Negli ultimi mesi non sono mancate le informazioni di stampa riferite a situazioni di criticità per il comparto del nocciolo, lamentate sia dai tecnici che dagli agricoltori delle zone corilicole più affermate del nostro Paese. A tal proposito è opportuno distinguere tra i risultati più che appaganti riscontrati nei nuovi noccioleti realizzati con criteri moderni che rispecchiano i più recenti risultati dell’innovazione, in attinenza con quanto già da tempo applicato nella moderna frutticoltura, rispetto alla scarsa produttività lamentata in gran parte delle aree legate alle coltivazioni tradizionali del passato. Infatti, nel 2025 la redditività del nocciolo ha presentato scenari netti e differenziati a seconda del contesto produttivo e delle tecniche di coltivazione impiegate, evidenziando come gli agricoltori operanti nelle zone della corilicoltura storica si siano trovati sotto pressione a causa delle mutevoli condizioni climatiche e fitosanitarie, spesso aggiuntesi alle difficoltà organizzative e gestionali già note da tempo.
In tali comprensori tradizionali l’annata è stata caratterizzata da abbondante cascola non sempre attribuibile a una singola causa. Il fenomeno si è rivelato particolarmente preoccupante per i noccioleti situati in media collina e condotti con metodi classici, condizioni tipiche in tante delle aree di coltivazione che spesso vengono indicate come “vocate”. In questi contesti alcune criticità ben note sono state amplificate dagli effetti negativi derivanti dall’andamento climatico. All’origine della cascola, la cui massima evidenza si è manifestata in giugno, devono essere anche compresi alcuni fattori abiotici, come le piogge concomitanti con il momento della diffusione del polline, spesso sommatisi agli attacchi di specifici patogeni e al successivo ruolo svolto da diverse specie di cimici.
Per mettere a fuoco le difficoltà delle coltivazioni tradizionali appena dette è necessario evidenziare almeno le più importanti condizioni avverse, come elencate di seguito, che quest’anno sono affiorate con particolare evidenza, soprattutto nei contesti riferiti ad attività marginali che quasi mai si avvicinano ai connotati tipici dell’attuale frutticoltura.
Gli insetti abitano un universo prevalentemente “olfattivo” nel quale molte importanti funzioni vitali sono mediate da sostanze odorose da essi percepite attraverso complessi ed efficientissimi apparati sensoriali. Tali sostanze, conosciute come semiochimici, possono essere implicate nella comunicazione interspecifica, gli allelochimici, o regolare le relazioni comportamentali tra individui di una stessa specie, i feromoni.
Sebbene negli ultimi anni sia progressivamente aumentato l’interesse dei ricercatori per gli allelochimici, solo i feromoni, e in particolare quelli “sessuali” hanno trovato un crescente utilizzo nella protezione delle colture nell’ultimo cinquantennio.
Nei 66 anni trascorsi dalla prima identificazione di un feromone sessuale, quello prodotto dalle femmine del baco da seta, Bombix mori (Karlson & Luscher 1959), la ricerca ha via via posto le basi perché tali sostanze potessero essere oggi utilizzate come specifici attrattivi e mezzi di monitoraggio dei maschi adulti e soprattutto come inibitori degli accoppiamenti ai fini della conseguente riduzione delle uova e della progenie per centinaia di specie di insetti anfigonici di interesse agrario e forestale.
Nei lepidotteri, i feromoni sessuali sono prodotti dalle femmine a livello di ghiandole esocrine addominali ed esercitano una forte attrazione nei confronti dei maschi conspecifici sessualmente maturi. Da un punto di vista chimico sono costituiti da catene lineari insature idrocarburiche, solitamente con un numero pari di atomi di carbonio e con un gruppo terminale alcolico, aldeidico o acetato, le quali per loro natura sono altamente volatili e rapidamente degradabili.
Mentre nel caso dei lepidotteri la struttura chimica del feromone sessuale è oggi nota per centinaia di specie, in altri ordini di insetti lo studio di tali sostanze e, di conseguenza, il loro impiego, è molto meno progredito. Nelle cocciniglie, ad esempio, è stata finora descritta la struttura chimica delle miscele feromoniche - rappresentate perlopiù da esteri carbossilici di alcoli monoterpenici, emiterpenici o sesquiterpenici - di solo una trentina di specie appartenenti alle famiglie Diaspididae, Margarodidae, Matsucoccidae e Pseudococcidae.
Per il monitoraggio delle popolazioni adulte si utilizzano prevalentemente trappole con fondo collato innescate con erogatori impregnati con un analogo sintetico del feromone sessuale, che comprende uno o più componenti della miscela feromonica naturale. Queste trappole “a feromoni” vengono impiegate da decenni per stimare, attraverso la cattura di maschi, le cosiddette “curve di volo”, ovvero la dinamica dell’intera popolazione adulta e si configurano come uno strumento prezioso sia per valutare in termini relativi la consistenza demografica della specie, sia per prevedere, unitamente ai modelli previsionali, i periodi di ovideposizione e di sviluppo dei primi stadi preimmaginali, utili a definire i momenti ottimali per l’applicazione di misure di controllo ovo-larvicide.