Notiziario



La transumanza: da tradizione storica a nuova opportunità?

Il ritorno a qualche forma di agricoltura come, ad esempio, la transumanza, ripensata in chiave moderna, può avere due grandi benefici. Il primo è che riportando l’uomo sul territorio si interrompe quello stato di continuo degrado del territorio e il suolo riacquisterebbe la sua funzionalità in termini produttivi ed ecologici. Il secondo è di natura alimentare perché il pascolo in alpeggio migliora, non solo il benessere animale, ma la qualità dei prodotti da un punto di vista salutistico, esaltando le proprietà nutraceutiche delle essenze del pascolo, come ben riportato nel suddetto articolo.

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La transumanza tra passato, presente e futuro

La transumanza, nel senso etimologico del termine, è lo spostamento stagionale degli armenti lungo percorsi consolidati allo scopo di sfruttare razionalmente la disponibilità di foraggio. Diffusa in tutto il mondo in varie forme e modalità, in Europa ed in particolare in Italia, si presenta da una parte come transumanza mediterranea che vede il percorso dai monti verso le zone costiere e di pianura, e dall’altra come transumanza alpina, con percorsi dai fondivalle ai monti. Si tratta di un sistema di allevamento molto antico la cui origine si perde nelle fasi più remote della storia dell’uomo.
Lo scorso ottobre 2022, si è svolta nella tenuta presidenziale di Castel Porziano il convegno “Ripensare la Transumanza”, con lo scopo di proporre un confronto multidisciplinare sul tema della transumanza, da leggersi come articolato fenomeno connettivo socio culturale, alla luce anche del rinnovato interesse che tale fenomeno suscita sia sotto il profilo squisitamente produttivo sia quale pratica funzionale al presidio dei territori, alla loro valorizzazione, al ripristino delle connessioni ecologiche e alla conservazione delle tradizioni locali.
Ne abbiamo parlato con il georgofilo Alessandro Nardone, professore emerito di zootecnia generale e miglioramento genetico all’Università della Tuscia e oggi Presidente del Consiglio Scientifico della Tenuta presidenziale di Castelporziano.

Qual è oggi il valore della transumanza nel sistema zootecnico italiano e nel nostro patrimonio di cultura e tradizione?
La transumanza non è solo un fenomeno storico dal valore evocativo, ma una componente ancora vitale e attuale nel processo produttivo di realtà significative del sistema zootecnico, in Italia e in diverse aree del mondo. Vitalità e attualità sono testimoniate dall’entità odierna degli animali transumanti in Italia che approssima il 10% del patrimonio zootecnico nazionale, escludendo dal computo i sistemi di allevamento a elevata intensità di monogastrici e di produzione di latte. Valori percentuali molto più elevati caratterizzano talune regioni, quali Valle d’Aosta e Basilicata.
Altri due elementi ne attestano l’attualità: la crescente carenza di alimenti per gli animali e la nuova denominazione del Ministero dell’Agricoltura.
La biomassa assunta dagli animali al pascolo ha un significativo valore, sia economico per la pari quantità di alimenti che non devono essere coltivati, sia ecologico per il risparmio energetico e di emissioni che deriverebbero da una loro produzione e trasporto agli animali; inoltre, se non pascolata, la biomassa può essere potenzialmente fonte di emissioni per fenomeni combustivi naturali.
L’espressione “sovranità alimentare” presente nella nuova denominazione del Ministero dell’Agricoltura induce a ritenere vi sia la forte volontà di valorizzare il legame tra alimentazione umana, agricoltura, ecosistemi e culture, rivalutando biodiversità e mercati locali, come è nell’intendimento corretto della espressione. La transumanza risponde appieno a questi obiettivi, fuori di ogni implicazione di antitesi con le logiche dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio). 

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Amministrazioni e cittadini vanno educati alla cura e alla gestione del verde

Forestazione urbana: abbiamo già affrontato questa tematica su “Georgofili INFO”, dialogando con Alberto Giuntoli e Francesco Ferrini. Questa settimana, ne parliamo con un altro georgofilo, Marco Marchetti, ordinario di pianificazione forestale all'Università del Molise, presidente della Fondazione Alberitalia e Chair del Board di EFI - European Forest Institute.

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Progetto “Epiresistenze”: un approccio innovativo per una problematica fitosanitaria emergente

Lo scorso 21 marzo l’Accademia dei Georgofili ha ospitato il Convegno conclusivo del progetto “Epiresistenze”, cofinanziato dalla Regione Lombardia nell’ambito del Bando per la ricerca in campo agricolo e forestale.
Il progetto ha analizzato i meccanismi epigenetici che possono regolare la manifestazione delle resistenze agli erbicidi nelle risaie lombarde, focalizzandosi sui giavoni (genere Echinochloa P. Beauv.), infestanti tra le più diffuse e problematiche per la coltivazione del riso.

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Definire una politica coerente e condivisa per le biotecnologie

Il problema posto dal veto alla carne coltivata nel nostro Paese ha colto di sorpresa l’opinione pubblica e, di riflesso, anche il mondo scientifico. Per affrontare a fondo la questione che dilaga sui mezzi di comunicazione in un caos controproducente occorre comprendere che essa supera la semplice scelta fra accettazione o rifiuto della carne coltivata basata su reazioni emotive, più gastronomiche o di bandiera che realistiche e scientifiche. Non si tratta di scegliere fra risultati ancora lontani dall’essere pronti e il loro rifiuto. La questione è molto più complessa e si compendia nella risposta da dare alla domanda sulla posizione da assumere nei confronti degli sviluppi della ricerca scientifica e delle nuove tecnologie di processo e di prodotto che ne derivano.
Una questione generale che l’Umanità deve affrontare e che, In questa fase riguarda soprattutto le biotecnologie ed i loro sviluppi. Il colossale problema irrisolto che si è creato con gli Ogm è un incubo difficile da superare e un nodo talmente inestricabile da avere bloccato gli sviluppi agricoli delle biotecnologie, in parallelo ampiamente utilizzate in altri ambiti con risultati positivi e con un’accettazione più diffusa dei risultati della ricerca scientifica e del trasferimento tecnologico.
Proseguire implica prendere atto che è necessaria una svolta fondamentale nei processi di trasferimento dei risultati ottenuti. Perché ciò avvenga occorre mettere a punto una vera e propria Politica per un coerente ed efficace progresso delle biotecnologie da utilizzare nei più diversi settori dello sviluppo scientifico e del conseguente trasferimento in molti ambiti: salute, cambiamento climatico, produzione di energie innovative, sicurezza degli alimenti e garanzia di disponibilità adeguata, agricoltura (processi e prodotti), solidità delle catene di rifornimento e della loro reattività alle crisi. Tutto ciò comporta il trasferimento delle modalità delle scelte da sommatoria di fatti episodici a una strategia politica che riguardi la sicurezza nazionale e l’economia dei singoli Paesi e del mondo intero.

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Più alberi in città ma con le dovute accortezze

Nel 2050 oltre il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane, da qui la necessità di migliorare la vivibilità delle città attraverso un'opera di forestazione urbana che tenga tuttavia conto delle modalità di impianto e di gestione degli alberi, la selezione delle specie, la salvaguardia della biodiversità e la stessa percezione dell'opinione pubblica rispetto all'ambiente e ai servizi ecosistemici offerti dalle piante.
Ne abbiamo parlato con il georgofilo Francesco Ferrini, ordinario di arboricoltura all’Università di Firenze, divulgatore scientifico e presidente del Distretto Vivaistico Ornamentale Pistoiese.

La volontà di promuovere "più natura in città" da parte delle amministrazioni quali questioni di gestione pone?
Imprenditori e politici sono saliti sul carro del “piantare di alberi” e numerose sono le iniziative avviate (almeno a parole) per piantare alberi per una serie di ragioni sociali, ecologiche ma, soprattutto, d’immagine. È indubbio che i progetti di impianti massivi di alberi ben pianificati siano certamente una componente importante degli sforzi globali per migliorare il benessere ecologico e umano, ma la piantagione di alberi diventa problematica quando viene promossa come una soluzione semplice e vincente senza tener conto delle problematiche gestionali con i conseguenti problemi di tipo economico, tecnico e anche ambientale. Dovremo pianificare gli impianti tenendo conto del principio “gestiamo l’inevitabile o evitiamo l’ingestibile”, cioè facciamo le nostre scelte sulle base di ciò che potremo essere in grado di gestire ed evitiamo opzioni che richiedano sforzi gestionali che potrebbero risultare impossibili (es. irrigazioni, potature, conflitti con le infrastrutture, ecc.). 

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La cucina italiana in un cambiamento di era – Capitolo 4: La “non cucina” delle nuove generazioni

Un’onda che inevitabilmente cresce nella società di una popolazione con una nuova, diversa cultura anche alimentare, iniziando dal fatto che non cucina ma scalda alimenti preconfezionati o se cucina lo fa con nuove attrezzature che vanno dalle microonde al Bimby, considerando occasionale e folkloristico la griglia o barbecue, e soprattutto che mangia nel suo gruppo sociale eliminando il rapporto intergenerazionale. E senza alcuna consapevolezza del legame tra alimentazione, produzione, filiera, distribuzione e sostenibilità. 

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Lo strano divieto su qualcosa che non c’è

Il Consiglio dei Ministri dello scorso 29 marzo ha approvato uno “Schema di disegno di legge recante disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”. In sei scarni articoli si introduce il divieto a priori agli operatori del settore alimentare e agli operatori del settore dei mangimi ad “impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare oppure distribuire per il consumo alimentare, alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati”. Si indicano le Autorità per i controlli, le Sanzioni da applicare agli inadempienti e i successivi provvedimenti a perfezionamento del blocco introdotto, oltre a determinare il quadro normativo per il rinvio e aggiornamento delle sanzioni e a richiamarsi ad una clausola di invarianza finanziaria relativa all’applicazione della legge.
Il tutto, in uno stile scarno e deciso, di fatto vieta acriticamente l’introduzione di prodotti non bene definiti perché, appunto, inesistenti al momento dell’emanazione ignorando a che cosa ci si debba precisamente riferire.
Poco rallegra il concetto di essere il primo Paese al mondo a vietare questo genere di prodotti, mentre per ora solo Singapore e, in prospettiva, ma in misura meno definita, gli Usa hanno approvato specifiche produzioni.
La questione è davvero sorprendente, crediamo che sia un caso più unico che raro di divieto che anticipa l’oggetto della sua applicazione.

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Il “Nobel dell’Acqua” al georgofilo Andrea Rinaldo

Andrea Rinaldo, professore di costruzioni idrauliche all’università di Padova e direttore del Laboratorio di ecoidrologia dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna, si è aggiudicato lo Stockholm Water Prize, il premio per gli studi sull’acqua più prestigioso al mondo. Il professor Rinaldo è il primo italiano ad aver ottenuto questo importante riconoscimento, equiparabile a un Nobel per l’acqua, per i suoi studi sul rapporto tra reti fluviali, popolazioni e salute.
La cerimonia di consegna del Premio si svolgerà a Stoccolma alla presenza di Re Carlo XVI il 23 agosto 2023.
L’attività scientifica del professor Rinaldo, dai lavori teorici, agli studi sperimentali condotti in laboratorio, fino alle ricerche sul campo, si inserisce nel filone di ricerca dell’ecoidrologia, che indaga il rapporto tra l’acqua dei fiumi e le comunità vive, siano esse umane, animali, vegetali o persino di quegli agenti patogeni il cui ciclo vitale è legato all’acqua.
Accademico ordinario dei Georgofili dal 2014, ha risposto a qualche domanda per il nostro notiziario.

Professore lei è veneziano, quanto ha influito questo nel suo interesse per l'acqua?
Molto, per almeno due ragioni. Intanto familiari: mio nonno aveva un’impresa di costruzioni marittime a Venezia, mio padre (come io stesso, un mio fratello, uno dei miei figli, mio suocero e mio cognato) era ingegnere idraulico laureato a Padova. La seconda ragione è stata l'avere vissuto in città l’alluvione del 1966 (che a Firenze fece altri disastri). Quando finalmente le acque si ritirarono, lasciando miseria e dubbi sulla sopravvivenza di Venezia, il mio interesse per le ragioni di quella fragilità fu molto forte. Lo è tuttora. 

Ci può spiegare in parole semplici che cosa è l'ecoidrologia, suo settore di studi?
La motivazione del premio mi fa credito di essere uno dei fondatori della disciplina. Si tratta dello studio dei controlli dell’acqua sulle comunità vive (specie, popolazioni, patogeni), visto con occhi avvertiti non superficialmente sia sugli aspetti tecnici idrologici che su quelli ecologici. Cioè sia come strumenti che come conoscenza dei fenomeni. Il mio laboratorio, il primo a chiamarsi con quel nome (e oggi ve ne sono diversi in tutto il mondo) si caratterizza nel portare avanti sia studi sperimentali in laboratorio, che osservazioni di campo, sia anche  studi teorici i numerici dai quali sono partito (il mio dottorato di ricerca è in meccanica del fluidi).

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Vivibilità, funzionalità e sicurezza del verde in città

A colloquio con Alberto Giuntoli, paesaggista, accademico de Georgofili, docente presso l'Università di Firenze e membro del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

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Nasce l’Unità di contrasto alle pratiche commerciali sleali

L’entrata in vigore del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 198, che ha dato attuazione a livello piano nazionale alle previsioni della dir. (UE) 633/2019, ha profondamente mutato il panorama giuridico nazionale in tema di rapporti commerciali tra imprese nella filiera agroalimentare, delineando un formalismo contrattuale che interviene all’atto della cessione dei prodotti agricoli e alimentari sul mercato e dettagliate regole in materia di pratiche commerciali sleali.

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Il contributo degli insetti alla produzione di lipidi

La crescita demografica prevista per questo secolo pone importanti interrogativi sulla disponibilità e sull’uso delle risorse alimentari e idriche: le stime indicano in più di 9 miliardi di persone, la consistenza della popolazione mondiale nel 2050. Sotto la spinta di queste previsioni, a partire dal 2013, la FAO ha iniziato un’attività di sensibilizzazione sul tema dell’uso degli insetti nell’alimentazione umana e degli animali di allevamento (FAO, 2013) come risposta alla sfida sulla crescente domanda di proteine. L’argomento ha dato origine ad un vasto dibattito nella comunità scientifica che prosegue tuttora: per quanto molti siano ancora gli aspetti tecnici e scientifici da chiarire, l’uso alimentare degli insetti è comunque un tema di grande attualità.
Ulteriore conseguenza dell’atteso aumento demografico è anche la crescente richiesta di sostanze grasse naturali per usi non alimentari. La quantità di lipidi naturali utilizzata a scopo alimentare copre attualmente circa il 75% di quella disponibile, mentre il restante 25% è usato per fini energetici, per la detergenza e la cosmetica, in prodotti vernicianti, nei biolubrificanti nonché in numerosissimi impieghi tecnici di nicchia.
La crescente domanda di sostanze grasse ha creato tensioni di mercato derivanti dalla competizione tra uso food e non-food di sostanze grasse naturali, causando accesi dibattiti sulla liceità di sottrarre risorse potenzialmente destinabili all’alimentazione, dirottandole verso la produzione di energia e prodotti per l’industria.

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Scoperto come le piante possono resistere alle alluvioni

E’ stata trovata la chiave che permette alle piante di sopravvivere in situazioni di stress come gli eventi di piovosità estrema. La scoperta dei ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e del Cnr consiste nella proteina TOR, che aiuta gli organismi a rispondere alle situazioni critiche. Ne abbiamo parlato con il Prof. Pierdomenico Perata, georgofilo del Sant’Anna, uno dei coordinatori della ricerca.

Professore, i ricercatori del Sant'Anna hanno scoperto la chiave che permetterebbe lo sviluppo di varietà di piante in grado di resistere a eventi di piovosità estrema. Ci può spiegare di che cosa si tratta?
I nostri recenti risultati hanno dimostrato che la risposta delle piante a condizioni di sommersione, che consente un temporaneo adattamento a tali sfavorevoli condizioni, richiede un sufficiente livello energetico nella pianta. In atri termini, se la pianta subisce una sommersione in acqua torbida, o alla fine della notte ha minori probabilità di sopravvivenza, perché il livello di energia (sotto forma di ATP) non è sufficiente per mantenere attiva una proteina, nota con il nome di TOR, che utilizza la stessa ATP per fosforilare una proteina essenziale nella risposta delle piante all’ipossia: RAP2.12. Questa proteina, infatti, agisce da fattore trascrizionale ed attiva la trascrizione (e quindi la espressione) delle proteine necessarie alla risposta adattativa della pianta alla carenza di ossigeno che si genera quando le piogge sono intense e il terreno è quindi allagato. RAP2.12 è un “sensore dell’ossigeno”, in quanto la stabilità di questa proteina è compromessa dalla presenza dell’ossigeno, ma queste fatto consente alla proteina di essere presente ed attiva in condizioni di assenza di ossigeno. Ma la attività dipende anche dall’azione di TOR su RAP2.12 stesso. Quindi la pianta ha la capacità di misurare due fattori fondamentali per la propria risposta: la disponibilità di ossigeno, tramite la stabilizzazione di RAP2.12 in ipossia, e il livello energetico tramite TOR. TOR comunica questa informazione (sufficiente disponibilità energetica) a RAP2.12 tramite fosforilazione di RAP.12 stesso.

Quali applicazioni pratiche vede realizzabili nel futuro più o meno prossimo di questa scoperta?
La sfida più grande è effettivamente il trasferimento delle conoscenze acquisite nell’ultimo decennio usando la specie modello Arabidopsis alle piante coltivate. Già sono state realizzate nuove varietà di riso estremamente tolleranti la completa sommersione: occorre infatti ricordare che il riso è si una specie ben tollerante la sommersione dell’apparato radicale, ma non altrettanto si può dire della sua abilità di sopportare eventi estremi che portino alla completa sommersione della pianta. E questi eventi alluvionali sono sempre più frequenti, soprattutto nel sud-est asiatico, ove il riso rappresenta la principale coltura agraria. 

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La cucina italiana in un cambiamento di era – Capitolo 2: La cucina del “far da sé” nel pluralismo alimentare

L’Italia è oggi piena di prodotti alimentari e di ricette che vantano una tradizione regionale ma che sono usati al di fuori del contesto regionale d’origine e alle quali sempre più si affiancano e si sostituiscono tradizioni, cibi, piatti e ricette non regionali e di diversa importazione. Odiernamente gli italiani incrociano un mercato alimentare sempre più diversificato, perché altre tradizioni si sono stabilite sul nostro territorio per il diffondersi di nuove modalità d’appartenenza alimentare in una crescente frammentazione che deriva anche da processi esogeni e tra questi in primo luogo dalle migrazioni interne e esterne.

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In Francia la “malattia di Parkinson” è considerata malattia professionale degli agricoltori ... e in Italia?

La malattia di Parkinson idiopatica, comunemente chiamata malattia di Parkinson, è stata descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817 nello studio An Assay on the Shaking Palsy. Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell'equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite "Disordini del Movimento" e tra queste è la più frequente.

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Gli incompresi benefici degli alberi

Le persone amano le piante ma non tutti capiscono che per gestirle al meglio servono capacità e competenze specifiche. Sensibilizzare l'opinione pubblica rappresenta un passo fondamentale.
Ho proposto questa riflessione già altre volte, ma leggendo qua e là, soprattutto sui quotidiani, si nota molta disinformazione da parte di chi scrive e, spesso, anche poca voglia di trattare l’argomento, sicuramente meno importante, per molte persone, della vita sentimentale di qualche starlette della TV.
"Trees are good, Trees need care, Arborist care for trees", il motto dell'ISA (International Society of Arboriculture) racchiude il senso di un concetto che, purtroppo, oggi non è così diffuso. Gli alberi sono esseri meravigliosi. Non solo ci gratificano con la loro straordinaria bellezza, ma ci forniscono anche benefici fondamentali per la nostra stessa esistenza. I vantaggi che la loro presenza apporta sono noti: ci proteggono limitando gli eccessi climatici, rimuovono gli inquinanti, riducono i rumori e forniscono habitat per la biodiversità. Il loro contributo alle nostre città, e non solo, è immenso, specialmente per la nostra salute e benessere. Se tutto questo è vero, non si capisce come mai non venga assegnata all’arboricoltura (intesa nel senso inglese del termine, che si riferisce agli alberi in ambiente urbano, monumentali, ecc.) quella dignità, anche scientifica, che le spetta. Forse perché la cura degli alberi cosiddetti “non a fini produttivi” (anche se, come detto, “producono” tutta una serie di incommensurabili benefici) è un concetto che non è pienamente compreso dalle persone e, purtroppo, pochissimo da politici e amministratori.
Le persone amano gli alberi ma spesso non riescono a comprendere che la cura e la gestione necessarie per mantenere gli alberi nelle nostre città devono essere affidate a persone competenti, con lunga esperienza, soprattutto nel caso di esemplari monumentali, in cui un intervento errato può avere effetti esiziali sulla vita dell’albero.
Sensibilizzare l'opinione pubblica costituisce uno dei principali ostacoli nella diffusione della “cultura dell’albero”. In questo senso non giovano certo atteggiamenti “integralisti” che portano spesso a un muro contro muro, assolutamente sbagliato, invece di “ragionare” in modo unitario. Non dobbiamo scordare che gli alberi sono esseri mortali e, come tutto il resto degli animali e delle piante sul nostro pianeta, hanno un’aspettativa di vita, diversa da specie a specie, che può essere anche molto lunga ma che, in un ambiente ostile e con una gestione errata, può accorciarsi moltissimo.

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La valutazione del suolo nel monitoraggio della stabilità degli alberi

I crolli di alberi avvenuti a Firenze nelle ultime settimane, anche durante condizioni meteorologiche non eccezionali, hanno giustamente causato un serio allarme tra la popolazione della città e pongono questioni più generali, anche scientifiche, relative alla manutenzione e sorveglianza dell’arredo arboreo urbano. Il collega prof. Francesco Ferrini, in una recente intervista, ha evidenziato come il monitoraggio della salute e della stabilità degli alberi sia una attività professionalmente complessa, che evidenzia la necessità di competenze diverse.

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Selezione per la resistenza genetica alla Varroa

L’apicoltura combatte ormai da più di quarant’anni contro il malefico acaro arrivato dall’Oriente. La Varroa conviveva senza fare troppi danni con Apis cerana, ma quando la ben più produttiva Apis mellifera, sull’onda della globalizzazione, è arrivata laggiù, Varroa ci ha messo poco a fare il salto di specie trovando nella nostra ape da miele un ambiente molto più favorevole alla sua riproduzione. Per combatterla se ne sono inventate di tutte

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La cucina italiana in un cambiamento di era - Capitolo 1: Da regionale a nazionale

Oggi la cucina in Italia ha superato una regionalità della quale restano solo alcune ricette e con la globalizzazione dei commerci e dei costumi subisce e partecipa a un Cambiamento di Era che non è un fenomeno nuovo, ricordando il mutamento della cucina avvenuto in seguito alla scoperta delle Americhe e una prima globalizzazione alimentare, o l’altro cambiamento a noi più vicino e determinato dalla Rivoluzione Industriale del secolo XIX e XX con la Cucina Borghese oggi quasi scomparsa. Non dimenticando che la cucina è lo specchio della società e dei suoi cambiamenti, sono da considerare e fare chiarezza su alcuni odierni aspetti della cucina italiana.
Nel XIX secolo il Italia lo sviluppo di una borghesia sviluppa una cucina che sulla base di un Servizio alla Russa è di tipo prevalentemente se non esclusivamente regionale, anche per le difficoltà dei trasporti e come dimostrano i diversi ricettari regionali. Con l’Unità del Regno d’Italia, inizia un’unificazione dei costumi anche per un solo esercito e lo sviluppo dei trasporti ferroviari che danno avvio in Italia a un'uniformazione della cucina borghese, la cui prima testimonianza abbiamo a fine secolo con La scienza in cu cucina e l’arte di mangiar bene (1892-2911) di Pellegrino Artusi (1820 - 1911). L’unificazione nazionale procede per tutta la prima metà del XX secolo quando anche nel settentrione si mangia pasta secca e nel meridione risotti e al ricettario dell’Artusi se ne affiancano e si sostituiscono altri come Il Talismano della Felicità (1925) di Ada Boni (1881 – 1973). È nella seconda metà del secolo e a partire dal Boom Economico degli anni Cinquanta che la Classe Borghese e sua cucina entra in crisi e è sostituita da una mal definita Classe Media con una cucina sempre più influenzata dai media. Nel 1971 la televisione italiana trasmette Colazione allo studio 7 che poi diviene A tavola alle 7 ottenendo un notevolissimo successo di pubblico, successo hanno le rubriche di cucina sui giornali e sui settimanali man mano sostituendo le tradizioni delle mamme e delle nonne soprattutto nelle famiglie che dalla povertà contadina entrano nel Ceto Medio. Contestualmente gli orti contadini e i negozi locali di alimentari iniziano a essere sostituiti dai supermercati (il primo a Milano inaugurato nel 1957) che offrono alimenti delocalizzati. Agli inizi del XXI secolo in Italia vi è una cucina sostanzialmente unificata che di tradizionale contiene solo piatti regionali “nazionalizzati”, spesso anche di produzione industriale.

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Piante aliene invasive, un problema per la biodiversità e la sicurezza dei corsi d'acqua

Il 27 gennaio scorso la Commissione europea ha deciso di deferire alla Corte di giustizia dell’Unione europea l’Italia, Bulgaria, Irlanda, Grecia, Lettonia e Portogallo “per la mancata attuazione di varie disposizioni del regolamento n. 1143/2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive.
Il regolamento sulle specie esotiche invasive, entrato in vigore il primo gennaio 2015, riguarda le specie considerate “di rilevanza unionale” e comprende attualmente 88 specie – ad esempio piante quali il giacinto d’acqua e animali quali il calabrone asiatico o il procione – che richiedono un intervento a livello europeo. Gli Stati membri devono adottare misure efficaci per prevenire l’introduzione deliberata o accidentale nell’Ue di queste specie, individuarle e adottare misure di eradicazione rapida in una fase precoce dell’invasione o, se le specie sono già ampiamente radicate, adottare misure per eradicarle, tenerle sotto controllo o impedire che si diffondano ulteriormente.
"Attivare una collaborazione organica tra enti per ampliare la conoscenza sulle specie vegetali aliene, che infestano i corsi d'acqua della regione": è stata la proposta lanciata da ANBI a Regione Toscana ed ARPAT (agenzia regionale protezione ambientale toscana), in particolare per quanto riguarda il poligono del Giappone, l'ailanto e il myriophyllum acquaticum, cioè alcune delle specie che gli operatori dei consorzi di bonifica hanno individuato nei corsi d'acqua durante le attività di manutenzione. E’ stato quindi proposto di dotarsi di linee guida su queste piante nocive, dando vita a protocolli condivisi: un tavolo tecnico permanente, dove individuare le specie, studiarle e fornire risposte organiche per contrastare un'emergenza, che ormai riguarda tutta la toscana, ma non solo.

Abbiamo approfondito il tema con Marco Bottino, Presidente di ANBI Toscana e accademico georgofilo.

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Agricoltura di precisione: le imprese agricole devono investire in formazione

"Le medie aziende agricole, per fare un esempio quelle nell’ordine dei 20 a indirizzo orticolo, 40 viticolo o un’azienda cerealicola sopra i 300 ettari sono disposte a investire in trattori e macchinari, ma altrettanto devono investire in capitale umano. Bisogna investire in formazione e tali imprese agricole devono pianificare un investimento di uno stipendio annuo per la digitalizzazione, altrimenti è inutile investire»". È l’invito del professor Marco Vieri, ordinario di Meccanica Agraria all’Università di Firenze e accademico dei Georgofili.

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Il “lato oscuro” del compost

Pensavamo di sapere (quasi) tutto sul compost e sul compostaggio e invece alcune recenti rassegne bibliografiche informano che, come per la nostra luna, anche il compost e il compostaggio presentano un lato poco o affatto conosciuto.

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Accrescere il valore dei vini a denominazione di origine: avviato il percorso di innovazione organizzativa in Toscana

Il problema della stabilità dei prezzi all’origine incide in modo significativo sulla capacità delle filiere dei vini a denominazione di origine (DO) di creare e redistribuire valore per remunerare ogni fase della filiera.
Tale problema, nella sua concreta manifestazione e ricerca di soluzioni, assume connotazioni specifiche. Il prodotto, profondamente legato al territorio, è altamente differenziato tra Denominazioni e all’interno di ciascuna. Ogni Denominazione ha una propria struttura di filiera e attraverso l’autoregolazione plasma la ricerca sempre più spinta dell’eccellenza e della remuneratività. Il mix ottimale di qualità, quantità e prezzi sembra essere frutto di una sapiente alchimia, ma il faro dell’innovazione tocca anche questo ambito.
Cooperando, i Consorzi toscani hanno avviato un percorso comune per le fasi iniziali.

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Un po’ di chiarezza scientifica sulle responsabilità della zootecnia al riscaldamento globale

Sono ormai diversi anni che alcuni fisici dell’atmosfera della prestigiosa università di Oxford stanno studiando i contributi relativi dei vari gas serra al fenomeno del riscaldamento globale (Allen et al., 2016, Nat. Clim. Change, 6: 773-776; Allen et al., 2018, NPJ Clim. Atmos. Sci., 1:1-8; Allen et al., 2022, NPJ Clim. Atmos. Sci., 5:1-16), giungendo alla conclusione che i dati diffusi finora non sono scientificamente attendibili, perché partono da un approccio non corretto nell’attribuzione delle responsabilità dei singoli gas.
Delle conclusioni dei ricercatori oxfordiani hanno fatto tesoro alcuni colleghi italiani per ricalcolare i contributi dei gas serra di origine zootecnica. Lo studio di Correddu et al.  (Correddu et al., 2023, Ital. J. Anim. Sci., 22: 125-135), condotto nell’ambito del progetto di “Carni Sostenibili”, presieduto da Giuseppe Pulina, fornisce conclusioni che, oltre ad essere sorprendenti, servono a dimostrare l’inattendibilità di molte affermazioni dei cosiddetti “animalisti”.
A questo proposito, a solo scopo informativo, vale la pena di ricordare alcune “perle” come quella di una certa Ylenia Vimercati, la quale, il 25 maggio 2018, sulla “Rivista della Natura” scriveva: “uno studio del 2009 del Worldwatch Institute sottolinea che abbiamo ampiamente sottostimato la fonte che causa circa il 50% delle emissioni di gas serra dovute alle attività umane. Si stima infatti che le emissioni globali dell’industria zootecnica superino del 28% quelle dell’intero settore dei trasporti. Sembra che mangiare carne, uova e latticini provenienti dagli allevamenti abbia un impatto ben più profondo sull’aria che respiriamo rispetto a tutte le vetture, navi, aerei e treni messi insieme”. O come le affermazioni dell’economista americano Jeremy Rifkin, autore del best seller “Third Industrial Revolution”, che si dice “sicuro di riuscire, prima o poi, a provare che l’agricoltura è la prima causa del riscaldamento globale, nonostante che l’ONU e la FAO affermino che è la seconda causa”.

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Il PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) e l’agricoltura

È ormai indubbio il ruolo dell’agricoltura sulla capacità del pianeta di adattamento al climate change, ma è importante ribadire che essa, al di là di una ormai dirompente componente fake dell’informazione di massa, produce effetti nel complesso migliorativi, rispetto ad altre attività economiche.
Trova pertanto spazio, nel dibattito degli ultimi anni, il recente Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), redatto a cura del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

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