Formaggi della Roma Imperiale

di Giovanni Ballarini
  • 09 October 2019

Che gli antichi romani conoscessero e amassero i formaggi è indubbio, ma quali erano i preferiti nel periodo di massimo splendore della loro cucina imperiale del I secolo? Per rispondere a questo quesito, un aiuto ci viene da Marco Valerio Marziale (38 o 41 - 104 d. C.) che ha scritto epigrammi nei quali cita anche sei formaggi. Le più importanti citazioni che Marziale fa di formaggi sono negli epigrammi di Xenia (I doni per gli ospiti) nei quali i prodotti alimentari sono presentati in un’ordinata esposizione che ha un preciso modello di riferimento e i bigliettini poetici che accompagnano le vivande procedono di pari passo con le portate di un convito: dagli stuzzichini della gustatio e degli ientacula si passa poi alle portate importanti dei fercula e alle secundae mensae. I formaggi (casei) fanno parte degli antipasti (gustatio) e sono collocati dopo i legumina e gli holera e prima delle portate importanti, ma possono anche servire come prandia destinati agli schiavi o al posto della carne e prima delle uova, che tradizionalmente aprivano il banchetto. Quali siano le preferenze gastronomiche dei romani del primo secolo dell’era corrente lo dice il poeta Marco Valerio Marziale nel menù con il quale invita a cena Giulio Ceriale: Cenabis belle, Iuli Cerialis, apud me… ("Liber undecimus", LII), nel quale gli dice quanto segue. Per prima cosa, per stuzzicare lo stomaco, ti sarà servita la lattuga, insieme ai filetti tagliati di porro; poi un tonno conservato, più grande di uno sgombro, ricoperto da uova accompagnate da foglie di ruta; non mancheranno uova cotte sotto uno strato di cenere. Né il formaggio rappreso nei forni del Velabro, né le olive che hanno conosciuto il freddo del Piceno. Basta per l’antipasto. Vuoi sapere il resto? Mentirò per farti venire: pesci, molluschi, tette di scrofa, uccelli grassi di cortile e di palude, che Stella serve soltanto nelle occasioni particolari.
Quattro sono i tipi di caseus da Marziale considerati negli Xenia e comprendono le grandi tipologie di formaggi italici: il formaggio forse bovino in grandi forme di Luni, il pecorino abruzzese forte e nutriente, il caprino affumicato a Roma, nella zona del Velabro, il formaggio di Trebula, migliore se riscaldato sulla brace o con l’acqua calda. L’ordine di presentazione sembra ricalcare quello delle specie che producono il formaggio (bubuli, ovilli, caprini) con l’aggiunta dei casei Trebulani che potrebbero essere formaggi a pasta filata. Nel libro XII degli epigrammi e in diversi contesti Marziale cita anche altri due formaggi provenienti da Tolosa e da Sarsina.
Il formaggio di Luni è di grandi forme enormi che arrivano a Roma via mare con una denominazione del porto nel quale sono state imbarcate: Luni al confine fra Liguria ed Etruria e può servire per una colazione di lavoro. Resta il dubbio se è un formaggio di latte ovicaprino o bovino, come può far supporre la dimensione delle forme. Inoltre non sappiamo se questo formaggio è prodotto nei territori vicini al porto d’imbarco o piuttosto di una più ampia area che potrebbe arrivare alla pianura padana facilmente raggiungibile attraverso alcuni passi appenninici. In quest’ultimo caso il formaggio segnato con l’immagine della Luna etrusca, è una specie di moderna DOP. Il formaggio di pecora dei Vestini è prodotto da una popolazione italica forte e rude, che basano la propria economia sull'agricoltura, ma soprattutto sulla pastorizia e sul commercio e è suggerito al posto della carne come gli spuntini veloci (ientacula). Il formaggio affumicato (Caseus fumosus) è un formaggio che viene trattato con il fumo in un particolare luogo, il Velabro (Velabrum), un'area pianeggiante di Roma situata tra il fiume Tevere e il Foro Romano dove sono presenti attività commerciali e produttive soprattutto alimentari e tra queste anche l’affumicatura dei formaggi, pratica che ne assicura una migliore conservazione e l’acquisizione di aromi particolari, anche in relazione al tipo di legno usato. I formaggi trebulani probabilmente vengono da Trebula Balliensis in Campania e si pensa siano a pasta filata che diventano più gradevoli al palato se fatti ammorbidire sulla brace o in acqua calda, come già rileva Columella. Il formaggio di Tolosa si caratterizza per la sua forma quadrata, mentre i formaggi di Sarsina si pensa siano caciotte di pecora e di capra.