Meglio non ufficializzare una etichetta volontaria europea, se è palesemente insoddisfacente

Parliamo ancora di etichettatura con Paolo Fantozzi, presidente del Comitato consultivo dei Georgofili sulle tecnologie alimentari e professore all’Università degli Studi di Perugia

di Giulia Bartalozzi
  • 11 May 2022

Professore Fantozzi, lo scorso 21 aprile si è svolto all’Accademia dei Georgofili, in presenza e da remoto, un convegno che si è proposto di fare il punto sulla legislazione relativa alle informazioni ai consumatori concernenti gli alimenti. In poche parole, la tanto dibattuta questione dell’etichettatura, prevista dalla Ue con i regolamenti 1924/2006 e 1169/ 2011. Ci riassume che cosa prevedono?
Come ho avuto modo di ricordare al Convegno, l’Unione Europea, con i regolamenti 1924/2006 e 1169/ 2011 si era già proposta di raggiungere uno dei suoi principali obiettivi: la tutela degli interessi del consumatore, consentendogli scelte alimentari più informate e consapevoli, tramite una dichiarazione nutrizionale obbligatoria che comprendesse i valori di energia, grassi (di cui acidi grassi saturi), carboidrati (di cui zuccheri), proteine e sale per 100 g di prodotto o per 100 ml per i liquidi.
Per migliorare la comprensione della dichiarazione nutrizionale obbligatoria e renderla più semplice e intuitiva per tutti i consumatori, in particolare, il regolamento 1169/2011 permetteva anche l’inserimento volontario di varie e diverse forme di espressione dei valori e nutrienti anche attraverso l’uso di forme e simboli grafici.
Pertanto, l’etichettatura degli alimenti quindi, pur non avendo il compito di svolgere educazione alimentare, si prefiggeva di trasmettere informazioni chiare, oggettive e utili per una corretta scelta e consumo dei prodotti confezionati allo scopo di promuovere scelte alimentari consapevoli.
La condizione, però, era che le informazioni presenti in etichetta:
non fossero ingannevoli per il consumatore;
facilitassero la comprensione del contributo o dell’importanza dell’alimento ai fini dell’apporto energetico e nutritivo di una dieta;
si basassero sulle assunzioni di riferimento armonizzate riportate nell’allegato XIII oppure, in mancanza di tali valori, su pareri scientifici generalmente accettati riguardanti l’assunzione di elementi energetici o nutritivi;
fossero obiettive e non discriminatorie;
non creassero ostacoli alla libera circolazione delle merci;

Premesso che l’informazione presente in etichetta è un essenziale strumento di garanzia e di tutela per i consumatori, a suo giudizio può un’etichetta, per quanto ben realizzata, sostituire una corretta educazione alimentare?
Un’etichetta cosiddetta “frontepacco” potrebbe essere utile per i consumatori meno informati e poco educati a condizione che, come richiesto dalla UE, comporti un’informazione chiara, fruibile e oggettiva che aiuti il consumatore a effettuare scelte adeguate e consapevoli, senza delegare semplicisticamente la scelta a un’ impressione visiva di carattere istintivo. E’ dunque molto utile ricordare che ogni etichettatura non può risolvere che in minima parte il problema di una insufficiente educazione alimentare per la quale risulta evidente la necessità di sviluppare una strategia globale europea che comprenda campagne di informazione e formazione sin dalla scuola primaria perché il tema della salute e degli stili di vita salutari deve far parte dell’educazione complessiva del cittadino europeo.
Come già conclusi nel mio intervento al Convegno del 21 aprile u.s., per realizzare gli obiettivi di lotta al sovrappeso e alle malattie metaboliche l’Unione deve mettere in campo non solo un approccio meramente regolamentare nell’ambito di una sola politica ma fare leva sull’insieme delle politiche concorrenti: sanità, istruzione, industria, mercato interno, agricoltura, protezione dei consumatori e commercio internazionale e prevedere inoltre un finanziamento europeo ad hoc per aumentare il più rapidamente possibile il livello di conoscenza dei suoi consumatori.

Ad oggi non si è raggiunta uniformità a livello europeo per l’inserimento volontario sui pacchi, oltre alla dichiarazione nutrizionale che è obbligatoria, di varie forme e simboli grafici che dovrebbero rendere più immediata la percezione del consumatore circa la composizione e il valore nutritivo degli alimenti. Le cito il keyhole scandinavo, il nutrinform italiano, i semafori anglosassoni e il nutriscore francese. Come funzionano brevemente queste simbologie?
La Commissione Europea nella sua comunicazione Com 2020/381 final, conosciuta come Farm tu Fork ha annunciato la sua intenzione di promuovere un consumo sostenibile di alimenti sani e in particolare propone un’etichetta nutrizionale fronte- pacco armonizzata e obbligatoria.
Questa intenzione che trova i suoi prodromi nella possibilità, prevista dall’articolo 35 del già citato regolamento 1169/ 2011, per una attuazione sperimentale e non obbligatoria di un’etichettatura frontepacco che nell’ultimo decennio è stata praticata con sistemi diversi in relativamente pochi Stati membri.
Molti dei sistemi volontari da lei citati si fondano sulla aggiunta nel fronte pacco di simboli e/o colori che dovrebbero sostanziare con immediatezza il relativo apporto (positivo o negativo alla dieta) dell’alimento confezionato. La quasi totalità degli elementi presi in considerazione in questi sistemi riguarda le caratteristiche già figuranti nell’etichetta nutrizionale obbligatoria sugli imballaggi (per 100 g o eventualmente per porzione) attraverso soglie o algoritmi propri a ciascun sistema.
Dall’esame dei sistemi attualmente presenti nel mercato europeo, si osservano due ordini di problemi: il primo relativo alla chiarezza o utilità di questi sistemi e il secondo relativo alla possibilità di prevedere un unico di sistema di riferimento obbligatorio per l’insieme dei cittadini europei.
La maggior parte di queste etichette (Key-Hole, Nutriscore, Evolved Nutrition Labelling, Front of Pack Nutrition Labelling) nella loro semplicità visiva dettano istantaneamente, con colori “semaforici”, la qualità del contenuto della confezione, non permettendo però, e di conseguenza, al consumatore una sua personale valutazione critica dell’acquisto.
I due sistemi proposti dall’Italia (Nutrinform Battery e Med-Index), pur invitando il consumatore ad una sua migliore valutazione personale, risultano più complessi nella interpretazione visiva al momento e, in definitiva,  ne riducono la corretta validità del messaggio. 

Un esame dettagliato degli stessi è visibile qui:  ELENCO SINTETICO DEI VARI SISTEMI DI ETICHETTATURA FRONTE PACCO.pdf

L’Accademia dei Georgofili, in un articolato documento che è stato recentemente pubblicato sul suo sito (https://www.georgofili.it/Media?c=7a645adf-7bea-43db-8eac-41c50549878e) ha espresso parere negativo soprattutto nei confronti del Nutriscore. Perché? Lei pensa che sia possibile raggiungere una sintesi a livello europeo e in quali tempi?
Essendo oramai uscito dalla valutazione europea l’inglese Front of Pack Nutrition Labelling a seguito della Brexit, il Nutriscore rimane quello ancora in discussione avanzata, la risposta alla sua prima domanda ricalca puntualmente quella riportata nel link indicato nella sua domanda.
Per quanto riguarda invece la seconda parte della sua domanda, poiché L’Unione europea si è proposta di individuare una forma comune obbligatoria della etichettatura entro 1l 2022, osservo che. al di là della difficile situazione politica che si è creata a seguito della invasione russa dell’Ucraina, la speranza è che si possa raggiungere un accordo condiviso che sia capace di tenere conto delle esigenze del consumatore appare difficile.   
Infatti, per questi problemi bisogna tenere presente che esiste una evidente diversa valutazione negli acquisti degli alimenti pre-imballati da parte dei cittadini, per categoria e situazione geografica,
Deve tenersi conto della mancanza, ma peraltro necessaria, distinzione fra alimenti pronti per il consumo e alimenti che devono subire ulteriori preparazioni.
All’interno della stessa categoria e per alcune categorie e sub-categorie di nutrienti è quasi impossibile differenziare alimenti diversi.
Infine, i risultati dei vari sistemi sono molto diversi se si misurano percento grammi o per porzione visto che vi sono principi nutrizionali che si assumono in grammi, decine di grammi o diverse centinaia di grammi.
In quei sistemi che sono assertivi della positività dei nutrienti per Il regime dietetico si può indurre il consumatore a un eccesso di consumo di alimenti contrassegnati come healty o light incrementando pericolosamente l’ingestione di nutrienti già presenti in quantità sufficienti nella dieta individuale.
Altri sistemi valorizzano, anche e/o forse involontariamente, alimenti impoveriti spesso ultra-processati e a volte addizionati di elementi inerti.
In virtù dell’incitazione alla riformulazione dei prodotti alimentari, alcuni sistemi prevedono la possibilità per i produttori di negoziare con le amministrazioni nazionali la classificazione relativa dei loro prodotti eventualmente modificati.

In conclusione, tutti i sistemi oggi sul campo, avendo come obiettivo quello di disincentivare con immediatezza il consumo di alimenti contenenti singolarmente quantitativi elevati e non auspicabili di nutrienti, hanno di conseguenza un grado di approssimazione che li rende molto poco scientifici, perché le loro caratteristiche vengono estrapolate senza tener conto delle quantità consumate nel quadro della dieta complessiva e della loro frequenza di consumo. In questa maniera vengono discriminati negativamente e messi all’indice alcuni alimenti di qualità che contengono in molti casi nutrienti essenziali.
In definitiva, quindi, confermo la mia opinione che una sintesi reale a livello europeo sembri oggi problematica per le seguenti riflessioni.
La prima fondamentale riflessione è sul controllo prioritario delle quantità eccessive di cibo ingerito (e quindi di energia) rispetto ai fabbisogni dei singoli.  Questo fabbisogno può essere rappresentabile individualmente o per categorie per un'unità di tempo, ma deve essere strettamente connesso all’intensità dell’attività fisica svolta.
La seconda riflessione, subito derivata dalla precedente, è sulla insufficienza dell’educazione alimentare di base che non riesce a orientare le modalità di comportamento del consumatore anche in presenza di indicazioni comportamentali di massima. 
Un’altra sottostimata realtà/presa d’atto è che una larghissima parte del consumo di cibo non si effettua con alimenti preconfezionati o pronti, ma con alimenti semplici, spesso preparati e consumati in casa o in comunità.
Tutto ciò conduce all’ultima riflessione sul recente dibattito sulla creazione di un’etichettatura addizionale semplificata e istintivamente comprensibile, sapendo e ricordando che essa rappresenta solo una parte del consumo giornaliero/ settimanale di alimenti.  
Ricordando quindi il preambolo nutrizionale sul quale l’Accademia dei Georgofili ha basato la sua posizione: «L’eccedenza ponderale della popolazione e le malattie croniche non trasmissibili generalmente associate stanno determinando ovunque nel mondo un carico di malattia altissimo con ricadute e costi alla lunga insopportabili per la società. Una gran parte di queste malattie deriva da abitudini alimentari non corrette il cui contrasto deve avvalersi di una strategia combinata di interventi sul singolo e sulla collettività», mi sento di dover concludere che, in mancanza di una reale strategica combinazione di interventi, sia più conveniente NON procedere alla ufficializzazione di una etichetta volontaria europea, piuttosto che forzatamente accettarne una palesemente insoddisfacente.