Mostarda, piacere culturale

di Giovanni Ballarini
  • 05 May 2021

In ogni cultura alimentare vi sono cibi piccanti per i quali esistono dei limiti, diversi per ogni persona e a loro volta influenzati dalle abitudini alimentari, e il piacere che provocano giustifica la loro presenza e persistenza e per questo i cibi piccanti sono importanti cibi culturali. Il controllo dei limiti dei cibi piccanti, come anche per quelli amari, in ogni cultura è mantenuto e regolato da tradizioni, spesso trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni piccanti, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso, nei quali sono regolati dolore e piacere, paura felicità e allegria. Molti sono gli esempi di cibi piccanti e tra questi le mostarde che sono molte e diverse ma tutte hanno la caratteristica di essere piccanti per la presenza di semi polverizzati o essenza o olio essenziale o tintura di senape che contiene l’isotiocianato di allile responsabile del sapore piccante anche del rafano e del wasabi. La senape è nota fin dall’antichità, come dimostra il fatto che è una delle poche piante citiate nei vangeli unitamente al frumento, la vite e il fico. Le piante di senape non superano un'altezza di due metri, hanno un’inflorescenza gialla a forma di pannocchia dalla quale si sviluppa un frutto che contiene numerosissimi semi piccoli e arrotondati dal sapore aspro e piccante.
Molte sono le mostarde nel mondo e in Italia e il termine mostarda è spesso fonte di equivoci perché confuso con il francese moutarde o l'inglese mustard. La denominazione italiana probabilmente deriva dal latino mustum ardens o mosto piccante per condimenti preparati con mosto e sostanze piccanti come la senape, ma nelle diverse e numerose versioni di mostarde italiane spesso uno o l'altro ingrediente (mosto e senape) sono assenti. Le mostarde di Cremona, Mantova e del Veneto sono senapate e piccanti ma prive di mosto, quelle di Carpi, del Piemonte e del sud Italia contengono mosto ma non senape, la mostarda bolognese e romagnola non contengono né mosto né senape ma solo frutta. L'uso del mosto cotto in sostituzione o in combinazione con il miele per conservare la frutta è già presente nell’antica Roma mentre la nascita della mostarda senapata sembrerebbe risalire al Medioevo o al Rinascimento. Il termine mostarda compare per la prima volta in un testo francese del 1288, intendendo il mosto di vino reso ardente, cioè piccante, dall'aggiunta di farina di grani di senape. Nel poema eroicomico La Secchia Rapita di Alessandro Tassoni (1565 – 1635) pubblicato per la prima volta a Parigi (1622), nel descrivere i doni a un legato pontificio si menzionano (XII, 38) "due cupelle di mostarda di Carpi isquisitissime", ma già un secolo prima, nel 1522, Francesco Berni (1497 – 1535) allude alla mostarda nelle sue lettere facete. La diffusione nell'Italia settentrionale avviene verso il Seicento e il suo uso è associato alle festività natalizie, con diffusione nelle diverse città della pianura Padana: Vicenza, Mantova e soprattutto Cremona con ricette tradizionali nelle quali la quantità di gocce di tintura senape varia da dieci a venti per chilogrammo di composto, secondo la piccantezza desiderata. La mostarda è un prodotto oggi diffuso in Italia e realizzato con diversi ingredienti secondo la zona e la cultura che l’ha prodotta e della quale è espressione. Nella sua ricetta più essenziale, la mostarda consiste di frutta, zucchero ed essenza di senape, solitamente molto piccante, troppo spesso sostituita nelle preparazioni industriali da isotiocianato di allile di sintesi e con frutta colorata artificialmente.
Il gusto del piccante è la caratteristica di una raggiunta maturità fisiologica, psicologica e culturale e si rapporta ad altre manifestazioni nelle quali si cerca il limite. La ricerca del limite è spiegata dal fatto che nel cervello umano le aree del dolore e del piacere sono molto vicine e una volta entrate in funzione attivano le parti vicine del cervello dove ha sede la coscienza superiore. Piccante è un gusto cerebrale e la ricerca per il cibo piccante è la conseguenza di un’interazione tra le aree del cervello che controllano il dolore, il piacere e la coscienza, e per questo le spezie piccanti sono sempre esistite e in Asia vi era il pepe, in Asia e Africa la senape, in America il peperoncino, in Europa il rafano, e oggi il peperoncino, la senape e le mostarde hanno invaso il mondo. In ogni cultura, il controllo dei limiti nei cibi piccanti è ottenuto attraverso tradizioni, trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso, nei quali sono regolati il limite del dolore, la paura, la felicità e l’allegria della tavola. I cibi piccanti, come la Mostarda di Cremona, sono opere d’arte, importanti cibi culturali.