sottoporre il territorio del Monte di Portofino a “speciali vincoli allo scopo di conservare le bellezze naturali, di conservare e sviluppare la flora e la fauna, di conservare e restaurare i monumenti di pregio artistico e storico, di sistemare la viabilità, di disciplinare le costruzioni edilizie affinché esse contribuiscano alla bellezza del paesaggio”.
Difficoltà tecniche e guerra mondiale impedirono la realizzazione della strada panoramica, ma i 55 articoli di legge che vincolavano circa 1.061 ettari del Monte di Portofino riuscirono a salvaguardarlo dallo sfruttamento economico durante tutto il periodo bellico e dalla speculazione edilizia nei decenni seguenti, quando la rapallizzazione sfigurò i tratti delle Riviere.
Nel 1977 la Regione Liguria include il Monte di Portofino e la sua retrostante “cornice” montuosa nel programma di aree protette previsto dalla L.R. N.40 e nel 1978 assume le competenze dell’Ente Autonomo Monte di Portofino, soppresso in applicazione della Legge n.70/1975.
Nel 1986 la legge regionale n.32 abroga la precedente n.40/78, individua e disciplina il sistema di aree di interesse naturalistico-ambientale del Monte di Portofino e istituisce l’Ente Regionale del Monte di Portofino; quindi nel 1995 la legge regionale n.12 di riordino delle aree protette liguri abroga la precedente e istituisce l’attuale Ente parco di Portofino; questa viene ulteriormente modificata dalla legge regionale n.3/2019 che conferma l’inserimento del Parco regionale di Portofino nelle aree naturali protette di interesse regionale.
L’attuale perimetro del Parco regionale è individuato dalla legge regionale n.29 /2001 ed interessa una superficie di 1.056,26 ettari nei comuni di Santa Margherita Ligure, di Portofino e di Camogli, adiacente all’Area Marina Protetta di Portofino di 372 ettari, istituita con decreto del Ministero dell’Ambiente del 26 aprile 1999.
Il Decreto del Ministro della Transizione Ecologica n.332 del 6 agosto 2021 definisce la perimetrazione provvisoria, per una estensione di 5.363 ettari, e le misure di salvaguardia, rivedibili ed integrabili, del Parco nazionale di Portofino, il cui procedimento istitutivo è previsto con l’inserimento della lettera f-ter all’art.34, comma 1 della legge n.394/1991 ad opera dell’art.1, comma 1116 della legge n.205 del 27 dicembre 2017; il Decreto del Ministro della Transizione Ecologica n.434 del 27 ottobre 2021 istituisce il Comitato di gestione provvisoria del Parco nazionale di Portofino.
La tutela ambientale ha preservato nel tempo la bellezza e il patrimonio naturale del Monte di Portofino, impedendo la deforestazione e il pascolo, bloccando per quasi un secolo l’aggressione urbanistica dei suoi versanti, contrastando gli incendi boschivi. La continuità temporale della estesa copertura boschiva ha moderato l’erosione del suolo e alimentato le riserve idriche profonde, indispensabili per la vita selvatica ed anche per l’uomo.
Le rinunce agli interessi immediati di chi ci ha preceduto, ci hanno consegnato un bene comune di inestimabile valore estetico, culturale, storico, paesaggistico, ecologico e naturalistico, la cui importanza strategica era già ben nota ai cacciatori preistorici che si insediarono dall’Età del Bronzo a quella del Ferro nel Castellaro di Camogli.
Plinio il Giovane nel citare il Portus Delphini non mancò di notare i boschi circostanti, chiamando Selvea tutto il territorio da Portofino a Santa Margherita, nome conservato dall’Abbazia della Cervara, dove transitarono Caterina da Siena e Francesco I Re di Francia ed ancor oggi avvolta dalle chiome di una secolare lecceta.
Le istituzioni monastiche non furono insensibili all’attrazione suscitata dall’isolamento e dalla visibilità geografica del Monte, dove si insediarono nel Medioevo condizionando per secoli l’uso del territorio e l’evoluzione sociale: San Nicolò di Capodimonte sigilla dal XII secolo i versanti occidentali; San Fruttuoso di Capodimonte occupa da più di un millennio la centralità dell’omonima baia e le ampie proprietà dell’Abbazia hanno attraversato immutate i secoli.
Per “forza di legge” lo sviluppo turistico avviato all’inizio del secolo scorso ha dovuto mantenere un profilo elitario e rinunciare alle accoglienze di massa: i Grandi Hotel che ospitano oggi meeting e star internazionali hanno accolto un tempo la Regina Margherita e Gabriele d’Annunzio; le curve snodate sul mare della strada n.227 di Portofino e le romantiche ambientazioni delle moderne fiction globali sono quelle dei film culto degli anni ’50 e ’60; la sua indomita bellezza, ispirazione per tanti artisti, si offre intatta ai visitatori di ogni epoca e provenienza, increduli di tanta gratuita magnificenza.
Minuscolo ed intrigante, isolato ed accessibile è il Monte a dettare la misura alle intenzioni umane, a suggerire come e quanto trarne piacere e interesse, rispettando la qualità della sua vita.
Così l’Uomo e il Monte di Portofino hanno superato lo sgomento della Guerra e il delirio del boom economico, così ancora adesso dobbiamo con umiltà porci ai suoi piedi e chiederci cosa sia meglio per lui e per noi e riscoprire nella sua tutela la risposta comune.

*Geologa, Comandante del Reparto Carabinieri Parco Nazionale “Cinque Terre”

Nomi scientifici delle specie citate: Osmunda regalis L.; Pteris cretica L.; Salamandrina perspicillata; Saxifraga coclhearis L.; Caraxes jasius; Arbutus unedo L.; Falco peregrinus; Corvus corax; Chamaerops humilis L.; Ampelodesmos mauritanicus L.(Poir.) Durand & Fchinz; Galanthus nivalis L. 

L’ articolo è tratto da: SILVAE.IT, RIVISTA TECNICO-SCIENTIFICA AMBIENTALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI ISSN 2532-7828 17/01/2022.