Influenza dell’agricoltura sul sistema immunitario nelle popolazioni umane

di Enrico Porceddu
  • 22 September 2021

Quando gli esseri umani inventarono e diffusero nel mondo l’agricoltura non solo cambiarono le loro abitudini alimentari, ma introdussero anche nuovi stili di vita. L’affollamento nelle capanne e il vivere fianco a fianco con gli animali, ovini, bovini, suini, ecc. ed i loro escrementi, deve aver favorito il passaggio dagli animali all’uomo e la diffusione tra gli uomini di ondate di germi patogeni e quindi di malattie.
Uno studio sul DNA antico, pubblicato su eLife, suggerisce che, nel corso dei millenni, l'evoluzione ha favorito i geni che hanno rallentato la risposta immunitaria a patogeni, frenando una reazione infiammatoria iperallerta che potrebbe essere più mortale del patogeno stesso.
I ricercatori sospettavano da tempo che i primi agricoltori si ammalassero più spesso dei cacciatori-raccoglitori nomadi. Gli studi suggerivano, infatti, che gli agricoltori in grandi siti neolitici, come Çatalhöyük in Turchia, hanno dovuto affrontare, nel tempo, una serie di nuove malattie zoonosiche, come l'influenza e la salmonella, nonché nuovi ceppi di malattie come la malaria e la tubercolosi.
Applicando al DNA di resti umani di popolazioni europee, risalenti a 45.000 e 2.000 anni addietro, i risultati di studi sulla variazione genetica nelle risposte immunitarie delle persone viventi - stimata misurando i livelli di citochine specifiche, proteine immunoregolatrici come l'interleuchina e l'interferone secrete dalle cellule immunitarie - , è stato scoperto  che di fronte alle infezioni, le popolazioni agricole europee che vivevano dopo l'agricoltura probabilmente producevano livelli notevolmente inferiori di citochine sistemiche rispetto ai precedenti cacciatori-raccoglitori. I livelli più bassi erano probabilmente adattivi, ossia molte persone che incontravano per la prima volta nuovi agenti patogeni reagivano in modo eccessivo e morivano, come vediamo oggi con COVID. La progenie dei sopravvissuti iniziava, però, a produrre meno citochine, diventando resistente.
Allo stesso tempo sarebbe aumentata la risposta infiammatoria agli agenti patogeni che determinano reazioni localizzate, come ad esempio gli Staphylococcus, impedendo che l’agente patogeno si diffondesse.
Una forte risposta infiammatoria può sedare un'infezione localizzata prima che si diffonda, ma una robusta risposta sistemica può andare fuori controllo.
I risultati potrebbero anche suggerire che, se un coronavirus si fosse presentato prima dell'agricoltura, la percentuale dei morti sarebbe stata molto più elevata di quanto non si stia verificando attualmente, e sono anche oggi tremendamente troppi.