Brodo di dado per Napoleone a Waterloo

di Giovanni Ballarini
  • 22 September 2021

Un tempo tutti gli studenti che leggevano I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, giunti al secondo capitolo imparavano che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi. Ma che cosa aveva bevuto Napoleone Bonaparte prima della battaglia di Waterloo? Probabilmente una tazza di brodo preparato con una tavoletta (o dado) secondo la ricetta del grande cuoco Marie-Antoine Carême (1783 – 1832) che era stato al suo servizio.
I dadi da brodo sono una invenzione antica e nel 1771 i Fratelli Reycends a Torino pubblicano tre volumi di autore anonimo dal titolo Del Viaggio ossia Istruzioni a’ Viaggiatori indicando l’opera come Utile non solo al viaggiatore, ma ancora a’ Soldati, Cacciatori, Mercanti ecc. Nel libro I "Del Viaggio" l’Articolo IV è dedicato alle Precauzioni, che ogni viaggiatore, sia per terra, sia per acqua, deve prendere avanti il viaggio e l’anonimo autore si premura di precisare che “i viaggiatori valetudinari devono munirsi avanti di partire di tavolette di brodo. Non vi sono che pochi traiteurs di Parigi, che ne facciano, e sono per credere che sarebbe cosa difficile ritrovarne anche nelle più grandi Città di Provincia. Il che mi obbliga di doverne dare qui sotto la composizione”. Le Tavolette secche e portatili di brodo sono preparate con vecchio cappone o pollo, bue magro e piede di vitello fatti bollire in acqua per otto, dieci ore, poi il brodo sgrassato è concentrato con la bollitura e poi disposto in sottile strato su piatti fino a quando è sufficientemente disseccato per essere tagliato in tavolette che si usano per fare il brodo.
Nei secoli passati si pensa che nella carne sia contenuto il nutrimento vitale e per questo in francese la parola viande e in italiano vivanda fanno riferimento alla vita, pensando che la parte nobile e nutriva delle carni sia nella porzione liquida estratta e concentrata nel brodo. Su questa ideologia nasce e si sviluppa la cucina dei brodi anche ristretti o concentrati (consommés), dei fumetti e dei brodi medicinali, delle glasse e via dicendo. Il maggiore esponente della cucina dei brodi è Antoine Carême (1783 – 1832) che è anche al servizio di Napoleone Bonaparte che nella sua summa culinaria (1833 – 1834) scrive un “Trattato dei brodi grassi e magri, dei consommés, fumetti e brodi medicinali, delle braisese, poêles, mirepoix, glasse, court-bouillons e paste per friggere”. In quest’opera vi è la ricetta della Glassa di pollo in tavolette molto simile a quella dell’anonimo piemontese del 1771 e usata da Carême per dare a Napoleone una tazza di buon brodo caldo durante i sui spostamenti e sui campi di battaglia.
I dadi da brodo non sono quindi un’invenzione recente o dell’industria italiana (Star e altre marche) o straniera (Maggi e risalendo nel tempo Liebig) e queste industrie hanno solo democratizzato e fatto evolvere un’idea ed una presentazione che la gastronomia e l’alta cucina avevano già inventato almeno due secoli prima. Molti ricordano, fin da prima dell’ultima guerra, dadi da brodo di carne e di vegetali di diverse marche, a sua volta un sostituto del vero brodo di carne. Dopo l’ultima guerra, i dadi da brodo evolvono con l’aggiunta del glutammato, un esaltatore di sapidità, e sono nobilitati nella pubblicità e nel Carosello della TV. Ancor oggi i dadi da brodo, trasformati anche in gelatine e granulati, resistono e sono propagandati da grandi cuochi od almeno dalla loro immagine e sono divenuti condimenti da usare in molte preparazioni culinarie.
Tra le Tavolette secche del XVIII secolo e la Glassa di pollo in tavolette del XIX secolo e i dadi per brodo dell’ultima guerra e d’oggi grande è la differenza, anche se esiste un collegamento perché tutte queste preparazioni nascono per essere usate in una cucina pronta in condizioni di difficoltà. Le tavolette settecentesche sono preparazioni da usare nell’emergenza di viaggi che si svolgono in con-dizioni non facili e quando è difficile trovare accoglienze gastronomiche e per questo l’anonimo piemontese del 1771 cita: “Eccettuatone li grandi cammini, qual brodo si trova nelle osterie? Soventi non se ne ha.” Un problema che oggi assilla chi si dedica alla cucina famigliare è quello del tempo e per fare un buon brodo tradizionale sono necessarie diverse ore di attenta e continua cura.
Oggi vi sono molte varietà di dadi, granulati e gelatine da brodo di carne o vegetali, ma con cosa sono fatti e cosa contengono queste preparazioni usate anche come condimenti di carni e verdure? Certamente non possiamo pretendere quello che l’anonimo piemontese e Carême riportano nelle loro ricette e abbiamo sono un’etichetta non sempre ben leggibile per dimensione dei caratteri ma soprattutto non facilmente interpretabile ad iniziare dai componenti! Quasi sempre, elencati in ordine di quantità, predomina il sale, quasi onnipresenti sono il glutammato e gli estratti di carne, vegetali o lievito, seguiti da una serie di composti chimici e di aromi, mentre spesso della carne non vi è quasi traccia, venendo a mancare quel nutrimento vitale che aveva dato origine alle parole di viande e vivanda.