Notiziario


Aglio, declino di un aroma culturale

L’aglio è uno tra i principali marcatori aromatici della cucina mediterranea e della Dieta Mediterranea. Diverse e quasi celebri erano le ricette italiane dove l’aglio era protagonista, dalla Bagna Cauda, ai sughi e condimenti anche per le diverse paste come il Pesto Genovese. Oggi hanno successo nuove interpretazioni e “rivisitazioni” di ricette tradizionali, sempre più industriali e con un’enfasi più o meno velata del “senza”, dove l’aglio scompare.

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Olivicoltura “superintensiva”: semplice avere le piante, difficile avere l’acqua

La meccanizzazione in agricoltura non deve essere vista solo come un aiuto per ridurre i costi di produzione, ma anche come un ausilio per migliorare la “dignità” di coloro che lavorano giornalmente nei campi. Quando ci si allontana da questo “mirabile” concetto ci si ritrova, come spesso accade, a tralasciare le macchine per “sfruttare” il lavoro di extracomunitari, disoccupati e altre categorie di lavoratori che, quasi quotidianamente, sono diventati più “convenienti” delle macchine.
Il consumatore ha sempre da lamentarsi per il prezzo dei prodotti agricoli che ritiene elevato (vedi olio, frutta, ortaggi, ecc.) ma, per “par condicio”, dovrebbe fare altrettanto, per esempio, con i prodotti del “sacrosanto” turismo, oppure con quelli della moda, della bellezza, ecc., tutti settori che sembrano non conoscere crisi.
Il problema, spesso, non va ricercato nel prezzo di un prodotto, ma nella ripartizione “ragionata” del reddito delle famiglie.
Purtuttavia non muore proprio nessuno se si rinuncia a una serata con gli amici per comprare del buon olio extravergine di oliva!
A rimetterci, purtroppo, complice anche la speculazione, sempre pronta come un avvoltoio dietro l’angolo, è la povera agricoltura, l’agricoltore e l’ambiente, sempre più soggetto, quest’ultimo, a un’intensa azione di “forzatura” (vedi input chimici) per aumentare le produzioni, pur di far quadrare i bilanci delle aziende agricole.
Le diverse “crisi” (covid, guerre, ecc.) fanno ritornare di moda l’antico mestiere dello “speculatore”, in verità mai tramontato!
Anche il settore dell’olivicoltura si trova di fronte a “epocali” cambiamenti, sempre in ragione di bilanci aziendali che “non quadrano”.
A detta di tutti gli specialisti, ormai, l’olivicoltura, così come è strutturata in molte parti del nostro Paese, non è più redditizia. Spese di potatura, di raccolta, ecc., sembrano “rosicchiare” i bilanci a tal punto da portare alla definitiva chiusura delle nostre aziende olivicolo-olearie. Questo discorso, però, l’abbiamo già sentito per la peschicoltura, la viticoltura, la zootecnica, ecc. Anche lì sembrava che la “RIVOLUZIONE” dovesse arrivare col cambio delle cultivar/razze, con i nuovi sistemi di allevamento, la meccanizzazione (meccatronica!), l’impiego di concimi e biostimolanti, ecc. Purtroppo così non è stato e, forse, i problemi permangono o sono addirittura aumentati.

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Acqua reflua per l'agricoltura sostenibile

L’adozione dei cosiddetti sistemi di coltivazione a cascata (SCC) è una strategia molto efficace per limitare lo spreco di acqua e sali fertilizzanti e il conseguente impatto ambientale associati alle acque di drenaggio nelle colture fuori suolo a ciclo aperto o semi-chiuso. Queste vere e proprie acque reflue hanno spesso (soprattutto nel caso dei sistemi semi-chiusi) una salinità eccessiva per gran parte delle specie orticole o ornamentali coltivate in serra o in vivaio. Nei SCC, gli effluenti di una ‘coltura donatrice’ relativamente sensibile alla salinità sono utilizzati per la fertirrigazione di una o più ‘colture riceventi’ con maggiore tolleranza allo stress salino. 
I primi studi sui SSC nelle serre idroponiche sono stati condotti circa venti anni fa all’Università di Pisa dal gruppo di ricerca guidato, a quel tempo, dal Prof. Franco Tognoni (Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, confluito nel 2012 nell’attuale Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali), ma recentemente è sorto un nuovo interesse per questi sistemi applicati a colture a terra o fuori suolo, sia in serra che in campo. Il riutilizzo degli effluenti idroponici presenta tuttavia diversi inconvenienti, poiché in genere sono caratterizzati, oltre che da un’elevata salinità, da concentrazioni anomale dei vari elementi nutritivi e dalla presenza di essudati radicali fitotossici, metaboliti di origine microbica e anche residui di prodotti fitosanitari utilizzati per la difesa antiparassitaria della coltura donatrice.
Oltre a quello per i SCC, c’è un grande interesse anche per le erbe spontanee commestibili (o alimurgiche) in considerazione delle loro proprietà nutrizionali e nutraceutiche. Su queste piante, ad esempio, si sono conclusi di recente due progetti dell’Università di Pisa finanziati dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana (ERBAVOLANT, www.go-erbavolant.it; ERBIBONI; www.erbiboni.it).  Gran parte delle erbe alimurgiche sono alofite o glicofite molto tolleranti al sale.
Recentemente, sulla rivista Agricultural Water Management è stato pubblicato uno studio condotto dal Prof. Luca Incrocci e colleghi (tutti allievi del Prof. Tognoni) nell’ambito del progetto internazionale IGUESS-MED (Programma PRIMA 2019; https://www.iguessmed.com/) su due specie spontanee che, in virtù della loro tolleranza alla salinità, sono ottime candidate a svolgere il ruolo di ‘colture riceventi’ nei SCC.  Queste due specie sono state coltivate in serra in idroponica (floating system) utilizzando la soluzione nutritiva (effluente) scaricata periodicamente da una coltura di pomodoro su substrato (lana di roccia) a ciclo semi-chiuso, che aveva una concentrazione di cloruro di sodio (NaCl) di quasi 3 g/L (50 mmoli/L). Il disegno sperimentale comprendeva anche una soluzione nutritiva di controllo, arricchita o meno con il NaCl, e un effluente artificiale, cioè una soluzione nutritiva di nuova preparazione ma con la stessa composizione minerale dell’effluente genuino.

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Addio al Prof. Luigi Costato (1935 - 2023)

Il 3 settembre 2023 è mancato all’affetto dei suoi cari, degli amici, e dei colleghi, il prof. Luigi Costato, maestro del diritto agrario, alimentare e comunitario, Accademico dei Georgofili.
Il prof. Costato ha coniugato, con grande passione e straordinari risultati, l’impegno scientifico per la ricerca e l’insegnamento universitario, e l’impegno professionale e l’attenzione per il mondo delle imprese.
Dal 1958 al 1988 ha diretto l’impresa di famiglia (divenuta in prosieguo Grandi Molini Italiani) con una profonda conoscenza del mondo della produzione agricola e alimentare e del mercato, assumendo importanti responsabilità tra le imprese del settore: per nove anni presidente dell’Associazione Mugnai e pastai d’Italia, per sei anni vicepresidente di Federalimentare e per tre anni presidente dell’Association International de la meunerie.
Negli stessi anni, ha avviato il suo percorso di ricerca, studio e insegnamento sui temi del diritto comunitario ed agrario.
Libero docente di Diritto agrario dal 1970.
Professore incaricato di Ordinamento delle comunità europee nella Facoltà di Giurisprudenza di Ferrara, dal 1971 al 1980.
Professore ordinario di Diritto agrario nell’Università di Ferrara dal 1983 al 2008, quando è stato dichiarato professore emerito. In quegli stessi anni ha insegnato nella medesima università Diritto comunitario e poi Diritto dell’Unione europea, ed è stato preside della facoltà di giurisprudenza per tre successivi mandati.
Nell’insegnamento ha trasmesso agli studenti, ed agli allievi che ha seguito con affetto e attenzione, la passione per lo studio del diritto nella sua dimensione europea, oltre che nazionale.
Accademico dei Georgofili, ne ha sostenuto l’attività, promuovendo l’attenzione verso il diritto agrario e alimentare, ed assumendo – quale Consigliere dell’Accademia dal 2004 al 2022 – l’iniziativa per incontri sui temi propri di quest’area, dalla disciplina dell’impresa agricola e del territorio rurale, all’etichettatura dei prodotti alimentari, e da ultimo alle crisi della sicurezza alimentare seguite all’epidemia di Covid-19 ed alla guerra in Ucraina, proponendo una lettura originale ed inclusiva della food sovereignty e delle riforme della Politica Agricola Comune, succedutesi nel corso dei decenni.

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Sostenibilità ambientale e valorizzazione del patrimonio culturale in Giappone

Lo Satoyama Initiative è il titolo abbreviato comunemente usato per indicare un progetto internazionale avviato nel 2010 – The Satoyama Initiative. Societies in harmony with Nature: An inclusive approach for communities, landscapes and seascapes –, ispirato al tradizionale paesaggio rurale giapponese noto come satoyama (lett. “montagne vicine al villaggio”). 

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Rafforzare le competenze digitali: il progetto "AGRITECH EU"

Le tecnologie digitali sono destinate a rivoluzionare la gestione della conoscenza da parte degli agricoltori e degli organismi intermedi, come le associazioni, le cooperative, i consulenti. La capacità di comunicazione a distanza sta già mostrando come la distinzione tra presenza fisica e presenza virtuale consenta modalità fortemente innovative nelle operazioni, nell'organizzazione e nella logistica, molte delle quali tutte da esplorare. La grande quantità di dati disponibili consentirà l'automazione di molte operazioni intellettuali: dalla classificazione, alla traduzione, al riconoscimento di immagini e di suoni, alla produzione di testi.

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Clima estremo e alberi a rischio

L'estremizzazione del clima è un fenomeno che non può più essere ignorato. Le recenti tempeste di vento e pioggia che hanno colpito in particolare le città del nord Italia, hanno portato alla luce una serie di questioni urgenti. Questi eventi, che rientrano nel contesto dell'estremizzazione del clima, evidenziano la fragilità dei nostri ambienti urbani e la necessità di una riflessione profonda sulle azioni da intraprendere per contrastare tali fenomeni.
In queste circostanze, il primo istinto è spesso quello di cercare un colpevole, un singolo responsabile da additare. Tuttavia, quando si parla di cambiamento climatico, non ci sono colpevoli nel senso stretto del termine ma, allo stesso tempo, siamo tutti colpevoli. Ogni nostra azione, o inazione, contribuisce in qualche modo all'intensificarsi dei cambiamenti climatici.
Di fronte a questa situazione, emerge anche la necessità di un graduale rinnovo del patrimonio arboreo. Nuovi alberi, più tolleranti alle condizioni estreme, dovranno essere piantati per sostituire quelli vecchi e instabili. Tuttavia, questa non è una soluzione semplice o immediata. Richiede pianificazione, risorse e tempo. E richiede soprattutto un cambio di mentalità da parte dei cittadini e di alcune istituzioni. Più volte mi sono interrogato su certe imposizioni da parte di Enti che applicano le stesse regole, indubbiamente valide, per i materiali inerti, a esseri viventi come gli alberi. Mi riferisco, nel caso specifico, alla pretesa di continuare a piantare in nome di una “storicità” e “inalterabilità” di certe alberate stradali o di certi parchi storici, specie palesemente inadatte a un clima che è cambiato (così come l’ambiente urbano) e che è diventato esso stesso storico.
Gestiamo l'inevitabile, evitiamo l’ingestibile è uno slogan che ho coniato alcuni anni fa. Allora cerchiamo di gestire al meglio il nostro patrimonio arboreo sapendo che possono esserci problemi con certe specie ed evitiamo di piantarle sia perché non adatte al clima futuro, sia perché potrebbero creare conflitti con le infrastrutture e gli edifici che potrebbero essere ingestibili.
La gestione passata degli alberi nelle città ha contribuito al problema attuale. Alcune decisioni, basate su una mancanza di comprensione della biologia degli alberi e della loro interazione con l'ambiente urbano, hanno creato conflitti con le infrastrutture cittadine. Alberi piantati troppo vicini ai marciapiedi, alle strade o agli edifici possono causare danni strutturali, rendendo difficile la loro gestione a lungo termine.

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Ortofrutta, allerta prezzi? No, allerta costi

Ismea ha certificato un aumento dei costi di produzione nell’ordine del 40% in più rispetto al 2020, solo in minima parte compensato dall’aumento dei prezzi all’origine. Questo si traduce in una costante, importante erosione dei margini delle imprese.

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Gli oli minerali nella filiera agroalimentare

L'impatto sulla catena alimentare della contaminazione da lubrificanti a base di oli minerali, carburanti e prodotti tecnici vari diventa ogni giorno più evidente. In letteratura sono disponibili numerosi studi sulla contaminazione di numerose filiere agro alimentari. 

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La legge europea sul monitoraggio del suolo

Il 5 luglio 2023 la Commissione Europea ha pubblicato la Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al monitoraggio e alla resilienza del suolo (Legge sul monitoraggio del suolo) COM (2023) 416 finale 2023/0232 (COD).
Il contesto. Nell’aprile 2002, la Commissione aveva annunciato per la prima volta l'intenzione di sviluppare una Strategia per la Protezione del Suolo e di preparare il terreno per una proposta di legislazione europea sul suolo. Successivamente, nel 2006, la Commissione ha adottato una prima proposta, ma si sono svolti accesi dibattiti politici nel Consiglio dell'UE sotto le diverse presidenze. Non è stato infine raggiunto un accordo a causa di una minoranza di cinque Stati membri. Di conseguenza, nel 2014 la Commissione ha ritirato la sua proposta. Nel frattempo, la degradazione del suolo in Europa è peggiorata. Attualmente, il 4,2% del territorio è stato urbanizzato, soprattutto a scapito delle terre agricole. Inoltre, la degradazione del suolo sta compromettendo la fertilità a lungo termine dei terreni agricoli. Si stima che tra il 61% e il 73% dei terreni agricoli dell'UE sia interessato da erosione, perdita di carbonio organico, eccedenze di nutrienti (essenzialmente azoto e fosforo), compattazione o salinizzazione secondaria (o una combinazione di queste minacce). Tutto ciò provoca gravi danni ambientali ed economici. La Commissione stima che solo la compattazione del suolo può ridurre i rendimenti delle colture dal 2,5% al 15%. Inoltre, ogni anno si perdono più di un miliardo di tonnellate di suolo a causa dell'erosione. Senza una gestione sostenibile e azioni per rigenerare i suoli, si teme che la compromissione della salute del suolo diventerà un fattore centrale nelle future crisi di sicurezza alimentare. Anche i suoli contaminati influiscono sulla sicurezza alimentare. Ad esempio, circa il 21% dei suoli agricoli dell'UE contiene concentrazioni di cadmio nel suolo superficiale che superano il limite stabilito per le acque sotterranee.

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Le città del futuro come ecosistemi: un'analisi dell'interconnessione tra urbanizzazione e natura

Le città sono spesso associate a un'immagine di cemento, asfalto e grattacieli, ma dietro questa visione ci sono complesse reti di interconnessioni che possono, se adeguatamente pianificate e gestite, dare vita a veri e propri ecosistemi urbani. Le città, infatti, non sono semplicemente agglomerati di edifici e persone, ma rappresentano sistemi viventi complessi, dotati di un vero e proprio metabolismo, nei quali si svolgono dinamiche ecologiche, sociali ed economiche per cui è importante comprendere questa prospettiva per affrontare le sfide ambientali e sociali che le città e i cittadini dovranno sostenere nel prossimo futuro.
Le città, al contrario di quello che è il pensiero comune, sono dimora di una varietà di organismi viventi, dalla flora e fauna selvatica, agli animali domestici e all'uomo stesso. Gli elementi naturali come gli alberi, i parchi e i corsi d'acqua che costituiscono le aree verdi e blu delle aree urbane, sono fondamentali per la salute ecologica delle città poiché forniscono habitat per la biodiversità, assorbono l'inquinamento atmosferico, mitigano il calore urbano e migliorano la qualità dell'aria e dell'acqua. Le città, quindi, possono essere considerate come ecosistemi in cui la natura e l'uomo coesistono e interagiscono.
Oltre agli elementi ecologici, le città sono anche caratterizzate da una complessa rete di interazioni umane. I cittadini, le istituzioni, le imprese e le organizzazioni sociali costituiscono il tessuto sociale delle città. Queste interazioni sociali creano opportunità economiche, promuovono l'innovazione e la creatività, ma possono anche generare disuguaglianze e problemi sociali. La comprensione delle dinamiche sociali e della diversità all'interno delle città è essenziale per sviluppare politiche e interventi che promuovano la sostenibilità e il benessere delle comunità urbane.
Allora come dobbiamo affrontare la crescita, talvolta bulimica, degli agglomerati urbani?

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Forestazione urbana: non è più il tempo degli alibi

La polifonia di voci che provengono da settori diversi del mondo scientifico, da quello agronomico, forestale, economico fino a quello medico, converge all’unisono sulla imprescindibilità oggi di azioni pubbliche mirate a tutelare, valorizzare e potenziare la forestazione urbana in funzione dei molteplici servizi ecosistemici che la stessa eroga, attraverso una adeguata, consapevole pianificazione e progettazione a breve e a lungo termine condotta con il supporto indispensabile di esperti della materia  e coinvolgendo i cittadini in una logica partecipativa altrettanto irrinunciabile.
Ma in concreto cosa deve fare un’amministrazione comunale che voglia muoversi in questa direzione? Avere l’illuminata umiltà di applicare le norme di hard e soft law che le indicano chiaramente cosa fare, quali strumenti utilizzare, quali indicazioni seguire per una corretta pianificazione, progettazione, manutenzione, come prevenire e affrontare le criticità legate all’invecchiamento delle piante, andando oltre i limitati sia pur meritori confini degli antesignani strumenti del diritto urbanistico. 
Come già segnalato in precedenti puntate del mio reportage sulla forestazione urbana, queste norme esistono già fin dal 2013, contenute nella legge 14 gennaio 2013, n. 10, che reca il titolo Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, corredate nel 2018 dalle Linee guida per la gestione del verde pubblico, e dalla Strategia nazionale del verde pubblico, documenti gli ultimi due egregiamente redatti dal Comitato per il Verde pubblico creato da quella legge e composto da esperti della materia, incardinato presso il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica.

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La Margaronia dell’olivo

Il più comune e dannoso Lepidottero presente negli oliveti è Prays oleae Beranard 1788, noto come Tignola dell’olivo, che svolge tre generazioni annue rispettivamente a spese delle mignole (antofaga), dei frutti (carpofaga) e delle foglie (fillofaga). 

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Pizza a mille euro: status symbol, non cucina!

I nuovi ricchi trovano chi a loro offre delle nuove pizze che devono dimostrare di avere qualche cosa di particolare, se non unico e solo a loro riservato. Da qui componenti quali il caviale, l’aragosta, alcuni frutti esotici e l’oro zecchino.

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Al via la digitalizzazione dell’Archivio storico dell’Accademia dei Georgofili

Il vero patrimonio dell’Accademia dei Georgofili, nella sua unicità, è innegabilmente costituito dal proprio Archivio storico, dall’insieme delle comunicazioni, relazioni, dibattiti, confronti e concorsi che hanno animato il Sodalizio sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1753.
È una raccolta che narra non solo l’impegno profuso dai suoi membri per il miglioramento di tutti gli ambiti che afferiscono all’agricoltura (dall’economia alla gestione del territorio, dalla sicurezza alimentare alle innovazioni colturali e tecnologiche), quanto soprattutto le relazioni, scientifiche ed anche private, intercorse tra gli accademici sparsi in tutto il mondo.
Il valore del patrimonio conservato non è misurabile tanto in numeri (oltre 12.000 documenti solo nelle 196 unità (buste) che compongono l’Archivio storico dei Georgofili, quanto piuttosto in contenuti, espressi nel primo secolo e mezzo di vita dell’Accademia ed ancora oggi oggetto di studio, di riflessione e di spunto in molti campi delle scienze.
Attualmente, seguendo l’organizzazione e l’impostazione con cui è stato redatto l’inventario a stampa negli anni ’70 del XX secolo e le successive attività di riordino, il materiale è suddiviso in Archivio storico (1753-1911) e Archivio storico - Sez. contemporanea (1900-1960).
Ci sono poi i diversi Fondi aggregati (Giuseppe Tassinari, Ippolito Pestellini, Giulio del Pelo Pardi solo per citarne alcuni), in parte inventariati, in parte in attesa di analisi e sistemazione, che sono ulteriore fonte di materiale per gli studi di settore.

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Gli Orti Botanici e la biodiversità nelle piante

L'Unione Europea ha da tempo messo all'ordine del giorno il preoccupante problema dell'erosione delle specie viventi e, in particolare, delle specie vegetali.
Si può cominciare con la citazione della Risoluzione del Parlamento europeo del 21 settembre 2010 sull'applicazione della normativa UE per la conservazione della biodiversità (2009/2108(INI), mediante la quale il Parlamento manifestava la propria profonda inquietudine per la mancata attribuzione del carattere di urgenza, nell'ambito dell'agenda politica internazionale, alle iniziative volte ad arrestare la perdita di biodiversità. Da questo momento in poi si assiste ad una accelerazione delle decisioni europee in merito alla biodiversità. Nell' ottobre del 2016, in vista della riunione delle parti della Convenzione sulla diversità biologica e relativi protocolli, che si terrà a Cancùn, Messico, nel dicembre successivo, i Ministri dell'Ambiente dell'Unione Europea sottolineano la necessità di agire a livello internazionale per fermare la perdita di biodiversità. Questo Consiglio dei Ministri europei dell'Ambiente sarà lo stesso organismo che nel dicembre 2019 invita la Commissione Europea a elaborare senza indugio una strategia dell'UE per la biodiversità per il 2030, ambiziosa, realistica e coerente quale elemento centrale del Green Deal europeo. L'8 giugno del 2020 i ministri UE dell'Agricoltura accolgono con favore la strategia della Commissione sulla biodiversità. Ciò autorizza la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen a condividere, nell'ambito del vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità, tenutosi nel settembre 2020 a New York, che la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi richiedono misure urgenti e immediate a livello mondiale.
Il riassunto sommario delineato sin qui vuole solo sottolineare le premesse di quel Patto verde europeo, che va sotto il nome di Green Deal, e che include una serie di proposte di modifica di varie attività produttive, tutte convergenti al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Due strategie fondamentali del Green Deal sono rappresentate dal Farm to Fork, indirizzato sostanzialmente all'agricoltura, e alla Biodiversity, che mira, come detto, al blocco della perdita di diversità di forme di vita sul pianeta e al loro ripristino.

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L’olio di semi dell’albero della gomma fortifica il sistema immunitario delle ovaiole

Leggiamo su Poultry Science (Jing liu et al., 2022, Poultry Sci., 101(9), 102040) che l’albero della gomma (Hevea brasiliensis), oltre ad essere fonte preziosa di caucciù, produce dei semi ricchi di un olio efficace contro lo stress immunologico ed i responsi infiammatori da lipopolisaccaridi nelle galline ovaiole.

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L’agricoltura fonte di socialità

Coltivare e allevare per aiutare l’emancipazione delle persone più fragili: è la funzione dell’agricoltura sociale. Questa recupera i valori che l'agricoltura aveva nella società rurale – solidarietà, integrazione, valorizzazione delle relazioni interpersonali – e la mette a disposizione dei servizi alla persona. Attraverso iniziative promosse da aziende agricole e quelle del terzo settore (cooperative sociali, Associazioni di volontariato, altri Enti no-profit) intende favorire il reinserimento terapeutico di soggetti diversamente abili nella comunità e, al contempo, produrre beni.

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Uso dei dati nelle aziende agricole: opportunità e barriere

Lo scorso 20 giugno 2023 l'Accademia dei Georgofili ha organizzato un Webinar dedicato all'uso dei dati nelle aziende agricole. L'iniziativa ha avuto l'obiettivo di condividere gli aggiornamenti sulle imminenti disposizioni della Politica Agricola Comunitaria, che prevedono l'inserimento obbligatorio di dati aziendali ai fini delle erogazioni e l'uso di strumenti di gestione delle informazioni a fini di supporto tecnico.
Gli agricoltori, che gestiscono processi molto complessi perché legati ai cicli naturali, raccolgono una molteplicità di informazioni che forniscono ad amministrazioni pubbliche, a fornitori e a clienti, ma usano una minima parte di questi dati. La conseguenza è che la raccolta delle informazioni è vista come un peso e una fonte di costi. Oggi sta crescendo la consapevolezza che l’uso dei dati può avere un grande valore, tanto economico quanto ambientale che sociale, e anche per gli agricoltori avere la possibilità e la capacità di usare questi i dati sarebbe un motore fondamentale di crescita.

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Pan di seta, il futuro del passato

Nella grassa Bologna ancora oggi si passeggia sotto il portico del Pavaglione che deve il suo nome alla Piazza del Pavaglione, attuale Piazza Galvani, ove fin da metà del XV secolo si tiene il mercato di bachi da seta (Bombyx mori), quando i poveri delle campagne mangiano il pan di seta per il quale sono usati anche i bachi. 

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Alberi in città: colmare le lacune della ricerca

La ricerca nel settore del verde urbano è un campo interdisciplinare che si concentra sullo studio e la gestione di alberi e spazi verdi in ambienti urbani, ma comprende studi in discipline all’apparenza molto distanti dall’arboricoltura e dalla selvicoltura urbana. Sebbene siano stati compiuti progressi significativi nella comprensione dei vantaggi delle foreste urbane, ci sono ancora diverse lacune nella ricerca che devono essere affrontate per la pianificazione, progettazione, realizzazione e gestione delle aree verdi per le città del futuro.
Ad esempio, poco si sa degli impatti a lungo termine delle aree verdi: molti studi si concentrano sui benefici a breve termine, come il miglioramento della qualità dell'aria o la mitigazione dell'isola di calore. Tuttavia, sono necessari studi a lungo termine per comprendere gli impatti sostenuti delle foreste urbane sull'ambiente, sulla salute umana e sulla sostenibilità urbana complessiva. Gli studi longitudinali, ma provenienti da saperi trasversali, possono fornire preziose informazioni sull'efficacia dei progetti di “greening” urbano per periodi prolungati.

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Giornata nazionale della transumanza, c'è il protocollo di intesa

Il 20 giugno 2023 è stato firmato a Roma, presso il Palazzo del Quirinale, un protocollo d’intesa finalizzato all’istituzione della “Giornata nazionale della transumanza”. I firmatari del protocollo sono l’Accademia dei Georgofili, l’Università del Molise e l’Associazione Italiana Allevatori.
La firma è il risultato di anni di studi e ricerche culminate nel convegno “Ripensare la transumanza” che si è svolto lo scorso ottobre presso la Tenuta Presidenziale di Castelporziano, il cui scopo è stato quello di far conoscere all’intera società italiana la transumanza, con le sue usanze, i suoi valori culturali e le sue tradizioni.
Il Presidente dell’Accademia dei Georgofili, Massimo Vincenzini, ha voluto così sottolineare l’importanza dell’istituzione di una giornata nazionale dedicata alla transumanza: “Quello dello spostamento di animali e uomini secondo un preciso calendario stagionale è un importante esempio di fenomeno di rilevanza storica in moltissimi Paesi del nostro Pianeta, con origini che si spingono indietro nel tempo per diversi secoli, fino all’Età del bronzo. Per limitarci alle zone a noi più vicine, Europa e area mediterranea, la transumanza si è affermata un po’ ovunque, ora come fenomeno periodico tra territori di alta montagna (Alpi, Pirenei, Carpazi) e le vallate sottostanti, ora come fenomeno di spostamento degli animali tra pascoli tra loro distanti anche varie centinaia di chilometri (Italia, Grecia e Francia meridionale). Sempre, comunque, segnando profondamente i territori interessati e favorendo gli insediamenti umani lungo i diversi percorsi. In tal modo, ovunque sia stata o sia ancora praticata, la transumanza ha generato un insieme di valori che fanno giustamente parte del patrimonio identitario delle popolazioni e dei territori coinvolti”.

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L’intelligenza artificiale nella gestione del verde urbano

L'intelligenza artificiale (AI) sta acquisendo sempre maggiore importanza in vari settori e quello del verde urbano non fa eccezione. Man mano che le città continuano a crescere ed espandersi, la necessità di una gestione e conservazione efficiente ed efficace degli alberi diventa sempre più importante. Conosciamo bene i benefici prodotti dal verde urbano, tuttavia la gestione degli spazi verdi può essere un compito impegnativo e laborioso. È qui che entrano in gioco le soluzioni robotiche basate sull'intelligenza artificiale, che possono rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la gestione e la conservazione degli alberi negli ambienti urbani.
Una delle sfide principali è l'identificazione e la valutazione delle specie arboree, della salute e dei fattori di rischio. Tradizionalmente, questo è un processo lungo e laborioso, che richiede l'ispezione fisica di ogni albero da parte di arboricoltori esperti. La robotica basata sull'intelligenza artificiale può semplificare notevolmente questo processo utilizzando algoritmi avanzati di riconoscimento delle immagini e apprendimento automatico per identificare in modo rapido e accurato le specie arboree, valutarne la salute e determinare i potenziali rischi. Ciò non solo consente di risparmiare tempo e risorse, ma consente anche di prendere decisioni più proattive e informate quando si tratta di manutenzione e conservazione degli alberi.
Oltre all'identificazione e alla valutazione degli alberi, la robotica basata sull'intelligenza artificiale può anche aiutare nella cura delle foreste urbane. Ad esempio, i droni dotati di tecnologia AI possono essere utilizzati per monitorare in modo efficiente la salute degli alberi, identificare le infestazioni di parassiti e persino applicare trattamenti mirati alle aree colpite, ovviamente laddove è tecnicamente e legalmente possibile. Inoltre, la robotica basata sull'intelligenza artificiale può essere utilizzata per eseguire attività come la potatura e la rimozione degli alberi, che possono essere pericolose e laboriose se eseguite da lavoratori umani.

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TEA, finalmente la sperimentazione in campo

Il Parlamento italiano ha alcuni giorni fa approvato un emendamento che apre alla sperimentazione in campo delle piante ottenute tramite le cosiddette TEA, Tecnologie di Evoluzione Assistita, che in Europa vengono chiamate New Genomic Techniques e che in passato erano chiamate New Breeding Techniques.
Perché dobbiamo essere felici di questa decisione? Cisgenesi e il genome editing tramite CRISPR/Cas, che sono le due tecniche che in Italia abbiamo ricompreso nella definizione di TEA, ci permettono di modificare in maniera mirata singoli geni o addirittura singole basi del DNA all’interno dei geni ottenendo risultati che sono indistinguibili da quelli che potremmo ottenere per incrocio o per mutazione spontanea ma molto più velocemente e in maniera più precisa, ossia senza effetti collaterali indesiderati. E possiamo usare queste tecnologie per rendere le piante più resistenti ai patogeni, per renderle più tolleranti alla siccità, per renderle capaci di meglio sfruttare i fertilizzanti azotati ed anche per renderle capaci di meglio sfruttare l’energia solare attraverso il processo della fotosintesi. Tutte modificazioni che ci possono permettere di migliorare la sostenibilità delle produzioni agricole e diminuire l’impatto ambientale dell’agricoltura.
Noi oggi stiamo sfruttando il capitale di risorse naturali del nostro pianeta in maniera non sostenibile, ossia stiamo consumando più risorse naturali di quante non se ne rigenerino spontaneamente. Ce lo fa capire in maniera formale l’equazione dell’impatto globale che mette a confronto l’impronta ecologica delle attività umane con la capacità rigenerativa della biosfera. Oggi l’impronta è pari a 1,6 volte la capacità rigenerativa della biosfera. Ciò vuol dire che stiamo intaccando profondamente il nostro capitale di risorse naturali e più lo intacchiamo più la diseguaglianza aumenta. Dell’impatto sull’ambiente delle attività umane una grossa parte è legata alla produzione di alimenti, anche se comunemente tendiamo a pensare ad altre attività economiche come principali responsabili del degrado ambientale. Il sistema agroalimentare è responsabile, secondo stime recenti, del 34% delle emissioni totali di gas clima-alteranti. Di questo 34% il 71% è dovuto alla sola produzione primaria, cioè alle attività agricole. A ciò si devono assommare, fra gli altri, gli effetti sulla perdita di biodiversità dovuti principalmente alla messa a coltura di superfici che vengono sottratte al loro ruolo di ospiti di ecosistemi naturali che sono sempre molto più ricchi in biodiversità di quanto non lo possa essere un sistema agricolo e gli effetti sulla fertilità dei suoli che tende a diminuire per effetto di molte delle attuali pratiche agricole.
Come possiamo fare per riportare almeno in parità l’equazione? Visto che diminuire la popolazione non si può e diminuire l’attività economica sarebbe assai impopolare, non ci resta che giocare sull’efficienza con cui sfruttiamo le nostre risorse naturali per produrre beni e servizi, in altre parole ricchezza o nel caso specifico cibo. E a cosa corrisponde l’efficienza? A scelte politiche e soprattutto ad innovazione tecnologica.

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Quanto pesa il settore primario sul clima?

L'Accademia dei Georgofili ha recentemente realizzato e messo liberamente a disposizione degli interessati sul proprio portale (www.georgofili.it) un documento dedicato al bilancio del carbonio in agricoltura, che presenta vari casi di studio recentemente analizzati e sostenuti da dati numerici e scientifici.

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Mais antichi per nuove polente

Un nuovo futuro per un cibo antichissimo?

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Sulla tavola patriottica e sovrana non si serve carne “sintetica”

Il 28 marzo 2023 il Consiglio dei ministri ha approvato “con procedura d'urgenza” un disegno di legge che vieta la vendita, commercializzazione, produzione e importazione di alimenti artificiali. Nei comunicati stampa, si è preferito parlare di «carne sintetica».
Facciamo il punto.
In primo luogo, la terminologia. Per la preparazione e l’etichettatura degli alimenti non esiste una nozione di artificiale né di sintetico a livello italiano o europeo. A nessuno verrebbe in mente di definire Louise Brown, la prima persona al mondo a essere stata concepita con la fecondazione in vitro, e gli altri 8 milioni di individui concepiti con lo stesso metodo come “persone sintetiche”.
In effetti, sarebbe più corretto parlare, per distinguerla da quella di allevamento, di carne «coltivata» (nell’opzione di marketing rassicurante) o carne «di laboratorio» (nell’opzione ansiogena). La FAO suggerisce “a base di cellule”. Si tratta infatti di un prodotto di carne animale originata da cellule di un animale, non necessariamente ucciso né geneticamente modificato, sviluppata secondo un procedimento biologico in un ambiente confinato. La scienza necessaria alla produzione di questa carne altro non è che una derivazione di una branca delle biotecnologie nota come ingegneria dei tessuti che mira a trovare possibili applicazioni mediche come nell’ambito della ricerca contro la distrofia muscolare o della produzione di organi per trapianti o pelle per ustionati. In linea teorica si può infatti creare in laboratorio il tessuto muscolare di qualsiasi animale, incluso l'essere umano.
In secondo luogo, perché vietarla oggi e d’urgenza? Una rapida ricerca permette di scoprire che, sebbene diversi progetti di ricerca siano già riusciti nella produzione di carne in laboratorio, sia in Europa che negli Stati Uniti, ad oggi solo Singapore ne ha autorizzato il consumo, dopo due anni di sperimentazione: si tratta di bocconcini di pollo, venduti in un unico ristorante della città-stato.

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A salvare il mondo non basterà la bellezza ma può farlo il paesaggio

Il “paesaggio” è una evoluzione linguistica cinquecentesca delle pitture di paese che raffiguravano un territorio per finalità estetiche. Il lemma rimase a lungo oggetto della pittura, anche se si diversificherà occupando gli spazi della soggettività (l’esempio più noto è nella ascensione di Petrarca al Mont Ventoux) o quelli oggettivi delle attività umane per cui la vista di un “paese è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura” (Leopardi).
A lungo considerato tra i beni di interesse artistico, sarà a partire dalla legge Croce del 1922 che verrà definito cosa diversa dal “panorama storico artistico”. Gli scritti di Salvatore Settis sono necessari a seguire un’evoluzione che lo avvia a essere espressione sistemica della realtà naturale, della sua evoluzione storica, della cultura che su di essa è intervenuta e ne è stata improntata. Altre leggi seguiranno: la Bottai del 1939, la Galasso nel 1985, il Codice dei beni culturali e del paesaggio nel 2004. Da una visione riduttivamente estetica si è divenuti attenti all’ecologia, all’economia, al territorio confermando in definitiva quanto era implicito nell’articolo 9 della Costituzione del 1948 che afferma “la Repubblica … tutela il paesaggio” e lo distingue da “il patrimonio storico e artistico”.  In rapporto con essi diventa luogo fisico dell’interazione tra i caratteri della natura, la storia e la cultura dell’uomo che li ha modificati a proprio vantaggio per i bisogni alimentari o di materie prime, per la sicurezza, per i piaceri. Il paesaggio definisce non solo ambiti particolari ma i vasti e diffusi territori dell’agricoltura, unici in Italia per diversità biologica e fisica e per la molteplicità delle vicende storiche ed è oggetto della “Storia del Paesaggio Agrario Italiano” di Emilio Sereni. Nel primo capitolo è definito “forma che l’uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale».  Aggiorniamo la definizione: se “forma” sembra un giudizio estetico usiamo “struttura” a indicare il mosaico ecologico; al posto di “attività produttive” adoperiamo “servizi ecosistemici” con ciò rifacendoci alla multifunzionalità che adesso il Green Deal europeo invoca. Soffermiamoci quindi sull’attualità dei due avverbi che rimandano al carattere sistemico che si manifesta con l’effetto delle azioni umane sulla intera biosfera e la cognizione di operare all’interno di un sistema complesso che va oltre le parti che lo compongono.  

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Semi vs alberi: una querelle dai contorni nebulosi

Un singolare battage mediatico ha inopinatamente accompagnato l’attuazione del programma di interventi denominato Rimboschimento urbano e tutela del verde M2C4-31, finanziato con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resistenza, PNRR, innescando un vortice di reazioni di strenua difesa delle scelte operate in sede ministeriale.
La nebulosità che ha avvolto tale vicenda, e che tuttora sembra, a mio parere, non del tutto fugata, rende opportuno tentare di ricostruirne i contorni in modo sintetico ma aderente al quadro delle norme di riferimento e della posizione assunta riguardo ad essa dalla Corte dei Conti: quest’ultima, lo ricordo, è intervenuta sulla questione nell’espletamento della funzione che il legislatore le ha affidato, di controllo concomitante sulle Amministrazioni dello Stato, volto ad assicurare una verifica tempestiva ed un’azione propulsiva finalizzata al corretto impiego delle risorse disponibili, comprese quelle provenienti dall’Unione Europea e rimesse alla gestione pubblica, al fine di intercettare nelle gestioni in corso di svolgimento e, ove possibile, prevenire, attraverso un dialogo aperto e collaborativo con le stesse Amministrazioni, gravi irregolarità gestionali o gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme nazionali, dell’Unione Europea, o da direttive del Governo, e suggerire interventi correttivi in corso d’opera tali da poter determinare il mancato avverarsi o l’interruzione di situazioni illegittime o pregiudizievoli. Ricostruiamo in modo sintetico la vicenda per comprendere meglio i termini della vexata quaestio sulla quale polarizzare l’attenzione.
L’esigenza di mitigare l’inquinamento atmosferico, l’impatto dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, e la consapevolezza che tali derive ambientali toccano in maniera particolarmente incisiva le città metropolitane, ha ispirato la previsione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Investimento 3.1 “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”, collocato all’interno della Linea di intervento n. 3 “Salvaguardare la qualità dell’aria e la biodiversità del territorio attraverso la tutela delle aree verdi, del suolo e delle aree marine” della Componente n. 4 “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, la quale a sua volta si inserisce nell’ambito della Missione n. 2 “Transizione ecologica e rivoluzione verde”.

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Dalle vinacce una promettente arma contro il diabete

Le vinacce, uno dei principali e più ingombranti scarti della filiera vitivinicola, da tempo costituiscono per le aziende un fastidioso fardello di cui disfarsi, con grave dispendio economico e impattanti ripercussioni ambientali. La ricerca scientifica ha tentato negli anni di indicare una strada per mitigare i deleteri effetti dell’accumulo delle vinacce, proponendone un possibile riciclo nell’ottica dell’economia circolare.

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Nazzareno Strampelli e l’attualità dei “grani antichi”

Nell’Ottocento i cereali raramente hanno rese che superano i millecinquecento chilogrammi per ettaro. Soltanto nel Millenovecento si ha una svolta grazie alla ricerca e all’applicazione del metodo scientifico alla coltivazione agricola che consentono di studiare e di utilizzare le informazioni dei caratteri ereditari. 

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