Scoperto un unicum botanico del Salento

di Raffaello Giannini, Donatella Paffetti
  • 31 July 2013
E’ stata resa nota un’iniziativa da parte dell’Associazione Officine Culturali di Carpignano Salentino  (LE), che, con la collaborazione  del Dipartimento di Scienze  e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento, diretto dal Prof. Luigi De Bellis, ha presentato  il 19 luglio 2013 presso il Palazzo Ducale Ghezzi del Comune stesso, l’incontro su: “LA QUERCIA ELEGANTE (Quercus caroppoi) dalla scoperta alla tutela. Il valore della Biodiversità per la Salvaguardia, per la Valorizzazione  e la promozione dell’Ambiente e dell’Identità di un territorio”, alla presenza dello scopritore Oreste Caroppo, Naturalista/Indipendent  Researcher.
La notizia riguarderebbe una forma intermedia tra la quercia spinosa e  il cerro,  tanto che “la meravigliosa Quercia elegante” viene indicata come Quercus  x caroppoi  anche perché “numerose sue caratteristiche … sono parse … intermedie”  alle due querce indicate. Tutto ciò è certamente di interesse ed i contenuti dell’incontro sono da condividere soprattutto per l’invito che emerge chiaro, teso a sottolineare l’importanza  della biodiversità nonché della sua salvaguardia e della sua valorizzazione, in quanto anche  contributo promozionale nei confronti di una più dettagliata identità di un territorio.  Del resto è noto come il territorio pugliese contribuisca in modo evidente all’incremento del livello di diversità biologica anche per le specie europee del genere Quercus, le quali sono in esso quasi tutte presenti.
D’altra parte è doveroso avanzare alcune considerazioni  sull’unicità della “scoperta”.
Il genere Quercus è molto antico (Oligocene -Nord America). Nel Terziario si espande nei continenti dell’emisfero settentrionale,  in aree a clima subtropicale e temperato. In Europa la massima diffusione si è avuta nel periodo Atlantico a cui è seguita una restrizione anche notevole e quindi una stabilizzazione dell’area di vegetazione compresa tra il piano basale delle sclerofille sempreverdi e il piano del faggio. Sotto l’aspetto sistematico, il genere comprende molte specie anche assai diverse per caratteri morfologici ed auto- ecologici: sono presenti specie arboree ed arbustive, decidue e sempreverdi, semi-persistenti con foglie di varie dimensioni , forma e spessore con margine variabile. Il frutto, la ghianda (achenio), le accomuna tutte: di forma oblunga o ellissoidale ha la parte basale racchiusa in un involucro slargato, la cupola, con squame da appressate a subulate-riflesse. 
Grande variabilità, interfertilità, presenza di ampi sciami ibridi e di forme introgresse, hanno causato  difficoltà nella tassonomia linneana delle specie la quale  a tutt’oggi  resta controversa anche perché basata sull’osservazione di caratteri fenotipici spesso  multi genici e determinati dall’effetto dell’interazione genotipo/ambiente. Nel 1911 Borzì, botanico siciliano, scriveva “… mi è lecito affermare che il genere Quercus rappresenta la perfetta negazione del  concetto di specie …” concludendo di essere in presenza di un immenso caos. Negli anni successivi la situazione non è certo migliorata: la botanica francese Camus (1936-1938) indicava circa 800 specie, Kruessman (1984-1986) circa 450, Gellini e Grossoni (1997) 300- 350 entità specifiche. Per Flora Europaea nella parte europea della regione mediterranea, sono presenti 20 specie.  In Italia  il genere Quercus è  rappresentato da 15 specie secondo Pignatti (1982), mentre solo 12 da Flora Europaea (Schwarz,1993). In questi testi di riferimento sono indicati forme ibride naturali confermate anche dai risultati di incroci intraspecifici artificiali effettuati, fin dal 1908, in Germania. Nessuna citazione di ibridi tra quercia spinosa e  cerro viene riportata in letteratura: del resto i dati bibliografici indicano  incompatibilità d’incrocio tra specie appartenenti ai sottogeneri accettati del genere Quercus.
In effetti l’affermazione di Borzì  interpreta il pensiero dominante di Darwin che nel 1856 (lettera all’amico, il botanico Joseph Hooker) esplicita un prima volta:  “E’ davvero esilarante vedere quali  idee diverse sono predominanti nelle menti di vari naturalisti, quando parlano di “specie”.; in alcune, la somiglianza è tutto e la discendenza di poco peso – in altre, la somiglianza sembra non servire a nulla, e la Creazione è l’idea imperante – in altre ancora, la sterilità è una prova infallibile, per altre non vale un fico secco. Deriva tutto, credo, dal tentare di definire l’indefinibile” (Darwin, 1887, in Calabi, 2009).
 Successivamente, nel trattato del 1859, “L’Origine delle Specie”, Darwin conferma la propria convinzione della impossibilità di una definizione di “specie”, e che la parola “specie” si possa riferire solamente ai taxa che i naturalisti chiamano “specie” (Ereshefsky, 2009).
Dalla fine degli anni ’90 ad oggi la biologia molecolare ha messo a disposizione dei ricercatori tecniche raffinate di analisi per  la filogenetica e il fingerprinting. Nel caso del genere Quercus, che rientra nell’ordine delle  Fagales, regioni del cloroplasto e del mitocondrio si sono rivelate un utile strumento per l’identificazione delle specie ed in particolare per  il parentale ancestrale materno (Paffetti et al., 2007). 
Tutto ciò per sottolineare come, a volte, il reperimento ed il riconoscimento di nuove “specie”  individuate attraverso  individui fenotipicamente “divergenti”, può essere azzardato. Resta il fatto che il ricorso a  marcatori specie-specifici associati con marcatori nucleari individuo-specifici, possono essere utili per l’identificazione specifica e per la caratterizzazione della variabilità genetica intraspecifica, ma anche  per arrecare non poco aiuto nel complesso mondo della sistematica e nella definizione del concetto di “specie”, entità di riferimento evoluzionistico, che ancora oggi raccoglie in sé fino a 22 concetti (Hey, 2001).

I riferimenti bibliografici possono essere richiesti agli AA.