Una consapevolezza inaspettata

di Tommaso Pacini
  • 09 June 2021

Introduzione di Giacomo Lorenzini *

CIRSEC, il Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico dell'Università di Pisa ha organizzato un concorso a tema sul cambiamento climatico riservato agli studenti delle classi quinte delle scuole medie secondarie. Due le sezioni: grafica e narrativa.  Decisamente interessanti i premi, che consistevano in sei immatricolazioni gratuite a un qualsiasi corso di studio dell’Università di Pisa. Notevole la partecipazione con ben 58 opere presentate da ragazzi di 31 scuole (nove le province rappresentate).
Vincitore della sezione narrativa è Tommaso Pacini, allievo del liceo Classico XXV Aprile di Pontedera (PI). In parte autobiografico, ma con molti inserimenti di fantasia, il suo testo, intitolato “Una consapevolezza inaspettata”. Un ‘incontro’ fortuito con un articolo di giornale letto sul telefono in piena emergenza COVID e relativo alla prospettiva che le nuove condizioni climatiche mettano in crisi le piantagioni di caffè funge da innesco per un percorso che è un vero richiamo alla necessità di risvegliare, condividere giorno per giorno e mantenere a lungo la consapevolezza legata ai problemi ambientali, e in particolare a quelli legati al cambiamento climatico.

*Direttore CIRSEC, Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico dell'Università di Pisa

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“Finalmente la pausa, - dissi tra me e me - quella di oggi è stata una brutta mattinata”. Come sempre, tra un morso e l’altro al mio panino, mi dedicai allo smartphone: risposi ai messaggi, lessi le mail e diedi un’occhiata alle ultime notizie; questo è il rituale della pausa pranzo che va avanti di settimana in settimana.
Verso il nuovo decreto Covid”, lessi sulla testata del sito.
Scorsi poco più in basso: “Tra marzo e aprile 2020, Covid seconda causa di morte”.
Continuai: “In arrivo nuove dosi di vaccino”.
Finalmente qualcosa di diverso: “Come salvare il caffè dai cambiamenti climatici”.
Mi domandai con stupore cosa fosse venuto in mente ai giornalisti per mettere un articolo del genere insieme a quelli della pandemia, però ne restai incuriosito e cliccai per leggerlo interamente, “non sia mai che smettano di vendere il caffè!” pensai con fare sarcastico.
Non diedi una lettura particolarmente approfondita, ma, nonostante lo scarso impegno, riuscii a capire quale fosse il messaggio principale: visto il progressivo innalzamento della temperatura del pianeta, bisogna iniziare a considerare il fatto che alcune piante potranno risentire di queste variazioni apparentemente trascurabili, tanto che, a lungo andare, potranno estinguersi, obbligando l’uomo a cercare soluzioni alternative per ottenerne comunque i loro frutti.
Non mi ero praticamente mai soffermato a leggere un articolo di questo genere, ma questa lettura, per quanto superficiale, non mi lasciò indifferente: iniziai a provare una sensazione di vuoto e di disagio, di quelle che si provano quando ci si sente smarriti; simile a quella che si sperimenta pensando alla morte, cercando di immaginarci cosa proveremo e quale sarà il nostro destino.
“Mattinataccia”, pensai tra me e me, certo che quella sensazione non potesse derivare da quella insignificante lettura ma piuttosto dallo stress del troppo lavoro. Nel frattempo avevo finito di mangiare il panino, quindi, come di consueto, uscii per raggiungere la macchinetta del caffè all’inizio del piano: iniziai a guardare al caffè con occhi diversi; non riuscivo a volgere lo sguardo al bicchierino senza che mi tornasse in mente quello che avevo letto poco prima e senza togliermi dalla testa la domanda: “Ma saremo messi veramente così male?”. Ovviamente l’interrogativo svanì dopo un po’ senza una risposta.
Il pomeriggio passò più tranquillamente e a sera uscii dall’ufficio.
Mentre tornavo a casa con la mia auto iniziai a guardarmi intorno, andando alla ricerca di quali potessero essere le ragioni dell’estinzione di quella famosa pianta di caffè che aveva turbato la mia pausa pranzo: per fare questo, inconsapevolmente, dovetti riorganizzare tutte le conoscenze in materia di ambiente che possedevo e i luoghi comuni che spesso si sentono. Fu così che guardai con occhi diversi il traffico all’incrocio, il fumo che alcune auto emettevano, i camini dei palazzi più alti che fumavano, il nostro amato fiume di colore grigiastro; era la prima volta che osservavo queste cose con consapevolezza: non perché prima mi mancassero le informazioni per farlo, ma perché né io mi ero mai posto questo problema né qualcuno me l’aveva fatto notare in modo accurato.
“Ci voleva il caffè per farmelo capire!”, dissi tra me e me quasi prendendomi in giro.
La realtà però era veramente quella: la mia consapevolezza aveva bisogno di essere in qualche modo accesa e quell’articolo apparentemente insensato era riuscito a farmi aprire gli occhi, certo non per la paura che finisse il caffè su questa terra, ma perché, da una semplice considerazione di quel giornalista, ero riuscito a dare più importanza a questo serio problema. A proposito di luoghi comuni, come si suole dire: “La semplicità sta nelle piccole cose…”
Arrivai a casa con una certa soddisfazione pur non avendo fatto niente di particolarmente meritevole: tutto grazie ad un articolo sul caffè. Eppure mi sentivo un cittadino responsabile! E solo per essermi reso conto del problema!
“Se lo raccontassi, mi prenderebbero per pazzo! Lo terrò per me”, pensai mentre salivo le scale.
Ebbene sì, non fosse stato per quell’articolo forse non avrei mai preso sul serio il fatto che stiamo mandando in malora il nostro pianeta, per la nostra brama incessante di consumo e di denaro.
Proprio per questo, sento che su di me ora gravano due doveri in più: prima di tutto, devo ringraziare quel giornalista e tutti coloro che di giorno in giorno continuano a martellarci con i loro articoli sul clima e l’ambiente: spesso snobbiamo i loro lavori e quando ci compaiono sullo smartphone scorriamo più velocemente, però qualche volta accade che abbiano effetto, come è accaduto a me; un articolo che riesce a “convertire” anche una sola persona è già un successo.
Il secondo dovere è indubbiamente quello di iniziare anche io, come in molti già fanno, ad impegnarmi nel mio piccolo e nella mia azienda per intraprendere una linea ecologica e attenta all’ambiente; di questo ne sono proprio convinto: “È molto meglio guadagnare qualche euro in meno e dare una mano al pianeta che ci ospita, piuttosto che guadagnare distruggendolo”.
E chissà, magari tra qualche anno, tra le notizie, si parlerà anche della conversione ecologica della mia azienda!