Nuova olivicoltura superintensiva

di Tiziano Caruso
  • 14 March 2012
Per rendere più competitivo il comparto olivicolo italiano occorre puntare alla valorizzazione del prodotto, attraverso  ben mirate campagne promozionali, ma anche su nuovi sistemi di coltura dinamici, altamente produttivi e facilmente meccanizzabili. E’ infatti sempre più pressante l’esigenza di modelli olivicoli in grado di ridurre l'impiego di manodopera e di abbassare i costi di produzione.
Gli impianti tradizionali intensivi , basati su 400-600 piante/ha con forma di allevamento a vaso (classico, policonico) in determinati contesti colturali consentono di raggiungere risultati economici positivi, quando si mira ad ottenere un  prodotto che per caratteristiche qualitative sensoriali, nutrizionali e/o salutistiche possa essere collocato in segmenti di mercato “di nicchia”, più remunerativi rispetto a quelli propri dell’olio di oliva extravergine. Segnatamente per quello di largo consumo, invece, un modello d’impianto che lascia intravvedere buone possibilità di pervenire a risultati economici soddisfacenti, attraverso una sensibile  riduzione dei costi di produzione è quello superintensivo. Si tratta di un modello d’impianto che si basa su 1.600-2.000 piante/ha allevate ad asse centrale e che, in ragione delle modeste distanze tra gli alberi sulla fila (non oltre 1,5 m.) danno luogo ad una parete di vegetazione che consente la raccolta in continuo, mediante l’impiego di macchine scavallatrici, derivate da vendemmiatrici opportunamente modificate. Nel valutare la convenienza economica degli impianti superintensivi non va però trascurato un costo di impianto piuttosto elevato, e la necessità di adeguare le tecniche colturali, in particolare potatura, irrigazione, concimazione e difesa della pianta.
La finalità principale prevede che l’impianto entri precocemente in produzione e la produttività sia poi elevata e costante almeno per una ventina di anni. In altri termini, le piante devono fornire produzioni elevate già dal secondo - terzo anno (3-4 tonnellate per ettaro), per raggiungere la piena produzione al quinto anno (90-120 tonnellate per ettaro). Condizione fondamentale è il contenimento del volume dell’albero entro dimensioni compatibili con quelle delle vendemmiatrici, cioè entro 1,5 m di larghezza e 2,8-3,0 m di altezza, senza che venga alterato il potenziale produttivo. Per questi motivi la realizzazione di impianti superintensivi presuppone l’impiego solo di determinate cultivar, caratterizzate da alta fertilità, da un limitato vigore e da una chioma compatta. Sulla base delle esperienze maturate in diversi Paesi del mondo, attualmente le varietà di olivo più rispondenti ai requisiti esposti sono le spagnole Arbequina e Arbosana e la greca Koroneiki; fra queste tre cultivar, considerando nel complesso gli aspetti vegetativi e produttivi.

(foto: fototeca dei Georgofili)