La Cia celebra i 40 anni all’Accademia dei Georgofili

  • 13 December 2017
Rispetto a quaranta anni fa l’agricoltura toscana ha perso il 40 per cento della superficie agricola utilizzabile (Sau), quella italiana il 33 per cento. Sempre nel 1977 gli occupati in agricoltura in Italia erano il 16,7 per della forza lavoro ed il peso che aveva il settore primario nel pil nazionale era del 10,62 per cento. Già, altri tempi, altri numeri. Era il 1977 quando oltre alla Pac (Politica agricola comune) nacque la Cia – oggi Cia Agricoltori Italiani – che a Firenze nel prestigioso ‘tempio’ dell’agricoltura dell’Accademia dei Georgofili ha celebrato il quarantennale dell’organizzazione di categoria.
 
«L’immagine dell’agricoltura rispetto a quaranta anni fa è totalmente cambiata – ha sottolineato il presidente di Cia Toscana Luca Brunelli -. Allora il ‘contadino’ era visto come l’ultimo nella scala sociale, praticamente emarginato. Oggi essere agricoltore è di tendenza, ha un’immagine positiva e sempre più giovani vedono nella terra una concreta opportunità per il futuro. Ma a questo status non corrisponde un valore economico adeguato, serve un processo che parta dalla politica e che porti una giusta remunerazione alle aziende agricole italiane. Ma il futuro non lo scrivono gli agricoltori, per questo serve un’agricoltura più forte in un’Europa più forte e coesa. Nelle nostre aree rurali dobbiamo vivere dignitosamente e non sopravvivere; ma serve di dare quel valore all’agricoltura, quel valore che noi contadini gli diamo tutte le mattine quando andiamo in un oliveto o in una stalla».
 L’incontro dei Georgofili è stato moderato dal direttore della Cia Toscana Giordano Pascucci che ha ricordato: «quanto sia importante proseguire con i valori culturali che ci hanno permesso di arrivare ai 40 anni della Confederazione e che rappresentano il punto di partenza per guardare al futuro dell’agricoltura con rinnovato ottimismo, senso di appartenenza, puntando su innovazione, progettualità e quella dose di coraggio per affrontare e vincere le nuove sfide di mercato».
 Il professor Pietro Piccarolo dell’Università di Torino, vicepresidente dell’Accademia dei Georgofili, ha parlato dell’evoluzione dei processi produttivi e innovazione nell’agricoltura e nell’agroindustria. Ha ripercorso le diverse fasi del settore, dalla rivoluzione verde al digitale, passando dall’agricoltura conservativa a quella di precisione. «L’agricoltura italiana – ha ricordato Piccarolo – deve fare però i conti con una debolezza strutturale delle filiere, con un fatturato medio delle imprese agricole che ci vede agli ultimi posti in Europa e con un parco macchine con un’età media di 25-30 anni».
 E’ quindi intervenuto sullo sviluppo dell’agricoltura italiana tra vecchie e nuove sfide, il professor Vasco Boatto, dell’Università di Padova. Fra i temi trattati quello degli indirizzi della Pac: quanto costa il rispetto delle normative ambientali, benessere animale e sicurezza alimentare: «Il costo è di 262 euro ad ettaro (secondo uno studio del 2017 dell’Università di Bochum - ha ricordato Boatto – per un totale di 4,7 miliardi di euro; il greening ad esempio costa 0,8 mld di euro».
Le conclusioni sono state affidate al presidente della Cia Agricoltori Italiani Dino Scanavino, che ha spiegato ai presenti come sia doveroso «nel cambiamento innovare la rappresentanza agricola». Favorire il ricambio generazionale: «Per fare l’agricoltore non dovrebbe essere necessario acquistare la terra – ha detto Scanavino – perché oggi, per un giovane, acquistare la terra, un mandria o un parco macchine, non è oggettivamente possibile». Inoltre è fondamentale utilizzare i nuovi mezzi tecnologici: «Trasferire la conoscenza dalle università e dai centri di ricerca agli agricoltori, oggi i mezzi a disposizione ci sono».