Sabato 29 novembre 2025 è andata in onda una puntata di “Indovina chi viene a cena” dedicata al tema “Partigiani contadini”. I firmatari hanno apprezzato l’attenzione verso le risorse genetiche locali, il ruolo delle banche del germoplasma e il principio di benefit sharing, strumenti fondamentali per la conservazione e la condivisione della biodiversità agricola.
Riteniamo però necessario intervenire su come la trasmissione ha rappresentato genetica e miglioramento genetico, contrapposti in modo semplicistico ai “partigiani contadini”, presentati come unica alternativa “pura” e virtuosa. Questa dicotomia rientra in un filone mediatico ormai consolidato: da un lato i “custodi della natura”, dall’altro le multinazionali, descritte come predatrici di biodiversità. Una narrazione ideologica che riduce la complessità del settore agricolo.
Molte affermazioni risultano fuorvianti. Si sostiene, ad esempio, che i semi delle ditte sementiere siano “manipolati, ibridi e sterili”, mentre quelli “contadini” sarebbero “autentici”. In realtà la sterilità interessa solo poche colture (banane, uva, cocomeri apireni); gli ibridi non sono sterili, semplicemente generano una discendenza eterogenea secondo le leggi di Mendel, non conveniente per chi li vuole coltivare. Si sono diffusi perché garantiscono vantaggi reali: produttività, uniformità, resistenza a malattie e stress, grazie al “vantaggio dell’ibrido”, vero per tutti gli esseri viventi.
Gli agricoltori acquistano semi nuovi non perché non abbiano alternative, ma perché il seme autoprodotto può perdere purezza genetica, contaminarsi o veicolare malattie. Le ditte sementiere garantiscono all’acquirente la purezza del seme, la sua qualità e la sua germinabilità: offrono quindi un servizio professionale, che ha naturalmente un costo.
Fuorviante anche la distinzione morale tra un miglioramento genetico “buono” (pubblico) e uno “cattivo” (privato). La selezione genetica si basa su principi scientifici condivisi: attribuire una valenza etica diversa agli stessi strumenti in base a chi li usa crea diffidenza ingiustificata e ingiustificabile.
Inaccurata anche la parte sulle banche del germoplasma: non regalano semi alle multinazionali, ma li distribuiscono gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta. Forniscono piccole quantità non per nascondere qualcosa, ma perché la loro funzione non è la produzione di grandi volumi, bensì la conservazione, lo studio e la diffusione del materiale genetico. Inoltre, i semi “antichi”, spesso presenti nelle banche del germoplasma, non sono automaticamente migliori: possono presentare caratteristiche positive insieme ad altre negative. Il miglioramento genetico serve proprio a combinare più tratti vantaggiosi in una stessa varietà coltivata.
Queste inesattezze sono probabilmente la conseguenza di una carente preparazione agronomica di base, indispensabile per comprendere come funzionano realmente le produzioni agricole, siano esse condotte da piccoli agricoltori o su larga scala.
Particolarmente problematico è il ricorso a toni complottistici: i politici europei descritti come “feudatari” delle aziende agrochimiche e lo scambio informale o illegale di semi presentato come ribellione necessaria. Ciò rischia di legittimare comportamenti pericolosi: i controlli fitosanitari non sono burocrazia inutile, ma protezioni essenziali. Quando i controlli non sono adeguati le conseguenze possono essere gravi, come dimostra il caso della Xylella.
Anche le affermazioni su alimentazione e salute sono prive di fondamento: insalate in atmosfera controllata che perderebbero “completamente” potere antiossidante, insinuazioni su relazione tra autismo e glifosato già smentite dalla letteratura scientifica, citazioni indirette di studi ritirati per gravi carenze metodologiche e successivamente smentiti da studi più accurati. Tutte tesi che alimentano paura, non conoscenza.
Il risultato è un racconto che mescola elementi veri, mezze verità e falsità, generando un’impressione di dramma e urgenza che sacrifica la correttezza scientifica a favore dell’impatto emotivo.
Una comunicazione efficace dovrebbe invece partire proprio dai temi importanti citati: biodiversità, ruolo del Trattato sulle risorse genetiche, questioni legate alla proprietà intellettuale delle sementi, difficoltà economiche degli agricoltori. Da questi si potrebbe costruire un confronto serio, capace di affrontare complessità scientifiche e politiche senza demonizzare. Servirebbe una comunicazione che informi senza spaventare, aiutando il pubblico a orientarsi con spirito critico in un settore decisivo per il futuro del pianeta.