Ranalli: Xylella fastidiosa subsp. pauca è un batterio fitopatogeno che ha causato ingenti danni agli olivi, in particolare in Puglia. Vive e si moltiplica all’interno dei vasi xilematici delle piante (i vasi che trasportano l'acqua e i sali minerali), blocca il flusso linfatico (causando carenze idriche e minerali) ed è responsabile della Sindrome del Disseccamento Rapido dell'Olivo (OQDS Olive Quick Decline Syndrome). Non si diffonde per contatto o per via aerea, ma è trasmessa esclusivamente da insetti vettori che si nutrono della linfa xilematica. In Italia, il vettore più comune è la sputacchina media (Philaenus spumarius). Donato, tu hai studiato molto questa patologia, puoi sintetizzarne i danni che ha provocato e la sua diffusione?
Boscia: Come dice il nome della sindrome, l’epidemia ha causato un fenomeno diffuso di disseccamenti dell’olivo che ha decimato una parte significativa dell’olivicoltura della penisola salentina e che adesso comincia, sia pur molto più lentamente, ad interessare alcune aree della Puglia centro-settentrionale. Se consideriamo che la Puglia è di gran lunga la prima regione olivetata d’Italia, dove in molte aree il paesaggio è caratterizzato da distese di olivi, spesso secolari, a perdita d’occhio, possiamo facilmente comprendere come il fenomeno, che ha comportato la perdita di milioni di alberi, rappresenti un’emergenza sociale ed ambientale, con un gravissimo impatto sull’economia dell’area. Dal punto di vista economico, i danni sono sicuramente ingenti. Un recente studio di economisti agrari dell’Università di Bari ha stimato, dal confronto tra il quinquennio 2008-2012 e 2017-2021, una perdita di redditività di 132 milioni/anno e una perdita di oltre un milione di ore di lavoro/anno, ma non è escluso che si tratti di una stima prudenziale e che i danni possano essere maggiori. Una stima che, oltretutto, non considera il crollo delle quotazioni della proprietà fondiaria. Ma quello economico è solo uno degli aspetti dell’impatto. Il danno paesaggistico è enorme, come pure quello ambientale. Al danno diretto del batterio va aggiunta l’accelerazione del fenomeno dell’abbandono, conseguente della perdita di redditività degli oliveti colpiti, che a sua volta genera un’altra grave emergenza ambientale, il fenomeno diffusissimo degli incendi estivi. In prospettiva, nonostante il programma ministeriale di rigenerazione del territorio, c’è il forte timore che la “rigenerazione” (reimpianto di olivo o di colture alternative, forestazione) possa restare limitata ad una quota minoritaria del territorio, in gran parte caratterizzato da piccola proprietà frammentata e dall’invecchiamento degli agricoltori: i cui eredi risiedono spesso fuori regione o, lavorando in settori completamente diversi, non sono motivati ad investire in “fazzoletti” di terra. Un quadro a tinte fosche, che vede l’esigenza di una solida cabina di regia con competenze interdisciplinari, idee molto chiare ed un imponente intervento di sostegno finanziario.
Ranalli: Per limitare la dannosità del patogeno, è fondamentale comprendere la sua epidemiologia, ovvero la sua dinamica di diffusione. A che punto sono le ricerche e la sperimentazione sul controllo dei vettori (Sputacchina) e sulle tecnologie di monitoraggio?
Boscia: I danni diretti sono causati dal batterio, ma in assenza degli insetti vettori, la Xylella sarebbe incapace di spostarsi e di nuocere; pertanto, in qualsiasi strategia di contenimento l’azione chiave è il controllo dei vettori. Assodato che, nelle nostre condizioni i vettori sono le sputacchine, in attesa che la ricerca metta a disposizione strumenti alternativi, quali efficaci nemici naturali o altre soluzioni innovative (per esempio, strategie basate sull’uso di RNA interferente), al momento il piano d’azione del Servizio Fitosanitario Pugliese prevede interventi di lotta sia con operazioni meccaniche che con trattamenti insetticidi. Operazioni raccomandate in tutto il territorio regionale e obbligatorie nelle aree più a rischio di ulteriore diffusione del batterio, a cavallo delle zone cuscinetto. Ovviamente, si tratta di azioni non risolutive ma di contenimento, mirate a ridurre ma non ad azzerare la popolazione dei vettori. Si tratta, comunque, di misure considerate efficaci, poiché è stato sperimentalmente verificato che una semplice fresatura, in concomitanza della presenza del picco delle forme giovanili delle sputacchine, è in grado di abbattere la popolazione del 95%. Il rallentamento della diffusione del batterio che si registra a nord del Salento è associato, evidentemente, ad una popolazione meno abbondante di vettori, dovuta anche all’applicazione delle azioni di contenimento. In questo un ruolo importante lo ha anche il monitoraggio degli stessi vettori, indispensabile per individuare, in ciascuna zona climatica, il momento del picco delle forme giovanili, quando le lavorazioni del terreno hanno la massima efficacia.
Ranalli: Un tema cruciale è lo sviluppo di varietà di olivo resistenti/tolleranti, in grado cioè di inibire oppure convivere con il batterio senza sviluppare la malattia grave. Mi pare che sia stata svolta una meritoria attività di screening della biodiversità olivicola pugliese per la ricerca di cultivar tolleranti e di nuove fonti di resistenza. A quali risultati ha portato?
Boscia: Al momento sono quattro (Leccino, FS17, Lecciana e Leccio del Corno) le varietà in cui sono stati osservati caratteri di resistenza o tolleranza che le autorità fitosanitarie hanno autorizzato per i reimpianti in zona infetta, in deroga al divieto del regolamento comunitario. Inoltre, a breve si concluderà una sperimentazione di campo avviata nel 2015 dall’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR (IPSP) con cui sono state piantate e tenute in osservazione alcune decine di cultivar: a breve, potremo disporre dei dati che consentiranno di stilare una graduatoria con diversi livelli di suscettibilità/tolleranza. Confidiamo che i caratteri di tolleranza di alcune di esse possano essere meritevoli di valutazione da parte delle autorità fitosanitarie. Come prospettive a medio termine, va segnalato lo stato avanzato di un programma di selezione di semenzali di olivo individuati in aree particolarmente colpite del leccese. Attraverso lo screening di centinaia di accessioni, sono state identificati quattro genotipi, tutti derivati da incroci naturali di Leccino, per due dei quali si stanno avviando le prove di iscrizione al Registro e, nel giro di qualche anno, potrebbero essere rilasciati come nuove cultivar.
Ranalli: Un programma di miglioramento genetico dell'olivo per creare linee resistenti che mantengano un'elevata qualità dell'olio è cruciale, anche se complesso e piuttosto lungo. E’ necessario, prima di tutto, elucidare i meccanismi di resistenza, ovvero come le varietà resistenti/tolleranti inibiscono o rallentano la diffusione del batterio all’interno della pianta. Occorre, poi, sviluppare metodi di selezione precoce per accelerare il processo di breeding. Al momento, qual è lo stato delle conoscenze in questi ambiti?
Boscia: Al momento, considerato anche il carattere poligenico della resistenza a Xylella fastidiosa, non si dispone ancora di metodi di selezione precoce, per cui, anche se lunga, la via che si sta percorrendo è quella del miglioramento genetico tradizionale partendo dalle fonti di resistenza, sia pur parziale, di cui si dispone. Il nostro Istituto, grazie alla sollecitazione del dottor Giovanni Melcarne ed alla disponibilità dei colleghi della sede di Perugia dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del CNR (IBBR), ha avviato dal 2019 un programma di miglioramento genetico che ha la sua base operativa a Gagliano del Capo (LE) e che vede già alcune migliaia di incroci le cui progenie sono attualmente in valutazione. E’ un’attività che rientra nei Progetti “Reach-XF”, finanziato dal MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), e “Omibreed”, finanziato dal MASAF (Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste), coordinati dalla dottoressa Maria Saponari, Dirigente di Ricerca dell’IPSP. A questi va aggiunta anche l’attività in corso di altri due grossi progetti di ricerca (NOVIXGEN e RIGENERA) finalizzati allo stesso obiettivo. Anch’essi sono finanziati dal MASAF e sono condotti, rispettivamente, da un consorzio coordinato dal CREA e dall’Università di Bari; sono stati avviati nel 2023, con l’obiettivo di costituire e sviluppare nuove cultivar in grado di limitare e/o ridurre la diffusione della Xylella fastidiosa in Italia.
Ranalli: In attesa di nuove varietà resistenti che eradichino la malattia, la ricerca sta esplorando attivamente strategie di contenimento e cure alternative, soprattutto per gli ulivi monumentali. Mi riferisco a tecniche di gestione avanzata degli oliveti, a protocolli di cura e risanamento, a biopesticidi in grado di ridurre le popolazioni dell’insetto vettore e ad altri. Cosa ne pensi?
Boscia: Come azione di contenimento, risulta sicuramente importante la gestione degli oliveti con le “buone pratiche agronomiche” che, oltre a garantire un buono stato vegetativo delle piante, ostacolano la crescita della popolazione degli insetti vettori.
Per la salvaguardia degli olivi monumentali, al momento sembra essere particolarmente promettente il sovrainnesto preventivo delle piante, ancora sane, con varietà resistenti/tolleranti. In questo ambito, con l’obiettivo di “individuare metodi di controllo di Xylella fastidiosa, il MASAF ha finanziato i progetti di due consorzi di ricerca, coordinati dall’Università della Tuscia (ANCOSIX) e dall’Università del Molise (INTEGROLIV), avviati anch’essi nel 2023. A questo scopo, sono previsti finanziamenti anche della Regione Puglia.