Perché beviamo latte, non come gli altri mammiferi che lo fanno soltanto nella prima fase di vita, ma noi adulti e non di tutte le popolazioni? Quali sono i vantaggi di questo alimento e soprattutto perché dovremmo abbandonarlo, come sembra volere la crescente adozione di bevande vegetali come sostituti del latte vaccino, spesso incoraggiata per motivi ambientali e salutistici? Interrogativi questi che stanno stimolando ricerche che ci indicano come l'emergere della capacità di digerire il latte in alcune popolazioni è una pietra miliare nell'evoluzione umana, collegando il cambiamento genetico con una componente di costruzione di nicchia, vale a dire l'industria lattiero-casearia. Tutto questo anche se i benefici funzionali alla base della rapida diffusione della persistenza della lattasi in molte popolazioni umane, tra le quali quelle italiane, rimangono poco chiari. Fino a poco tempo fa si proponeva la combinazione del consumo di latte e della persistenza della lattasi come alimento ad una riduzione della mortalità materna, promuovendo la crescita del bacino dopo lo svezzamento, perché un'elevata assunzione di calcio avrebbe ridotto il rischio di deformità pelviche. Ora inoltre a questo si stanno aggiungendo altri elementi a favore del latte e due sono le nuove conoscenze.
Uno studio recente pubblicato sull’European Journal of Nutrition solleva interrogativi sulla adeguatezza nutrizionale dei sostituti vegetali del latte. Lawrence e collaboratori, ricercatori dell’Università di Melbourne, hanno analizzato gli effetti della sostituzione del latte vaccino con bevande vegetali non arricchite di vitamine sulla popolazione australiana utilizzando i dati del National Nutrition and Physical Activity Survey 2011-2012. L’obiettivo è stimare l’impatto di questa sostituzione sull’assunzione di riboflavina, vitamina B12, iodio e proteine, nutrienti di cui il latte vaccino è una fonte significativa. La ricerca dimostra che una sostituzione del latte vaccino con la maggior parte dei tipi di bevande vegetali sostitutive del latte ha un impatto negativo sull'adeguatezza dell'assunzione di riboflavina, vitamina B12, iodio e proteine all'interno della popolazione australiana.
Oggi sappiamo che il latte di mucca, pecora, capra e uomo, oltre ai nutrienti essenziali contiene composti bioattivi è dotato ed un ricco microbiota che nel latte bovino è composto da microrganismi che derivano da varie provenienze e, una volta nel latte, da qui possono svolgere una serie di ruoli. Questo microbiota deriva da fonti esterne di contaminazione ma soprattutto da microrganismi che arrivano alla ghiandola mammaria e da qui al latte per due vie: la via entero-mammaria e la via rumine-mammaria Questo microbiota influisce sul microbiota intestinale di chi beve il latte in diversi modi, tramite anche un effetto di cross-feeding, interazione simbiotica nutrizionale attraverso la quale un batterio crescere nell’organismo solo se un altro batterio gli fornisce il supporto necessario. Effetti che si hanno con un microbiota vivente, ma per certe conseguenze di cross-feeding sembra possano anche aversi per batteri inattivati dai trattamenti dolci usati nella sanitizzazione del latte (pastorizzazione).
L'addomesticamento dei mammiferi produttori di latte, la produzione di prodotti lattiero-caseari nelle popolazioni umane e i loro usi alimentari nell’uomo iniziano circa diecimila anni fa. In popolazioni dell'Eurasia e dell'Africa, in una coevoluzione genetica -colturale, l’uso alimentare del latte e suoi derivati provoca la comparsa e diffusione di varianti genetiche con una persistenza dell’enzima lattasi in persone adulte che permette l’uso del latte anche queste. Il consumo di latte in alimentazione umana fornisce una nutrizione più ricca di calorie, proteine e calcio ma non solo e nel passato si associa ad una crescita della popolazione umana. Nel presente e in un modello di coevoluzione gene-cultura nelle popolazioni umane persistono i benefici specifici della capacità di consumare latte per il benessere fisico.
Oggi si vuole sostituire il latte con bevande vegetali artificiali quasi sempre a basso contenuto calorico, ottenute da soia, avena e cocco basandosi soltanto sulla quantità di calorie o sull’assenza di lattosio e con proprietà nutrizionali molto distanti da quelle del latte di mucca. Bevande che sono da assimilare ai tanto detestati alimenti ultratrasformati o ultraprocessati, quando la bevanda vegetale contiene ingredienti aggiunti come zuccheri, stabilizzanti, aromi artificiali e altri additivi presenti in grande quantità o aggiunti per migliorare la gusto o la conservazione. Un latte di mandorle fatto in casa con mandorle e acqua non è ultraprocessato.
La sostituzione del latte con bevande vegetali può essere un rischio di inadeguatezza nutrizionale, non soltanto per il mantenimento di livelli di calcio considerando la sua alta biodisponibilità nel latte e bassa in altri alimenti soprattutto vegetali, ma anche per il suo apporto in riboflavina, vitamina B12, vitamina D, iodio e proteine nutrienti di cui il latte vaccino è una fonte significativa e che possono non essere presenti nelle bevande vegetali artificiali sostitutive del latte animale.
Bevande vegetali d’origine e produzione industriale che sono anche un errore culturale contrario a un’identità alimentare di cui tanto oggi si parla.