Il mondo prima dell’agricoltura

Intervista al georgofilo Alessandro Giorgetti, autore del volume “L’alba sulla Terra”

di Giulia Bartalozzi
  • 18 January 2023

Professore, Lei è stato a lungo docente di zootecnia, come è nata l'idea di avventurarsi in un terreno così diverso come le origini della vita sulla Terra?
Le basi scientifiche della zootecnia sono biologiche e io, per formazione universitaria, sono un biologo, laureato con tesi in Chimica biologica con il Prof. Giampiero Ramponi sull’ estrazione e purificazione della Ferredoxina, proteina considerata uno dei sistemi di ossido-riduzione più antichi comparsi sulla Terra. Pensavo di continuare su questa strada ma subito dopo la laurea vinsi una borsa di addestramento didattico e scientifico del MPI presso l’allora Istituto di Zootecnica della Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze e cominciai ad occuparmi di biochimica del rumine ma presto mi appassionai alle problematiche dell’allevamento degli animali domestici in Italia e all’estero, sotto la guida di personalità del calibro di Elvio Borgioli, Giancarlo Geri e, per lunghi anni, Mario Lucifero.  Percorsi così tutte le tappe della carriera universitaria in questo settore, prima come  assistente ordinario di Zootecnica generale, poi  Associato di Zootecnica speciale e infine di Ordinario di Zootecnica speciale tropicale e parallelamente mi dedicai alla didattica di Anatomia e fisiologia degli animali domestici per oltre 20 anni e di diverse discipline propriamente zootecniche  ma confesso che il problema delle “origini della vita” è sempre rimasto vivo nelle mie riflessioni e nelle mie letture fin da quando ero uno studente liceale. Voglio aggiungere che, di pari passo, ho condiviso tale interesse con quello dell’esobiologia, cioè del problema dell'esistenza o meno di vita al di fuori del nostro pianeta, argomento fortemente collegato al primo e che recentemente ho sviluppato in un altro mio libro che uscirà in febbraio/marzo dal titolo "Alla ricerca della Vita nel cosmo. Introduzione all'esobiologia". Su entrambi gli argomenti agli inizi del secolo per un paio di anni ho tenuto anche un corso libero (Gestione delle esobiocenosi), svolto seminari di dottorato (per molti anni sono stato coordinatore del dottorato di ricerca in Agrobiotecnologie per le produzioni tropicali) e ho scritto articoli per un congresso e per la rivista “Ricerca aerospaziale”.

Nonostante il suo approccio scientifico, concorderà che questo tipo di tematiche sono in stretto contatto con l'ambito filosofico delle domande che l'uomo si è sempre posto. Lei è anche un appassionato di filosofia? Pensa che sia una disciplina che può avere valore anche per chi si muove nel mondo scientifico?
Desidero premettere che in queste tematiche anche se i biologi, per ovvie ragioni, rimangono la categoria più coinvolta, convergono conoscenze nei campi della chimica, della fisica, della geologia, della paleontologia e perfino dell’astronomia e della cosmologia perchè esse sono intimamente collegate con il settore emergente dell’astrobiologia o esobiologia, cioè la ricerca della vita su corpi celesti extraterrestri; la maggioranza degli esobiologi ritiene infatti che il modello terrestre possa ripetersi o essersi ripetuto anche su altri pianeti del nostro Sistema solare o di altri Sistemi stellari e di conseguenza la comprensione di come gli organismi viventi siano comparsi sul nostro pianeta possa fornire indicazioni sulle possibilità che un corpo celeste del nostro o di altri Sistemi possa ospitare la Vita.
Inoltre, nonostante il diverso atteggiamento di molti ricercatori del settore, concordo pienamente sul fatto che quello delle origini sia un argomento che presenta numerosi risvolti filosofici: per questo è stato ed è terreno di scontro tra posizioni differenti. Il modello dei filosofi-scienziati della Magna Grecia e della Grecia classiche è considerato, a torto o a ragione, obsoleto, ma le necessità di una sempre maggiore specializzazione si accompagnano a un crescente isolamento dei saperi, ognuno dei quali acquista gradualmente anche un vocabolario proprio tanto da rendere a volte difficoltosa la reciproca comprensione tra operatori in settori diversi anche se contigui. La multidisciplinarietà caratteristica della tematica delle origini dovrebbe invece costringere scienziati di diversa estrazione, filosofi e (perché no?)  teologi a collaborare in modo stretto, ampliando gli orizzonti e stimolando la fantasia che dal canto suo è un motore fondamentale della ricerca scientifica. Purtroppo così non è. Una palese, recente dimostrazione, come sottolineo nel libro, è rappresentata dall’atteggiamento di totale chiusura a qualsiasi discussione sulla teoria dell’Intelligent Design da parte dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti che ha affermato che “tale teoria non è scienza, perché: i) introduce un elemento extra-scientifico (un Progettista o Creatore) e ii) non può essere provato con esperimenti scientifici”. Tali contestazioni hanno sicuramente un fondamento razionale ma d’altra parte chiudono in maniera definitiva la porta a qualsiasi forma di dialogo tra sapere scientifico e sapere umanistico, credo con effetti non certo benefici per entrambi.

Ci può illustrare brevemente quali siano le conoscenze attuali su ciò che potrebbe essere all'origine di tutti gli esseri viventi?
I primi esseri viventi comparsi sulla Terra, intorno a 3,8 – 4,1 miliardi di anni fa, quindi nel tardo Adeano, come ho scritto nel libro  “sono stati probabilmente microrganismi procarioti eterotrofi viventi nei mari, anaerobi capaci di nutrirsi di molecole organiche prodotte non biologicamente; procarioti, quindi, molto primitivi, forse progenitori degli attuali archeobatteri in grado di vivere in condizioni ambientali estreme e fino a qualche decennio fa considerate impossibili per la vita. Sarebbe nata così la prima catena trofica, quella dell’ecologia primordiale, formata da un solo anello: regno minerale – eterotrofo. Alcune teorie considerano invece più probabile che i primi organismi comparsi sulla Terra siano stati dei procarioti autotrofi chemiosintetici e in questo caso dovremmo considerare dal punto di vista ecologico l’accoppiata regno minerale-chemioautotrofo; allo stato attuale delle conoscenze possiamo sorvolare sull’auto- e sull’eterotrofia e indicare la struttura dell’ecologia primordiale semplicemente come regno minerale – procariote (ecologia primordiale di primo livello). In un secondo tempo essa si sarebbe complicata con lo sviluppo di procarioti decompositori interpretabili anche come i primi veri consumatori necrofagi, probabilmente evolutisi dai primi, dando così origine ad un’ecologia che si può definire primordiale di secondo livello. I problemi di “come” si siano originate queste prime cellule sono ancora più difficili da risolvere. Numerosissimi esperimenti realizzati negli ultimi 70 anni con elevato rigore scientifico hanno dimostrato che in determinate condizioni è possibile passare da semplici molecole inorganiche a molecole organiche di una certa complessità come polinucleotidi o polipeptidi, ma una molecola organica, anche se complessa, non si può definire “vita”: un apparentemente semplice batterio è incommensurabilmente più complicato della più complessa molecola proteica o nucleotidica. Oggi in genere si fa riferimento all’RNA come origine della vita ma su questo punto non c’è condivisione totale tra gli esperti e in conclusione le origini sono ancora un mistero come affermato anche in un articolo di Jimmy Gollihar e coll. in un articolo apparso su "Science” alcuni anni fa.

Ci sono delle conclusioni oppure l'argomento rimane sempre aperto a nuovi sviluppi e nuove scoperte?
Per quanto detto sopra di può affermare che non ci sono ancora delle conclusioni condivise e, nonostante le continue reiterazioni delle correnti di pensiero dominanti, lo stesso vale per i passaggi successivi cioè quelli dell’evoluzione dai primi microrganismi procarioti alle cellule eucariote,  da queste agli organismi pluricellulari e infine alla incredibile varietà di forme e funzioni che la vita mostra oggi in tutta la sua complessità. Il “motore” darwinista dell’evoluzione, rappresentato dall’insieme delle forze: selezione naturale, mutazioni, flussi genici da migrazioni e deriva genetica (drift) è stato in più occasioni criticato, e non solo per il problema dei “tempi” considerati troppo brevi per arrivare alla biodiversità attuale. La scuola di pensiero che fa riferimento alla biologa americana Lynn Margulis ad esempio si basa sulla cosiddetta Teoria endosimbiontica seriale,  formulata nei primi anni settanta del secolo scorso, secondo la quale tutti gli organismi più complessi dei batteri (quindi in pratica gli appartenenti a tutti gli altri grandi raggruppamenti tassonomici) sarebbero solo dei sistemi simbiotici, cioè nient’altro che associazioni di protisti integrati e collaboranti tra loro e le specie si evolverebbero principalmente attraverso l'acquisizione di simbionti e non a causa di mutazioni; la base su cui agisce la selezione naturale secondo questa teoria non sarebbe  più la lotta tra specie e popolazioni diverse ma la collaborazione tra loro. Infine una trentina di anni fa presso il Discovery Institute di Seattle venne formulata la già ricordata teoria dell’Intelligent Design, secondo la quale la vita biologica funziona in modo troppo complesso per essere spiegata solamente con la selezione naturale, le mutazioni casuali e il drift, ma deve essere il risultato di un “Intelligent Designer”. Ai due scienziati che per primi la formularono (Stephen Meyer, Direttore dello stesso Istituto di ricerca e Jonathan Wells, biologo molecolare già darwinista autore di “Icons of Evolution”, si unirono rapidamente numerosi ricercatori, a partire dal biochimico Michael Behe della Lehigh University di Bethleem (PA) che nella sua opera del 1996 “Darwin's Black Box” sostiene che la selezione naturale non può spiegare la cosiddetta “complessità irriducibile” cioè un tipo di percorso evoluzionistico che prevede una o più mutazioni necessarie ma non selezionate e come esempio porta il flagello di un batterio come Escherichia coli. Behe osserva che il sistema flagellare di questo batterio, essendo irriducibilmente complesso, non si sarebbe potuto evolvere direttamente in maniera spontanea e casuale. In effetti, pur essendo una struttura molto microscopica, esso è composto da decine di parti singole diverse e tutte indispensabili; se si toglie anche uno solo di questi pezzi il flagello non è che funzioni meno bene, non funziona affatto ed essendo irriducibilmente complesso non può essere nato per caso o con aggiunte successive. Behe osserva che Darwin, data l’epoca nella quale è vissuto, aveva una scarsa conoscenza della cellula e pensava che fosse molto semplice. Oggi sappiamo invece che è enormemente sofisticata e complessa, dando la forte impressione di essere stata esplicitamente progettata. Alle stesse conclusioni arriva William Dembski, filosofo e matematico alla Baylor University (Waco, Texas). A prescindere da altri tipi di valutazione, i fautori di questa teoria presentano l’originalità di non chiudere il problema delle origini e dei primi sviluppi della vita all’interno di rigide pareti scientifiche dentro le quali peraltro i classici esperimenti di laboratorio, per impossibilità oggettive di conoscere con estrema precisione tutte le variabili ambientali non sembrano essere in grado di fornire risposte esaurienti, a prova di dubbio e condivise; si aprono invece ad una discussione serena tra punti di vista e formazioni culturali diverse (lo stesso Dembski oltre che matematico è anche filosofo e teologo e come lui diversi altri) che credo sia un aspetto estremamente positivo.


Alessandro Giorgetti, “L’alba sulla Terra”, Prezzo 12,00 €. In vendita previa ordinazione in tutte le librerie o direttamente dalla casa editrice (Tab Edizioni,) oppure su Amazon e altri siti di vendita on-line.