La ricerca per la valorizzazione del Nebbiolo

  • 16 October 2019

Un tempo per fare il vino bastavano la giusta attrezzatura e l'abilità di un vinificatore. Oggi, per realizzare un vino equilibrato e complesso, non possono mancare altri due ingredienti: la conoscenza del singolo vitigno e la mano del vignaiolo. Uno stesso vitigno può infatti produrre uve con caratteristiche differenti, in base sia alle diverse tipologie di terreno e microclima sia alla gestione del vigneto.
“Tra i prodotti dell'agricoltura il vino occupa un posto centrale, non solo per l'infinita gamma di sfumature ottenibili dalla combinazione tra il vitigno (la base genetica) e l'ambiente (inteso come insieme di esposizione, terreno e clima), ma anche per il complesso lavoro dell'uomo (la gestione agronomica del vigneto). A tutto ciò va poi aggiunto il processo di trasformazione del prodotto uva, in cui microbiologia e tecnica enologica concorrono a creare il prodotto finale nella sua complessità”, afferma Ivana Gribaudo, dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Da qui il concetto di "terroir", termine oggi spesso evocato per descrivere l'insieme delle caratteristiche fisico-chimiche, biologiche, climatiche di una certa zona e, secondo alcuni esperti, anche l'elemento “umano”, ossia il lavoro del viticoltore e del cantiniere, fondamentali per la personalità dei vini. “Parlando del Nebbiolo, è noto che questo vitigno si coltiva soprattutto nell'Italia nord-occidentale e solo marginalmente in altre parti del territorio nazionale ed estero. Il carattere dei suoi vini, ottenuti da uve provenienti da differenti areali di produzione, cambia, pur mantenendo sempre un profilo da fuoriclasse enologico, elegante e longevo”.
In Piemonte, sua area di elezione, il Nebbiolo è presente in zone molto diverse dal punto di vista pedoclimatico. A causa della sua tarda maturazione, è generalmente coltivato in colline con esposizione a sud o sud-ovest. Sulle colline delle Langhe, il suolo è prevalentemente costituito da marne argillo-calcaree sedimentarie a reazione sub-acida, e il clima è tendenzialmente secco. “I vini di queste zone hanno aromi complessi e un ottimo equilibrio di acidità e tannini”, spiega ancora la ricercatrice. “Il suolo del Roero è invece più sabbioso che calcareo e qui i vini assumono un carattere morbido e meno ruvido. Nella zona pedemontana alpina, della quale fanno parte il Nord del Piemonte e la Valtellina lombarda, invece, il terreno è più acido e povero in calcare, e le precipitazioni in genere sono più abbondanti. Qui si producono vini dal bouquet fruttato e minerale, con tannini gentili”.
Altra caratteristica del Nebbiolo è avere una spiccata variabilità. “Da anni stiamo lavorando alla valorizzazione di questo vitigno, selezionando e omologando nel tempo numerosi cloni con attitudini agronomiche, produttive ed enologiche differenti, da mettere a disposizione dei viticoltori per far fronte alle diverse esigenze colturali ed enologiche”, prosegue Gribaudo. È stata anche presa in esame l'espressione quali-quantitativa dei cloni del vitigno in funzione dell'ambiente di coltivazione e della loro stabilità in aree di coltivazione diverse per suolo e microclima. “La caratterizzazione genetica del Nebbiolo è stata ottenuta già qualche anno fa con il progetto Nebbiolo genomics, sequenziando il genoma di tre cloni omologati e identificando l'intero pool di geni caratteristici del vitigno. Con l'occasione sono state studiate, a livello molecolare, le interazioni tra la biodiversità genetica esistente e l'ambiente di coltivazione (clima, microclima e terreno), contribuendo a comprendere come l'ambiente condiziona la peculiare composizione antocianica (pigmenti) dell'uva”, conclude la ricercatrice.

Di Silvia Mattoni, da: Almanacco della Scienza - CNR, N. 10 – 2/10/2019