Nel tartaro dei nostri antenati preistorici, le origini dell’agricoltura in Europa

  • 01 September 2021

La bioarcheologia è una scienza in grado di rivelare sempre nuovi scenari grazie a tecniche sempre più accurate delle analisi genetiche. In questo caso le attenzioni dei ricercatori si sono rivolte verso il tartaro, ricavato da resti umani ritrovati in siti archeologici italiani e dei Balcani, permettendo di confrontare le abitudini alimentari dei cacciatori-raccoglitori-pescatori del Paleolitico e Mesolitico con quelle dei primi agricoltori del Neolitico, individuando un particolare batterio del cavo orale, che ha permesso di ripercorrere le migrazioni dei primi agricoltori.
I risultati dello studio coordinato dalla Sapienza Università di Roma sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.
Il tartaro dentale è da sempre visto come un potenziale pericolo per l’igiene del cavo orale, mentre ora si è trasformato in un indicatore utile alla scienza e alla conoscenza. Consentendo di scoprire come si alimentavano i nostri antenati, grazie a microparticelle di cibo che sono rimaste intrappolate proprio nel tartaro. Consentendo di individuare di cosa si nutrissero in tempi molto remoti gli uomini primitivi.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto ERC Starting Grant HIDDEN FOODS dal team del laboratorio DANTE – Diet and ANcient TEchnology Laboratory del Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali della Sapienza, in collaborazione con l’Università di Vienna, ha consentito di delineare le tappe che hanno segnato in Europa meridionale la transizione verso l’agricoltura.
«Le analisi sui denti preistorici – commenta Claudio Ottoni, paleogenetista e primo autore dell’articolo – sono state condotte utilizzando tecniche avanzate di estrazione del DNA e di sequenziamento genico chiamate Next-Generation Sequencing (NGS) e hanno evidenziato come l’arrivo dei primi agricoltori abbia modificato solo parzialmente la composizione della flora orale degli antichi cacciatori. Attraverso lo studio della variabilità genetica e l’analisi filogeografica di una specie batterica che popola la cavità orale, l’Anaerolineaceae bacterium oral taxon 439, siamo riusciti a ricostruire il flusso migratorio dei primi agricoltori che, circa 8.500 anni fa, spostandosi dal Vicino Oriente, sono giunti nei Balcani e in Italia».
«Un cambiamento più profondo nella composizione della nostra flora batterica – spiega Claudio Ottoni – è avvenuto successivamente al Neolitico, come ha dimostrato il confronto con alcuni dataset di tartaro umano riferibili al 18° e 19° secolo fino a oggi. Nello specifico, i nostri risultati hanno evidenziato come l’attività funzionale della flora orale umana moderna sia mutata a seguito dell’uso massiccio di antibiotici a partire dagli anni ’40 del secolo scorso».
Un uso, quello degli antibiotici, che può derivare sia da eccessi nelle terapie destinate a curare le malattie che ci colpiscono, che dall’ingestione di animali trattati con grandi quantità di antibiotici non come cura, ma somministrati per prevenire le malattie causate delle condizioni di vita e di stress degli animali negli allevamenti intensivi. Un sistema che solo ultimamente ha iniziato a essere monitorato con grande attenzione per prevenire l’insorgere dell’antibioticoresistenza, che vanifica l’utilità dei principi attivi.

v. PNAS https://www.pnas.org/content/118/32/e2102116118

da: Rivistanatura.com, 1/8/2021