Stress abiotici, produzione di radicali liberi, etilene e acido ossalico

di Silverio Pachioli
  • 23 July 2025

Alte e basse temperature, elevata radiazione U.V., gelate, eccessi e deficit luminosi, ozono, siccità, asfissia radicale, metalli pesanti, vento, salinità, ecc. possono indurre nella pianta un aumento dei radicali liberi e la produzione di etilene nei tessuti vegetali. I radicali liberi danneggiano le membrane cellulari provocando una perossidazione dei lipidi delle stesse.
L’etilene prodotto a seguito di stress abiotico può trasformarsi in ossido di etilene, etilen-glicole e, infine, in acido ossalico. L’acido ossalico può “sequestrare” il calcio dalle pareti cellulari e dalle membrane danneggiate innescando il deterioramento dei tessuti dei frutti. Lo stesso etilene può portare a processi di senescenza e disfacimento dei tessuti, facilitando, così, l’ingresso di agenti patogeni.  

Biosintesi dell’etilene
La biosintesi dell’etilene è principalmente indotta da stress biotici e abiotici, per cui, spesso, è definito ormone dello stress. Studi fisiologici sull’interazione ormone-pianta hanno dimostrato che la produttività di una pianta è inversamente proporzionale alla concentrazione dell’etilene nell’ambiente; generalmente, una forte riduzione è visibile quando la concentrazione dell’ormone varia da 50-100 nmol mol- 1 di aria (Klassen e Bugbee, 2004). È stato osservato che la produzione di etilene aumenta all’aumentare della temperatura, entro determinati intervalli (Field, 1981; Ferrante et al., 2005b), in condizioni di stress idrico (Morgan e Drew, 1997), salino (Kamei et al., 2005), meccanico (Morgan et al.,1993; Biddington e Dearman, 1987) e in presenza di ozono inquinante (Vahala et al., 1998). Tuttavia, in alcuni casi, è stata anche evidenziata una diminuzione della produzione in condizioni di eccessi termici (Field, 1981) e/o a basse temperature (Ferrante et al., 2002) o in condizioni di prolungata carenza idrica (Morgan e Drew, 1997).  Probabilmente le alte (>35°C) o le basse temperature (0-10°C) possono inibire la sintesi dell’etilene riducendo l’attività degli enzimi ACS (ACC-sintasi) e/o ACO(ACC-ossidasi). Anche le condizioni nutrizionali possono condizionare la produzione dell’ormone. Di particolare importanza è la disponibilità di solfato, da cui deriva la produzione di metionina e, da questa, di S-adenosil metionina, che è il precursore diretto della via biosintetica.
L'etilene può accelerare la senescenza nelle foglie e la maturazione nei frutti (Abeles et al., 1992). Ciò potrebbe predisporre il tessuto allo sviluppo di malattie causate da alcuni patogeni, per lo più necrotrofici. Sebbene alcuni funghi patogeni possano produrre etilene quando crescono su terreni definiti, la produzione di etilene durante l'infezione da B. cinerea è più spesso attribuita alla pianta ospite infetta.

L’acido ossalico nelle piante: biosintesi e funzioni
È stato proposto che l'ossalato, nelle piante, può essere sintetizzato tramite tre principali vie: la via dell’acido glicolico/gliossilico, la via dell’acido ascorbico e quella dell’acido ossalacetico. A tutt’oggi, però, rimane oggetto di dibattito quale di queste contribuisca in modo significativo alla biosintesi dell’acido ossalico nei vegetali. La degradazione dell'ossalato avviene attraverso l'ossidazione, la decarbossilazione e l'acetilazione. L'ossalato ossidasi, che è uno dei più importanti enzimi di degradazione degli ossalati, scompone l'ossalato in anidride carbonica e perossido di idrogeno.
L’ossalato, nelle piante, può avere sia ruoli positivi che negativi. Il ruolo positivo include la regolazione, il sequestro o l'escrezione di ioni calcio e/o il mantenimento dell'equilibrio ionico (omeostasi), la fotosintesi (fonte di carbonio per produrre CO2), alcuni processi di difesa delle piante (He et al., 2013).
Alcune piante (Portulaca, Amaranthus hybridus, Pelargonium peltatutum, ecc.) possono utilizzare come fonte di CO2 per la fotosintesi quella proveniente dalla decarbossilazione dell'ossalato; ciò può avvenire dinamicamente durante il giorno o come risposta a fattori di stress, come il trattamento con acido abscissico, la siccità o la carenza di carbonio (Tooulakou et al., 2016, 2018).
Gli ossalati, in quanto sostanze tossiche, partecipano al sistema difensivo della pianta come “armi” chimiche. Agiscono come antinutrienti, influenzando il metabolismo di calcio e magnesio, e reagendo con le proteine per formare complessi che hanno un effetto inibitorio nella digestione peptica da parte dei vertebrati (Massey et al ., 2001 ; Thakur et al., 2019); inoltre, sono coinvolti nelle reazioni di difesa dei tessuti vegetali contro i patogeni attraverso la loro degradazione ossidativa, mediata dall’ossalato ossidasi, e relativa produzione di  H2O2 che partecipa a una serie di funzioni vitali come la lignificazione e l'induzione della morte cellulare programmata (Smirnoff & Arnaud, 2019). L’acido ossalico è stato anche utilizzato come induttore di resistenza contro diversi funghi fitopatogeni, in particolare in post-raccolta.
Sebbene l’ossalato offra molti benefici alle piante, l’accumulo eccessivo o l’esposizione a lungo tempo può causare una serie di disturbi fisiologici, quali l’interruzione dell'integrità della membrana, il blocco del metabolismo mitocondriale, la precipitazione di metalli, la formazione di radicali liberi, ecc.
L’acido ossalico è anche sintetizzato e secreto da numerosi patogeni fungini (es. Botrytis e Sclerotinia) e batterici durante la colonizzazione dell’ospite, con conseguenti significativi danni e perdite di raccolto.

Alcuni funghi fitopatogeni (Botrytis e Sclerotinia) producono acido ossalico
I funghi fitopatogeni Botrytis cinerea e Sclerotinia sclerotiorum secernono acido ossalico come cofattore nella patogenesi (Germeier et al., 1994;Verhoeff et al., 1988).
È noto che i ceppi carenti nella produzione di acido ossalico non sono patogeni e, quindi, non causano malattie. Sono stati proposti diversi ruoli dell'acido ossalico nell'interazione pianta-patogeno:
- La secrezione di acido ossalico acidifica il pH della superficie vegetale, favorendo così l'azione degli enzimi pectolitici che degradano la parete cellulare della pianta.
- L'acido ossalico interferisce con i meccanismi di difesa delle piante ospiti inibendo le attività delle polifenolossidasi, sopprimendo il burst ossidativo e manipolando l'ambiente redox dell'ospite.
- Un altro meccanismo sarebbe mediato dal sequestro del calcio dalle pareti cellulari per mezzo dell'anione ossalato, indebolendo così la parete cellulare della pianta. La rimozione degli ioni Ca2+ disturba le interazioni intermolecolari tra i polimeri pectici e interrompe l'integrità della struttura pectica. Di conseguenza, la matrice pectica assorbe acqua e rigonfia (Mansfield e Richardson,1981).
Sebbene ciascuna di queste ipotesi abbia la sua spiegazione logica, le prove a sostegno di esse sono incomplete e sono avanzate anche argomentazioni contro la loro validità (Dutton et Evans, 1996).

Radicali liberi, etilene e acido ossalico possono danneggiare le pareti e le membrane cellulari e favorire l’infezione di patogeni nelle piante
La secrezione di ossalato da parte dei funghi offre molti vantaggi per la loro crescita e per la colonizzazione dei substrati. L’infezione di Botrytis cinerea porta anche all'accumulo di radicali liberi, sia nell'interfaccia ospite-patogeno che a una certa distanza dalle ife invasori (Muckenschnabel et al., 2001), culminando nella perossidazione lipidica (Deighton et al., 1999; Muckenschnabel et al., 2001) e nella deplezione degli antiossidanti prodotti dal sistema di difesa della pianta (Muckenschnabel et al., 2002).
I radicali liberi dell’ossigeno (ROS) possono svolgere una duplice funzione nelle piante a seconda della loro concentrazione. I ROS, a concentrazioni da basse a moderate, regolano i normali processi di crescita e sviluppo delle piante e agiscono come molecole segnale per acclimatarsi allo stress ambientale e nei riguardi di alcuni patogeni. Tuttavia, a concentrazioni elevate ostacolano diverse funzioni fisiologiche delle piante attraverso l’alterazione del DNA e RNA, l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi (PUFA, perossidazioni lipidiche), l’ossidazione degli amminoacidi nelle proteine e la disattivazione di diversi enzimi mediante l’ossidazione dei cofattori; possono anche dare avvio alla “morte cellulare programmata”. L’attacco dei ROS provoca anche la frammentazione dei polisaccaridi della parte cellulare, modificando probabilmente la struttura e la funzione di queste molecole (es. l’H2O2 aumenta l’attività degli enzimi che degradano la parete cellulare).
L'etilene può svolgere un duplice ruolo nelle interazioni fungo-pianta, influenzando sia la pianta che l'agente patogeno. L’aumento nella produzione dell’ormone comporta un più rapido succedersi dei fenomeni associati alla maturazione e alla senescenza, favorendo l’infezione di patogeni, in particolare di quelli necrotrofici. In determinate concentrazioni può stimolare l'allungamento del tubo germinativo delle spore di Botrytis cinerea (Barkai‐Golan et al., 1989). Agisce come messaggero durante le interazioni pianta-patogeno.

Azoto: azione diretta e indiretta sullo sviluppo di alcune malattie
L'azoto influenza fortemente lo sviluppo della pianta e l'interazione ospite-patogeno. Adeguati livelli dell’elemento sono necessari per la resistenza alle malattie, tuttavia l'eccesso può favorire lo sviluppo di fitopatogeni e fisiopatie a causa di lussureggiamenti vegetativi (condizioni termo-igrometriche favorevoli per lo sviluppo di malattie), pareti cellulari più sottili e più deboli, ritardi di maturazione dei tessuti vegetali, antagonismi nutrizionali, ecc.; risulta anche un nutriente di base per i funghi patogeni, ed è necessario per la crescita del micelio, la sporulazione e il successo della colonizzazione.
A tutto questo si aggiunge l’effetto che l'azoto potrebbe avere sul contenuto di ossalati nelle piante, con conseguenti risvolti su alcuni processi biochimici e sull’interazione ospite-patogeni. È stato verificato che nel processo di riduzione dei nitrati c’è un importante produzione di ioni OH- che devono essere “tamponati” per mantenere costante il pH. L’acido ossalico è uno dei principali composti coinvolti in questo sistema di “tampone biochimico”; inoltre, lo ione NO3- inibisce l’attività dell’enzima ossidasi dell’acido ossalico, favorendo, così, l’accumulo del substrato. Accumuli di ossalico potrebbero verificarsi anche in presenza di elevati livelli di cationi (es. potassio-K+) e in molte situazioni di eccesso di vigoria, che generano una scarsa illuminazione dei frutti, con conseguente diminuzione dell’attività della nitrato riduttasi e accumulo di nitrati, che, a loro volta, possono innescare la biosintesi di acido ossalico.
Elevato livelli di ossalati sono stati rilevati anche nella fisiopatia del bitter pit nelle mele, facendo ipotizzare un loro coinvolgimento nei processi di assorbimento e deposizione del calcio nei frutti.
In definitiva, gli eccessi di azoto possono essere implicati, direttamente o indirettamente, in complesse vie metaboliche e interazioni correlate con la patogenesi di diverse alterazioni biotiche e abiotiche delle colture agrarie. 

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