Il rame nella difesa delle piante. Molto di più di un semplice prodotto di contatto

di Silverio Pachioli
  • 16 February 2022

Bénédict Prévost ha il grandissimo merito di aver per primo notato, nel 1805, la spiccata tossicità dei sali di rame nei confronti delle spore della carie del grano. Il punto di partenza fu fornito dal fatto che l’acqua distillata in un grande contenitore di rame impediva la germinazione delle spore della carie.
Prévost studiò la tossicità dei sali di rame e del rame metallico; constatò che “10-12 milligrammi di rame in polvere conferivano a 15 decagrammi di acqua la proprietà d’impedire la germinazione delle spore di carie che vi sono sospese”.
Il rame torna alla ribalta come agente anticrittogamico per eccellenza grazie alle ricerche di P.A. Millardet intorno alla peronospora della vite. Infatti, nel 1882, Millardet aveva osservato che i ceppi di vite imbrattati con una miscela di solfato di rame e calce, allo scopo di allontanare i ladruncoli, “apparivano abbastanza protetti dalla peronospora”. Il Ravaz commentò così la grande scoperta: “Fu il lampo che rivela ai ricercatori che lo meritano, la verità fino all’ora rimasta all’oscuro”.
I composti del rame sono ritenuti da sempre prodotti ad azione multi-sito, con attività preventiva e di contatto. La loro azione tossica si manifesta essenzialmente a seguito della denaturazione aspecifica dei complessi proteici ed enzimi coinvolti nella respirazione.
Nuove ricerche hanno messo in evidenza interessanti attività del metallo, che vanno ben oltre la semplice azione “fungina” diretta. Il rame, infatti, anche a bassissime dosi, è implicato in diversi processi di induzione di resistenza (elicitore). Lavori sperimentali effettuati su Arabidopsis, olivo, pomodoro, vite, patata, ecc., relativamente ad alcuni funghi patogeni (es. peronospore) e batteri, hanno verificato che il rame induce la produzione di ROS e l'accumulo e deposizione di callosio, oltre che l'espressione dei geni PR (proteine correlate con la patogenesi) e delle vie di segnalazione della MAP- chinasi.
I ROS possono avere azione tossica diretta sul patogeno o fungere, a loro volta, da “messaggeri” chimici di difesa. Il callosio è una sostanza polimerica di contenimento che permette di confinare i funghi nei punti di infezione; può generare papille che inglobano gli organi di nutrizione del fungo (appressori, austori) dopo l’infezione, in modo da creare una sorta di tessuto connettivo che limita il propagarsi del patogeno.
Su vite il rame è altresì implicato nei processi di produzione di ossilipine e, quindi, di jasmonati (Sophie Trouvelot-INRA).
Le ossilipine derivano per ossidazione enzimatica (lipossigenasi) o non enzimatica (autoossidazione mediata da ROS) degli acidi grassi polinsaturi linoleico e linoleico. Per successive reazioni possono originare acido jasmonico, molecola coinvolta nei processi di difesa contro stress biotici e abiotici delle piante. Il rame sarebbe in grado, probabilmente, di indurre la produzione di ROS e, di riflesso, l’ossidazione degli acidi grassi (ossidazione non enzimatica)
Lavori effettuati su patata (Hai-Feng-Liu,2019-Molecular Plant Patology) hanno anche accertato l’attività “indiretta” del rame sulla Phytophthora infestans mediante inibizione della sintesi di ABA (il rame sopprime la trascrizione dei geni biosintetici dell'acido abscissico-ABA), con conseguente diminuzione del contenuto dell’ormone e stimolazione della sintesi di Etilene.
In alcuni patogeni la riduzione di ABA stimola la sintesi del callosio e dell’acido salicilico, molecole coinvolte, entrambe, nei processi di difesa.
Questo breve excursus mette in evidenza la complessità dell’azione del rame nella difesa fitosanitaria. Sicuramente ulteriori ricerche sono necessarie, ma è già possibile intravedere una “nuova vita” per uno degli elementi “insostituibili” nella fitoiatria moderna.