Latte: uno, nessuno e centomila

di Giovanni Ballarini
  • 07 July 2021

Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte canta Gianni Morandi nel 1962, una canzone con il testo di Franco Migliacci, quando il latte era uno solo e lo si comprava in latteria. A quel tempo non vi erano i vegani che vogliono nessun latte e soprattutto non vi erano i centomila diversi tipi di latte che oggi ve-diamo negli scaffali dei supermercati: crudo, appena munto, fresco, pastorizzato, stassanizzato, UHT, omogeneizzato, microfiltrato; a breve, media o lunga conservazione; intero, parzialmente scremato, scremato o magro, diluito; senza lattosio, HD (High Digestibility) ad alta digeribilità; funzionale o potenziato arricchito con vitamine, proteine o calcio; integrato con fibra solubile, ferro, grassi Omega 3, pappa reale; vaccino, di capra, di pecora, di bufala, di asina; di kefir; di alta qualità, biologico, fermentato; di fieno (Haumilch), gusto di una volta; concentrato, evaporato, in polvere; per cappuccini; confezionato in bottiglie di vetro, plastica, contenitori delle diverse forme di materiali poliaccoppiati; senza dimenticare le bevande vegetali sostitutive del latte. A tutti questi latti ora si aggiunge il Latte A2 o Latte Betacaseina A2.
Fin dall’antichità si sa che i latti delle diverse specie e razze animali hanno differenze meglio precisate dalle ricerche scientifiche che dimostrano l’estrema complessità della loro composizione. In particolare nel latte vaccino vi sono diverse proteine (caseine alfa, beta, kappa; lattoglobulina; lattoalbumina; sieroalbumina; immunoglobuline; componenti secretori; lattoferrina) ognuna con le sue particolari attività. La Kappa-caseina ha un ruolo importante nella coagulazione del latte e quindi per la sua digestione e l’industria casearia. Le beta caseine hanno tre principali varianti (A1, A2, B) e si ritiene che in origine tutte le bovine producessero caseina A2 e che la variante A1 sarebbe arrivata successivamente, tra i diecimila e i cinquemila anni fa. Dalla digestione enzimatica delle beta-caseine si liberano peptidi e tra questi dalla beta-caseina A1 deriva la Beta-casomorfina 7 (BCM7), un peptide bioattivo con affinità agonista per i recettori oppioidi del tipo µ presenti in vari distretti del tessuto nervoso e parrebbe anche nelle cellule pancreatiche che producono l’insulina. Questo peptide bioattivo per esercitare il suo effetto deve passare la barriera intestinale, entrare in circolo, superare il fegato e la barriera emato-encefalica e raggiungere i tessuti dotati dei recettori μ generando analgesia, miosi, depressione respiratoria, riduzione della motilità gastro-intestinale, euforia e per alcuni è anche alla base del diabete tipo 1.
Betacaseina A1 con il suo peptide Beta-casomorfina rischio o beneficio? All’inizio la casomorfina, scoperta nel 1979, è considerata favorevolmente attribuendole anche il benessere di una tazza di latte a colazione e di un bicchiere di latte prima di andare a letto. Successivamente però alcuni ricercatori segnalano possibili effetti sulla salute umana della beta-caseina A1 ipotizzano una sua connessione con alcune malattie non trasmissibili (Corran McLachlan e Bob Elliot 1993, Elliott et al., 1999; McLachlan, 2001; Laugesen and Elliott, 2003; Tailford et al., 2003; Woodford, 2006). Nel 2000 Corran McLachlan (1944 – 2003) denuncia una correlazione tra il consumo della beta caseina A1 e malattie cardiache ischemiche, diabete infantile di tipo 1 e altri disturbi, ritenendo anche che molte persone che pensano di avere intolleranza al lattosio sono invece sensibili alla proteina A1. Le conclusioni di McLachlan e altri non sono però accettate da tutti gli scienziati e molti considerano che i risultati delle loro ricerche sono di tipo correlativo, piuttosto che di causa ed effetto comprovato. Anche l’agenzia europea EFSA con lo Scientific Report n°231 del 29 Gennaio 2009 afferma che sulla base della letteratura scientifica disponibile non è possibile stabilire una relazione cau-sa-effetto tra l’assunzione orale di Beta-casomorfina 7 o peptidi correlati e l’eziologia o il decorso di eventuali malattie non trasmissibili. Recentemente (2017) Simon Brooke-Taylor e collaboratori (Brooke-Taylor S., DwyerK., WoodfordK., Kost N. - Systematic Review of the Gastrointestinal Effects of A1 Compared with A2 b-Casein - Advances in Nutrition, 8, 739-48, 2017) rilevano la insufficienza di studi clinici sull’uomo e la necessità di ulteriori ricerche per inda-gare gli effetti della funzione digestiva di A1 rispetto ad A2 in diverse popolazioni e impostazioni dietetiche.
Prima in Australia, poi in altre parti del mondo e ora anche in Italia alcune industrie del latte hanno messo in commercio il latte senza beta-caseina A1 e ottenuto da mandrie di mucche che producono la proteina beta-caseina A2. Nella comunicazione commerciale di questo latte si dice che è una novità, è il latte di un tempo passato, ha una migliore digeribilità, dà sensazioni di leggerezza e piacere, è più digeribile, migliora il microbiota intestinale. Si evita però di toccare l’ancora delicato, se non molto incerto argomento dei possibili rischi sulla salute umana derivanti dal consumo di latte e derivati in cui è presente la variante A1 della beta-caseina, che costituisce gran parte del latte in commercio e soprattutto del fatturato delle stesse industrie. Unica certezza è che un altro tipo di latte denominato Latte A2 o Latte Betacaseina A2, si aggiunge a quelli già esistenti e che non sarà l’ultimo, perché in un mercato italiano in crisi con il consumo calato del trenta per cento negli ultimi sei anni, le industrie lattiero-casearie cercano di vivacizzare le vendite stimolando il consumatore di quello che era un unico prodotto con il continuo lancio di centomila novità.